Giu Disapplicazione della proroga automatica di una concessione demaniale marittima
TAR CAMPANIA - SENTENZA 29 gennaio 2021 N. 265
Massima
Non è in alcun modo riscontrabile una proroga automatica ex lege di una concessione demaniale marittima, neanche con riferimento all'articolo unico, comma 683, l. 30 dicembre 2018, n. 145, in quanto suscettibile di limitare ingiustificatamente la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi nel mercato interno, nonché con le disposizioni normative euro-unitarie in materia di affidamenti pubblici, con particolare riferimento all’art. 12 della direttiva 2006/123/CE.

Testo della sentenza
TAR CAMPANIA - SENTENZA 29 gennaio 2021 N. 265
Pubblicato il 29/01/2021

N. 00265/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00545/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 545 del 2020, proposto da 
Martur S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Brancaccio, Valentina Brancaccio, Pasquale D'Angiolillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo, in Salerno, largo Dogana Regia, 15; 

contro

Comune di Camerota, non costituito in giudizio; 

per l'annullamento

del provvedimento autorizzativo unico del 13.1.2020, prot. n. 198, nonché del provvedimento del 17.4.2020, prot. n. 7325, applicativo della sanzione ex art. 37, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001 e limitativo della durata della rilasciata concessione demaniale marittima al 31 dicembre 2020.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 84 del d.l. n. 18/2020, 4 del d.l. n. 28/2020 e 25 del d.l. n. 137/2020;

Relatore nell'udienza del giorno 22 dicembre 2020 il dott. Olindo Di Popolo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe, la MARTUR s.r.l. (in appresso, M.) impugnava, chiedendone l’annullamento: - il provvedimento autorizzativo unico (PAU) del 13.1.2020 prot. n. 198 (pratica SUAP n. 6408/19), emesso dal Responsabile dello Sportello Unico del Cilento (in appresso, SUAP Cilento), avente per oggetto il “parziale mantenimento delle strutture poste sull’arenile, a servizio dell’impianto produttivo denominato ‘Happy Village’ nel Comune di Camerota, frazione Marina”, nella parte in cui la relativa efficacia era stata subordinata al rilascio di apposito permesso di costruire; - il provvedimento del 17.4.2020 prot. n. 7325 (recante anche la concessione demaniale marittima n. 2, in pari data), emesso dal Responsabile del Settore Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Camerota, nella parte in cui era stata irrogata la sanzione pecuniaria ex art. 37, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001 ed era stata limitata al 31.12.2020 la durata della rilasciata concessione demaniale marittima n. 2 del 17.4.2020; - la nota del Responsabile del Settore Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Camerota prot. n. 3756 del 22.2.2020, recante la comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio demaniale; - la nota del Responsabile del Settore Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Camerota prot. n. 5665 del 17.3.2020, recante il rigetto delle osservazioni del 4.3.2020, prot. n. 4820; - la delibera della Giunta comunale di Camerota n. 52 del 6.4.2020, nella parte in cui era richiamata la condizione sospensiva dell’efficacia del PAU n. 198/2020; - la relazione di sopralluogo prot. n. 1441 del 22.1.2020; - la nota comunale del 3.10.2019, prot. n. 7444; - l’art. 7, commi 9 e 10, del Regolamento comunale recante “Norme di utilizzazione del litorale marittimo per finalità turistiche ricreative” (in appresso, Regolamento comunale), approvato con delibera commissariale n. 61 del 24.4.2012.

2. I manufatti controversi – di quali si era assunto come necessario dai provvedimenti impugnati il previo rilascio del permesso di costruire e, in mancanza di quest’ultimo, si era contestata l’abusività – erano ubicati sul tratto di arenile demaniale in località Capogrosso della frazione Marina del Comune di Camerota (in catasto al foglio 15, particelle 455-477), attribuito alla M., in qualità di gestore del complesso turistico-ricettivo denominato “Happy Village”, giusta concessioni demaniali marittime n. 6/2009, n. 53/2015 e n. 65/2015, e consistevano essenzialmente in un punto di ristoro attrezzato a servizio della spiaggia, costituito da un manufatto in legno, parzialmente chiuso, destinato a bar, wc e deposito (corpo 1) e da una pedana in legno, con sovrastante tettoia, completamente priva di chiusure laterali, adibita a zona d’ombra e ristorazione all’aperto (corpo 2).

Più in dettaglio, a tenore della nota p.e.c. dell’Ufficio Locamare Marittimo di Camerota prot. n. 3724 del 21 febbraio 2020, testualmente richiamata nel provvedimento del 17.4.2020 prot. n. 7325, si trattava di: «1) struttura chiusa, avvolta da un telo protettivo di colore verde a protezione da intemperie e altri fenomeni metereologici, avente dimensioni 20,00 m x 12,20 m circa ed altezza media circa 2,80 m circa, in concessione autorizzata come bar, preparazione, servizi igienici per il personale e per gli ospiti, deposito prodotti ed attrezzature, ed un'area per tavoli e sedie; 2) una struttura di fondazione intelaiata in acciaio, ancorata su travi in legno lamellare antistante la predetta struttura di dimensione circa 20,00 m x 7,60 m circa, in concessione, sulla predetta area, prevista una zona d'ombra e ristoro, priva di chiusure laterali (al momento smontata)».

Ancora più in dettaglio, a tenore della relazione di sopralluogo prot. n. 1441 del 22.1.2020, si trattava di: «- struttura chiusa con pannelli prefabbricati, avente dimensioni 20,00 x 12,20 m circa ed altezza di 3,00 m circa, adibita a bar, ristorante, con all'interno tutta l’attrezzatura necessaria quali cucine, frigoriferi, banconi frigo, forno per pizzeria; - struttura di fondazione intelaiata in acciaio, ancorata su travi in legno lamellate, antistante la predetta struttura, avente una dimensioni 20,00 m x 7,60 m circa; - tettoia con copertura in plexiglas, retrostante la struttura chiusa, avente dimensioni 5,00 m x 2,60 m circa; - vasca di raccolta reflui, seminsabbiata, ubicata sul retro della struttura chiusa».

