Giu Revocazione della sentenza per errore di fatto
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - SENTENZA 17 giugno 2022 N. 5012
Massima
L’errore di fatto, idoneo a costituire un vizio revocatorio ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., è identificabile con l’errore di percezione sull’esistenza o sul contenuto di un atto processuale, che si traduca nell’omessa pronuncia su una censura o su un’eccezione; conseguentemente, non costituisce motivo di revocazione per errore di fatto la circostanza che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni proposte dalla parte a sostegno delle proprie censure; non può giustificare la revocazione, inoltre, una contestazione sull’attività di valutazione del giudice, perché essa riguarderebbe un profilo diverso dall’erronea percezione del contenuto dell’atto processuale, in cui si sostanzia l’errore di fatto.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - SENTENZA 17 giugno 2022 N. 5012

Pubblicato il 17/06/2022

N. 05012/2022REG.PROV.COLL.

N. 00352/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 352 del 2021, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Umberto Morelli e Renato D’Isa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 maggio 2022 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Giunge all’esame del Consiglio di Stato il ricorso per revocazione proposto dal signor -OMISSIS- avverso la sentenza della Sezione n. -OMISSIS-.

2. La sentenza revocanda, pronunciata in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ha deciso, respingendolo, l’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, Sezione terza, n. -OMISSIS-, concernente il rigetto dell’istanza di riconoscimento di infermità come dipendente da causa di servizio.

3. La sentenza di questo Consiglio n. -OMISSIS-ha statuito che:

a) il diniego impugnato è stato emanato sulla base del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio n. 3165/2015, reso nell’adunanza n. 191/2015, del 30 giugno 2015, il quale ha ritenuto che le predette patologie non siano ascrivibili causalmente a fatti di servizio;

b) il parere obbligatorio e vincolante del Comitato di verifica è espressione di un potere autoritativo, sindacabile solo per travisamento di fatti o manifesta illogicità, non potendo il giudice amministrativo sostituire le proprie valutazioni a quelle effettuate dalle competenti autorità, in sede amministrativa;

c) il parere, formulato dal Comitato di verifica, non risulta affetto dai vizi sopra indicati ed è stato comunque congruamente motivato, sulla base di tutti gli atti e degli accertamenti medici acquisiti, nonché dei precedenti di servizio dell’interessato, in relazione alle ragioni per cui le malattie sofferte dall’appellante non potessero essere ascrivibili a cause di servizio (in particolare, per la peculiarità delle stesse, per la predisposizione costituzionale dell’interessato e per l’assenza di mansioni significativamente defatiganti durante il periodo di servizio);

d) non sussiste la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 (poiché, a seguito delle considerazioni svolte dal Comitato di verifica, il provvedimento conclusivo del procedimento non poteva avere esito diverso), né l’Amministrazione aveva alcun obbligo di pronunciarsi sull’istanza di riesame presentata dall’interessato il 23 gennaio 2015.

4. Avverso la suindicata sentenza l’interessato ha proposto ricorso per revocazione, lamentando la sussistenza dell’errore revocatorio di cui all’art. 395 n. 4 c.p.c..

4.1. Si è costituito in giudizio il Ministero, resistendo all’appello, ma non formulando specifiche difese.

5. All’udienza del 12 maggio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Con i motivi di ricorso, l’interessato ha dedotto la sussistenza del vizio revocatorio di cui all’art. 395 n. 4, c.p.c., a mente del quale è possibile l’impugnazione della sentenza pronunciata “Se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.

6.1. Tale ipotesi costituisce il peculiare rimedio previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o dell’“abbaglio dei sensi” (Cons. Stato, sez. V 29 ottobre 2014, n. 5347).

6.2. Su questa fattispecie di revocazione, la giurisprudenza ha avuto di puntualizzare, nel tempo, alcuni fondamentali principi, che meritano di essere ribaditi in questa sede, prima di procedere con la disamina delle censure articolate dal ricorrente.

a) l’errore di fatto, idoneo a costituire un vizio revocatorio ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., è identificabile con l’errore di percezione sull’esistenza o sul contenuto di un atto processuale, che si traduca nell’omessa pronuncia su una censura o su un’eccezione (per lo meno a far tempo da Cons. Stato, Ad. plen., 22 gennaio 1997, n. 3, ribadita da Ad. Plen., 24 gennaio 2014, n. 5; successivamente cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099; sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5347; sez. IV 28 ottobre 2013, n. 5187; 6 agosto 2013, n. 4156; sez. III 29 ottobre 2012, n. 5510; sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587);

b) conseguentemente, non costituisce motivo di revocazione per errore di fatto la circostanza che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni proposte dalla parte a sostegno delle proprie censure (Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 21);

