CIRCOLAZIONE STRADALE

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - SENTENZA 9 marzo 2018, n.10736
In tema di circolazione stradale, il reato di cui all’art. 189, commi 6 e 7, cod. strada è configurabile nei confronti dell’utente della strada coinvolto nel sinistro, pur se non responsabile dello stesso, in quanto l’incidente, che è comunque ricollegabile al suo comportamento, assume il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il titolare di una posizione di garanzia al fine di proteggere gli altri utenti coinvolti dal pericolo derivante da un ritardato soccorso. (Sul punto, la Corte motiva che è il coinvolgimento "comunque" in un sinistro, persino senza alcuna responsabilità, a far scattare gli obblighi di fermarsi e di prestare assistenza ai feriti). |
CASUS DECISUS
La Corte di appello di Milano il 23 febbraio 2017 ha integralmente confermato la sentenza con cui il 22 febbraio 2016 il Tribunale di Sondrio ha riconosciuto M.G. responsabile del reato di cui all’art. 189, comma 6, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, in quanto, trovandosi alla guida di una trattrice agricola ed essendo rimasto coinvolto in un sinistro stradale con feriti (C.C. , C.A. e Co.Si. ), si allontanava dal luogo prima che le forze di polizia potessero procedere alla sua identificazione ed alle verifiche ed ai rilievi del caso, fatto commesso l’11 novembre 2013. Ricorre tempestivamente per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite difensore. |
TESTO DELLA SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - SENTENZA 9 marzo 2018, n.10736 - Pres. Di Salvo – est. Cenci Ritenuto in fatto 1. La Corte di
appello di Milano il 23 febbraio 2017 ha integralmente confermato la sentenza
con cui il 22 febbraio 2016 il Tribunale di Sondrio ha riconosciuto M.G.
responsabile del reato di cui all’art. 189, comma 6, del d.lgs. 30 aprile 1992,
n. 285, in quanto, trovandosi alla guida di una trattrice agricola ed essendo
rimasto coinvolto in un sinistro stradale con feriti (C.C. , C.A. e Co.Si. ),
si allontanava dal luogo prima che le forze di polizia potessero procedere alla
sua identificazione ed alle verifiche ed ai rilievi del caso, fatto commesso
l’11 novembre 2013. 2. Ricorre
tempestivamente per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite difensore,
che si affida a quattro motivi con i quali denunzia promiscuamente violazione
di legge e difetto motivazionale. 2.1. Mediante i
primi due motivi censura violazione degli artt. 42, comma 2, cod. pen. in tema
di elemento soggettivo e 533, comma 1, cod. proc. pen., in relazione alla
sussistenza del dolo ed al mancato riconoscimento di ipotesi logiche
alternative rispetto all’accusa. Richiamata la
motivazione della Corte di appello nella parte in cui sottolinea che la difesa
ignora le fotografie, da cui risulta che l’auto delle sorelle C. era sfondata
nella parte anteriore sinistra, 'segno oggettivo di un evento
inevitabilmente percepibile e di impossibile sottovalutazione' (p. 1 della
sentenza) e che i gravi danni ai veicoli coinvolti, tra i quali quello delle
signore C. , ed 'il fumo sprigionatosi dopo l’impatto, comunque percepito
dal M. che sia pure fugacemente arrestò la marcia dopo qualche metro, salvo poi
prontamente allontanarsi, le modalità con cui i due conducenti feriti uscirono
dall’abitacolo segnalano loggettiva impossibilità di sottovalutare l’accaduto
e di escludere danni alle persone coinvolte' (p. 2), il ricorrente censura
il ragionamento, secondo cui sussisterebbe il dolo perché l’imputato ha
percepito o avrebbe dovuto percepire il verificarsi di un sinistro idoneo a
produrre danni. In realtà - si
sottolinea nel ricorso - affinché possa dirsi sussistente il dolo non è
sufficiente la sola percezione del verificarsi di un incidente stradale idoneo
a produrre eventi lesivi ma è anche necessaria la consapevolezza da parte
