

MATTEO PIGNATTI
N. 00013/2013REG.PROV.COLL.
N. 00008/2013 REG.RIC.A.P.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
(Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di
registro generale 8 di A.P. del 2013, proposto da:
Acsm - Agam Reti Gas Acqua S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Danilo
Tassan Mazzocco, Giorgio Lezzi, Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso
Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
contro
G6 Rete Gas Spa, rappresentato e difeso dall'avv.
Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso Giuseppe Franco Ferrari in
Roma, via di Ripetta, 142;
nei confronti di
Comune di Lomazzo;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO:
SEZIONE I n. 01171/2012, resa tra le parti, concernente affidamento in
concessione del servizio pubblico locale di distribuzione del gas naturale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di G6 Rete
Gas Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile
2013 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Tassan
Mazzocco e Ferrari.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
In primo grado la G6 Rete gas s.p.a., concessionaria
del servizio di distribuzione del gas naturale per il Comune di Lomazzo,
impugnava davanti al TAR Lombardia – sede di Milano, il bando pubblicato in
data 22 febbraio 2011 con cui l’amministrazione comunale aveva indetto una gara
per l’affidamento di detto servizio, nonché, con motivi aggiunti,
l’aggiudicazione definitiva del servizio a favore della ditta Acsm-Agam Reti
Gas Acqua s.r.l.
La ricorrente deduceva che la commissione di gara era
stata illegittimamente formata in violazione dell’art. 84, comma 10, d.lgs. 163
del 2006, per essere stata nominata prima dello spirare del termine stabilito
per la presentazione delle offerte; deduceva altresì violazione del comma 4
dell’art.84 su menzionato, in quanto un componente del predetto organo, ing.
Nicola Bufalo, aveva prestato la sua opera professionale per la predisposizione
degli atti della procedura di gara, redigendo il relativo disciplinare ed
individuando i sub-criteri di aggiudicazione.
Il primo giudice accoglieva entrambe le censure ed
annullava la gara.
Superata l’eccezione di inammissibilità, dedotta per
mancata specifica impugnazione del disciplinare di gara, nella parte in cui
aveva escluso il rinvio alle norme del codice dei contratti pubblici non
richiamate dal citato art. 84, perché tale regola aveva funzione integrativa
della legge speciale, il Giudice di primo grado reputava le norme invocate
dalla società ricorrente espressive dei principi di imparzialità e trasparenza.
In particolare, al comma 10 veniva attribuita la
funzione di prevenire “possibili contatti fra imprese interessate a partecipare
alla gara ed i commissari” in sede di formulazione dell’offerta tecnica, a
presidio quindi del leale confronto concorrenziale che deve attuarsi anche
nelle gare per l’affidamento di concessioni, ed a nulla rilevando in contrario
che la nomina dell’organo era avvenuta quando le manifestazioni di interesse
erano in fatto già tutte pervenute all’amministrazione aggiudicatrice.
In relazione alla regola di cui al quarto comma, se ne
desumeva la generale operatività dal testuale riferimento a “qualsiasi attività
in grado di interferire con il giudizio di merito sull'appalto”, e pertanto
applicabile al caso di specie, visto che il citato professionista era stato
incaricato dal Comune di predisporre la legge di gara.
Con l’appello la Acsm-Agam riproponeva l’eccezione di
inammissibilità dell’impugnativa rispetto ai contenuti della legge speciale e,
nel merito, deduceva l’erronea applicazione del comma 10 del ridetto art. 84,
avendo la sentenza reputato decisivo ai fini della legittimità il momento della
nomina della commissione di gara, e, sotto l’altro profilo, perchè il predetto
ing. Bufalo si era limitato alla predisposizione del bando e del disciplinare di
gara. Inoltre, lamentava l’erroneità della sentenza per avere disposto la
rinnovazione della gara senza previa formale dichiarazione di inefficacia del
contratto nel frattempo stipulato.
L’appellata G6 Rete Gas dal canto suo riproponeva ex
art. 101, comma 2, cod. proc. amm.: 1) la censura di violazione del principio
di concentrazione delle sedute di gara (oltre quattro mesi impiegati dalla
commissione per le valutazione delle offerte, dei quali oltre due per le
offerte tecniche), che il primo giudice aveva ritenuto assorbita in ragione
dell’accoglimento delle altre censure; 2) la domanda di inefficacia ex art. 122
cod. proc. amm. del contratto stipulato dall’amministrazione resistente con la
controinteressata.
Su quest’ultima riproposizione la società appellante
prendeva posizione eccependone a sua volta l’inammissibilità, a causa della sua
mancata riproposizione in questo grado di giudizio a mezzo di appello
incidentale, in base al principio secondo cui la dichiarazione di inefficacia
non sarebbe conseguenza automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione, con
conseguente impossibilità per il giudice d’appello di pronunciarla in assenza
di relativa devoluzione a mezzo di rituale impugnazione.
A ciò l’appellata G6 Rete Gas replicava facendo leva
sulla nota in data 21 giugno 2012, con cui il Comune di Lomazzo si era
determinato nel senso di riattivare il procedimento di gara in seguito
all’annullamento giurisdizionale (salvo poi riferire di una successiva
sospensione in ragione del presente giudizio d’appello), argomentando da tale
comportamento che l’amministrazione aggiudicatrice aveva “annullato e/o
dichiarato inefficace” il contratto concluso con la controinteressata
Acsm-Agam.
Con la ordinanza di rimessione a questa Adunanza
Plenaria, la Quinta Sezione ha esaminato dapprima il motivo di appello
consistente nella deduzione di inammissibilità del ricorso di primo grado a
causa dell’omessa specifica impugnativa da parte della GG Rete Gas del
disciplinare, nella parte in cui non ha fatto richiamo all’art. 84 del codice
dei contratti pubblici.
La sezione rimettente ha rigettato tale motivo sul
rilievo che la clausola della legge di gara in questione è in realtà
riproduttiva del disposto di legge.
Il paragrafo 1 del disciplinare contiene infatti la
precisazione che, in quanto preordinata all’affidamento di una concessione di
servizi, la gara è assoggettata agli artt. 30 e 216 del codice dei contratti,
con esclusione delle restanti disposizioni di tale testo normativo “salvi gli
espressi richiami al medesimo d.lgs. n. 163/2006 contenuti nel presente
disciplinare”.
La previsione, secondo la ordinanza di rimessione, è
dunque sovrapponibile a quella di legge, visto che anche il predetto art. 30
sancisce la non applicabilità delle disposizioni del codice dei contratti, mentre
la salvezza di quelle richiamate altro non sarebbe che la esplicitazione di una
pacifica facoltà della amministrazione aggiudicatrice di conformare la legge di
gara attraverso il rinvio a precetti normativi puntuali.
Con riguardo alla domanda volta alla declaratoria di
inefficacia del contratto, la Sezione rimettente ha osservato come essa fosse
stata formulata dalla G6 Rete Gas in modo perplesso, ivi prospettandosi come
fatto meramente eventuale la stipula del contratto con la controinteressata
odierna appellante; inoltre, vengono trovati condivisibili i rilievi secondo
cui tale domanda avrebbe dovuto essere proposta con appello incidentale, a
fronte di una espressa statuizione del TAR che demanderebbe alla “rinnovazione
parziale” della procedura di gara il conseguimento del bene della vita anelato
con l’impugnativa di primo grado.
Con l’ordinanza di rimessione, la Quinta Sezione ha
quindi deferito l’esame dell’appello all’Adunanza plenaria, evidenziando il
contrasto tra due opposti orientamenti interpretativi, emersi di recente nella
giurisprudenza di questo Consiglio, in ordine al campo di applicazione dei
commi 4 e 10 dell’articolo 84 del codice dei contratti pubblici anche alle
concessioni di servizi.
Secondo la tesi dell’appellante, l’art. 84, commi 10 e
comma 4, del d.lgs n. 163 del 2006 non sarebbe applicabile alla gara oggetto di
giudizio, tanto perché la relativa lex specialis non lo richiama (in
particolare il citato art. 1 del disciplinare), quanto perché le relative
prescrizioni non potrebbero essere ritenute dei precipitati dei principi di
trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento,
principi dichiarati (solo essi) applicabili alle concessioni di servizi dal
comma 3 dell’art. 30.
