ESPROPRIAZIONE PER P.U.
DEMANIO E PATRIMONIO


TAR LAZIO di ROMA - SENTENZA 10 dicembre 2013, n.10615
1. E’ illegittimo il decreto di proroga dei termini della procedura di espropriazione ove adottato in assenza di previa comunicazione di avvio del relativo procedimento agli interessati. Difatti, detta comunicazione è necessaria anche nel procedimento finalizzato a prorogare i termini del provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità, stante la sua natura di sub-procedimento autonomo all'interno di quello più generale volto alla dichiarazione di pubblica utilità, anche se implicito, nell'approvazione del progetto di opera pubblica. 2. Ai sensi dell’art. 21-septies, legge n. 241 del 1990, è nullo il decreto di proroga dei termini della procedura di espropriazione intervenuto dopo la scadenza del termine da prorogare, in quanto adottato in carenza di potere, con la conseguenza che non possono neppure porsi questioni relative alla tempestività della sua impugnazione (e ciò a prescindere dal fatto che l’atto non sia stato mai comunicato alla ricorrente), in quanto tale invalidità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata di ufficio dal giudice. 3. La realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo di acquisto del bene e, come tale, non idoneo a determinare il trasferimento della proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell'amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi o abdicativi della proprietà, in altri comportamenti, fatti o contegni. 4. Affinché un'area privata venga a far parte del demanio stradale non è sufficiente che sulla strada si esplichi di fatto il transito pubblico, essendo al contrario necessario che sia intervenuto un atto (convenzione, espropriazione, usucapione, dicatio ad patriam, ecc.) che ne abbia trasferito il dominio alla P.A. e che la strada sia destinata all'uso pubblico da parte della P.A. stessa. 5. Non è sufficiente la mera destinazione all’uso pubblico per configurare l’acquisto della proprietà di una strada al pubblico demanio, essendo comunque necessario un atto di acquisizione della proprietà, che nel caso di specie difetta, non potendo essere di certo individuato nella mera occupazione illegittima del bene, tenuto conto che la teoria dell’occupazione acquisitiva è stata del tutto superata. |
TESTO DELLA SENTENZA
TAR LAZIO di ROMA - SENTENZA 10 dicembre 2013, n.10615 - Pres. Sandulli – est. Santoleri SENTENZA sul ricorso numero di registro
generale 5061 del 2012, proposto da:
Brunella Pucci, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Tomassetti, con
domicilio eletto presso Domenico Tomassetti in Roma, via G. Pierluigi Da
Palestrina, 19; contro Regione Lazio, rappresentato e
difeso per legge dall'Avv. Elisa Caprio, domiciliata in Roma, via Marcantonio
Colonna, 27; nei confronti di Soc Astral - Azienda Strade Lazio Spa,
rappresentato e difeso dall'avv. Stefano Mancini, con domicilio eletto presso
Massimo Zampini in Roma, via Flaminia, 357; Soc Delta Lavori Spa, n.c.; per l'annullamento del decreto del Presidente della
Regione Lazio n. T0190 del 19.05.11 avente ad oggetto l'accordo di programma
sottoscritto il 24.2.06 tra la Regione Lazio, la Provincia di Roma e vari
comuni approvato con decreto del Presidente della Regione n. T0126 del
07/04/12, ai sensi art. 34 comma 4 d.lgs. n. 267/00 - Proroga dei termini di
dichiarazione di pubblica utilita' dell'opera 'nodo di Squarciarelli'
- risarcimento danni -
Visti il ricorso e i relativi
allegati; Visti gli atti di costituzione in
giudizio di Regione Lazio e di Soc Astral - Azienda Strade Lazio Spa; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 31 ottobre 2013 il dott. Stefania Santoleri e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO Con il ricorso introduttivo del
giudizio, la ricorrente ha rappresentato che con determinazione del Direttore
Regionale Infrastrutture della Regione Lazio n.B5378 del 23.12.2005 è stato
approvato il progetto definitivo del “Collegamento Villa Senni, Marino,
Grottaferrata, Rocca di Papa”, IV Stralcio Funzionale del progetto generale di
Razionalizzazione del “nodo Squarciarelli”. Nella Determinazione citata è stato
deciso di “fissare i termini di inizio e compimento della procedura espropriativa