dell’agente che l’incidente sia riconducibile al proprio comportamento, come
evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità (si richiama Sez. 4, n. 17220
del 09/05/2012), e ciò in quanto il comma 1 dell’art. 189 del d. Igs. n. 285
del 1992 richiede il collegamento tra il comportamento dell’agente e
l’incidente. Si evidenzia che
l’imputato, pur avendo sicuramente percepito il verificarsi di un sinistro,
tanto da essere sceso dal mezzo per recarsi sul luogo dell’incidente, non
avrebbe percepito 'il suo ruolo causale o comunque il suo coinvolgimento
in detto sinistro (ruolo che, peraltro, non è stato nemmeno accertato dalla
Polstrada: D.Z. , verbale udienza 9/11/15, p. 9 e 10)' (p. 5 del ricorso). Si sottolinea la
mancanza di prova dell’urto tra il trattore dell’imputato e l’autovettura (due
testi lo affermano, C.A. e V. , ma una lo esclude, Co. , circostanza non
riferita dalla Corte di appello; alla p. 4 della sentenza di primo grado si
ammette la possibilità che non vi sia stato urto diretto tra i veicoli; la
polizia giudiziaria non ha riscontrato la presenza di segni sulla lama
collocata sulla parte anteriore sinistra del mezzo di M. ), sullo specifico
punto sottolineando il travisamento in cui sarebbe incorsa la Corte di merito,
che (p. 3) 'confonde la robustezza della trattrice in genere con quella
della lama pur in assenza della benché minima scalfittura' (p. 6 del
ricorso). Il passaggio da
ultimo richiamato sarebbe illogico, 'dal momento che proprio l’assenza di
qualsiasi segno indica che se mai urto o contatto è avvenuto allora è stato di
entità così lieve da non poter essere percepito dal M. . D’altra parte,
considerate le dimensioni della trattrice, sarebbe stato sufficiente a causare
il sinistro anche un contatto molto lieve ed è senz’altro ascrivibile a fatto
notorio che un mezzo agricolo come la trattrice-falciatrice in questione ha un
alto livello di rumorosità quando è in marcia riducendo, quindi, drasticamente
la percezione auditiva del conducente' (p. 6 del ricorso). In tema di accertamento
del dolo, la Corte di appello avrebbe poi trascurato il comportamento
successivo dell’imputato, essendo estremamente probabile che lo stesso non si
sia accorto di avere concorso a cagionare il sinistro. Essendo, infatti,
indiscusso, oltre che riferito dal teste di accusa V. , che M. si è fermato, si
è recato sul luogo del sinistro e, ivi giunto, ha parlato con il suo collega
D.G. , appare del tutto illogico che la persona che non voglia essere
identificata si fermi, posteggi, così che la targa sia immediatamente
rilevabile da chiunque, per di più nella sua zona di residenza dove è
conosciuto. L’insieme di tali circostanze dimostrerebbe la mancata
consapevolezza da parte di M. di aver causato l’incidente; emergerebbe,
comunque, l’impossibilità di riconoscerlo colpevole, ai sensi dell’art. 533,
comma 1, cod. proc. pen., sussistendo un più che ragionevole dubbio
sull’elemento soggettivo del reato. 2.2. Con il terzo
ed il quarto motivo si censura promiscuamente violazione di legge e difetto
motivazionale in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod.
proc. pen., essendo stata esclusa l’applicazione della causa di non punibilità
sulla base di una motivazione (p. 3 della sentenza) che si stima errata e
fallace, in quanto è da escludersi l’abitualità del comportamento, essendo
l’imputato incensurato, e l’offesa tenue, poiché M. stava viaggiando a velocità
normale, non è stata accertata alcuna invasione della opposta corsia né perdita
di controllo del veicolo, subito dopo l’incidente l’imputato si è comunque
fermato, ponendo in concreto i presupposti per la propria successiva, agevole,
identificazione e, una volta rintracciato dalla p.g., è tornato sul luogo
dell’incidente ('condotta che è valsa all’imputato la mancata
contestazione anche del più grave reato di cui al c. 7 dell’art. 189', p.
