Testo del provvedimento
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (REATI CONTRO LA -ARTT. 314-356 C.P.)


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 21 novembre 2019, n.47281
Non integra il reato di violazione di sigilli di cui all’art. 349 c.p. l’inottemperanza all’ordine di demolizione di opere, che non determina alcuna modificazione naturalistica delle cose sequestrate, in quanto tale delitto è necessariamente commissivo. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha chiarito che la semplice autorizzazione alla demolizione, disposta dall’Autorità Giudiziaria, non impone al destinatario alcun obbligo demolitorio, ma riconosce una mera facoltà, che il destinatario medesimo potrebbe esercitare senza incorrere nella violazione dell’art. 349 c.p., donde la violazione dell’autorizzazione rilasciata, che si limiti a lasciare intatti i luoghi, non integra). |
TESTO DELLA SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 21 novembre 2019, n.47281 - RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 18.01.2019, la Corte d'appello di Bari, in riforma della sentenza
16.03.2016 del tribunale di Bari, appellata dal Losito, dichiarava non doversi pro
cedere in ordine ai reati di cui ai capi a), b), c), d) ed e) della rubrica, perché
estinti per intervenuta prescrizione, per l'effetto rideterminando la pena in 7 mesi
di reclusione ed C 110,00 di multa, per il residuo reato di violazione aggravata di
sigilli (art. 349, cpv, c.p.), contestato al capo f), in relazione a fatto accertato in
data 6.12.2011. Seguiva la revoca dell'ordine demolitorio e la trasmissione degli
atti al Sindaco del Comune di Grumo Appula per quanto di competenza.
2. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del
difensore di fiducia, iscritto all'Albo speciale previsto dall'art. 613, cod. proc. pen.,
articolando tre motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti strettamente neces
sari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Deduce, con il primo motivo, violazione di legge in relazione all'art. 349, cpv,
c.p. e correlato vizio di mancanza della motivazione.
In sintesi, sostiene il ricorrente che emergerebbe in maniera incontroversa dagli
atti che egli fosse stato preventivamente autorizzato dall'AG competente alla rea
lizzazione delle opere descritte nel capo f). In un primo momento, in data
20.06.2011, a seguito di apposita istanza, egli era stato infatti autorizzato al po
sizionamento della cancellata a proprie spese (allegato 1 al ricorso). Successiva
mente, in data 1.08.2011, con successiva istanza, egli aveva chiesto all'AG l'au
torizzazione alla demolizione delle opere descritte ai punti c) e d) del verbale di
sequestro, ossia murature perimetrali di tompagnatura in laterizio forato, nonché
del vano tecnico posto in adiacenza alle opere del punto c), oltre il posizionamento
di sistemi di protezione, reti e recinzioni, per impedire a terzi estranei di accedere
all'immobile; in data 5.08.2011 l'autorizzazione richiesta veniva concessa (v. alle
gato 2 al ricorso). A fronte di tali autorizzazioni, lasciate libere quanto ai tempi o
alle concrete modalità di esecuzione delle opere, salvo che i costi dovevano essere
a carico per intero dell'imputato, nulla avendo specificato l'AG in proposito, risul
terebbe dunque impossibile affermare che i fatti sub f) configurino il delitto con
testato. In sostanza, la condotta contestata consisterebbe nella violazione delle
autorizzazioni ottenute, ossia nell'omessa demolizione delle opere abusive indicate
nell'istanza e nell'installazione delle opere autorizzate; sarebbe invece evidente
che l'imputato ha installato una cancellata, munita di sistema di apertura a di
stanza e citofono in quanto autorizzato a farlo, ciò che non può integrare il reato,
come del resto la omessa esecuzione delle demolizioni, condotta inidonea ad inte
grare il reato di cui all'art. 349, c.p. L'intervento realizzato non avrebbe dunque
comportato alcuna modifica di quanto sottoposto a sequestro, ossia il completa
mento dei lavori sospesi a seguito del sopralluogo della PG, né alcuna alterazione
dei luoghi, atteso che il posizionamento di un cancello dotato dei sistemi di aper
tura a distanza, installato sul muro di recinzione sottoposto a sequestro, non
avrebbe determinato alcuna ulteriore modifica dello stato dei luoghi sottoposto a
vincolo, ossia il completamento delle opere realizzate abusivamente. Analoga
mente l'omessa demolizione delle opere non integrerebbe il reato di violazione di
sigilli, atteso che lo stesso è reato necessariamente commissivo, essendo logica
mente e giuridicamente inconcepibile che un comportamento omissivo possa de
terminare la violazione dei sigilli, apposti proprio per garantire la conservazione
ed immutabilità di quanto in sequestro. Un comportamento omissivo, dunque, non
importando alcuna modificazione naturalistica delle cose sequestrate, non po
trebbe mai integrare il reato in questione. La semplice autorizzazione alla demoli
zione, disposta dall'AG, non impone al destinatario alcun obbligo demolitorio, ma
riconosce una mera facoltà, che il destinatario medesimo potrebbe esercitare
senza incorrere in sanzioni, donde la violazione dell'autorizzazione rilasciata, che
si limiti a lasciare intatti i luoghi, come nella specie, non integrerebbe il delitto.