Secondo la ordinanza di rimessione, in caso di
soluzione del quesito in senso affermativo, sarebbe necessario poi ancora
stabilire, con riguardo al comma 10, se sia illegittima anche la commissione
costituita dopo la presentazione effettiva della domanda di partecipazione ma
prima della scadenza del termine per la presentazione dell’offerta; mentre, in
merito alla fattispecie di cui al comma 4, se determini la preclusione a far
parte della commissione aggiudicatrice la predisposizione del progetto posto a
base della gara da parte di uno dei commissari.
La rimessione espone quindi gli orientamenti
contrastanti della giurisprudenza del Consiglio di Stato
Un primo indirizzo (sentenza della III Sezione n. 5547
del 2011) ha negato l’esistenza di un nesso di inscindibilità tra il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa e le regole di cui all’art. 84
sulla nomina della commissione di gara. Ancorché resa in una procedura di
affidamento di servizi di cui all’all. II B del codice del contratti, detto
precedente rileva nel presente giudizio, in quanto l’art. 27 opera per detta
tipologia di contratti un richiamo ai principi generali non dissimile da quello
dell’art. 30.
La sentenza della quinta sezione n. 4311 del
In senso contrario, la stessa quinta sezione, oltre a
ritenere applicabile l’art. 84 nel suo complesso alle concessioni di servizi
pubblico (con sentenza 17 gennaio 2011, n. 224), dapprima a livello di obiter
dictum (con sentenza 22 marzo 2011, n. 1784), poi con statuizione
pienamente rientrante nella ratio decidendi (con sentenze 23 maggio
2011, n. 3086 e 27 ottobre 2011, n. 5740), ha giudicato operante nelle
procedure di affidamento di detti contratti la regola della posteriorità della
nomina della commissione di gara rispetto alla presentazione delle offerte stabilita
dall’art. 84, comma 10.
Con l’ordinanza di rimessione n.803 del 2013, la
quinta sezione, nel rimettere la soluzione del contrasto alla Adunanza
Plenaria, conclude propendendo chiaramente nel senso della più ampia
applicazione delle regole contenute nei commi 4 e 10 dell’art. 84 anche alle
procedure di affidamento nelle concessioni di servizi, in quanto entrambe da
ritenere riconducibili al principio di trasparenza testualmente richiamato
dall’art. 30 del medesimo codice, sulla base di argomenti sia letterali, sia
logici e sistematici.
Alla udienza pubblica del 22 aprile 2013 la causa,
dopo discussione orale, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.Per risolvere la controversia, occorre esaminare
dapprima l’istituto della concessione di servizi e la disciplina scarna che ad
essa riserva il codice, distinguendo tra principi e disposizioni ad esso
istituto applicabili e tenendo conto, quanto ai primi, che alle concessioni di
pubblici servizi sono applicabili sia i principi desumibili dal Trattato, sia i
principi generali relativi ai contratti pubblici.
Successivamente, sulla base della ragione intrinseca
delle due disposizioni relative alla nomina della commissione giudicatrice,
contenute nei commi 4 e 10 dell’art. 84, occorrerà valutarne la estensibilità o
meno alle commissioni di gara per l’affidamento di concessioni di pubblici
servizi, argomentando sulla natura di norme di principio o esplicative di
principi generali oppure di mere disposizioni, applicabili soltanto
specificamente alle fattispecie richiamate.
1.1.Nell’ordinamento comunitario il tratto distintivo
della concessione viene individuato nelle modalità di remunerazione del
soggetto affidatario e nella attribuzione o meno in capo al soggetto stesso del
rischio economico connesso alla gestione economico-funzionale dell’opera o del
servizio.
Con riguardo alla definizione, la concessione di
servizi viene definita dalla direttiva 2004/18/CE, nonché dal Codice dei
contratti pubblici (art. 3, comma 12) come «il contratto che presenta le stesse
caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che
il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di
gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo».
Più specificamente, l'art. 30 del medesimo Codice al
comma 2 afferma che nella concessione di servizi la controprestazione a favore
del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e
di sfruttare economicamente il servizio.
La distinzione attiene alla struttura del rapporto,
che nell’appalto di servizi intercorre tra due soggetti (la prestazione è a
favore dell’amministrazione), mentre nella concessione di servizi pubblici
intercorre tra tre soggetti, nel senso che la prestazione è diretta al pubblico
o agli utenti.
Sebbene le direttive appalti abbiano tendenzialmente
escluso dal proprio ambito di applicazione le concessioni di servizi,
l’affidamento delle stesse, secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale,
non può essere sottratto ai principi espressi dal Trattato in tema di
concorrenza.
Tale regola viene codificata nell’articolo 30, comma
3, il quale, unitamente alla definizione dell’istituto stesso (al comma 2),
recepisce gli orientamenti espressi dalla Comunicazione interpretativa della
Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario del 12 aprile 2000 (in
GUCE C-121 del 29 aprile 2000) nonché, nell’ordinamento interno, dalle
circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri n.3944 del 1 marzo 2002 e
n.8756 del 6 giugno 2002 (rispettivamente in GURI n.102 del 3 maggio 2002 e
n.178 del 31 luglio 2002).
2. Sulla base di quanto prevede il primo comma del
menzionato articolo 30 – “Salvo quanto disposto nel presente articolo, le
disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi” – l’interprete
deve porsi il problema della differenza tra principi e disposizioni (principi
desumibili, come si è accennato, dal Trattato ma anche principi generali
relativi ai contratti pubblici), certamente applicabili anche alle concessioni
di servizi e disposizioni del codice, viceversa espressamente escluse dal campo
di applicazione.
Per effettuare in modo compiuto tale distinzione tra
principi generali e disposizioni, non può trascurarsi di rilevare che i
principi non sono soltanto quelli che il codice definisce, di massima nelle sue
parti iniziali (v. in specie l’art. 2), come principi generali di una data
materia, nel senso di superprincipi o valori o finalità teleologiche del
sistema.
Come è infatti noto, l’aspetto rilevante di un codice,
anche nel senso ristretto della nuova codificazione moderna secondo codici di
settore, è la sua aspirazione ad essere un “sistema”; il sistema consente di
spostare l’attenzione anche su principi, che rendono possibile la comprensione
delle singole parti connettendole al tutto e che, finalmente, rendono
intellegibile il disegno armonico, organico ed unitario sotteso rispetto alla
frammentarietà delle parti.
I principi generali di un settore esprimono valori e
criteri di valutazione immanenti all’ordine giuridico, che hanno una memoria
del tutto che le singole e specifiche disposizioni non possono avere e ai quali
esse sono riconducibili; sono inoltre caratterizzati da una eccedenza di
contenuto deontologico in confronto con le singole norme, anche ricostruite nel
loro sistema, con la conseguenza che essi, quali criteri di valutazione che
costituiscono il fondamento giuridico della disciplina considerata, hanno anche
una funzione genetica (“nomogenetica”) rispetto alle singole norme.
Sotto tale profilo, sulla base di quanto dispone
l’art. 30, non potrebbe sostenersi l’applicabilità di tutte le disposizioni del
codice, in quanto tutte le norme di dettaglio costituiscono una più o meno
immediata applicazione di principi generali.
E’ evidente, tuttavia, che i principi generali
comunitari o di rilievo nazionale, secondo gli articoli 2 e 30 del codice dei
contratti pubblici, abbisognano anche di declinazioni in disposizioni
specifiche legislative, che trovano la propria ratio immediata nei
medesimi principi, sia pure calati rispetto ad esigenze più particolari e che a
loro volta si caratterizzano, questo è il punto centrale, per essere
tradizionalmente considerati principi generali della specifica materia (nella
specie, dei contratti pubblici).
Secondo il terzo comma dell’art. 30, la scelta del
concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato
e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei
principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di
trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui
sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti
qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione
dei criteri selettivi.