14 del ricorso), circostanze tutte sintomatiche di un dolo di intensità,
comunque, minima. Infine, si
evidenzia che, avendo la Corte di appello, per escludere l’applicazione
dell’art. 131-bis cod. pen., enfatizzato il danno (p. 3 della sentenza
impugnata), le lesioni patite dalle signore C. e dal sig. Co. non sarebbero da
considerare danni conseguenti alla condotta, perché il reato di lesioni colpose
non è stato contesto né a M. né ad alcuno. Considerato in diritto 1. Il ricorso è
infondato e deve essere rigettato. 1.1. I primi due
motivi enfatizzano il mancato urto tra veicoli e l’assenza di prova del
contatto diretto tra la trattrice condotta dall’imputato ed altra vettura. 1.1.1. In realtà,
però, l’ampia dicitura dell’art. 186, comma 1, del codice della strada non
presuppone affatto un urto ma solo, con dicitura piuttosto ampia, il
verificarsi di un 'incidente comunque ricollegabile al (...)
comportamento' dell’utente della strada, pur se non responsabile dell’incidente
stesso (Sez. 4, n. 52539 del 09/11/2017 Spernanzoni, Rv. 271260; né peraltro
responsabile di alcun reato: cfr. Sez. 4, n. 33761 del 17/05/2017, Tafa, Rv.
270905; Sez. 4, n. 34138 del 21/12/2011, dep. 2012, Cilardi, Rv., 253754). Ed è stato al
riguardo - opportunamente - puntualizzato quanto segue: '2.4. Il
reato in esame trova, dunque, il suo fondamento nell’obbligo giuridico di
attivarsi previsto dall’art. 189, comma 1, cod. strada, che attribuisce
all’utente della strada, coinvolto in un sinistro comunque riconducibile al suo
comportamento, una posizione di garanzia per proteggere altri utenti coinvolti
nel medesimo incidente dal pericolo derivante da un ritardato soccorso. La
posizione di garanzia trova, nel caso in esame, la sua ratio nel dato di
esperienza per cui i protagonisti del sinistro sono in condizione di percepirne
nell’immediatezza le conseguenze dannose o pericolose, dunque di evitare,
indipendentemente dall’ascrivibilità agli stessi di tali conseguenze, che dal
ritardato soccorso delle persone ferite possa derivarne un danno alla vita ed
all’integrità fisica. Come già affermato da questa Sezione, il combinato
disposto dei commi 1, 6 e 7 dell’art. 189 d.lgs. n.285/1992, non lega l’obbligo
di assistenza alla consumazione e all’accertamento di un reato, ma al semplice
verificarsi di un incidente comunque ricollegabile al comportamento dell’utente
della strada al quale l’obbligo di assistenza è riferito. Nella previsione
incriminatrice manca qualsiasi rapporto che condizioni l’esistenza dell’obbligo
di attivarsi alla qualificazione come reato della condotta dell’utente.
All’evidenza, la sola condizione per la esigibilità della assistenza e la
punibilità della sua omissione è posta nella generalissima relazione di
collegamento (a qualsiasi titolo) tra incidente e comportamento di guida
dell’utente della strada (Sez. 4, n.34138 del 21/12/2011, dep. 2012, Cilardi,
Rv. 25374501). 2.5. In
definitiva, l’art.189, comma 1, cod. strada, disponendo che L’utente della
strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha
l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che,
eventualmente, abbiano subito danno alla persona, ha inteso attribuire
all’espressione incidente comunque ricollegabile al suo comportamento il valore
di antefatto non punibile idoneo ad identificare il titolare della posizione di
garanzia. La Corte territoriale ha, dunque, correttamente interpretato la
disposizione che sanziona la condotta omissiva dell’utente della strada,
comunque coinvolto in un sinistro, che non presti assistenza alle persone
ferite, ritenendo che l’obbligo di attivarsi sussista indipendentemente dalla
responsabilità nel sinistro' (così Sez. 4, n. 52539 del 09/11/2017
Spernanzoni, cit., in motivazione, punti nn. 2.4 e 2.5. del 'ritenuto in
diritto'). In altre parole, è
il coinvolgimento 'comunque' in un sinistro, persino senza alcuna
responsabilità, a far scattare gli obblighi di fermarsi (art. 189, comma 6, del
d. Igs. n. 285 del 1992, contestato a M.G. ) e di prestare assistenza ai feriti
(art. 189, comma 7, del d.lgs. n. 285 del 1992, non contestato a M.G. ), e ciò
proprio perché 'In tema di circolazione stradale, il reato di cui all’art.