Infine, si aggiunge, la Corte d'appello sarebbe comunque incorsa in errore, non
avendo valutato l'animus agendi del reo, che aveva agito sulla base del presuppo
sto di essere stato autorizzato dall'AG, ciò che costituiva elemento sufficiente ad
escludere l'esistenza della consapevolezza e volontà del reo di operare un'illecita
modificazione dei luoghi. L'elemento soggettivo del reato, tuttavia, non risulta es
sere stato valutato dalla Corte territoriale, con conseguente vizio anche motiva
zionale.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, vizio di mancanza e contraddittorietà della
motivazione quanto al reato di cui all'art. 349, cpv. c.p.
In sintesi, si sostiene che la sentenza sarebbe contraddittoria laddove i giudici, pur
riconoscendo che l'imputato fosse stato autorizzato all'esecuzione dei lavori,
hanno purtuttavia ritenuto che egli lo avesse commesso, consentendo agli operai
di accedere al sito per eseguirli. In sostanza, posto che i giudici di appello ammet
tono che il reo è stato autorizzato ad eseguire le opere, non sarebbe possibile
affermare che questi sia incorso in violazione di legge consentendo agli operai
l'esecuzione dei lavori. Detto ragionamento, si osserva, sarebbe corretto solo se
si volesse intendere che l'autorizzazione fosse riferibile esclusivamente alla per
sona dell'imputato, nel senso che i lavori di posa del cancello dovevano essere
eseguití materialmente dall'imputato, senza l'ausilio di terzi, ossiaMloperai spe
cializzati. Tuttavia, tale specificazione nel corpo della motivazione manca, risul
tando illogica ed apodittica la motivazione sul punto.
2.3. Deduce, con il terzo motivo, violazione di legge in relazione all'art. 133, c.p.
e correlato vizio di omessa motivazione quanto all'indicazione dei parametri di
commisurazione della pena.
In sintesi, si sostiene che la Corte d'appello avrebbe omesso di motivare circa i
criteri di scelta della pena ex art. 133, c.p., avendo sottratto alla difesa la possibileitx
di comprendere le ragioni che avevano determinato la scelta della misura della
pena inflitta, che si assume essere ingiustificata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato.
4. Ed invero, la Corte d'appello, nel confermare la condanna r ha respinto la
richiesta assolutoria formulata dalla difesa dell'imputato ritenendo del tutto inin
fluente la presentazione da parte dell'allora appellante di due diverse istanze all'AG
competente con cui questi era stato autorizzato, nel primo caso (20.06.2011), a
realizzare una cancellata al solo fine di preservare l'area dal possibile accesso di
persone e, nel secondo caso (2.08.2011), al posizionamento di sistemi di prote
zione, ossia reti e protezioni, sempre a tutela dell'immobile, con preventiva demo
lizione delle muratura perimetrali di tompagnatura in laterizio forato nonché vano
tecnico in adiacenza alle murature.
I giudici di appello hanno escluso che le due autorizzazioni incidessero sulla rile
vanza penale del fatto in base all'assunto per il quale le due autorizzazioni gli erano
state concesse al fine di demolire alcune parti del manufatto e mettere in sicurezza
lo stesso; diversamente, secondo i giudici di merito, l'imputato non avrebbe ot
temperato alla demolizione, provvedendo invece a completare la recinzione dello
stesso, apponendovi cancellate e sofisticati sistemi di aperture e sicurezza, quindi
ultimando le opere abusivamente realizzate. In definitiva, si legge in sentenza, il
reato sarebbe stato integrato nel momento in cui l'imputato aveva consentito l'in
gresso degli operai nell'area sequestrata al fine di apporre i cancelli ed i dispositivi
ad essi connessi, senza averne opportuna autorizzazione.
5. Si tratta di motivazione, da un lato, errata in diritto e, dall'altro, inidonea sotto
il profilo logico - argomentativo a sostenere il giudizio di responsabilità penale.