Tanto, con l’espressa precisazione che «sono stati effettuati sondaggi al fine di verificare se sotto le suelencate predette strutture risultavano presenti opere in cemento, constatando per quanto possibile, che le stesse risultano ancorate esclusivamente su travi in legno interrate, perpendicolari alle fondazioni in acciaio».

3. Tali strutture erano state assentite in favore della richiedente M., previo espletamento di apposita Conferenza di servizi, col PAU n. 198/2020, sotto la condizione sospensiva di efficacia del rilascio del permesso di costruire (a seguito della produzione, a cura dell’interessata, della documentazione recante l’adeguamento della concessione demaniale marittima, il pagamento degli oneri e dei diritti di segreteria a beneficio del Comune di Camerota).

Conseguentemente, col provvedimento del 17.4.2020 prot. n. 7325, il Responsabile del Settore Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Camerota, avendo rilevato che i manufatti de quibus risultavano non stagionalmente, bensì continuativamente mantenuti sul suolo demaniale senza il richiesto permesso di costruire e, quindi, in violazione dell’art. 7, commi 9 e 10, del Regolamento comunale («Tutte le strutture di cui al presente Regolamento potranno essere utilizzate per un periodo complessivo non superiore a 150 gg., dal 1 maggio al 30 settembre di ogni anno. E’ consentito iniziare il montaggio delle strutture – previa acquisizione di tutti i necessari titoli abilitanti – a partire dal 15 aprile di ogni anno; tutte le strutture dovranno essere integralmente rimosse entro il 15 ottobre di ogni anno, assicurando il ripristino dell’area in concessione e lo smaltimento di qualsiasi materiale di risulta»), individuava quale idonea misura repressiva dell’abuso accertato la sanzione pecuniaria ex art. 37, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001 («deve applicarsi il principio di conservazione dei mezzi giuridici, evitando inutili dispendi di energia, nonché deve sottolinearsi che, sebbene la fattispecie di abusivismo giuridico si fondi sul rapporto tra titolo edilizio ed opus realizzato, lo ius aedificandi rinviene la propria autentica fonte costitutiva nella pianificazione urbanistica e, quindi, negli strumenti urbanistici, per cui un manufatto può risultare, seppur contra ius o sine titulo, pienamente conforme agli strumenti urbanistici vigenti, tanto da apparire contraddittorio ordinarne la demolizione per poi operare una ricostruzione in maniera pressoché identica … alla luce di quanto innanzi che la fattispecie può essere assimilabile all’istituto dell’articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i., costituendo in tal caso ipotesi di “sanatoria amministrativa”, ossia un provvedimento che presuppone l’invalidità dell’atto cagionata dalla mancanza, all’interno del procedimento finalizzato all’emanazione dell’atto medesimo, di un atto preparatorio, per cui il vizio può essere sanato attraverso l’intervento, necessariamente postumo, dell’atto mancante»). Nel contempo, in conformità alle disposizioni dell’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194/2009, conv. in l. n. 25/2010, così come modificato, dapprima, dall’art. 34 duodecies della l. n. 221/2012 e, poi, dall’art. 1, comma 547, della l. n. 228/2012 (cfr. circolare esplicativa del Ministero delle Infrastrutture n. 57 del 15 gennaio 2013), nonché dell’art. 1 della l. r. Campania n. 10/2012, limitava la durata della contestualmente rilasciata concessione demaniale marittima n. 2 alla data del 31 dicembre 2020.

4. Nell’avversare siffatte determinazioni, la ricorrente lamentava, in estrema sintesi, che: a) in violazione degli art. 7, comma 6, del d.p.r. n. 160/2010 e 14 quater della l. n. 241/1990, il PAU n. 198/2020 avrebbe subordinato la propria efficacia al rilascio di un successivo permesso di costruire, nonché all’adeguamento della concessione demaniale marittima ed all’esecuzione di meri adempimenti burocratici, nonostante la propria autoesecutività ed autosufficienza immediatamente abilitante; b) il provvedimento del 17.4.2020 prot. n. 7325, avrebbe sanzionato come abusivo il mantenimento continuativo (per l’intero anno solare) delle strutture in contestazione sia a dispetto della facoltà in tal senso prevista ex lege (sino al 31 dicembre 2020) dall’art. 1, comma 246, della l. n. 145/2018, nonché dagli artt. 1 della l. r. Campania n. 10/2012 e 1, comma 42, della l r. Campania n. 16/2014, sia a dispetto dell’efficacia immediatamente abilitativa del PAU n. 198/2020, sia a dispetto del mancato riscontro amministrativo in merito al proponimento di mantenere continuativamente in loco le strutture in parola, esternato dall’interessata nelle istanze del 27.6.2019, prot. n. 12293, e del 29.7.2019, prot. n. 6408; c) esso neppure avrebbe potuto considerarsi legittimamente adottato in applicazione della ‘clausola di stagionalità’ ex art. 7, commi 9 e 10, del Regolamento comunale, stante l’antinomia di quest’ultima con i citati artt. 1, comma 246, della l. n. 145/2018, 1 della l. r. Campania n. 10/2012 e 1, comma 42, della l r. Campania n. 16/2014; d) peraltro, i manufatti de quibus, per la loro natura precaria e amovibile e per la loro localizzazione in area aperta turistico-ricettiva, e siccome, quindi, riconducibili nelle categorie derogatorie di cui all’art. 3, comma 1, lett. e.5, del d.p.r. n. 380/2001, ai punti A17 e A.27 dell’Allegato A al d.p.r. n. 31/2017, alla Tabella A, Sezione II, n. 16, allegata al d.lgs. n. 222/2016 ed all’art. 8, comma 3, delle NTA del Piano del Parco del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni, neppure avrebbero necessitato di apposito permesso di costruire e di apposito titolo paesaggistico-ambientale; e) la sanzione pecuniaria ex art. 37, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001 sarebbe stata, poi, irrogata in via del tutto atipica rispetto alla fattispecie accertata, nonché in contraddizione con la ex ante ritenuta inapplicabilità della misura ripristinatoria (cfr. nota comunale del 23.4.2019, prot. n. 8175) e con la pure ex ante ravvisata possibilità di mantenimento continuativo in loco delle strutture (cfr. nota comunale del 13.9.2019, prot. n. 18172); f) la limitazione temporale della concessione demaniale marittima n. 2 del 17.4.2020 confliggerebbe con la proroga quindicennale prevista dall’art. 1, comma 682, della l. n. 145/2018; g) prive di pregio sarebbero le argomentazioni del rigetto delle osservazioni del 4.3.2020, prot. n. 4820, alla comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990 di cui alla nota comunale del 22.2.2020, prot. n. 3756.