189, commi 6 e 7, cod. strada è configurabile nei confronti dell’utente della
strada coinvolto nel sinistro, pur se non responsabile dello stesso, in quanto
l’incidente, che è comunque ricollegabile al suo comportamento, assume il
valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il titolare di una
posizione di garanzia al fine di proteggere gli altri utenti coinvolti dal
pericolo derivante da un ritardato soccorso' (Sez. 4, n. 52539 del
09/11/2017 Spernanzoni, cit.). 1.1.2. Ciò
precisato, i Giudici di merito hanno - non irragionevolmente tratto la prova
della consapevolezza dalle conseguenze materiali dell’incidente,
fotograficamente documentate, essendo 'l’auto delle sorelle C. ,
letteralmente sfondata nella parte anteriore sinistra (...), segno oggettivo di
un evento inevitabilmente percepibile e di impossibile sottovalutazione'
(p. 1 della sentenza); accanto ai gravi danni ai mezzi, sono stati evidenziati
anche il 'fumo sprigionatosi dopo l’impatto, comunque percepito dal M. che
sia pure fugacemente arrestò la marcia dopo qualche metro, salvo poi
prontamente allontanarsi, (e) le modalità con cui i due conducenti feriti
uscirono dall’abitacolo (, elementi che) segnalano l’oggettiva impossibilità di
sottovalutare l’accaduto e di escludere danni alle persone coinvolte' (p.
2 della sentenza). Il ragionamento
riferito è congruo e legittimo, in quanto 'L’elemento soggettivo del reato
di mancata prestazione dell’assistenza occorrente in caso di incidente (art.
189, comma 7, cod. strada), può essere integrato anche dal dolo eventuale,
ravvisabile in capo all’agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile
al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di
immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall’incidente
sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non
ottemperi all’obbligo di prestare assistenza ai feriti (In motivazione, la
Corte ha osservato che il dolo eventuale, pur configurandosi normalmente in
relazione all’elemento volitivo, può attenere anche all’elemento intellettivo,
quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli
elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato,
accettandone per ciò stesso il rischio)' (Sez. 4, n. 33772 del 15/06/2017,
Dentice Di Accadia Capozzi, Rv. 271046; in senso conforme, v. Sez. 4, n. 23177
del 15/03/2016, Trinche, Rv. 266969; Sez. 4, n. 17720 del 06/03/2012, Turcan,
Rv. 252374; Sez. 4, n. 34134 del 13/07/2007, Agostinone, Rv. 237239). 1.2. Quanto agli
ulteriori motivi, incentrati sulla omessa applicazione dell’art. 131-bis cod.
pen., i Giudici di merito hanno escluso la particolare tenuità del fatto,
invocata in appello (pp. 5-6), in base alla gravità delle conseguenze
dell’incidente, avendo sottolineato essere stata sfondata l’auto delle sorelle
C. , la fuoriuscita di fumo dai veicoli e le difficoltà per i conducenti di
uscire dagli abitacoli (pp. 1-2 della sentenza), evidentemente disattese le
circostanze ipoteticamente valorizzabili in senso opposto. 2. Consegue alle
considerazioni svolte il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, per
legge, al pagamento della spese processali. P.Q.M. Rigetta il ricorso
e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. |