Ed invero, la motivazione della sentenza d'appello presta effettivamente il fianco
alle censure svolte dal ricorrente nei primi due motivi di ricorso. Anzitutto, coglie
nel segno il Losito laddove evidenzia come, a fronte delle predette autorizzazioni,
lasciate libere quanto ai tempi o alle concrete modalità di esecuzione delle opere
(salva la specificazione che i costi dovevano essere a carico per intero dell'impu
tato) non avendo specificato alcunché l'A.G. in proposito, non è possibile affermare
che i fatti sub f) configurino il delitto contestato. La condotta ascritta, come si
evince dalla lettura del capo di imputazione, consiste, a ben vedere, nella viola
zione delle autorizzazioni ottenute, ossia nell'aver omesso di demolire le opere
abusive indicate nell'istanza e nell'aver installato le opere di recinzione dell'immo
bile. Nel caso di specie, l'imputato ha installato una cancellata, munita di sistema
di apertura a distanza e citofono sulla base dell'autorizzazione 'generica' rilasciata
dall'A.G. (si legge nella prima autorizzazione conseguente all'istanza 20.06.2011
'visto, si autorizza il posizionamento della cancellata a spese dell'istante'.
Si legge, poi, nella seconda autorizzazione conseguente all'istanza 1.08.2011 'si
dispone temporaneo dissequestro al solo fine di operare come sopra descritto.
Esecuzione e controlli alla P.G.'; per completezza il riferimento al 'come sopra
descritto' è relativo all'indicazione degli interventi richiesti, ossia l'autorizzazione
alla demolizione delle opere descritte ai punti c) e d) del verbale di sequestro (cioè
murature perimetrali di tonnpagnatura in laterizio forato, nonché del vano tecnico
posto in adiacenza alle opere del punto c), oltre il posizionamento di sistemi di
protezione, reti e recinzioni, per impedire a terzi estranei di accedere all'immobile).
Non v'è dubbio, dunque, che quanto realizzato sulla base delle due 'generiche'
autorizzazioni osta alla configurabilità del reato, né l'omessa esecuzione delle de
molizioni è condotta inidonea ad integrare il reato di cui all'art. 349, c.p.
6. È di palmare evidenza che l'intervento realizzato non ha comportato alcuna
modifica di quanto sottoposto a sequestro, né può dirsi che attraverso la condotta
posta in essere egli abbia eseguito - come invece contestato dal PM e ritenuto in
sentenza - il completamento dei lavori sospesi a seguito del sopralluogo della PG,
proprio perché le due istanze erano finalizzate ad eseguire proprio quegli interventi
autorizzati ed eseguiti. Né, tantomeno, ciò ha comportato alcuna alterazione dei
luoghi, atteso che il posizionamento di un cancello dotato dei sistemi di apertura
a distanza, installato sul muro di recinzione sottoposto a sequestro, non ha deter
minato alcuna ulteriore modifica dello stato dei luoghi sottoposti a vincolo, po
nendo in essere il contestato completamento delle opere realizzate abusivamente.
È ben vero che la prevalente giurisprudenza di questa Corte è orientata nel rite
nere che l'oggetto giuridico del reato di cui all'art. 349 cod. pen. sia la tutela della 5 k
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
intangibilità della cosa che la Pubblica Amministrazione, intesa in senso lato, vuole
garantire contro ogni atto di disposizione o di manomissione, indipendentemente
dai fini o dai motivi particolari che ispirano il provvedimento autoritativo, con la
conseguenza che integra il reato anche il semplice uso della cosa stessa. Sotto
tale specifico profilo è stato precisato che, nel delitto di violazione dei sigilli previ
sto dall'art. 349 cod. pen., l'oggetto del reato va individuato nella tutela delle
intangibilità della cosa rispetto ad ogni atto di disposizione o di manomissione,
dovendosi in questa ricomprendere anche la interdizione dell'uso disposta dall'au
torità, senza che rilevino le finalità o le ragioni del provvedimento limitativo (Sez.
3, n. 6417 del 12/01/2007, Battello, Rv. 236178). Costruito come reato di peri
colo, la violazione di sigilli e infatti reato istantaneo, che si perfeziona con il solo
fatto della rimozione, rottura, apertura, distruzione dei sigilli, ovvero con la rea
lizzazione di un qualsiasi comportamento idoneo a rendere frustranea l'assicura
zione della cosa mediante i sigilli, pur lasciando intatti i medesimi (Sez. 3, n. 13147
del 02/02/2005, Savarese, Rv. 231218). Nel caso di specie, tuttavia, l'intervenuto
rilascio dell'autorizzazione conseguente alla duplice istanza presentata dall'impu
tato con la descrizione degli interventi richiesti, priva di rilevanza penale la con
dotta posta in essere, elidendo l'antigiuridicità penale del fatto.
7. Né, come anticipato, può ritenersi idonea ad integrare il reato l'omessa demo
lizione delle opere cui l'imputato pure si era impegnato nella seconda istanza
dell'1.08.2011.