5. L’intimato Comune di Camerota non si costituiva in giudizio.

6. All’udienza del 22 dicembre 2020, la causa era trattenuta in decisione.

7. Venendo ora a scrutinare il ricorso nel merito, coglie nel segno la ricorrente, allorquando denuncia l’ultroneità di un apposito permesso di costruire, predicato come necessario dall’amministrazione intimata, nonostante l’autoesecutività e l’autosufficienza immediatamente legittimante (anche sotto il profilo edilizio) del PAU n. 198/2020 (cfr. retro, sub n. 4.a).

In questo senso, depone, in primis, il tenore dell’art. 7, comma 6, del d.p.r. n. 160/2010 (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell'articolo 38, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008), ai sensi del quale il titolo in parola figura univocamente rilasciato: «il provvedimento conclusivo del procedimento, assunto nei termini di cui agli articoli da 14 a 14 quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, – sancisce la disposizione in parola – è, ad ogni effetto, titolo unico per la realizzazione dell’intervento e per lo svolgimento delle attività richieste».

Nello stesso senso, così recita la disciplina compendiata nel d.p.r. n. 160/2020 in materia di Sportello unico per le attività produttive e di provvedimento autorizzativo unico:

- il SUAP è da intendersi quale «unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva, che fornisce una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni, comunque coinvolte nel procedimento» (art. 1, comma 1, lett. m);

- esso è l’«unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l’esercizio di attività produttive e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento, nonché cessazione o riattivazione delle suddette attività, ivi compresi quelli di cui al decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59» (art. 2, comma 1);

- il medesimo «assicura al richiedente una risposta telematica unica e tempestiva in luogo degli altri uffici comunali e di tutte le amministrazioni pubbliche comunque coinvolte nel procedimento, ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità» (art. 4, comma 1).

- «le comunicazioni al richiedente sono trasmesse esclusivamente dal SUAP; gli altri uffici comunali e le amministrazioni pubbliche diverse dal Comune, che sono interessati al procedimento, non possono trasmettere al richiedente atti autorizzatori, nulla osta, pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati …» (art. 4, comma 2);

- «salva diversa disposizione dei Comuni interessati e ferma restando l'unicità del canale di comunicazione telematico con le imprese da parte del SUAP, sono attribuite al SUAP le competenze dello sportello unico per l’edilizia produttiva» (art. 4, comma 6);

- «verificata la completezza della documentazione, il SUAP adotta il provvedimento conclusivo entro trenta giorni, decorso il termine di cui al comma 1, salvi i termini più brevi previsti dalla normativa regionale» (art. 7, comma 2).

Al riguardo, Cons. Stato, sez. V, 13 marzo 2019, n. 1658 ha statuito che, «nell’ambito di un procedimento connotato dall’unicità e contestualità dell’istruttoria come quello svolto dallo Sportello unico, gli atti di assenso e i pareri comunque denominati, conclusivi delle relative fasi endoprocedimentali e perciò atti aventi rilevanza meramente interna, sono tutti confluiti nel provvedimento conclusivo del procedimento … costituente momento di sintesi e di raccordo dei singoli provvedimenti abilitativi e degli atti preparatori acquisiti dagli uffici comunali competenti e perciò integrante, ad ogni effetto, titolo unico per la realizzazione dell'intervento».

Analogamente, Cons. Stato, sez. IV, 22 ottobre 2018, n. 5994 ha osservato che, «come evidenziato dalla Corte costituzionale sin dalla sentenza n. 376 del 2002, quelli che in precedenza costituivano autonomi provvedimenti, ciascuno di essi adottato sulla base di un procedimento a sé stante, diventano ‘atti istruttori’ al fine dell’adozione dell’unico provvedimento conclusivo, titolo per la realizzazione dell’intervento richiesto, di competenza del SUAP».

A suffragio delle proposizioni attoree, milita, altresì, e in via ancor più dirimente, il ricorso al modulo procedimentale della Conferenza di servizi decisoria in forma semplificata e in modalità asincrona, prescelto dal SUAP Cilento.

In subiecta materia, l’art. 14 quater della l. n. 241/1990 (espressamente richiamato dall’art. 7, comma 6, del d.p.r. n. 160/2010) stabilisce, infatti, che «la determinazione motivata di conclusione della conferenza, adottata dall'amministrazione procedente all'esito della stessa, sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati» e che «i termini di efficacia di tutti i pareri, autorizzazioni, concessioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati acquisiti nell'ambito della conferenza di servizi decorrono dalla data della comunicazione della determinazione motivata di conclusione della conferenza».

In tale prospettiva, non avrebbe avuto senso la partecipazione e il «parere urbanistico favorevole del Comune di Camerota» – sia pure acquisito per silentium – nell’ambito della Conferenza di servizi convocata con nota del 4.11.2019, prot. n. 8001, se, poi, la medesima autorità comunale, avrebbe dovuto ripronunciarsi nell’esercizio delle medesime competenze e in merito al medesimo progetto.

8. Fondati si rivelano essere anche gli ordini di doglianze rubricati retro, sub n. 4.b-c, segnatamente nella parte in cui viene denunciata la violazione degli artt. 1, comma 246, della l. n. 145/2018, 1 della l. r. Campania n. 10/2012 e 1, comma 42, della l r. Campania n. 16/2014, nonché la confliggenza dell’art. 7, commi 9 e 10, del Regolamento comunale con tali disposizioni legislative sovraordinate.