in mesi 3 per l’inizio e in mesi 36 per il compimento dalla data della presente
deliberazione” e di “fissare i termini per l’inizio ed il completamento dei
relativi lavori rispettivamente in mesi 12 per l’inizio ed in mesi 42 per il
compimento dalla data della presente determinazione”. Con decreto del Presidente della
Regione Lazio n. T0126 del 7.4.2006, è stato approvato, ai sensi dell’art. 34,
comma 4, del D.Lgs. 267/00, l’accordo di programma per la realizzazione
dell’intervento in questione ed il decreto è stato pubblicato sul BURL n. 11
del 20/4/06. L’accordo di programma, che è parte
integrante del decreto del Presidente della Regione n. T0126 del 7.4.06,
stabiliva che “la pubblicazione sul B.U.R.L. del Lazio del presente Accordo di
programma comporta l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, ai
sensi dell’art. 10 T.U. Espropri, sulla totalità delle aree destinate alle
opere pubbliche, determinando altresì la dichiarazione di pubblica utilità,
indifferibilità ed urgenza delle opere ed interventi previsti nelle medesime
aree ex art. 34 D.Lgs. 267/00 e 12 T.U. Espropri”. In detto atto non è espressamente
indicato il termine entro il quale deve essere emanato il decreto di
espropriazione. Il progetto dell’opera in questione
prevede la realizzazione di un collegamento viario tra la S.S. 511 Anagnina, in
prossimità di Villa Senni, e Via delle Calcare, in corrispondenza
dell’intersezione con Via delle Barozze ed interessa alcuni appezzamenti di
terreno di proprietà della ricorrente distinti in CT. al foglio 12 part. N.
402,1338, 399, 1346. Il 19.12.2007 è stato emanato il
decreto di occupazione d’urgenza n. B5236 del Direttore del Dipartimento
Territorio con riferimento agli immobili ricadenti nei Comuni di Marino e Rocca
di Papa, mentre con decreto B0595 del 29/2/08 si è provveduto con riferimento
agli immobili ricadenti nel Comune di Grottaferrata ed è quindi intervenuta
l’immissione in possesso delle aree di proprietà della ricorrente. Con deliberazione della Giunta
Regionale n. 1006 del 23 dicembre 2009 la Regione Lazio, in esecuzione del
“Contratto di servizio” rep. n.6023/2006, ha trasferito ad ASTRAL - Azienda
Strade Lazio - S.p.a. la gestione delle attività e dei cantieri relativi alla
realizzazione del quarto stralcio funzionale dell’intervento di
“Razionalizzazione del Nodo Squarciarelli: collegamento Villa Senni – Marino –
Grottaferrata - Rocca di Papa”. Sono iniziati i lavori, ma a causa
di una serie di complicazioni, l’Amministrazione procedente si è resa conto di
non poter concludere la procedura espropriativa: con decreto del Presidente
della Regione Lazio n. T0190 del 19.5.2011 è stata disposta la proroga dei
termini della procedura di espropriazione oggetto dell’'Accordo di
Programma sottoscritto in data 24.2.2006 tra la Regione Lazio, la Provincia di
Roma ed i Comuni di Roma, Ciampino, Grottaferrata, Marino e Rocca di Papa,
approvato con Decreto del Presidente della Regione Lazio n. T0126 del 07 aprile
2006, ai sensi e per gli effetti dell 'art. 34 — comma 4 del Decreto Legislativo
18 agosto 2000 n.267. Proroga dei termini di dichiarazione di pubblica utilità
dell'opera'. La ricorrente ha quindi impugnato il
suddetto decreto deducendo i seguenti motivi di gravame: I) Violazione e falsa applicazione
del D.P.R. n.327/2001, della legge n.241/90 e dei principi generali vigenti in
materia; eccesso di potere per carenza di istruttoria, perplessità, errata
valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, irragionevolezza, difetto
assoluto di motivazione; sintomi di sviamento di potere. Il decreto di proroga n.T0190 del
19.5.2011 deve ritenersi illegittimo in quanto adottato omettendo di comunicare
agli interessati sia l'avvio del procedimento che l'intervenuta emanazione del
provvedimento. II) - Violazione e falsa
applicazione del D.P.R. n.327/2001, della legge n.241/90 e dei principi
generali vigenti in materia; eccesso di potere per carenza di istruttoria,
perplessità, errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto,
irragionevolezza, difetto assoluto di motivazione; sintomi di sviamento di
potere. Il decreto di proroga n. T0190 del
19.5.2011, emanato dal Presidente della Regione Lazio a seguito di richiesta di