c) non può giustificare la revocazione, inoltre, una contestazione sull’attività di valutazione del giudice, perché essa riguarderebbe un profilo diverso dall’erronea percezione del contenuto dell’atto processuale, in cui si sostanzia l’errore di fatto (Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2015, n. 3852; sez. V 12 maggio 2015, n. 2346; sez. III 18 settembre 2012, n. 4934). Di conseguenza, il vizio revocatorio non può mai riguardare il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, come esposte negli atti di causa, perché le argomentazioni giuridiche non costituiscono «fatti» ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. e perché un tale errore si configura necessariamente non come errore percettivo, bensì come errore di giudizio, investendo per sua natura l’attività valutativa ed interpretativa del giudice (Cass. 22 marzo 2005, n. 6198);

d) non può giustificare la revocazione, altresì, una contestazione concernente il mancato esame di un qualsivoglia documento (come, ad es., di un allegato a una relazione istruttoria) o di qualsiasi altra prova offerta dalle parti, dal momento che in casi del genere si potrebbero configurare soltanto errores in iudicando, non contemplati dall’art. 395 c.p.c. quale motivo di ricorso per revocazione (Cons. Stato, Ad. plen., 11 giugno 2001, n. 3);

e) affinché possa dirsi sussistente il vizio revocatorio contemplato dalla norma è inoltre necessario che l’errore di fatto si sia dimostrato determinante, secondo un nesso di causalità necessaria, nel senso che l’errore deve aver costituito il motivo essenziale e determinante della decisione impugnata per revocazione. È stato puntualizzato che il nesso causale non inerisce alla realtà storica, ma costituisce un nesso logico-giuridico, nel senso che la diversa soluzione della lite deve imporsi come inevitabile sul piano, appunto, della logica e del diritto, e non degli accadimenti concreti (Cons. Stato, sez. VI, 18 febbraio 2015, n. 826); la falsa percezione della realtà processuale deve dunque riguardare un punto decisivo, anche se non espressamente controverso della causa (Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099);

f) l’errore deve poi essere caduto su un punto non espressamente controverso della causa e in nessun modo deve coinvolgere l’attività valutativa svolta dal giudice circa situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (Cons. Stato, Ad. plen., 24 gennaio 2014, n. 5).

6.3. Può procedersi all’esame delle doglianze articolate dal ricorrente alla luce dei principi dianzi illustrati.

7. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 395 n. 4 c.p.c. e lamenta, in particolare, che la decisione sarebbe inficiata dall’errore di fatto revocatorio, per aver considerato come esistente un’istanza di parte di riesame del primo parere del Comitato di verifica, asseritamente presentata il 23 gennaio 2015, mentre questa richiesta di riesame del predetto parere proverrebbe dall’amministrazione della difesa.

7.1. In ragione, del suddetto errore di fatto, questo Consiglio avrebbe ritenuto l’insussistenza dell’obbligo del Comitato di verifica di pronunciarsi su questa richiesta e, conseguentemente, legittimamente concluso il procedimento amministrativo, che, al contrario, è stato inficiato dall’omessa riedizione del parere da parte dell’organo tecnico dell’amministrazione.

7.2. Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta, sempre quale vizio revocatorio di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c., che “La pronuncia revocanda omette di riscontrare esplicitamente il quarto motivo di appello nel quale si contestava l’omissione, nel decreto gravato, del parere n. 18942/2014 del 22/09/2014 del Comitato ed il mancato riferimento alla richiesta ministeriale di riesame, formulato con nota n. 12036 del 23/1/2015…”.

7.2.1. Secondo il ricorrente, “Se il Collegio giudicante avesse percepito correttamente gli atti sin dalla fase acquisitiva, non avrebbe potuto non avvedersi che il sostanziale parere n. 18942 del 22.09.14 del Comitato era stato omesso dal decreto di rigetto assunto, assieme al riferimento della richiesta di riesame n. 12036 del 23.01.15 – pure sostanziale – avente paternità pubblica e non privata con conseguente obbligo di riscontro”.

7.3. Il primo e il secondo motivo di ricorso possono essere esaminati e decisi congiuntamente, poiché con essi si deduce, sostanzialmente, la medesima questione.

7.4. Il vizio revocatorio è insussistente.

7.4.1. Il Collegio dà atto che, effettivamente, la sentenza impugnata designa la richiesta del 23 gennaio 2015 come proveniente dalla parte privata, interessata all’esito del procedimento.

7.4.2. Si tratta di un’inesattezza, in quanto la richiesta in questione è stata effettivamente formulata dal Ministero, ai sensi dell’art. 14, comma 1, d.P.R. n. 461/2001.

7.4.3. Nondimeno, le doglianze articolate dal ricorrente muovono, infatti, da un presupposto insussistente, ossia che non si sarebbe tenuto conto della richiesta di riesame del primo parere pervenutagli da parte del Ministero.