8.1. In dettaglio:

- ai sensi dell’art. 1, comma 246, della l. n. 145/2018: «i titolari delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo e dei punti di approdo con medesime finalità turistico ricreative, che utilizzino manufatti amovibili di cui alla lettera e.5 del comma 1 dell’articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, possono mantenere installati i predetti manufatti fino al 31 dicembre 2020, nelle more del riordino della materia previsto dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25»;

- ai sensi dell’art. 1 della l. r. Campania n. 10/2012, «per incentivare le attività turistico-balneari del litorale della Regione Campania ed incrementarne i livelli occupazionali, fermo restando gli obblighi previsti dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), nelle more dell’approvazione del Piano di utilizzo delle aree demaniali (PUAD) e comunque fino al 31 dicembre 2020, è consentito ai titolari di concessioni demaniali marittime, l’uso degli stabilimenti balneari ed elioterapici oggetto della concessione e delle relative strutture per l’intero anno solare»;

- ai sensi dell’art. 1, comma 42, della l r. Campania n. 16/2014, «nelle more dell’approvazione del piano di utilizzo delle aree demaniali (PUAD) e della legge regionale sul turismo, è consentita a tutti gli stabilimenti balneari del litorale regionale campano la permanenza delle installazioni e delle strutture rimovibili realizzate sull’area demaniale attribuita in concessione».

8.2. In argomento, TAR Puglia, Lecce, sez. I, 1° febbraio 2020, n. 110 ha così diffusamente statuito:

«La norma in questione [ossia l’art. 1, comma 246, della l. n. 145/2018], nella sua portata precettiva, si rivolge a due destinatari, in quanto da un lato attribuisce ai soggetti indicati la facoltà e il diritto di mantenere le strutture amovibili fino al 31.12.2020, dall’altro – correlativamente – impone alla Pubblica Amministrazione di astenersi da provvedimenti volti ad imporre lo smontaggio delle stesse fino alla data suindicata, in palese violazione del chiaro dettato normativo.

Peraltro occorre rilevare che la facoltà o diritto di non procedere allo smontaggio delle strutture amovibili al termine della stagione estiva e solo fino al 31 dicembre 2020, attribuito ex lege ai titolari delle concessioni demaniali marittime cosi come individuati dalla norma, può essere fatto valere anche per così dire “in via di eccezione”, atteso che - non essendo previsto alcun procedimento o necessità di conseguimento di titoli e pareri – l’effetto sospensivo consegue ex lege ed in via automatica; non occorre pertanto alcuna previa dichiarazione o manifestazione della volontà di volersi avvalere dell’effetto previsto in via automatica dalla norma in esame.

Del resto le amministrazioni o le autorità competenti possono in qualunque tempo procedere ad una verifica dello stato dei luoghi al fine di accertare l’eventuale difetto dei presupposti di applicazione della norma, quali il difetto della qualità di concessionario, la non corrispondenza delle strutture a quelle oggetto di autorizzazione e di titolo edilizio ovvero la non conformità rispetto ai criteri indicati nello stesso art. 1 co. 246, ecc.

La lettura proposta lettura della norma appare anzitutto coerente con la sua ratio legis, atteso che il legislatore in una materia caratterizzata da rilevanti conflitti e da incertezze normative (anche relative al raccordo della normativa nazionale con quella dell’Unione Europea), nelle more del riordino della materia, ha inteso assicurare – ex lege appunto – il diritto alla conservazione o mantenimento delle strutture fino al 31.12.2020, ovvero per il tempo di due sole stagioni invernali.

La norma di cui trattasi è anzitutto una norma statale e non regionale e si muove dunque nell’alveo delle competenze attribuite allo Stato.

Inoltre, in quanto introduttiva di una deroga rispetto al procedimento ordinario, la stessa costituisce una legge speciale, in quanto tale prevalente sulla legge generale (lex specialis derogat generali).

E’ necessario tuttavia a questo punto valutare se l’interpretazione proposta risulti o meno compatibile con la Carta costituzionale e con la normativa di derivazione unionale.

Quanto a quest’ultima, si è già sopra evidenziata la totale estraneità di tale disposizione rispetto ai vincoli derivanti dalla direttiva Bolkestein, attesa la totale diversità dei presupposti di applicazione e della ratio; ed invero il mantenimento – rectius: mancato smontaggio nei mesi invernali delle strutture fino al 31.12.2020 nulla ha a che vedere con l’attribuzione di posizioni di vantaggio su servizi di limitata disponibilità per cause naturali o tecniche, né presuppone alcuna esigenza di procedimento ad evidenza pubblica per la selezione del contraente. L’assunto è così evidente che non necessita di ulteriori considerazioni.

Quanto alla compatibilità dell’interpretazione proposta con i principi costituzionali, occorre considerare in particolare gli articoli 97, 9 e 117 della Carta costituzionale.

Anche qui occorre sgomberare il campo da possibili equivoci, con riferimento alle sentenze della Corte costituzionale n. 40 del 24.2.2017 e n. 1 del 9.1.2019 (cui potrebbe aggiungersi la sentenza n. 221 del 5.12.2018, quest’ultima relativa tuttavia a profili differenti, quali criteri di determinazione di un indennizzo per perdita dell’avviamento e individuazione di particolari ipotesi di rilascio di concessioni in assenza di selezione del contraente mediante gara).

Con la sentenza n. 40/17 la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 8, seconda parte, e comma 9, della l. r. Puglia 10 aprile 2015 n. 17 (disciplina della tutela e dell’uso della costa).

Con la sentenza n. 1 del 2019 la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, 2 e 3, e dell’art. 4 comma 1 della l. r. Liguria 10.11.2017 n. 26 (disciplina delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative).

Orbene in entrambi i casi la declaratoria di incostituzionalità ha riguardato norme regionali con cui si disponevano proroghe delle concessioni in essere per un determinato periodo di tempo, in quanto ritenute in contrasto con l’art. 117 Cost. avendo occupato spazi di legislazione riservati in via esclusiva allo Stato.

Nel caso in esame, viceversa, anzitutto la norma – come già sopra evidenziato - non solo non attiene al tema della proroga delle concessioni, ma è una norma statale e non regionale.

L’art. 1, comma 246, della legge di stabilità 2019 – come già più avanti evidenziato – è una norma statale speciale e derogatoria e, in quanto tale, prevalente sulle disposizioni generali che prevedono l’iter procedimentale ordinario.