ASTRAL s.p.a. pervenuta con nota n.6570 del 22.3.2011, è illegittimo anche
perché adottato dopo la scadenza del termine finale fissato nella
Determinazione del Direttore Regionale Infrastrutture n.B5378 del 23.12.2005 di
approvazione del progetto definitivo dell'intervento. III) - Violazione e falsa
applicazione del D.P.R. n.327/2001, della legge n.241/90 e dei principi generali
vigenti in materia; eccesso di potere per carenza di istruttoria, perplessità,
errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, irragionevolezza,
difetto assoluto di motivazione; sintomi di sviamento di potere. Il decreto di proroga n.T0190/2011 è
illegittimo anche perché non sorretto da specifiche motivazioni sulle
circostanze idonee a giustificarne l'adozione. L’art.13 del DPR n.327/2001,
infatti, prevede che la proroga possa essere disposta 'per casi di forza
maggiore o per altre giustificate ragioni'. Nel caso di specie, l'obbligo
motivazionale non è stato rispettato in quanto il decreto di proroga dei
termini non reca indicazioni circa valide ragioni a fondamento della sua
emanazione, limitandosi a menzionare l'esistenza di una richiesta in tal senso
da parte di ASTRAL s.p.a. nonché 'obiettive difficoltà al compimento degli
atti espropriativi, legate all'elevato contenzioso giudiziale instaurato dai
privati interessati dalla procedura, anche in considerazione della peculiare
situazione geomorfologica e di alta densità abitativa della zona, nonché il
ritrovamento di reperti di origine romana'. Tale motivazione è generica e,
quindi, inadeguata, così come risulta insufficiente il riferimento alla
'peculiare situazione geomorfologica e di alta densità abitativa della
zona', trattandosi di circostanze conosciute dall'Amministrazione sin
dall'inizio della procedura espropriativa in questione. La ricorrente ha quindi chiesto
l’accoglimento del ricorso e della domanda risarcitoria con la quale ha
chiesto, in via principale, la restituzione dei beni illegittimamente occupati,
con ripristino dello status quo ante, oltre al risarcimento per equivalente
economico dei danni non risarcibili in forma specifica, ovvero in via
subordinata, l’integrale risarcimento per equivalente di tutti i danni dagli
stessi patiti e patiendi. A sostegno della domanda
risarcitoria ha depositato una perizia giurata redatta dall’Arch. Francesca
Sculco diretta a provare la consistenza dei danni subiti. La Regione Lazio si è costituita in
giudizio rilevando che l’intera procedura espropriativa rientra nella
competenza dell’Astral, subentrata alla Delta Lavori nella gestione del
contratto di appalto. Nel merito ha chiesto il rigetto del
ricorso per infondatezza, rilevando che la procedura di realizzazione
dell’opera pubblica ha subito una sospensione dei lavori non soltanto in
considerazione del contenzioso con la ricorrente, ma che per il ritrovamento di
una strada romana lungo il tracciato. Quanto al termine per l’emanazione
del decreto di esproprio - in mancanza di una espressa previsione nel decreto
del Presidente della Regione Lazio T0126 del 7/4/06 – secondo la Regione si
applicherebbe la previsione recata dall’art. 13 c. 4 del T.U. Espropri, secondo
cui “Se manca l'espressa determinazione del termine di cui al comma 3, il
decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di cinque anni,
decorrente dalla data in cui diventa efficace l'atto che dichiara la pubblica
utilità dell'opera”, e cioè dalla pubblicazione della delibera di approvazione
dell’Accordo di Programma sul B.U.R.L., intervenuta il 20 aprile 2006. Tutto il procedimento si sarebbe
svolto entro i termini essendo stato l’atto predisposto per la firma del
Presidente a partire dal 14/4/11. Anche l’Astral si è costituita in
giudizio ed ha eccepito il suo difetto di legittimazione passiva; ha comunque
chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza chiedendo inoltre al Tribunale
di disporre, in caso di annullamento del provvedimento di proroga,
l’applicazione dell’art. 42 bis del T.U. Espropri. La ricorrente con propria memoria ha
rilevato l’inapplicabilità al caso di specie della suddetta disposizione
normativa, e ha insistito per l’accoglimento della domanda risarcitoria per
equivalente, trattandosi di un bene già acquisito al demanio stradale ex art.