Sulla base di tali principi, è pacifico, per esempio,
che la scelta del concessionario debba essere conseguente ad una procedura
competitiva e concorrenziale ispirata ai principi dettati dal Trattato
istitutivo.
L’art. 2 comma 1 del codice prevede che l’affidamento
e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del
presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel
rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza;
l’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità
di trattamento, non discriminazione, proporzionalità, nonché quello di
pubblicità con le modalità indicate nello stesso codice.
Inoltre nella interpretazione della giurisprudenza
comunitaria la normativa di principio di derivazione comunitaria trova
applicazione non limitatamente agli appalti di lavori, servizi e forniture ma
presenta una valenza pressoché generalizzata nel settore dei contratti
pubblici.
3. Occorre ora esaminare la funzione (sia la ratio
che il fine) delle disposizioni che l’articolo 84 riserva alla formazione della
commissione, al momento della nomina e alle specifiche incompatibilità.
Nella fattispecie vengono in rilievo le disposizioni
di cui ai commi 4 e 10 dell’articolo 84, dedicati alla commissione giudicatrice
nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa.
Il quarto comma prevede che i commissari diversi dal
Presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o
incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui
affidamento si tratta.
Il decimo comma prevede che la nomina dei commissari e
la costituzione della commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine
fissato per la presentazione delle offerte.
Occorre ora individuare le intrinseche rationes
di tali disposizioni, al fine di qualificarne la natura di principio generale,
o di stretta derivazione da tali principi, oppure, alternativamente, di mere
disposizioni procedurali che, ove ritenute tali, non possono applicarsi tout
court alle procedure per le concessioni di servizi, alle quali non si
applica il codice inteso nella sua interezza.
La tesi della sentenza appellata è nel senso della
applicabilità delle su indicate regole alle concessioni di servizi come
conseguenza della loro riconducibilità ai principi generali del codice dei
contratti pubblici e dei principi generali del procedimento amministrativo,
quali l’imparzialità e trasparenza, espressamente contemplati anche dal comma 3
dell’art. 2 del codice dei contratti.
L’articolo 30, come detto, stabilisce che alle
concessioni di servizi, salvo quanto disposto dallo stesso articolo, non si
applicano le disposizioni del codice.
L’appellante argomenta a contrario, per esempio,
dall’articolo 206 del codice, che, riferendosi ai contratti pubblici di cui al
capo interessato (nei settori speciali, più precisamente), nel richiamare un
lungo elenco di parti e di articoli, richiama, tra i tanti, anche l’articolo
84, che qui interessa.
Pertanto, ad un ragionamento puro e semplice, che
dovesse far riferimento al richiamo o meno della disciplina specifica
riguardante, tra l’altro, le regole sulla nomina e sui componenti della
commissione giudicatrice, l’interprete dovrebbe rispondere in senso negativo e
cioè nel senso che tali disposizioni non sono applicabili alle concessioni di
servizi, alle quali il codice non si applica e perché non sono espressamente
richiamate (salva l’ipotesi del richiamo o autolimite nella legge di gara).
Tuttavia, il problema consiste nel verificare, come
propone la ordinanza di rimessione, se tali regole siano in qualche modo
corrispondenti o almeno riconducibili a taluno dei principi comunitari o
nazionali (“desumibili dal Trattato e...relativi ai contratti pubblici”) o espressione
di principi generali e quindi da ritenere applicabili e da applicare anche
nella specie.
Come ha osservato l’ordinanza di rimessione,
nell’ottica della possibile natura imperativa – nel caso fossero individuate
come disposizioni inderogabili – delle regole contenute nei commi su
richiamati, non sarebbe rilevante una eventuale mancanza di impugnativa
rispetto alla lex specialis che nulla avesse stabilito al riguardo o che
non avesse provveduto a richiamare ad hoc l’articolo 84 o le sue regole
– e in tal senso pertanto non sarebbero decisivi orientamenti che
argomentassero sulla base della previsione o omissione della regola di gara
oppure della sua tempestiva impugnazione -, proprio perché su tale mancato
richiamo prevarrebbe, secondo la tesi della ordinanza di rimessione, la
imperatività o inderogabilità del precetto normativo.
Con riguardo alla funzione e agli obiettivi di tali
disposizioni, deve osservarsi quanto segue.
La previsione di legge di cui al comma 4, come il
precedente storico contenuto nell’art. 21 comma 5 legge n.109 del 1994, è
evidentemente destinata a prevenire il pericolo concreto di possibili effetti
disfunzionali derivanti dalla partecipazione alle commissioni giudicatrici di
soggetti (progettisti, dirigenti che abbiano emanato atti del procedimento di
gara e così via) che siano intervenuti a diverso titolo nella procedura
concorsuale.
Tale regola mira ad impedire la partecipazione alla
Commissione di soggetti che, nell’interesse proprio o in quello privato di
alcuna delle imprese concorrenti, abbiano assunto o possano avere assunto
compiti di progettazione, di esecuzione o di direzione di lavori oggetto della
procedura di gara e ciò a tutela del diritto delle parti del procedimento ad
una decisione amministrativa adottata da un organo terzo ed imparziale.
Tale motivo di incompatibilità riguarda soltanto i
commissari diversi dal presidente.
La ratio consiste nella volontà di conservare,
almeno in parte, la distinzione tra i soggetti che hanno definito i contenuti e
le regole della procedura e quelli che ne fanno applicazione nella fase di
valutazione delle offerte.
L’interesse pubblico rilevante diventa quindi non
tanto e non solo quello della imparzialità, cui è in ogni caso riconducibile,
(anche se la deroga per il presidente ne costituisce evidente attenuazione), ma
anche la volontà di assicurare che la valutazione sia il più possibile
“oggettiva” e cioè non “influenzata” dalle scelte che la hanno preceduta, se
non per ciò che è stato dedotto formalmente negli atti di gara.
A sua volta la regola della posteriorità della nomina
della commissione rispetto alla scadenza del termine di presentazione delle
offerte risponde alla convinzione diffusa che tale vincolo temporale sia posto
a presidio della trasparenza (intesa in senso più lato rispetto al senso della
generale accessibilità alla attività amministrativa) e della imparzialità della
procedura, tanto che l’orientamento più rigoroso ne fa discendere dalla
inosservanza la invalidità (per annullabilità) degli atti successivi alla nomina
(tra tante, Cons. Stato, V, 29 aprile 2009, n.2738).
In pratica, la posticipazione della nomina dovrebbe
evitare situazioni in cui le offerte siano influenzate dalle preferenze, anche
solo presunte o supposte, dei commissari, o da loro suggerimenti e che vi
possano essere tentativi di collusione o anche solo di contatti con imprese
“amiche”.
Tale regola deve essere ritenuta, dunque, pur essa
espressione di un principio generale della materia dei contratti pubblici,
inerente il corretto funzionamento delle procedure selettive di scelta
dell’affidatario.
4.Esaminate la ragione e la funzione di tali precetti
normativi, non si può non concludere nel senso che, in quanto tese ad evitare
il pericolo concreto di violazione della imparzialità della commissione e
quindi poste a tutela della correttezza del procedimento, della trasparenza e
imparzialità dell’azione amministrativa, tali regole possano ben essere intese
come imperative e come tali inderogabili e nel sistema applicabili, perché
implicitamente richiamate, anche per la disciplina delle concessioni di
servizi, sulla base di canoni di interpretazione sistematica, letterale (solo
in apparenza di segno contrario, per la mancanza di un espresso richiamo) e
logica.
Il principio generale nel quale sussumere le disposizioni
interessate è quindi quello della trasparenza e imparzialità, a maggior ragione
considerando che l’articolo 2 al comma 3 prevede che debbano essere rispettate
– “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di
affidamento e le altre attività amministrative si espletano nel rispetto delle
disposizioni sul procedimento amministrativo...” - anche le disposizioni sul
procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n.241, a sua volta
contenente all’art. 1 i principi generali dell’azione amministrativa (art.1
Principi generali dell'attività amministrativa “L'attività amministrativa
persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità,
di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le
modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che
disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento
comunitario”).