Siffatta specialità risulta evidente sia per il chiaro collegamento con l’esigenza del riordino della materia ex art. 1 comma 18 del d.l. 194/2009, convertito con modificazioni nella legge 26.2.2010 n. 25, sia con la previsione comunque di un termine di efficacia limitato alla dato del 31.12.2020.

Occorre infine chiedersi se l’elusione del procedimento ordinario possa integrare di per sé una violazione delle competenze e delle prerogative delle diverse amministrazioni preposte alla cura degli interessi coinvolti (art. 117 Cost.) ovvero in particolare costituire pregiudizio delle competenze in materia di paesaggio (art. 9 Cost.) attribuite alla Soprintendenza B.A.A.P. e in materia edilizia attribuite ai Comuni.

Ritiene il Collegio che l’art. 1 comma 246 della legge citata non realizzi alcuna violazione delle competenze paesaggistiche della Soprintendenza e della tutela del paesaggio ex art. 9, né delle competenze in materia urbanistica edilizia riservate nella specie ai Comuni e alla Regione, sotto vari profili.

E ciò per le seguenti considerazioni.

Anzitutto il mantenimento delle strutture fino al 31.12.2020 si riferisce non a nuove opere, bensì a strutture e manufatti già in essere e supportati – sia pure con prescrizione di smontaggio al termine delle stagioni estive - da titolo edilizio già rilasciato e da autorizzazione paesaggistica.

In secondo luogo l’esercizio delle competenze delle amministrazioni che hanno già rilasciato i titoli e le autorizzazioni è fatto comunque salvo dalla piena possibilità di esercizio in qualunque momento dei poteri di controllo e di vigilanza, come già sopra rilevato.

In terzo luogo è proprio la natura speciale della norma che conduce a ritenerne la piena conformità al dettato costituzionale, atteso che il previsto mantenimento delle strutture non solo risulta circoscritto ad un arco di tempo relativamente breve e con scadenza certa, ma altresì ancorato al tempo presunto necessario per l’approvazione della normativa di riordino della materia, nonché giustificato da una situazione presupposta evidentemente ritenuta prevalente dal legislatore nello specifico contesto giuridico-fattuale di riferimento.

In tal senso appare significativo considerare, mutatis mutandis, i principi affermati più volte dalla Corte costituzionale in tema di norme speciali e derogatorie dispositive di proroghe e giustificate appunto – secondo il principio di ragionevolezza - da esigenze contingenti (“nelle more del riordino della materia”) e con una relativamente breve efficacia temporale (“fino al 31.12.2020”); così ad esempio nella sentenza Corte cost. 7.7.2016 n. 161, in cui – pur nella diversità della materia, vertendosi in materia sanitaria e trattandosi di norma regionale in presunto conflitto con la normativa statale – si riafferma il principio della compatibilità costituzionale della norma speciale e derogatoria rispetto al procedimento ordinario quando la stessa sia giustificata e circoscritta nell’efficacia temporale ad una data certa, secondo il principio di ragionevolezza desumibile dalla giurisprudenza costituzionale; si legge infatti: “tali peculiari caratteristiche (n.d.r. temporaneità della proroga e specialità) giustificano dunque, alla luce del principio di ragionevolezza, la proroga prevista dal legislatore regionale. Essa rispetta, inoltre, la condizione di temporaneità stabilità dalla giurisprudenza costituzionale, posto che non si estende indefinitivamente nel tempo. Infine la proroga va applicata alle sole unità in possesso dei requisiti strutturali e organizzativi, stabilita a garanzia del rispetto dei livelli essenziali di qualità e sicurezza nell’erogazione della prestazione fornita); ed ancora. “…la ragionevole delimitazione temporale della proroga rispetto alla scadenza del termine generale e l’osservanza dei requisiti strutturali e organizzativi consente di escludere che la disposizione regionale impugnata mascheri una inammissibile sanatoria di irregolarità e disfunzioni all’interno della Regione. Essa configura invece un’ipotesi di legittima deroga al termine statale”.

Deve in proposito rilevarsi che la giurisprudenza della Corte costituzionale ha più volte fatto applicazione del principio di ragionevolezza con riferimento alla valutazione di costituzionalità di norme recanti proroga di termini o deroghe a competenze ordinarie in ragione dell’esistenza di una adeguata giustificazione e con riferimento alla discrezionalità del legislatore statale, nonché in considerazione della natura transitoria e temporanea della norma di volta in volta esaminata; e ciò con riferimento alle più disparate materie.

La reiterazione nel tempo dei principi affermati dalla Corte costituzionale induce a ritenere qualificabile il principio di ragionevolezza e di giustificazione in ragione della natura temporanea della proroga o della deroga come principio di carattere generale.

Nell’ambito della copiosa giurisprudenza costituzionale in tal senso occorre distinguere nettamente tutte quelle pronunce relative alla violazione delle competenze, in particolare dello Stato, ad opera di leggi regionali, che in questa sede non appare rilevante, atteso che l’art. 1, comma 246, è una legge dello Stato.

Il principio di cui sopra è stato infatti considerato come idoneo a garantire la compatibilità costituzionale della norma in numerose pronunce della Corte Costituzionale: 25 marzo 1980 n. 32; 20 maggio 1980 n. 71; 23 aprile 1986 n. 108; 26 gennaio 1988 n. 83; 16 ottobre 1990 n. 456; 21 luglio 1993 n. 323; 28 luglio 1995 n. 416; 11 luglio 2018 n. 151.

Viceversa, il limite invalicabile di siffatta applicazione del principio di ragionevolezza come idoneo a garantire la compatibilità costituzionale della norma è stato individuato, ancora una volta, nell’esigenza di rispetto delle regole costituzionali di distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni, così ad esempio nella sentenza C. Cost. 7 giugno 2012 n. 148: (deve dunque essere ribadita l’inderogabilità dell’ordine costituzionale delle competenze legislative anche nel caso in cui ricorrano situazioni eccezionali).

In sostanza, la Corte ha ritenuto compatibile con i principi della Carta costituzionale una norma statale che introduca proroga di termini o deroga alle competenze amministrative previste dalla legge ordinaria, in considerazione di una adeguata giustificazione, intesa come scelta di politica economico sociale e nell’ambito della discrezionale valutazione del legislatore, purché la deroga o proroga sia contenuta entro un ristretto spazio temporale.