822 c. 2 c.c. All’udienza pubblica del 31 ottobre
2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO Ritiene il Collegio di dover
preventivamente respingere le eccezioni di difetto di legittimazione passiva
avanzate dalla Regione Lazio e da ASTRAL SpA, in quanto entrambi i soggetti
risultano coinvolti, nel periodo di riferimento, nell’espletamento della
procedura espropriativa contestata. Astral SpA ha ammesso (per affermare
il proprio difetto di legittimazione passiva) di essere titolare della gestione
ed esecuzione dei lavori, richiamando i contenuti della citata D.G.R. n.1006/09
e dell'atto integrativo reg. cron. 14896 del 11.1.12 affermando, inoltre, che
con l’art. 61, co. 1, lett. b), LR Lazio n. 9/2005 le sarebbe stato conferito
anche il potere di adottare decreti di esproprio e, quindi, avrebbe dovuto
avvedersi del fatto che le attività stavano proseguendo oltre i termini fissati
dagli atti della procedura espropriativa. L'Amministrazione regionale, dal
canto suo, non può ritenersi estranea alla vicenda ed alle sue conseguenze, in
quanto, anche nell'ipotesi di delega di funzioni, si tratta del soggetto che ha
disposto il procedimento di espropriazione e che risulta beneficiario della
stessa, senza considerare che il decreto di proroga impugnato è stato emesso
dalla Regione. Nel merito il ricorso è fondato e va
accolto, così come già stabilito dalla Sezione nella sentenza n. 7000/13
relativa alla medesima procedura espropriativa con riferimento ad un diverso
lotto di terreno di proprietà di un altro soggetto (Sig. Armati). Con determinazione del Direttore
Regionale Infrastrutture n.B5378 del 23.12.2005 è stato approvato il progetto
definitivo del “Collegamento Villa Senni, Marino, Grottaferrata, Rocca di
Papa”, IV Stralcio Funzionale del progetto generale di Razionalizzazione del
“nodo Squarciarelli”. In tale provvedimento è stato
fissato il termine per il completamento della procedura espropriativa “in mesi
3 per l’inizio e in mesi 36 per il compimento dalla data della presente
deliberazione”, e sono stati indicati “i termini per l’inizio ed il
completamento dei relativi lavori rispettivamente in mesi 12 per l’inizio ed in
mesi 42 per il compimento dalla data della presente determinazione”. I termini della procedura
espropriativa sono decorsi senza che – prima della loro scadenza – fossero
prorogati e fosse adottato il decreto di espropriazione. Infatti, prima della decorrenza dei
termini indicati è stato adottato solo il decreto del Presidente della Regione
Lazio n. T0126 del 7.4.2006 (del quale la ricorrente ha avuto notizia solo dopo
molto tempo), recante la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera il quale,
non contempla espressamente specifici termini per il completamento
dell’attività espropriativa. Secondo parte ricorrente il decreto
del Presidente della Regione Lazio n. T0126 del 7.4.06, con riferimento ai
termini della procedura espropriativa, fa riferimento alla citata
determinazione dirigenziale n. B5378 del 23/12/05 che prevedeva il termine di
tre mesi per l’inizio e di 36 mesi per il suo compimento dalla data di adozione
della deliberazione stessa. Ne consegue che secondo la
ricorrente i termini in questione sarebbero decorsi dalla data del 23/3/09 (39
mesi dal 23/12/05, data di emanazione della predetta determinazione), ovvero
dalla data del 7 luglio 2009 (39 mesi dal 7/4/06, data di adozione del decreto
del Presidente della Regione Lazio n. T0126 del 7/4/06); non si applicherebbe
il termine quinquennale previsto dall’art. 13 del T.U. n. 327/01 essendo stati
già fissati i termini con provvedimento n. B5378 del 23/12/05 del Direttore
Regionale Infrastrutture. Secondo la Regione e l’Astral,
invece, si applicherebbe il termine quinquennale recato dall’art. 13 del T.U.