7.4.4. Il ricorrente deduce che “il decreto ministeriale ometta ogni richiamo e considerazione del parere n. 18942 di data 22.09.14 e della successiva istanza di riesame prot. n. 12036 del 23.01.2015 formulata dallo stesso Ministero della Difesa”.

7.4.5. Quest’assunto è errato, considerato che il decreto ministeriale richiama per relationem il parere reso dal Comitato di verifica e quest’ultimo dà espressamente atto che questo parere, n. 3156/2015 del 30 giugno 2015, reso nell’adunanza n. 191/2015, viene reso “vist[a]” la “nota n. 12036 del 23 gennaio 2015, con la quale l’Amministrazione chiede il riesame del parere n. 18942/2014 del 22 settembre 2014”.

7.5. Ne deriva, dunque, l’assoluta ininfluenza dell’errore di fatto commesso nella sentenza impugnata e, dunque, l’insussistenza di uno dei presupposti dell’errore revocatorio, conseguente l’inammissibilità del primo e del secondo motivo del ricorso per revocazione.

7.5.1. La circostanza che nel decreto di diniego del Ministero della Difesa si faccia riferimento al solo parere n. 191/2015 del 30 giugno 2015 (e non anche al primo parere pronunciato dal Comitato di verifica e alla richiesta di riesame) risulta del tutto ininfluente sulla legittimità del provvedimento gravato.

7.5.2. Va considerato, infatti, che, il provvedimento di diniego è motivato per relationem, con il rimando al parere n. 191/2015, del 30 giugno 2015, e che quest’ultimo parere reca nella sua motivazione il richiamo alla richiesta di riesame del primo parere reso dal Comitato di verifica, sicché non si configura affatto l’omissione lamentata.

7.6. I primi due motivi di ricorso vanno pertanto dichiarati inammissibili.

8. Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce nuovamente la sussistenza del vizio revocatorio di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c., lamentando quale errore di fatto l’omesso esame del quinto motivo di appello, nel quale si è lamentato l’omesso esame del quarto motivo di ricorso di primo grado.

8.1. Secondo l’appellante, “La ritenuta paternità privata dell’istanza di riesame – in luogo di quella pubblica – ha viziato il seguente percorso logico giuridico di ininfluenza sostanziale del vizio eccepito”.

8.1.1. Con le doglianze di cui si sarebbe omesso l’esame, il privato ha lamentato che il decreto di diniego, gravato nel presente processo, andrebbe a contraddire un precedente decreto del medesimo Ministero che avrebbe, per contro, accolto l’istanza di riconoscimento dell’equo indennizzo con riferimento alle medesime doglianze.

8.2. Il motivo revocatorio è inammissibile.

8.3. Il Collegio rileva che difetta il necessario requisito della dipendenza fra l’error in procedendo lamentato e l’errore di fatto che si assume esserne stato la causa.

8.3.1. L’odierno ricorrente in revocazione aveva dedotto, nel ricorso introduttivo del giudizio, il seguente motivo di doglianza, il cui scrutinio sarebbe stato omesso, che qui si riporta integralmente: “Il decreto qui gravato risulta essere in contraddizione con il precedente decreto n. 3589/C del 14.09.10 (già qui doc. sub 4) emesso dalla stessa autorità che all'articolo 3 respingeva le stesse infermità oggi definite. Esistono quindi due decreti successivi in contrasto sullo stesso oggetto trattato. Il decreto qui all’attualità impugnato non modifica il precedente. Detta contraddittorietà lascia vigenti due decreti che decidono in modo diverso il procedimento di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio delle medesime infermità”.

8.3.2. In appello, poi, l’interessato ha dedotto la seguente censura: “Il punto 6 della sentenza riscontra il quarto motivo di impugnazione che contesta l’esistenza di due decreti ministeriali efficaci ed efficienti sullo stesso procedimento amministrativo che determinavano due volte la volontà dell’Amministrazione.

Esistendo due provvedimenti ministeriali diversi sulla medesima valutazione e questione il ricorrente ne ha eccepito l’illegittimità prevista dalle norme vigenti.

Il Giudicante al posto di rilevare l’effettiva esistenza dei due diversi decreti ministeriali che emettevano pronuncia sulla stessa materia e questione ha ritenuto che ciò fosse conforme al diritto per il solo fatto che i pareri risultavano convergenti nella medesima volontà, senza rilevare anche l’illegittima plurima pronuncia, travisando in tal senso, l’eccezione formulata”.