Occorre a questo punto considerare se la deroga ed esclusione del ricorso al procedimento ordinario previsto dalla norma statale speciale in esame risulti giustificata e contenuta in un arco di tempo limitato.

Il tempo entro il quale si consente il mantenimento delle strutture già autorizzate è limitato in concreto al 31.12.2020 e, quindi si riferisce a sole due stagioni invernali.

Quanto alla giustificazione economico-sociale, la quale integra peraltro l’essenza della ratio legis perseguita, appare evidente che il legislatore abbia inteso accordare una tutela alla categoria dei titolari delle concessioni demaniali marittime indicate nella norma per un tempo limitato in ragione di una discrezionale scelta di politica economico-sociale, trattandosi di una categoria di rilevante importanza sul piano della economia nazionale, penalizzata nello specifico contesto da una situazione di assoluta incertezza normativa e da rilevanti limitazioni dal punto di vista operativo e imprenditoriale.

La situazione di incertezza normativa nel settore delle concessioni demaniali marittime è nota e non necessita di particolari considerazioni; in disparte la vicenda relativa alla normativa delle proroghe delle concessioni e alla sua inconciliabilità con la direttiva Bolkestein, che non appare conferente in questa sede perché del tutto estranea alla temporanea sospensione dello smontaggio stagionale delle strutture fino al 31.12.2020, come già sopra ampiamente evidenziato.

L’incertezza normativa si ricollega invece proprio alle vicende relative allo smontaggio periodico delle strutture, sia in ragione della normativa vigente, sia in ragione delle diverse e a volte contrastanti pronunce giurisdizionali.

Sia sufficiente in proposito considerare che l’auspicata normativa di riordino della materia potrebbe ad esempio individuare diverse tipologie di strutture destinate alla balneazione in ragione della diversa loro collocazione nelle aree del territorio costiero, a seconda dell’impatto ambientale-paesaggistico più o meno elevato, escludendo dall’obbligo di smontaggio stagionale tutte quelle strutture (come peraltro quella in esame) ubicate in pieno centro abitato nelle località costiere; in tal senso la norma di cui all’art. 1, comma 246, potrebbe definirsi come assimilabile ad una misura di salvaguardia» (sul punto, cfr. anche TAR Lecce, sez. I, 19 febbraio 2020, n. 239).

8.3. Ciò posto, in virtù dei richiamati artt. 1, comma 246, della l. n. 145/2018, 1 della l. r. Campania n. 10/2012 e 1, comma 42, della l r. Campania n. 16/2014, il punto di ristoro controverso non poteva, dunque, considerarsi abusivo, in quanto rinveniva direttamente in esse – oltre ed a prescindere dal PAU n. 198/2020 – la fonte di legittimazione della sua installazione continuativa sul suolo demaniale marittimo. Del che – come pure fondatamente dedotto da parte ricorrente (cfr. retro, sub n. 4.e) – si era, d’altronde, avveduto – per poi, però, smentirsi – lo stesso Comune di Camerota, allorquando, nella nota del 25.9.2019, prot. n. 18172, aveva ritenuto che la tesi propugnata dalla M. nella propria relazione tecnica integrativa prot. n. 7191 dell’8.4.2019, circa la legittimità del mantenimento in loco dei manufatti de quibus ai sensi delle citate disposizioni di legge statale e regionale, «con particolare riferimento alla normativa statale e regionale, che di fatto consente il permanere delle strutture precarie di supporto alla balneazione sugli arenili, oggetto di concessione, è supportat[a] da argomentate motivazioni e, nei limiti di una corretta ermeneusi, condivisibili».

Né un simile approdo può dirsi menomato dalla ‘clausola di stagionalità’ recata dall’art. 7, commi 9 e 10, del Regolamento comunale («Tutte le strutture di cui al presente Regolamento potranno essere utilizzate per un periodo complessivo non superiore a 150 gg., dal 1 maggio al 30 settembre di ogni anno. E’ consentito iniziare il montaggio delle strutture – previa acquisizione di tutti i necessari titoli abilitanti – a partire dal 15 aprile di ogni anno; tutte le strutture dovranno essere integralmente rimosse entro il 15 ottobre di ogni anno, assicurando il ripristino dell’area in concessione e lo smaltimento di qualsiasi materiale di risulta»), sulla quale fanno premio le antinomiche previsioni di rango primario dianzi richiamate.

Al riguardo, è, infatti, appena il caso di sottolineare che, alla stregua dell’orientamento giurisprudenziale improntato all’operatività del principio di gerarchia delle fonti (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 29 aprile 2005, n. 2034; 2 marzo 2009, n. 1169; sez. IV, 16 febbraio 2012, n. 812; sez. V, 28 settembre 2016, n. 4009; sez. VI, 24 ottobre 2017, n. 4894; sez. IV, 7 dicembre 2017, n. 5753; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 18 luglio 2017, n. 3838), la disciplina regolamentare in parola, ove interpretata nel senso di vietare ai concessionari il mantenimento continuativo delle strutture precarie installate sulle aree demaniali, si rende disapplicabile dall’adito giudice amministrativo, in quanto confliggente con le sovraordinate disposizioni di cui agli artt. 1, comma 246, della l. n. 145/2018, 1 della l. r. Campania n. 10/2012 e 1, comma 42, della l r. Campania n. 16/2014.

9. Dovendosi incidentalmente rilevare anche la denunciata atipicità dell’irrogata sanzione pecuniaria ex art. 37, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001 rispetto alla fattispecie con essa colpita, dacché non riconducibile alle ipotesi di interventi edilizi di cui al precedente art. 22, commi 1 e 2, eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA (cfr. retro, sub n. 4.e), l’accoglimento delle censure dianzi scrutinate consente, a questo punto, di assorbire quelle ulteriori (rubricate retro, sub n. 4.d e 4.g) rivolte sempre al PAU n. 198/2020, nella parte in cui ha subordinato la propria efficacia al rilascio di successivo permesso di costruire, ed al provvedimento del 17.4.2020 prot. n. 7325, limitatamente parte in cui ha irrogato la sanzione pecuniaria ex art. 37, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001.