Espropri, e detto termine decorrerebbe dalla data di pubblicazione del decreto
del Presidente della Regione Lazio T0126 del 7/4/06 sul BURL, avvenuta il 20
aprile 2006. Il Tribunale nella già citata
sentenza n. 7000/13 ha ritenuto che: “Nella fattispecie, infatti, non si
applica il termine quinquennale di cui all'art. 13, del d.lgs. 8 giugno 2001 n.
327 - il quale prevede che ove non sia indicato il termine entro il quale deve
essere emanato il decreto di esproprio, si applica il termine massimo di cinque
anni -, in quanto, come detto, la determinazione del Direttore Regionale
Infrastrutture n.B5378 del 23.12.2005 reca puntuali indicazioni al riguardo”. In ogni caso, pur seguendo la tesi
regionale, il provvedimento di proroga sarebbe stato comunque adottato fuori
termine, atteso che – secondo la ricostruzione della Regione – il termine
quinquennale decorrerebbe dal 20 aprile 2006 e dunque alla data di adozione del
decreto di proroga – emesso il 19 maggio 2011 – il termine era comunque
decorso. Ciò che rileva, infatti, è la data
di adozione del provvedimento e non soltanto il compimento degli atti
istruttori e preparativi per l’adozione del decreto, atteso che solo con il
decreto si chiude il sub procedimento. Alla stregua di detti principi
devono esaminarsi i motivi di gravame. Le censure sono fondate. Il decreto impugnato deve ritenersi
illegittimo a causa della omessa comunicazione di avvio del relativo
procedimento agli interessati, necessaria anche nel procedimento finalizzato a
prorogare i termini del provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità,
stante la sua natura di sub - procedimento autonomo all'interno di quello più
generale volto alla dichiarazione di pubblica utilità, anche se implicito,
nell'approvazione del progetto di opera pubblica (TAR Campania Napoli, sez. V,
04.05.2010 n.2509; Consiglio di Stato sez. VI, n.6183/2007 e n.5443/2002;
T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 13 ottobre 2006 , n. 10374; T.A.R. Lazio Roma, sez.
II, n. 6377/2008; Consiglio di Stato, sez. IV, n. 8688/2010). L’illegittimità di tale atto di
proroga di desume, inoltre, dal fatto che lo stesso è stato adottato dopo la
scadenza del termine, considerando che il prolungamento dell'efficacia di un
termine presuppone necessariamente che il termine da prorogare non sia ancora
scaduto' (cfr. TAR Lazio Roma, sez. II, n.6377/2008; TAR. Campania Salerno
sez. II, 13.09.2011 n.1539; TAR Campania Napoli, sez. V, 4 maggio 2010, n.
2509, Consiglio Stato, sez. IV, 22 dicembre 2003, n. 8462; Consiglio Stato,
sez. IV, 22 maggio 2006, n. 3025; Consiglio Stato, sez. IV, 22 maggio 2006, n.