Pertanto, l’imparzialità, sicuramente principio
generale, non richiamato espressamente dall’articolo 2 del codice contratti
pubblici, ma richiamato a mezzo del rinvio alla legge n.241 del 1990, deve
ritenersi vincolante, unitamente alla sua declinazione immediata (lo stesso
principio di imparzialità è invece compreso nei principi enunciati
dall’articolo 27 del codice, tra i principi relativi ai contratti esclusi).
L’art. 30 si inserisce nell’ottica di una progressiva
assimilazione delle concessioni agli appalti, con l’obiettivo, di matrice
europea, di vincolare i soggetti aggiudicatori a rispettare anche nelle
procedure di affidamento delle prime i principi dell’evidenza pubblica
comunitaria, tra i quali i canoni di trasparenza invalsi nelle seconde
attraverso una procedura tipica di gara, nella quale si impone l’esigenza che
il confronto competitivo sia effettivo e leale, pena altrimenti la
vanificazione delle finalità stesse del procedimento selettivo di stampo
concorsuale.
Stante la tendenziale assimilazione delle diverse
fattispecie, almeno sotto il profilo del procedimento di scelta dell’altro
contraente, dal punto di vista sistematico, il mancato rinvio da parte della
legge di gara non può quindi ritenersi decisivo al fine di escludere
l’operatività di precetti che dovessero ritenersi, proprio per la loro natura
di derivazione diretta da principi generali, norme imperative, espressive di
principi generali e consolidati della materia e quindi come tali, in grado di
integrare e sovrapporsi alla lex specialis.
Deve ritenersi, quindi, che le regole, quali quelle
contenute nell’art. 84 sui “tempi” della formazione e sulla “regolare
composizione” di un organo amministrativo (tali regole aventi natura
sostanziale e non ogni diversa disposizione procedurale) siano un predicato dei
principi di trasparenza e di imparzialità, per cui le disposizioni di cui ai
commi 4 e 10 devono ritenersi espressione di principio generale del codice e,
pertanto, applicabile, ai sensi dello stesso articolo 30, anche alle
concessioni di servizi pubblici.
Tra l’altro, nella pratica e nel senso comune della
esperienza di tali procedure per la scelta dell’altro contraente, la valenza
generale della regola sulla posteriorità della nomina si ritiene a maggior
ragione invocabile quando il sistema di gara, come nella specie, sia quello
della offerta economicamente più vantaggiosa, stante da un canto la lata
discrezionalità della valutazione e dall’altro canto, conseguentemente, il
minore ambito di profondità di sindacato giurisdizionale.
Dal punto di vista logico, d’altra parte, come non ha
mancato di rilevare la ordinanza di rimessione, le disposizioni di cui ai commi
4 e 10, che hanno una loro logica ratio, non presentano grandi svantaggi
e non costituiscono oneri amministrativi e procedurali di particolare gravità
né riguardo al rispetto delle stesse si appalesano particolari
controindicazioni, a fronte invece di indubbi vantaggi a tutela della
trasparenza, imparzialità, buon andamento dell’operare amministrativo, assurto,
nell’ordinamento, anche e ben oltre la disciplina degli affidamenti, a valore
fondante del sistema.
Inoltre, in presenza di minime se non assenti maggiori
attenzioni procedurali, poiché il principio generale di giustizia impone di
trattare giuridicamente in modo eguale situazioni equivalenti, sarebbe
irragionevole trattare diversamente situazioni tutto sommato sostanzialmente
assimilabili e che sotto il profilo esaminato (cioè delle regole sulla nomina
della commissione) non presentano significative differenze.
5.Sotto il secondo dei profili esaminati, deve
ravvisarsi la situazione di incompatibilità del componente della commissione
giudicatrice, ing. Del Bufalo, professionista precedentemente incaricato della
redazione del bando e del disciplinare di gara (dell’ “assistenza specialistica
[...] per l’espletamento della procedura di gara relativa all’affidamento del
servizio di distribuzione del gas naturale”, comprendente tra l’altro
l’individuazione dei criteri di valutazione delle offerte e dei relativi sub
criteri, secondo la determina n. 48 dell’11 febbraio 2011).
Il dettato della disposizione codicistica (comma 4
dell’art. 84) risponde alla esigenza di rigida separazione della fase di
preparazione della documentazione di gara con quella di valutazione delle
offerte in essa presentate, a garanzia della neutralità del giudizio ed in
coerenza con la ratio generalmente sottesa alle cause di incompatibilità
dei componenti degli organi amministrativi.
6.Il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza
appellata esime questo Collegio giudicante dall’esame degli ulteriori motivi di
censura riproposti dalla parte appellata.
E’ naturale che, secondo i principi generali, la
caducazione della nomina, ove si accerti, come nella specie, essere stata
effettuata in violazione delle regole di cui all’art. 84, comma 4 e 10,
comporterà in modo caducante il travolgimento per illegittimità derivata di
tutti gli atti successivi della procedura di gara fino all’affidamento del
servizio ed impone quindi la rinnovazione dell’intero procedimento.
Il primo giudice ha specificato nella sentenza
appellata (pagina 10, rigo settimo e quartultimo rigo) come si imponeva la
rinnovazione integrale della procedura e come ciò costituisse il vero ristoro
per la ricorrente.
Si tratta cioè di ipotesi in cui il vizio
dell’aggiudicazione comporta l’obbligo di rinnovare la gara integralmente (arg.
ex art. 122 c.p.a., che fa riferimento proprio “alla luce dei vizi riscontrati”
per i casi in cui il vizio dell’aggiudicazione determini necessariamente
“l’obbligo di rinnovare la gara”) e non potrebbe essere altrimenti, a
differenza di quanto sostiene parte appellante, a prescindere dalla
declaratoria formale di inefficacia del contratto.
7.Sono assorbite tutte le altre censure, come in
particolare quella di violazione del principio di concentrazione delle sedute
di gara (oltre quattro mesi impiegati dalla commissione per le valutazione
delle offerte, dei quali oltre due per le offerte tecniche), che il primo
giudice ha ritenuto assorbita in ragione dell’accoglimento delle altre censure
e che la G6 Rete Gas aveva dal canto suo riproposto ex art. 101, comma 2, cod.
proc. amm.
8.Per le sopra esposte considerazioni, va rigettato
l’appello, con conseguente conferma dell’appellata sentenza e con
l’enunciazione del seguente principio di diritto:
“In sede di affidamento di una concessione di servizi
con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sono applicabili
le disposizioni di cui all’art. 84, comma 4 (relativo alle incompatibilità dei
componenti della commissione giudicatrice) e 10 (relativo ai tempi di nomina
della commissione) del d.lgs. n. 163 del
A causa della diversità di opinioni giurisprudenziali,
sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del
presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello, come in
epigrafe proposto, così provvede: rigetta l’appello, confermando l’appellata
sentenza.
Spese del presente grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 22 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
La trasparenza e
l’imparzialità nell’affidamento delle concessioni di servizi.
Sommario: 1. Gli elementi
distintivi delle concessioni di servizi; 2. L’influenza della disciplina
europea in materia di concessioni.
1. Gli
elementi distintivi delle concessioni di servizi
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza in epigrafe si pronuncia in relazione alla disciplina normativa applicabile ad una procedura per l’affidamento di un servizio in concessione mediante il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Nel caso di specie era contestata l’estensione ai contratti di concessione di servizi[1] di alcune previsioni normative relative alle modalità ed alle tempistiche di nomina della commissione di gara accolta in primo grado[2]. Il Collegio in particolare considera che le norme relative sia al divieto, rivolto a soggetti intervenuti a diverso titolo nella procedura concorsuale, di essere membri della commissione giudicatrice[3], sia alla necessaria posteriorità della nomina della commissione rispetto al termine per la presentazione delle offerte[4], siano espressive dei principi di trasparenza ed imparzialità ritenendole applicabili anche ai contratti di concessione di servizi. Le disposizioni prese in esame dal Consiglio di Stato sono state considerate come strettamente connesse alla tutela rispettivamente dell’imparzialità e della trasparenza della procedura di affidamento di un contratto pubblico.
In caso di ricorso al criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’attività di valutazione delle componenti tecnico-qualitative dell’offerta può attribuire alla commissione di gara una rilevante attività di discrezionalità tecnica[5]. Per ovviare alla possibile soggettività delle valutazioni e limitare il rischio che le valutazioni compiute da soggetti a cui sono state attribuiti ulteriori funzioni nell’ambito della procedura di gara possano influenzare la scelta del contraente (ad esempio per il possibile coinvolgimento di interessi privati - personali o derivanti da soggetti terzi – del soggetto che si viene a trovare a svolgere più funzioni all’interno della medesima procedura di scelta del contraente), il codice dei contratti pubblici prevede apposite incompatibilità con la funzione di membro della commissione al fine di evitare distorsioni al regolare confronto concorrenziale tra gli operatori economici. Il difetto di composizione della commissione giudicatrice non è applicabile nei confronti del presidente della commissione di gara, il quale è l’unico soggetto che può essere chiamato a svolgere anche ulteriori funzioni nell’ambito della procedura di gara[6]. Il mancato rispetto di tale incompatibilità si contrappone al generale principio di imparzialità al cui rispetto le amministrazioni pubbliche sono vincolate non solo nell’affidamento di un contratto pubblico, ma in generale nell’attività che svolgono[7].
I vincoli temporali posti dal codice dei contratti pubblici per la nomina della commissione di gara vengono invece ricondotti dall’Adunanza Plenaria in commento al principio di trasparenza e di imparzialità delle procedure di gara al fine di evitare che le offerte presentate dagli operatori economici tengano conto delle preferenze dei componenti della commissione.[8]
La sentenza in commento fornisce lo spunto per analizzare la tematica dei contratti di concessione di servizi tenendo conto degli orientamenti in ambito europeo e nazionale ed approfondire le possibili evoluzioni future in materia.
Il contratto di appalto pubblico viene comunemente distinto dal contratto di concessione in ragione della natura della controprestazione in favore dell’operatore economico privato[9]. La distinzione tra un appalto pubblico ed un contratto di concessione deve essere effettuata “esclusivamente alla luce del diritto comunitario” e dell’interpretazione effettuata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea[10].
Nel contratto di concessione il corrispettivo per i lavori eseguiti o i servizi prestati consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera o il servizio percependo dagli utenti un pagamento per l’utilizzo dell’opera o la fruizione del servizio, mentre nell’appalto pubblico l’aggiudicatario è direttamente remunerato da parte dell’amministrazione aggiudicatrice[11]. Appare quindi evidente la rilevanza della durata contrattuale all’interno del contratto di concessione. Tale elemento si riflette direttamente sulla possibilità per il concessionario di coprire gli investimenti sostenuti per realizzare un’opera o prestare un servizio mediante la richiesta del pagamento di una tariffa agli utenti.
La modalità di remunerazione dell’operatore economico nel contratto di concessione non sono di per se sufficienti a qualificare un contratto come “concessione”, ma costituiscono un mero elemento da cui è possibile far derivare l’imputazione a carico dello stesso dei rischi di gestione dell’opera o del servizio e la riconducibilità allo stesso soggetto della responsabilità relative all’esecuzione dell’opera ed alla gestione dell’opera o del servizio[12]. La reale sussistenza di rischi di gestione in capo all’operatore economico concessionario devono essere valutati tenendo conto delle peculiarità di ogni singolo contratto prendendo in considerazione l’insieme degli elementi e clausole previste al suo interno (quali la durata del contratto di concessione, l’importo delle tariffe applicate agli utenti, lo svolgimento di determinate attività connesse all’oggetto del contratto direttamente da parte del concessionario, l’attribuzione di poteri e delle relative responsabilità in capo al soggetto privato)[13]. Il contenuto del “rischio” posto in capo all’operatore economico privato assume quindi una propria rilevanza nella distinzione tra appalto pubblico e contratto di concessione[14].
In particolare la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha inteso il rischio di gestione come esposizione dell’operatore economico (concessionario) “all’alea del mercato, il quale può tradursi nel rischio di concorrenza da parte di altri operatori”[15].
L’assenza di tali rischi consente di parificare il contenuto di un contratto qualificato come concessione ad un appalto pubblico ove è l’amministrazione aggiudicatrice a farsi carico dei rischi o dei costi supplementari derivanti dalla realizzazione dell’opera o dalla prestazione del servizio[16].
La disciplina europea e l’ordinamento giuridico nazionale riconoscono che il diritto di gestire l’opera o il servizio possa essere accompagnato da un prezzo, quale compensazione economica giustificata dalla natura del servizio ovvero al fine di amministrare i prezzi delle prestazioni al pubblico. Ciò può verificarsi ove l’amministrazione imponga l’applicazione di una tariffa inferiore a quella di mercato, riducendo il pieno sfruttamento economico della gestione da parte del concessionario[17]. Tale possibilità, presta lo strumento contrattuale della concessione ad essere utilizzato per aggirare il rispetto dei principi UE e distorcere la concorrenza nei singoli mercati di riferimento. Situazioni come quella descritta possono avere luogo in relazioni in materia di servizi pubblici, ove l’attività di erogazione di servizi, svolta da soggetti pubblici o privati, è caratterizzata da un assoggettamento ad un potere pubblico[18]. Tale potere trova la propria ragion d’essere nella necessità di coordinare l’attività svolta (erogazione del servizio) con l’interesse pubblico. È infatti noto che taluni settori di attività, in particolare quelli attinenti la prestazione di servizi di pubblica utilità, sono disciplinati “da normative che possono avere l’effetto di limitarne i rischi economici” finalizzate a compensare le possibili perdite subite dal gestore di un servizio[19]. In tali ipotesi, la scelta discrezionale della concessione quale strumento maggiormente idoneo per assicurare la prestazione di un determinato servizio agli utenti, deve essere effettuata, dall’amministrazione aggiudicatrice, tenendo conto della necessità di trasferire “integralmente o, almeno, in misura significativa, al concessionario il rischio nel quale essa incorre”[20]. Solo ove la remunerazione del prestatore proviene esclusivamente da soggetti terzi, il trasferimento da parte dell’amministrazione aggiudicatrice di un rischio di gestione «molto ridotto» è sufficiente per poter ritenere sussistente una concessione di servizi[21]. Il trasferimento dei rischi in capo ad un soggetto privato rende le concessioni uno strumento molto conveniente di realizzare progetti di interesse pubblico ricorrendo a capitali e competenze tecniche di soggetti privati per integrare risorse pubbliche esigue (mediante forme di partenariato pubblico-privato).
Ulteriore profilo che deve essere preso in considerazione per distinguere
un contratto di appalto pubblico da una concessione attiene aspetti di tipo
soggettivo. La trilateralità del rapporto che si viene a creare nel secondo
caso in una concessione non si limita infatti a porre in relazione l’operatore
economico che ha ottenuto la concessione con l’amministrazione aggiudicatrice,
ma individua i destinatari della prestazione negli utenti e non nell’ente
concessorio[22] legittimando i primi a
far valere nei confronti del concessionario gli obblighi che questo ha assunto
verso la pubblica amministrazione[23].
Le concessioni di servizi devono essere ulteriormente distinte da quelle di lavori non solo sulla base del differente oggetto della prestazione, ma tenendo conto del diverso regime normativo a cui sono soggette. Mentre la disciplina relativa alle concessioni di lavori riprende quanto previsto in materia di appalti pubblici di lavori, le concessioni di servizi sono in buona parte escluse dalla disciplina europea attualmente in vigore[24] e dall’applicazione del codice dei contratti pubblici[25]. In tale ultimo caso, l’affidamento del contratto di concessione rimane comunque soggetto ai principi fondamentali del Trattato dell’Unione Europea, in generale, alla disciplina della tutela della concorrenza nel mercato interno e ai principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di non discriminazione in base alla nazionalità, nonché all’obbligo di trasparenza ad essi correlato[26].
Le disposizioni del Trattato ritenute, dalla Corte di Giustizia dell’UE, specificamente applicabili alle concessioni di servizi pubblici comprendono in particolare gli articoli volti a vietare restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini dell’Unione Europea nel territorio di un altro Stato membro rispetto a quello di origine[27], nonché quelle relative alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione Europea[28]. Tali previsioni discendono infatti dal divieto di discriminazione in base alla nazionalità[29].
Il principio di proporzionalità, in connessione con il principio di parità di trattamento, non discriminazione e libera concorrenza, richiede che l’affidamento del contratto di concessione ed i suoi elementi sia logici, non contraddittori o sproporzionati in relazione all’oggetto della prestazione richiesta[30].
L’affidamento delle concessioni di servizi pubblici (con particolare riferimento all’individuazione dei requisiti di capacità tecnica richiesti per la partecipazione alla procedura di affidamento che devono risultare alla prestazione richiesta) è anche sottoposto al rispetto del principio della parità di trattamento tra offerenti, e ciò anche in assenza di discriminazione sulla base della nazionalità[31].
Il rispetto dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione sulla base della nazionalità comporta un obbligo di trasparenza che permette all’amministrazione pubblica concedente e agli operatori economici di verificare il rispetto dei principi menzionati[32]. L’obbligo di trasparenza posto a carico di detta autorità consiste nel dovere di garantire, ad ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità, che consenta l’apertura della concessione di servizi alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione[33]. L’obbligo di trasparenza, non comporta necessariamente un obbligo di far ricorso a procedure ad evidenza pubblica, ma impone alla pubblica amministrazione concedente di assicurare, a favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità tale da consentire “l’apertura delle concessioni di servizi pubblici alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione”[34]. La stessa disciplina europea impone agli Stati il divieto di mantenere in vigore una normativa nazionale che consenta l’affidamento di concessioni di servizi pubblici senza procedura concorrenziale, poiché un simile affidamento viola gli artt. 43 CE o 49 CE o ancora i principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza[35]. L’unica eccezione all’applicazione tassativa dei principi descritti nel settore delle concessioni di servizi pubblici ove il controllo esercitato sul concessionario dall’amministrazione pubblica concedente sia analogo a quello che essa esercita sui propri servizi, e il concessionario presti la parte più importante della propria attività con l’autorità che lo detiene[36]. Tale fattispecie è riconducibile all’affidamento dell’erogazione prestazione ad un ente in-house della pubblica amministrazione[37].
In ragione del differente regime cui sono sottoposte le concessioni di lavori rispetto a quelle di servizi un aspetto di interesse attiene i contratti misti di concessione che presuppongono la realizzazione di lavori e la prestazione di uno o più servizi[38]. Sovente il concessionario di lavori svolge spesso un servizio per l'utilizzatore sulla base dell'opera realizzata. In tali ipotesi il criterio utilizzato per distinguere il regime giuridico applicabile attiene l’individuazione dell'obiettivo principale del contratto e non la mera rilevanza economica dei lavori rispetto l’erogazione dei servizi.
2. L’influenza della
disciplina europea in materia di concessioni.
La sentenza in commento costituisce un importante tassello nella giurisprudenza del giudice amministrativo volta a ridurre l’incertezza relativa alle norme applicabili alle concessioni di servizi in quanto riconducibili ai principi del Trattato UE[39]. Già in precedenza la giurisprudenza ha presentato numerosi orientamenti contrastanti volti ad escludere[40] o ampliare[41] l’applicazione delle norme contenute nel codice dei contratti pubblici alle concessioni di servizi.
Un simile contrasto giurisprudenziale era presente anche con riferimento alle specifiche disposizioni del codice dei contratti pubblici prese in considerazione nel caso di specie[42]. La circostanza che l’affidamento di un contratto pubblico di concessione sia comunemente considerata come una gara informale[43], unitamente alla esclusione parziale delle concessioni di servizi dalla disciplina prevista per gli appalti pubblici e l’assenza di precise indicazioni circa le norme riconducibili ai principi del Trattato dell’Unione Europea ha comportato un’evidente incertezza applicativa nell’ordinamento giuridico italiano che ha dato vita al contrasto giurisprudenziale su cui è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza in commento[44]. Tali incertezze potrebbero essere risolte mediante un’apposita disciplina che a livello europeo ponga regole comuni anche in materia di concessioni. Questa considerazione pare in linea con i contenuti della sentenza in commento ove si rileva che la disciplina delle concessioni di servizi “si inserisce nell’ottica di una progressiva assimilazione delle concessioni agli appalti” e pare corrispondere alla volontà dell’UE di aprire il mercato interno anche nel settore delle concessioni di servizi. Le attuali difficoltà economiche di molti Stati membri dell'Unione europea ed il maggiore ricorso a forme di partenariato pubblico-privato hanno reso l'affidamento di concessioni oggetto di particolare attenzione da parte dell’Unione Europea e portando anche alla presentazione di una proposta di direttiva finalizzata all’armonizzazione della disciplina dei contratti di concessione[45].
L’individuazione di una serie di norme uniformi applicabili in materia di concessioni a livello europeo consentirebbe sia di superare i problemi di incertezza normativa attualmente esistenti in materia di concessioni, sia di favorire l’apertura del mercato interno anche in alcuni settori ad oggi in parte esclusi dall’applicazione della disciplina europea[46].
La recente proposta di Direttiva in materia di concessioni non costituisce il primo tentativo della Commissione UE di proporre una disciplina comune sulla materia. La proposta di Direttiva in materia di appalti pubblici di servizi presentata nel 1991 estendeva originariamente il proprio campo di applicazione anche alle concessioni di servizi[47]. Tale previsione venne modificata a causa delle sensibili differenze tra gli Stati membri relative agli strumenti giuridici utilizzati in materia[48].
La proposta di Direttiva presentata nel 2011 integra l’attuale definizione di concessione di servizi tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia richiamando espressamente il rischio di gestione che si deve assumere il concessionario ed il suo legame con l’oggetto del contratto[49]. In tale caso dovrà essere valutata la nozione di “substantial operating risk” e la conformità con tale disciplina del contenuto delle norme nazionali che limitano i rischi economici del concessionario e della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE che consente limitazioni al rischio di gestione, ove i pagamenti per la prestazione del servizio vengano effettuati unicamente dagli utenti[50].
La proposta di Direttiva in materia di concessioni, riprendendo quanto previsto in materia di appalti pubblici, individua inoltre delle soglie che rendono obbligatoria la sua applicazione[51] al fine di individuare una soglia al di sopra della quale i contratti di concessione conclusi risultano di interesse transfrontaliero certo (senza tuttavia escludere tale interesse per le concessioni di valore inferiore a tali importi)[52].
Al fine di favorire la partecipazione transfrontaliera e la trasparenza delle procedure è inoltre previsto anche un obbligo di pubblicazione di un bando contenente le informazioni minime per consentire agli operatori economici di valutare un possibile interesse per le singole procedure[53], oltre che una serie di principi che devono essere applicati nell’affidamento di concessioni prendendo in considerazione anche le specifiche tecniche con cui deve essere effettuata la prestazione[54], i “life cycle-costing”[55] e la disciplina relativa all’esecuzione del contratto di concessione[56].
La disciplina europea pare sempre più influenzare gli ordinamenti
giuridici degli Stati membri[57]. Le
prospettive evolutive in materia di concessione, paiono quindi orientate a vincolare le
amministrazioni aggiudicatrici, nelle procedure di scelta dell’affidatario
delle concessioni di servizi, al rispetto prime i principi dell’evidenza
pubblica comunitaria, tra i quali il canone della trasparenza che, inteso quale
presupposto dell’imparzialità e della non discriminazione, è individuato quale
elemento imprescindibile per favorire innanzitutto la partecipazione degli
operatori economici interessati alle procedure di selezione del contraente.
Matteo Pignatti
[1] In
tema di concessioni si veda: R. Cavallo
Perin, La struttura della concessione di servizio pubblico locale,
Torino, Giappichelli, 1998; D. Sorace – C. Marzuoli, voce Concessioni amministrative, in Dig. Discipline Pubblicistiche, III,
298; M. D’Alberti, Le concessioni amministrative, Napoli, 1981; F. Goisis, Concessioni di costruzione e gestione di lavori
e concessione di servizi,
[2] Con
riferimento alla pronuncia di primo grado cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, I,
2012, n.
[3] D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 83, c. IV.
[4] D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 83, c. X.
[5] Sulla discrezionalità dell’amministrazione e la distinzione tra la discrezionalità “pura” e la discrezionalità “tecnica” fondata su apprezzamenti tecnico-scientifici vanno richiamati gli studi di: P. Lazzara, Autorità indipendenti e discrezionalità, Padova, 2001, 111 e ss.; D. De Pretis, Valutazione amministrativa e discrezionalità tecnica, Padova, 1995; Alberto Romano, voce Autonomia nel diritto pubblico, in Dig. Disc. Pub, Torino, 1987, II, 40; Cfr. anche: G. Barone, voce Discrezionalità (Diritto Amministrativo), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1989, XI; A. Angiuli, Studi sulla discrezionalità amministrativa nel quando, Bari, 1988; C. Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, Milano, 1985; L. Benvenuti, La discrezionalità amministrativa, Padova, 1984. Sull’eventuale sindacato giurisdizionale sull’attività di natura discrezionale cfr.: C. Marzuoli, Discrezionalità amministrativa e sindacato giudiziario: profili generali, in V. Parisio (a cura di) Potere discrezionale e controllo giudiziario, Milano, 1998, 71 e ss.
[6] Cons.
St., III, 25 febbraio 2013, n.
[7] Costituzione italiana, art.
[8]
T.A.R. Piemonte, Torino, II, 29 ottobre 2010, n.
[9] F. Goisis, Concessioni di costruzione
e gestione di lavori e concessione di servizi,
[10] C. giust. CE, 18 luglio
2007, Commissione CE v. Italia in C-382/05, p.to 30; C. giust.
CE, 20 ottobre 2005, Commissione CE v. Francia in C‑264/03, p.to
[11] La
definizione dei contratti di concessione di lavori e servizi per i settori
tradizionali è contenuta nella Direttiva CE 2004/18, art. 1 c. 3 e 4 trova
attuazione all’interno del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 3, c.
[12]
Commissione UE, 29 aprile 2000, 2000/C 121/02, cit., in cui si chiarisce come la responsabilità del concessionario si
estende agli aspetti tecnici, gestionali e finanziari dell’opera. Cfr.: C.
giust. CE 13 ottobre 2005, Parking Brixen
in C-458/03, p.ti 40 e
[13] C.
giust. CE, 26 aprile 1994, Commissione CE
v. Italia in C-272/91, p.ti 7/11 e
24; C. giust. CE, 18 luglio 2007, Commissione
CE v. Italia in C-382/05, p.to
30. Con riferimento alla giurisprudenza italiana cfr.: T.A.R. Umbria, I, 21
gennaio 2010, n.
[14] C. giust. UE, 10 novembre
2011, Norma-A SIA e Dekom SIA v Latgales planošanas regions, in C-348/10, p.ti 44, 45 e
[15] C. giust. CE, III, 10 settembre 2009, Wasser- und Abwasserzweckverband Gotha und
Landkreisgemeinden (WAZV Gotha) v. Eurawasser
Aufbereitungs- und Entsorgungsgesellschaft mbH, p.ti 66 e 67; C. giust. UE,
10 novembre 2011, Norma-A SIA e Dekom SIA v Latgales planošanas regions, in C-348/10, p.to 48. Sul punto,
nell’ordinamento giuridico italiano cfr.: Autorità per la Vigilanza sui
Contratti Pubblici, Determinazione 11 marzo 2010, n.
[16]
Cons. St., VI, 15 novembre 2005, n.
[17] T.A.R. Puglia, Lecce,
III, 27 novembre 2009, n.
[18] R. Cavallo
Perin, Commento all’art.
[19] C. giust. UE, 10 novembre 2011, Norma-A SIA e Dekom SIA v Latgales planošanas regions, in C-348/10, p.to 46.
[20] C.
giust. UE, 10 novembre 2011, Norma-A SIA
e Dekom SIA v Latgales planošanas regions, in C-348/10, p.to
[21] C.
giust. CE, III, 10 settembre 2009, Wasser- und Abwasserzweckverband Gotha und
Landkreisgemeinden (WAZV Gotha) v. Eurawasser
Aufbereitungs- und Entsorgungsgesellschaft mbH, p.to 77.
[22]
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Circolare n. 3944 del 2002, con la quale
la specifica che, mentre negli appalti pubblici di servizi, l'appaltatore
presta il servizio in favore della pubblica amministrazione (la quale utilizza
tale prestazione ai fini dell'eventuale erogazione del servizio pubblico a
vantaggio della collettività), nella concessione di pubblico servizio il
concessionario sostituisce la pubblica amministrazione nell'erogazione del
servizio, ossia nello svolgimento dell'attività diretta al soddisfacimento
dell'interesse collettivo. In tal modo, la circolare ha manifestato piena
adesione al criterio discretivo, già avanzato in sede comunitaria (cosiddetto
“criterio del destinatario”). In giurisprudenza: Cons. St., VI, 4 agosto 2009,
n.
[23] Cons. St. V, 15 novembre 2010, n. 8040; Cons. St., VI, 4 agosto 2009, n. 4890, cit. In dottrina: R. Cavallo Perin, La struttura della concessione di servizio pubblico locale, cit., 45 e ss.
[24]
Direttiva CE 2004/18, art.
[25] D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 30, al cui interno sono riprese alcune delle indicazioni fornite dalle Istituzioni UE in materia di concessioni di servizi. In particolare si limita a richiamare l’applicazione della parte del codice dei contratti pubblici relativa al contenzioso giudiziale e stragiudiziale (tale parte è oggi in parte confluita nel codice del processo amministrativo – d.lgs. n. 104 del 2010) ed alle previsioni relative al piano economico finanziario (c. VII).
[26] C.
giust. CE, III, 10 settembre 2009, Wasser- und Abwasserzweckverband Gotha und
Landkreisgemeinden (WAZV Gotha) v. Eurawasser
Aufbereitungs- und Entsorgungsgesellschaft mbH, p.to
[27] Trattato sul Funzionamento dell’unione Europea, art. 49.
[28] Trattato sul Funzionamento dell’unione Europea, art. 56.
[29] Trattato sul Funzionamento dell’unione Europea, art. 18. Cfr. con specifico riferimento alle concessioni di servizi: C. giust. CE 13 ottobre 2005, Parking Brixen in C-458/03, p.to 47.
[30] B. Mameli, Commento
all’art.
[31] C. giust. CE,
6 aprile 2006, ANAV in C‑410/04, p.to 20; C. giust. CE 13 ottobre 2005, Parking Brixen
in C-458/03, p.to 48.
[32] A.
Brown, Seeing through transparency: the requirement
to advertise public contracts and concessions under the EC treaty, in Public
Procurement Law Review, 2007, 1-21. Sul principio di
trasparenza cfr. anche: C. giust. Ce,
IV, 13 settembre 2007, C-260/04, Commissione
Ce v. Italia, in Foro amm. CDS, 2007, 2367, Corte giust.
CE, I, 18 novembre
[33] C.
giust. CE, 7 dicembre 2000, Telaustria in C‑324/98, p.ti 61 – 62; C.
giust. CE 13 ottobre 2005, Parking Brixen
in C-458/03, p.to 49. Sul principio di trasparenza cfr. anche: C. giust. Ce, IV, 13 settembre 2007, C-260/04,
Commissione Ce v. Italia, in Foro amm. CDS, 2007, 2367, Corte giust. CE, I, 18 novembre
[34] C. giust. CE, 13 novembre 2008, Coditel Brabant in C‑324/07, p.to 25 ; C. giust. CE, 7 dicembre 2000, Telaustria in C‑324/98, p.t0 62; C. giust. CE, 21 luglio 2005, Coname in C‑231/03, p.to 21. Nell’ordinamento giuridico italiano cfr.: d.l. 25 giugno 2008, n. 112, art. 23bis convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, ove è ribadito un principio di carattere generale vigente in materia di servizi pubblici locali, secondo il quale le procedure di scelta de l contraente non possono sottrarsi ai principi dell’evidenza pubblica, potendo essere affidati solo a soggetti individuati attraverso l’espletamento di gare con procedure di tipo concorsuale.
[35] Trattato sul Funzionamento dell’unione Europea, art. 106, c. I.
[36] C. giust. CE, 6 aprile
2006, ANAV in C‑410/04, p.to 24; C. giust. CE
13 ottobre 2005, Parking Brixen in
C-458/03, p.to 62.
[37] Per un approfondimento circa l’applicazione dell’istituto in oggetto cfr.: D. Casalini, Beyond EU Law: the New “Public House”, in G. S. Olykke – C. Risvig Hansen – C. D. Tvarnø (a cura di) EU Public Procurement – Modernisation, Growth and Innovation, Copenhagen, 2012, 151, ove viene preso in considerazione il centenuto della nuova proposta di direttiva in materia di appalti pubblici; R. Cavallo Perin, Il modulo 'derogatorio': in autoproduzione o in house providing, in L'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, a cura di H. Bonura e M. Cassano, Torino, Giappichelli Editore, 2011, 119 – 135; R. Caranta, The In-House Providing: The Law as It Stands in the EU, in M. Comba - S. Treumer (a cura di) The In House Providing in European Law, Copenhagen, 2010; R. Cavallo Perin - D. Casalini, The control over in-house providing organizations, in Public Procurement Law Review, 2009, 227-240; M. G. Pulvirenti, Recenti orientamenti in tema di affidamenti in house, in Foro Amm. – CdS, 2009, 108; G. Corso - G. Fares, Crepuscolo dell’in house?, in Foro it., 2009, I, 1319; H. Simonetti, Il modello delle società in house al vaglio della corte costituzionale, in Foro it., 2009, I, 1314; G. Piperata, La corte costituzionale, il legislatore regionale ed il modello «a mosaico» della società in house, in Regioni, 2009, 651; R. Cavallo Perin – D. Casalini, L’in house providing, un’impresa dimezzata, in Diritto amministrativo, 2006, 51-97; D. Casalini, L’organismo di diritto pubblico e l’organizzazione in-house, Torino, 2003.
[38] C. giust. CE, 6 maggio 2010, Club Hotel
Loutraki AE v Ethniko Symvoulio Radiotileorasis in C-145/08 e
C-149/08.
[39] R. Cavallo Perin, Commento all’art. 112, cit., 605; E. Picozza, L’appalto pubblico tra diritto comunitario e diritto nazionale. Una difficile convivenza, in C. Franchini (a cura di) I contratti di appalto pubblico, 2010, 42 e ss.; F. Leggiadro, Applicabilità delle direttive comunitarie alla concessione di servizi pubblici, in Urb. e app., 2001, 48.
[40] Cons. St. V, 20 agosto 2008,
n.
[41]
Cons. St., V, 13 luglio 2010, n.
[42]
Cons. St., III, 17 ottobre 2011, n.
[43] A. Massera, Lo Stato che contratta e che si accorda, Pisa, 2011, 156; Scoca in Franchini e caranta (trasparenza)
[44] T.A.R. Toscana, Firenze, II, 20 dicembre 2010, n.
6781, ove il giudice di primo grado non ha ritenuto possibile estendere alle
concessioni di servizi la disciplina G.
T. Aglianetti, La distinzione fra appalto e concessione e
l’(in)applicabilità dell’art. 84 comma 10, d.lg. 163 del 2006 alle concessioni
di servizi, in Foro Amm. – TAR, 2011, 2308. Si segnala che l’Autorità
per la Vigilanza sui Contratti Pubblici aveva già provato a far luce sulla
nozione di concessione in materia di
lavori con una propria deliberazione del 2010. Cfr.: Autorità per la Vigilanza
sui Contratti Pubblici, Determinazione 11 marzo 2010, n. 2.
[45] Commissione UE, Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on the award of concession contracts,, 20 dicembre 2011, COM(2011) 897 final; Commissione UE, Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Valutazione d’impatto che accompagna il documento relativo alla proposta di direttiva del parlamento europeo e del consiglio sull'aggiudicazione di contratti di concessione, 20 dicembre 2011; G. M. Racca, The Italian Supreme Administrative Court addresses the differences between the notions of service concession and public procurement of services (Università degli Studi di Roma Tre v International Airport System), in e-Competitions - National Competition Law Bulletin, Dicembre 2012.
[46] Sul
punto deve tuttavia rilevarsi il limitato effetto transfrontaliero che hanno
avuto le direttive UE in materia di appalti pubblici. I dati della Commissione
UE evidenzia infatti che solo l’1,6% dei contratti di importo superiore alle
soglie UE ha rilevanza transfrontaliera diretta. Cfr. studio realizzato per la Commissione UE da
parte del Ramboll Management Consulting - University of Applied Sciences HTW
Chur, Cross-Border Procurement Above Eu
Thresholds, marzo
[47] Commissione CE, Proposal for a Directive relating to the Coordination of Procedures on
the award of public service contracts by the service directive, COM(90)72.
[48] Commissione CE, Communication from the Commission to the European Parliament regarding
the Council’s common position on the Proposal for a directive coordinating the
procedures on the award of public service contracts, 5 marzo 1992.
[49] Commissione UE, Proposal for a Directive of the European
Parliament and of the Council on the award of concession contracts, cit.,
considerando n.ro 7, art. 2 c. II, ove si afferma che “The right to exploit the
work s or services as referred to in points 2, 4 and 7 of the first paragraph
shall impliy the transfer to the concessionaire of the substantial operating
risk. The concessionaire shall be deemed to assume the substantial operating
risk where it is not guaranteed to recoup the investments made or the costs
incurred in operating the works or the services which are the subject-matter of
the concession”.
[50] C. giust. CE, III, 10 settembre
2009, Wasser- und Abwasserzweckverband
Gotha und Landkreisgemeinden (WAZV Gotha) v. Eurawasser Aufbereitungs- und Entsorgungsgesellschaft mbH, p.to 77.
Sul punto confronta anche Commissione UE, Proposal
for a Directive of the European Parliament and of the Council on the award of
concession contracts,, cit., considerando n.ro 8, ove si afferma che “Where
sector specific regulation provides for a guarantee to the concessionaire on
breaking even on investments and costs in curred for operating the contract,
such contract should not qualify as a concession within the meaning of this
Directive”.
[51] Commissione UE, Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on the award of concession contracts,, cit., art. 5, ove è prevista una soglia generale di cinque milioni di euro, disponendo tuttavia che I contratti relativi a concessione di servizi (diversi dai servizi sociali) di importo compreso tra due milioni e mezzo di euro e cinque milioni sono comunque soggetti alla pubblicazione di un bando nelle modalità descritte dalla direttiva.
[52] C.
Risvig Hansen, Defining a Service Concession
Contract Will the Proposed New Definition of Service Concession Contracts
Increase Legal Certainty in the Field of Concessions?, in G. S. Olykke – C. Risvig Hansen – C. D. Tvarnø (a cura di) EU
Public Procurement – Modernisation, Growth and Innovation, Copenhagen,
2012,
[53] Commissione UE, Proposal for a Directive of the European Parliament
and of the Council on the award of concession contracts, cit., art. 26. Cfr.
anche l’art. 27 relativo agli avvisi di aggiudicazione e l’art. 28 concernente
le modalità in cui devono essere effettuate tali comunicazioni.
[54] Commissione UE, Proposal for a Directive of the European
Parliament and of the Council on the award of concession contracts, cit.,
32.
[55] Commissione UE, Proposal for a Directive of the European
Parliament and of the Council on the award of concession contracts, cit.,
art. 40.
[56] Commissione UE, Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on the award of concession contracts, cit., artt. 41, 42 e 43, relative rispettivamente alla possibilità di effettuare sub-contratti nell’ambito del contratto di concessione, di apportare modifiche in corso di esecuzione e di prevedere le modalità di concludere il contratto di concessione.
[57] F. Lichère, L’influence
du droit communitaire sur le droit des contrats publics, in J.-B. Auby – J.
Dutheil de la Rochère (a cura di) Droit
Administratif Europèen, Bruxelles, 2007, 983.