10. Rimane, dunque, sa scrutinare il motivo di gravame rubricato retro, sub n. 4.f, secondo cui la limitazione temporale della concessione demaniale marittima n. 2 del 17.4.2020, sancita col provvedimento del 17.4.2020 prot. n. 7325, confliggerebbe con la proroga quindicennale prevista dall’art. 1, comma 682, della l. n. 145/2018.

Ebbene, esso non merita favorevole apprezzamento, alla stregua delle seguenti considerazioni.

10.1. Come già annotato dalla Sezione in sede di sommaria delibazione cautelare (ord. n. 333/2020), la norma legislativa invocata da parte ricorrente si presenta confliggente con i principi euro-unitari sanciti dall’art. 12 direttiva 2006/123/CE (c.d. Bolkestein) («1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. 2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l'autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami. 3. Fatti salvi il paragrafo 1 e gli articoli 9 e 10, gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario»), così come interpretato dalla Corte di Giustizia UE, sez. V, nella sentenza 14 luglio 2016, C-458/14 e C-67/15.

L’assunto attoreo di avvenuta proroga automatica quindicennale del rapporto instaurato con le pregresse concessioni demaniali marittime n. 6/2009, n. 53/2015 e n. 65/2015 si infrange, pertanto, contro l’indirizzo giurisprudenziale disapplicativo delle norme legislative dilatorie emanate in subiecta materia, propugnato anche da questa Sezione nelle sentenze n. 1697 del 2 ottobre 2019 e n. 221 del 10 febbraio 2020, e ispirato all’arresto sancito in materia dalla Corte di Giustizia UE, sez. V, nella citata sentenza 14 luglio 2016, C-458/14 e C-67/15, a tenore della quale «l'articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale … che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati».

10.2. In particolare, Cons. Stato, sez. VI, 18 novembre 2019, n. 7874 ha, di recente, così condivisibilmente statuito:

«Da tale sentenza [ossia dalla citata sentenza della Corte di Giustizia UE, sez. V, 14 luglio 2016, C-458/14 e C-67/15] si desume che la proroga ex lege delle concessioni demaniali aventi natura turistico-ricreativa non può essere generalizzata, dovendo la normativa nazionale ispirarsi alle regole della Unione europea sulla indizione delle gare.

La Corte di Giustizia, più specificamente, chiamata a pronunciarsi sulla portata dell'art. 12 della direttiva 2006/123/CE (cd. Bolkestein e Servizi) del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (direttiva servizi), ha affermato, in primo luogo, che le concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo rientrano in linea di principio nel campo di applicazione della suindicata direttiva, restando rimessa al giudice nazionale la valutazione circa la natura 'scarsa' o meno della risorsa naturale attribuita in concessione, con conseguente illegittimità di un regime di proroga ex lege delle concessioni aventi ad oggetto risorse naturali scarse, regime ritenuto equivalente al rinnovo automatico delle concessioni in essere, espressamente vietato dall'art. 12 della direttiva.

In secondo luogo, la Corte di giustizia ha affermato che, per le concessioni alle quali la direttiva non può trovare applicazione, l'art. 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) osta a una normativa nazionale, come quella italiana oggetto dei rinvii pregiudiziali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentino un interesse transfrontaliero certo.

Come è stato chiarito anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. V, 11 giugno 2018 n. 3600; Sez. VI, 10 luglio 2017 n. 3377 e 13 aprile 2017 n. 1763):

- l'art. 1, comma 18, d.l. 30 dicembre 2009, n. 194 (convertito, con modificazioni, dalla l. 26 febbraio 2010, n. 25) – come modificato dall'articolo 34-duodecies, comma 1, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221), e, a decorrere dal 1° gennaio 2013, dall'art. 1, comma 547, l. 24 dicembre 2012, n. 228 –, statuiva come segue: 'Ferma restando la disciplina relativa all'attribuzione di beni a regioni ed enti locali in base alla legge 5 maggio 2009, n. 42, nonché alle rispettive norme di attuazione, nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative e sportive, nonché quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto, da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento di tali concessioni, sulla base di intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che è conclusa nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui all'articolo 37, secondo comma, secondo periodo, del codice della navigazione, il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino al 31 dicembre 2020, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 4 bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. All'articolo 37, secondo comma, del codice della navigazione, il secondo periodo è soppresso';

- pertanto, in seguito alla soppressione, in ragione delle disposizioni legislative sopra richiamate, dell'istituto del 'diritto di insistenza', ossia del diritto di preferenza dei concessionari uscenti, l'amministrazione che intenda procedere a una nuova concessione del bene demaniale marittimo con finalità turistico-ricreativa, in aderenza ai principi euro-unitari della libera di circolazione dei servizi, della par condicio, dell'imparzialità e della trasparenza, ai sensi del novellato art. 37 cod. nav., è tenuta ad indire una procedura selettiva e a dare prevalenza alla proposta di gestione privata del bene che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e risponda a un più rilevante interesse pubblico, anche sotto il profilo economico;

- a fronte dell'intervenuta cessazione del rapporto concessorio, come sopra già evidenziato, il titolare del titolo concessorio in questione può vantare un mero interesse di fatto a che l'amministrazione proceda ad una nuova concessione in suo favore e non già una situazione qualificata in qualità di concessionario uscente, con conseguente inconfigurabilità di alcun obbligo di proroga ex lege o motivazionale dell'amministrazione;

- ne deriva che l'operatività delle proroghe disposte dal legislatore nazionale non può che essere esclusa in ossequio alla pronuncia del 2016 del giudice euro-unitario, comportante la disapplicazione dell'art. 1, comma 18, d.l. n. 194/2009 e dell'art. 34 duodecies, d.l. 179/2012, di talché la proroga legale delle concessioni demaniali in assenza di gara non può avere cittadinanza nel nostro ordinamento, come del resto la giurisprudenza nazionale ha in più occasioni già riconosciuto (cfr., per tutte e tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 27 febbraio 2019 n. 1368).