3025; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 10 maggio 2005 , n.3484; T.A.R., Sardegna,
sez. II, 13 luglio 2007 n. 1618; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 13 ottobre 2006,
n. 10374; T.A.R. Toscana Firenze, sez. III, 05 marzo 2003 , n. 857). Come già rilevato, il decreto di proroga
è intervenuto fuori termine, e dunque è stato adottato in carenza di potere: è
pertanto affetto da nullità ex art. 21 septies della L. 241/90, con la
conseguenza che non possono neppure porsi questioni relative alla tempestività
della sua impugnazione ( e ciò a prescindere dal fatto che l’atto non è stato
mai comunicato alla ricorrente), in quanto tale invalidità può essere fatta
valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata di ufficio dal
giudice (TAR Campania Salerno, sez. II, 13.9.2011 n.1539; TAR Veneto Venezia,
sez. I, 12.2.2009 n.347). Le considerazioni che precedono
rendono superfluo l’esame del motivo di ricorso con il quale la parte
ricorrente ha affermato l’invalidità del decreto di proroga n.T0190/2011 in
quanto non sorretto da specifiche motivazioni in ordine alle circostanze idonee
a giustificarne l'adozione. Da quanto sopra, consegue che
l’autorità procedente è decaduta dal proprio potere ablatorio e, quindi, la
procedura espropriativa va considerata invalida, con conseguente inefficacia
degli atti anteriori a quelli da dichiarare nulli (ed, in particolare, della
dichiarazione di pubblica utilità: cfr. (Cons. Stato, sez. IV, n.1603/2013;
Cons. Stato, Ad. Plen., 30 luglio 2007, n. 9). Dalle considerazioni che precedono
consegue la nullità del decreto del Presidente della Regione Lazio n. T0190 del
19.5.2011 recante la proroga dei termini della procedura di espropriazione, nonché,
la declaratoria di inefficacia degli altri atti della procedura di esproprio. Per quanto concerne la domanda di
risarcimento danni, il Collegio ritiene che la stessa sia fondata e debba
essere accolta in quanto sussistono tutti gli elementi utili per configurare la
responsabilità dei soggetti che hanno attivato e svolto la procedura
espropriativa realizzando l’opera oltre il termine consentito ed in assenza di
un tempestivo decreto di espropriazione. Al riguardo rilevano, sotto il
profilo oggettivo, l’illiceità della condotta che si è concretizzata nello
spossessamento dei terreni della ricorrente, e, sotto il profilo soggettivo, la
colpa dei soggetti procedenti che ha caratterizzato il definitivo utilizzo del
bene oltre i termini consentiti ed in assenza di un valido decreto di
espropriazione. Ciò posto, va considerato quanto
segue. La giurisprudenza amministrativa ha
chiarito che la realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente
occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo di acquisto
del bene e, come tale, non idoneo a determinare il trasferimento della
proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell'amministrazione
può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo
rinvenirsi atti estintivi o abdicativi della proprietà, in altri comportamenti,
fatti o contegni (Cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 29 agosto 2011, n. 4833,
sez. IV 28/01/2011 n. 676). Come affermato dalla giurisprudenza,
nonostante l’irreversibile modificazione delle aree illecitamente occupate, la
proprietà delle stesse rimane in capo agli originari titolari e non può esservi
luogo per risarcimenti connessi alla “perdita” della proprietà, trattandosi di
evento non realizzatosi e non realizzabile, sicché (anche con riferimento al
caso di specie), sussisterebbero tutti i presupposti civilistici per ordinarne
la restituzione dei terreni in favore dei legittimi proprietari, previa
riduzione nel pristino stato ma, occorre valutare che incidenza ha, in casi del
genere, l’art. 42 bis del d.lgs. n. 327/2001 (Cons. Stato, Sez. IV, n.
1514/2012). Al riguardo, va rilevato che, a
seguito della declaratoria dell’illegittimità costituzionale dell’articolo 43
del d.lgs. n. 327/2001, è stato introdotto l’articolo 42-bis nel TU
Espropriazioni, il quale stabilisce, tra l’altro, che all’autorità
amministrativa che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico,
modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o
dichiarativo della pubblica utilità è attribuito il potere di disporre,
valutato gli interessi in conflitto, che esso sia acquisito, non retroattivamente,
al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un
indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo
forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale
del bene. Tale norma, pur facendo salvo il
potere di acquisizione sanante in capo alla pubblica amministrazione, non