Ed invero - premesso che la Corte d'appello travisa il contenuto dell'autorizzazione
rilasciata in data 2.08.2011 in quanto l'AG aveva autorizzato 'il temporaneo dis
sequestro al fine di operare come sopra descritto', e che nell'istanza relativa
dell'1.08.2011 il Losito aveva chiesto sia l'autorizzazione alla demolizione delle
opere descritte ai punti c) e d) del verbale di sequestro (cioè murature perimetrali
di tompagnatura in laterizio forato, nónché del vano tecnico posto in adiacenza
alle opere del punto c), che il posizionamento di sistemi di protezione, reti e re
cinzioni, per impedire a terzi estranei di accedere all'immobile, senza subordinare
il predetto posizionamento alla demolizione, come invece erroneamente ritiene la
Corte d'appello laddove afferma che le due autorizzazioni erano state concesse 'al
fine di demolire alcune parti del manufatto e mettere in sicurezza lo stesso' - è
evidente l'errore di diritto in cui incorrono i giudici di appello, poiché quand'anche
si ritenesse che il posizionamento di sistemi di protezione, reti e recinzioni, per
impedire a terzi estranei di accedere all'immobile fosse subordinato alla demoli
zione delle opere descritte ai punti c) e d) del verbale di sequestro (cioè murature
perimetrali di tompagnatura in laterizio forato, nonché del vano tecnico posto in
adiacenza alle opere del punto c), l'inottemperanza dell'imputato all'ordine di de
molizione non integrava il reato di violazione di sigilli, atteso che lo stesso è reato
necessariamente commissivo (potendo invero, secondo la migliore dottrina, la re
lativa violazione compiersi solo mediante azione), essendo invero logicamente e
giuridicamente inconcepibile che un comportamento omissivo possa determinare
la violazione dei sigilli, apposti proprio per garantire la conservazione ed immuta
bilità di quanto in sequestro.
8. Un comportamento omissivo, dunque, non importando alcuna modificazione
naturalistica delle cose sequestrate, non potrebbe mai integrare il reato in que
stione. Si conviene, pertanto, con la difesa del ricorrente secondo cui la semplice
autorizzazione alla demolizione, disposta dall'AG, non impone al destinatario alcun
obbligo dernolitorio, ma riconosce una mera facoltà, che il destinatario medesimo
potrebbe esercitare senza incorrere nella violazione dell'art. 349, c.p., donde la
violazione dell'autorizzazione rilasciata, che si limiti a lasciare intatti i luoghi, come
nella specie, non integra.
9. A ciò, peraltro, si aggiunge, l'ulteriore profilo costituito dalla mancata valuta
zione da parte della Corte d'appello dell'animus agendi del reo, il quale aveva agito
sulla base del presupposto di essere stato autorizzato dall'AG, ciò che costituiva
elemento sufficiente ad escludere l'esistenza della consapevolezza e volontà del
reo di operare un'illecita modificazione dei luoghi. Il dolo, come del resto ribadito
dalla migliore dottrina, è infatti escluso dall'erronea convinzione di agire legittima
mente per autorizzazione dell'autorità competente. Sulla questione della sussi
stenza dell'elemento soggettivo del reato, però, la sentenza impugnata è del tutto
silente, con conseguente vizio anche di omessa motivazione.
10. Infine, coglie parimenti nel segno la censura difensiva che attinge la sentenza
impugnata perchè affetta da vizio di motivazione, laddove i giudici, pur ricono
scendo che l'imputato fosse stato autorizzato all'esecuzione dei lavori, hanno pur
tuttavia ritenuto che egli lo avesse commesso, consentendo agli operai di accedere
al sito per eseguirli.
Ed invero, i giudici di appello ammettono che il reo è stato autorizzato ad eseguire
le opere, ma nonostante ciò pervengono alla conclusione che questi sia incorso in
violazione di legge consentendo agli operai l'esecuzione dei lavori. Orbene, come
correttamente rileva la difesa del ricorrente, detto ragionamento, sarebbe corretto
solo se si volesse intendere che l'autorizzazione fosse riferibile esclusivamente alla
persona dell'imputato, nel senso che i lavori di posa del cancello dovevano essere
eseguite materialmente da quest'ultimo, senza l'ausilio di terzi, ossia di operai
specializzati. Tuttavia, come ben rileva la difesa del ricorrente, tale specificazione
non solo non costituiva oggetto dell'autorizzazione rilasciata dall'A.G. (che, come
visto, era del tutto generica) ma manca anche nel corpo della motivazione, risul
tando dunque la stessa illogica ed apodittica sul punto.
11. L'accoglimento dei primi due motivi di censura e, segnatamente il primo con
cernente la insussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato di viola
zione di sigilli, rende superfluo l'esame del motivo sul trattamento sanzionatorio,
con conseguente statuizione di annullamento senza rinvio della sentenza per in
sussistenza del fatto.
12. L'impugnata sentenza dev'essere, pertanto, annullata senza rinvio perché il
residuo reato di cui all'art. 349, c.p. non sussiste.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il residuo reato di cui
all'art. 349, c.p. non sussiste.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 12 settembre 2019
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