8.4. Dalla disamina delle censure articolate in primo e in secondo grado non si ravvisa la sussistenza di alcun legame logico e/o giuridico fra l’errata percezione della provenienza della richiesta di riesame del primo parere del Comitato – costituente l’odierno presupposto revocatorio dedotto dall’interessato, per fruire di una fase processuale rescissoria – e la dedotta omessa pronuncia.

8.5. Il motivo – che si risolve in una richiesta di ulteriore grado di giudizio sulla doglianza in questione - è dunque palesemente inammissibile.

8.6. Solo per scrupolo, il Collegio osserva che la doglianza di cui si lamenta il mancato esame, qualora esaminata, sarebbe stata dichiarata manifestamente inammissibile, per assoluto difetto di specificità.

8.6.1. Le stringate e lacunose deduzioni di parte non permettono di qualificare come “identico” l’oggetto delle due valutazioni ministeriali, tenuto peraltro conto che le date delle istanze presentate risultano essere diverse e di queste istanze non viene riportato il contenuto, sicché l’affermazione di parte risulta apodittica e indimostrata.

9. Con il quarto motivo di revocazione, l’interessato deduce la violazione dell’art. 395 n. 4 c.p.c., con riferimento al ritenuto mancato esame del sesto motivo di appello, con il quale si era lamentata “l’eccessiva e incongrua entità della condanna alle spese”.

Secondo il ricorrente, “…appare ancora più evidente la circostanza del fatto che l’errore revocatorio dell’abbaglio dei sensi ha ingenerato il conseguente vizio di pronuncia ex art. 112 c.p.c. ritenendo superfluo l’esame del punto motivazionale d’appello incentrato sulla condanna alle spese di giudizio.

È evidente che ove il prefato abbaglio dei sensi non fosse intervenuto, non avrebbe potuto sostenersi in appello la legittimità della conseguente soccombenza alla condanna delle spese del primo grado di giudizio”.

9.1. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.

9.2. Anche con riferimento a questa doglianza, il Collegio ritiene che non sia integrata la fattispecie revocatoria invocata.

9.3. Anche in questo caso, infatti, non si ravvisa la dipendenza dell’errore di giudizio stigmatizzato con l’errore di fatto a cui il ricorrente fa riferimento.

9.4. Il quarto motivo è, dunque, inammissibile.

9.5. Solo per scrupolo, il Collegio evidenzia come la doglianza sarebbe stata anche infondata, in quanto per costante giurisprudenza, il Giudice che decide la controversia dispone di ampia discrezionalità circa la condanna al pagamento delle spese di lite (Cons. Stato, Sez. VI, 11 febbraio 2022, n. 1002; Sez. VI, 20 gennaio 2022, n. 362; Sez. VI, 31 agosto 2021, n. 6121; Sez. IV, 2 agosto 2021, n. 5665). Nel liquidare la somma in questione, inoltre, il Decidente non soltanto apprezza l’attività difensiva svolta dalla parte risultante vittoriosa, ma anche la condotta processuale di quella rimasta soccombente e, dunque, la maggiore o minore infondatezza della pretesa, oppure le modalità con le quali questa ha agito in giudizio. Nel caso di specie, risulta quanto mai opportuno evidenziare che, nell’agire in giudizio, il ricorrente ha palesemente violato il canone di sinteticità di cui all’art. 3, comma 2, c.p.a. in quanto ha proposto un ricorso introduttivo del giudizio di oltre sessanta pagine.

9.6. Il quarto motivo va, in definitiva, respinto.

10. Relativamente alla fase rescissoria, l’interessato ha fatto valere, con il quinto motivo, che “la mancata presenza del prefato parere del 2014 del Comitato e dell’istanza di riesame formulata dall’amministrazione il 23.01.2015, in seno al decreto reiettivo assunto e gravato, ha viziato il provvedimento finale, che omette ed occulta una intera fase istruttoria e parte dei documenti sostanziali plausibilmente fondamentali per comprendere l’excursus logico giuridico esperito per giungere alla determinazione assunta”; con il sesto motivo, che le spese liquidate in primo grado sarebbero eccessive, in considerazione del fatto che il Ministero non avrebbe svolto alcuna attività difensiva.

10.1. La declaratoria di inammissibilità dei motivi di revocazione preclude l’esame del quinto e del sesto motivo, formulati per l’eventualità dell’accoglimento delle doglianze revocatorie e, dunque, inammissibili per difetto d’interesse.

10.2. Il quinto e il sesto motivo vanno dichiarati pertanto inammissibili.

11. In conclusione, il ricorso per revocazione va dichiarato inammissibile e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.

12. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione n.r.g. 352/2021, lo dichiara inammissibile.

Condanna il signor -OMISSIS- alla rifusione, in favore del Ministero della Difesa, delle spese del giudizio che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2022 con l’intervento dei magistrati:

 

 

Francesca Quadri, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere, Estensore