ripropone lo schema processuale previsto dal secondo comma dell’originario
articolo 43, che attribuiva all’amministrazione la facoltà e l’onere di
chiedere la limitazione alla sola condanna risarcitoria, ed al giudice il
potere di escludere senza limiti di tempo la restituzione del bene, con il
corollario dell’obbligatoria e successiva emanazione dell’atto di acquisizione. La giurisprudenza ha chiarito che il
tenore dell’articolo 42-bis induce a ritenere che l’amministrazione possa
esercitare, in casi del genere, un potere discrezionale finalizzato a disporre
l’acquisizione sanante, regolando i rapporti tra potere amministrativo di
acquisizione in sanatoria e processo amministrativo di annullamento, in termini
di autonomia, consentendo l’emanazione del provvedimento anche dopo che “sia
stato annullato l'atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all'esproprio,
l'atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un'opera o il decreto di
esproprio” od anche, “durante la pendenza di un giudizio per l'annullamento
degli atti citati, se l'amministrazione che ha adottato l'atto impugnato lo
ritira”. La medesima norma non regola, invece, i rapporti tra azione
risarcitoria, potere di condanna del giudice e successiva attività
dell’amministrazione, sicchè ove il giudice, in applicazione dei principi
generali condannasse l’amministrazione alla restituzione del bene, il vincolo
del giudicato eliderebbe irrimediabilmente il potere sanante
dell’amministrazione (salva ovviamente l’autonoma volontà transattiva delle
parti) con conseguente frustrazione degli obiettivi avuti a riferimento dal
legislatore (Cons. Stato, Sez. IV, n. 1514/2012). In casi del genere,
l’interpretazione sistematica delle norme richiamate e la possibilità insita
nel principio di atipicità delle pronunce di condanna, ex art. 34 lett.c),
c.p.a., impongono una limitazione della condanna all’obbligo generico di
provvedere, ex art. 42-bis d.lgs. n. 327/2001, salvi gli effetti vincolanti
degli accertamenti compiuti nella sede giudiziaria in cui esiti sono
irretrattabili. La ricorrente ha rilevato a questo
proposito – richiamando i principi esposti dal T.A.R. Lazio Sez. III 554/12 -
che nel caso di specie non potrebbe applicarsi l’art. 42 bis del T.U. 327/01,
vertendosi in tema di occupazione di un’area irreversibilmente trasformata in
sede stradale, con la conseguenza che il bene sarebbe stato già acquisito al
demanio stradale ai sensi dell’art. 822 c. 2 c.c. al momento della destinazione
alla viabilità pubblica, poiché la natura di bene demaniale è legata alla
concreta ed effettiva destinazione alla utilizzazione pubblica, rispetto alla
quale ogni atto formale assume soltanto carattere dichiarativo; pertanto nel
caso di specie l’effetto traslativo si sarebbe verificato al momento
dell’irreversibile trasformazione del bene e dunque vi sarebbe spazio soltanto
per il risarcimento del danno per equivalente. Ritiene il Collegio di non poter
condividere la prospettazione della ricorrente: seguendo questa tesi, si
ricadrebbe, infatti, nella fattispecie dell’occupazione acquisitiva ormai
definitivamente espunta dal nostro ordinamento giuridico: la realizzazione
dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato costituisce, infatti,
un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, e come tale
inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, in quanto tale
trasferimento può dipendere solo da un formale atto di acquisto della proprietà
da parte dell'Amministrazione secondo i modi previsti dall’ordinamento; inoltre
occorre tener conto che non si verte in tema di demanio necessario in cui è la
natura stessa del bene che comporta la sua qualificazione come demaniale, in
quanto i terreni di proprietà privata sono stati trasformati in una strada che
può essere di proprietà pubblica (rientrando in quel caso nell’ambito del
demanio accidentale), ma può essere anche privata, e che comunque, secondo la
giurisprudenza, affinché un'area privata venga a far parte del demanio stradale
non è sufficiente che sulla strada si esplichi di fatto il transito pubblico
(che nel caso di specie – peraltro – non è neppure configurabile visto che la
strada non è stata ancora completata), essendo al contrario necessario che sia
intervenuto un atto (convenzione, espropriazione, usucapione, dicatio ad
patriam, ecc.) che ne abbia trasferito il dominio alla P.A. e che la strada sia
destinata all'uso pubblico da parte della P.A. stessa (cfr., tra le tante,
Cass. civ. sez. II 25.1.2000 n 823; Cass. civ. Sez. I, 26-08-2002, n. 12540;
Cons. Stato Sez. VI, 08-10-2013, n. 4953 che richiama Cass. civ., sez. II, 28
settembre 2010, n. 20405; Cass. civ., sez. I, 26 agosto 2002, n. 12540; Cass.
civ., Sez. II, 7 aprile 2006, n. 8204); pertanto, non è sufficiente la mera
destinazione all’uso pubblico per configurare l’acquisto della proprietà di una
strada al pubblico demanio, essendo comunque necessario un atto di acquisizione
della proprietà, che nel caso di specie difetta, non potendo essere di certo individuato
nella mera occupazione illegittima del bene, tenuto conto che – come già
rilevato - la teoria dell’occupazione acquisitiva è stata del tutto superata;
infine dalla disamina della giurisprudenza – anche quella formatasi sul vecchio
testo dell’art. 43 del T.U. Espropriazioni che conteneva anche allora il
riferimento al “patrimonio indisponibile” – emerge come il ricorso
all’acquisizione sanante sia stato costantemente utilizzato in caso di
occupazione illegittima di beni privati per la realizzazione di sedi stradali,
come quello in questione (cfr. tra le tante, T.A.R. Sicilia sez. II Catania
3-8-2012, n. 1974; Cons. Stato Sez. VI, Sent., 01-12-2011, n. 6351). Non sussistono, quindi, secondo il
Collegio, impedimenti normativi per far ricorso alla previsione recata
dall’art. 42 bis del T.U. Espropri, come peraltro già ritenuto con riferimento
all’analoga causa promossa dal ricorrente Armati, e relativa allo stesso
procedimento espropriativo, definita con sentenza n. 7000/13, alla quale il
Collegio ritiene di doversi conformare nelle statuizioni, richiamate di seguito
in modo testuale. “Nel caso di specie, può ritenersi
accertata l’assenza di un valido titolo di esproprio, la modifica del bene
immobile e la sua utilizzazione (elementi non contestati). In una situazione del genere, spetta
all’Amministrazione regionale eseguire una valutazione discrezionale degli
interessi in conflitto, a seguito della quale, ove ritenga di non restituire
gli immobili ai legittimi proprietari previa riduzione nel pristino stato,
potrà, in via alternativa, disporre l’acquisizione del bene. Qualora essa decida per
l’acquisizione, dovrà contestualmente liquidare in favore” (....) della
ricorrente Sig.ra Pucci “il valore venale del bene al momento della
dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (7.4.2006: data di adozione del
decreto del Presidente della Regione Lazio n. T0126), aumentato del 10% a
titolo di forfettario ristoro del pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale
arrecato, nonchè il 5% del valore che l’immobile aveva in ogni anno successivo
alla scadenza del termine utile per il completamento della procedura
espropriativa (7.4.2009: data di scadenza del termine di 36 mesi fissato con
determinazione del Direttore Regionale Infrastrutture n.B5378 del 23.12.2005,
la cui decorrenza deve intendersi coincidente con la dichiarazione di pubblica
utilità dell’opera) a titolo di occupazione sine titulo, detratto quanto
eventualmente già corrisposto a titolo di indennità, subordinando, come per
legge, l’effetto traslativo all’effettivo pagamento delle somme. Tale ultima posta risarcitoria dovrà
essere corrisposta anche nel caso in cui l’amministrazione dovesse optare per
la restituzione. Ai sensi dell’art. 34, lett. c) del
c.p.a. si dispone che il provvedimento, qualunque sia il suo dispositivo, debba
essere emanato entro giorni 60 dalla comunicazione o notificazione della
presente decisione; tempestivamente notificato ai proprietari e trascritto
presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell'Amministrazione
procedente, nonchè comunicato alla Corte dei Conti”. Le spese seguono la soccombenza,
nella misura liquidata nel dispositivo.
P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo
Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) definitivamente pronunciando sul
ricorso, come in epigrafe proposto, - accoglie il ricorso in epigrafe, e
per l’effetto, dichiara la nullità del decreto del Presidente della Regione
Lazio n. T0190 del 19/5/2011 e l’inefficacia degli altri atti della procedura
di esproprio; - ordina alla Regione Lazio di
provvedere ai sensi dell’art. 42 bis del T.U. Espropri, con le modalità
indicate in motivazione, entro 60 giorni dalla comunicazione o, se anteriore,
dalla notificazione della presente decisione; - condanna, in solido, la Regione
Lazio e ASTRAL – Azienda Strade Lazio S.p.A., al pagamento delle spese di lite
in favore della ricorrente, che si liquidano in complessivi € 3.000,00
(tremila/00), compresi gli onorari di causa; - ordina che la presente sentenza
sia eseguita dalla competente autorità amministrativa.
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