Del resto, più volte il Consiglio di Stato ha sancito in via generale l'illegittimità di una normativa sulle proroghe ex lege della scadenza di concessioni demaniali, perché equivalenti a un rinnovo automatico di per sé ostativo a una procedura selettiva. Inoltre, già decisioni precedenti della CGUE avevano affermato l'illegittimità di leggi regionali contemplanti, a talune condizioni, la proroga automatica delle concessioni del demanio marittimo al già titolare, evidenziando che proroga e rinnovo automatico, determinando una disparità di trattamento tra operatori economici mediante preclusioni o ostacoli alla gestione dei beni demaniali oggetto di concessione, violano in generale i principi del diritto comunitario su libertà di stabilimento e tutela della concorrenza.

In conclusione, alla luce del prevalente indirizzo giurisprudenziale, non è in alcun modo riscontrabile una proroga automatica ex lege di una concessione demaniale marittima.

Ciò significa che anche la più recente proroga legislativa automatica delle concessioni demaniali in essere fino al 2033, provocata dall'articolo unico, comma 683, l. 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) che così testualmente recita: 'Al fine di garantire la tutela e la custodia delle coste italiane affidate in concessione, quali risorse turistiche fondamentali del Paese, e tutelare l'occupazione e il reddito delle imprese in grave crisi per i danni subiti dai cambiamenti climatici e dai conseguenti eventi calamitosi straordinari, le concessioni di cui al comma 682, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, nonché quelle rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata anteriormente al 31 dicembre 2009 e per le quali il rilascio è avvenuto nel rispetto dell'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328, o il rinnovo è avvenuto nel rispetto dell'articolo 02 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici. Al termine del predetto periodo, le disposizioni adottate con il decreto di cui al comma 677 rappresentano lo strumento per individuare le migliori procedure da adottare per ogni singola gestione del bene demaniale' – è coinvolta, con le conseguenze del caso, nel ragionamento giuridico sopra esposto e ciò, non solo perché detta disposizione rievoca norme nazionali già dichiarate in contrasto con l'ordinamento euro-unitario dalla corte di giustizia nel 2016 (determinando una giuridicamente improbabile reviviscenza delle stesse) ma, a maggior ragione, dopo il recente intervento della Corte di giustizia UE che, nella sentenza 30 gennaio 2018, causa C-360/15 Visser, ha esteso addirittura la platea dei soggetti coinvolti dalla opportunità di pretendere l'assegnazione della concessione demaniale solo all'esito dello svolgimento di una procedura selettiva» (cfr., in senso adesivo, TAR Veneto, Venezia, sez. I, 3 marzo 2020, n. 218).

10.3. La disapplicabilità dell’art. 1, comma 682, della l. n. 145/2018 è stata di recente propugnata anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella segnalazione AS1684 del 1° luglio 2020 nel parere AS1701 del 4 agosto 2020, ove ha stigmatizzato il contrasto dei provvedimenti amministrativi avallanti la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo con gli artt. 49 e 56 del TFUE, in quanto suscettibile di limitare ingiustificatamente la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi nel mercato interno, nonché con le disposizioni normative euro-unitarie in materia di affidamenti pubblici, con particolare riferimento all’art. 12 della direttiva 2006/123/CE: «… è nell’interesse del mercato – recita il menzionato parere AS1701 del 4 agosto 2020 – effettuare un attento bilanciamento tra i benefici di breve periodo e i possibili costi che si potrebbero manifestare in un orizzonte temporale più ampio. La concessione di proroghe in favore dei precedenti concessionari, infatti, rinvia ulteriormente il confronto competitivo per il mercato, così impedendo di cogliere i benefici che deriverebbero dalla periodica concorrenza per l’affidamento attraverso procedure ad evidenza pubblica. Quindi, eventuali proroghe degli affidamenti non dovrebbero comunque eccedere le reali esigenze delle amministrazioni, per consentire quanto prima l’allocazione efficiente delle risorse pubbliche mediante procedure competitive. Di conseguenza, l’Autorità ritiene che, per le ragioni sopra esposte, codesto Comune avrebbe dovuto disapplicare la normativa posta a fondamento della determina dirigenziale … per contrarietà della stessa ai principi e alla disciplina euro-unitaria sopra richiamata. Le disposizioni relative alla proroga delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative contenute nel provvedimento amministrativo, integrano, infatti, specifiche violazioni dei principi concorrenziali nella misura in cui impediscono il confronto competitivo che dovrebbe essere garantito in sede di affidamento di servizi incidenti su risorse demaniali di carattere scarso, in un contesto di mercato nel quale le dinamiche concorrenziali sono già particolarmente affievolite a causa della lunga durata delle concessioni attualmente in essere».

11. In conclusione, essendosene acclarata la fondatezza quanto all’impugnazione del PAU n. 198/2020, laddove l’efficacia di quest’ultimo viene subordinata al rilascio di successivo permesso di costruire, e quanto all’impugnazione del provvedimento del 17.4.2020 prot. n. 7325, laddove viene irrogata la sanzione pecuniaria ex art. 37, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001, il ricorso deve essere accolto limitatamente a tali profili, con conseguente annullamento in parte qua dei provvedimenti anzidetti, mentre, stante la sua ravvisata infondatezza quanto all’impugnazione del provvedimento del 17.4.2020 prot. n. 7325, laddove viene limitata al 31.12.2020 la durata della rilasciata concessione demaniale marittima n. 2, il ricorso va respinto con riguardo a tale profilo.

12. La reciproca soccombenza giustifica la declaratoria di irripetibilità delle spese di lite nei confronti del non costituito Comune di Camerota.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla in parte qua il provvedimento autorizzativo unico (PAU) del 13.1.2020 prot. n. 198 ed provvedimento del 17.4.2020 prot. n. 7325, mentre lo respinge per il resto.

Spese irripetibili.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2020, svoltasi tramite collegamento telematico da remoto, ai sensi dell'art. 84, comma 6, del d.l. n. 18/2020, con l'intervento dei magistrati:

Nicola Durante, Presidente

Olindo Di Popolo, Consigliere, Estensore

Igor Nobile, Referendario

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Olindo Di Popolo Nicola Durante
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO