Giu Libertà di culto e divieto di assembramento in vigenza della normativa anti-Covid
TAR LAZIO di ROMA- sez. I - SENTENZA 17 giugno 2022 N. 8140
Massima
Le misure limitative in questione sono state adottate per esigenze oggettive di salute nell’interesse della collettività intera e che, a ben vedere, non è stata disposta alcuna limitazione alla libera espressione delle proprie convinzioni religiose (ovvero all’esercizio del proprio culto), bensì si è intervenuti solo su specifiche modalità che comportavano il rischio di assembramento e dunque l’alta probabilità di contagio. Inoltre, dal punto di vista pattizio, i principi di rango costituzionale pure discendenti dal Nuovo Concordato, tra cui vi è anche quello per cui i rapporti tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede sono improntati alla “reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese” (articolo 1 dell’Accordo ratificato con la Legge n. 121/1985), sono di per sé chiamati a trovare contemperamento in altri concomitanti principi costituzionali, quale, sicuramente, quello della tutela della salute pubblica.

Testo della sentenza
TAR LAZIO di ROMA- sez. I - SENTENZA 17 giugno 2022 N. 8140

Pubblicato il 17/06/2022

N. 08140/2022 REG.PROV.COLL.

N. 02964/2020 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2964 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Giorgio Prandelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Flavia Caruso in Roma, viale Mazzini 55;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero della Salute, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10.04.2020;

- per quanto riguarda i motivi:

del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26.04.2020;

 

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2022 il dott. Filippo Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.Parte ricorrente, con il ricorso introduttivo integrato da successivi motivi aggiunti, ha impugnato il DPCM del 10 aprile 2020, limitatamente alle disposizioni di cui all’articolo 1, lett. a), d), e) ed f), nonchè il successivo D.P.C.M. del 26 aprile 2020 (segnatamente, quanto alle disposizioni di cui all’articolo 1), denunciandone l’illegittimità in forza di articolati motivi di ricorso, in quanto previsioni asseritamente limitative di inalienabili diritti costituzionali.

Si sono costituite le amministrazioni intimate, contestando il gravame e chiedendone la reiezione.

Tutte le istanze cautelari, siccome proposte dal ricorrente, sono state rigettate.

La causa è stata discussa all’udienza del 23 marzo 2022.

2. Tanto sinteticamente premesso in fatto, rileva il Collegio che permane l’interesse dell’istante ad una pronuncia del TAR, nonostante l’efficacia temporale dei decreti gravati sia ormai spirata in corso di giudizio.

Il ricorrente è stato infatti destinatario di un verbale di contestazione di sanzione amministrativa da parte dei Carabinieri di Ospitaletto (fondato sulla trasgressione del divieto di circolazione imposto dagli atti gravati ed avverso il quale risulta aver proposto ricorso avanti la competente Prefettura locale) e dunque ha interesse a far dichiarare illegittimo il divieto trasgredito; inoltre il medesimo esponente si è espressamente riservato di proporre separata azione risarcitoria onde vedersi ristorati i pregiudizi materiali e morali asseritamente patiti per effetto delle misure governative in rilievo.

Di qui l’improcedibilità della domanda annullatoria e, viceversa, il perdurante interesse dell’istante ad ottenere una pronuncia di illegittimità degli atti gravati.

3. Tanto precisato, l’istante deduce una pretesa illegittimità degli atti per incostituzionalità delle norme alla base degli interventi governativi in questione, vale a dire gli articoli 1 e 3 del D.L. n. 6/2020 (convertito con Legge n. 13/2020) e l’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 19/2020, a termini del quale, “per contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus COVID-19, su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso, possono essere adottate, secondo quanto previsto dal presente decreto, una o più misure tra quelle di cui al comma 2, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e con possibilità di modularne l’applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico del predetto virus”.

Orbene, tra le opportune misure urgenti e straordinarie, adottate secondo principi di adeguatezza e proporzionalità in rapporto al rischio effettivamente presente, sono state previste dai DDPCM impugnati la sospensione ed il divieto di spostamento se non per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute, altresì vietandosi ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico e di accesso ai parchi, alle ville, alle e gioco e ai giardini pubblici e inibendosi ogni forma di attività ludica o ricreativa all'aperto. Inoltre il DPCM del 26 aprile 2020, ha pure disposto la sospensione delle manifestazioni organizzate, degli eventi e degli spettacoli di qualsiasi natura con la presenza di pubblico, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato (quali, a titolo d’esempio, feste pubbliche e private, anche nelle abitazioni private, eventi di qualunque tipologia ed entità, cinema, teatri, pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e locali assimilati).

Osserva il Collegio come dette disposizioni rinvengano la loro finalità nella urgente necessità di porre un limite temporaneo a tutte le forme di spostamenti e di manifestazioni, ivi comprese quelle religiose dedotte nel ricorso per motivi aggiunti, che possano dare luogo a contatti ravvicinati tra persone e/o ad assembramenti.

Le dette previsioni dei riferiti decreti legge nn. 6 e 19/2020 trovano la loro fonte legittimante nell’articolo 32, secondo comma, Cost., nonché nell’articolo 16, primo comma, Cost., secondo il quale sono ammissibili limitazioni dei cittadini alla libertà di circolazione e soggiorno in qualunque parte del territorio nazionale, ove stabilite dalla “legge”, “in via generale”, e “per motivi di sanità o di sicurezza”.

Pacifica è la sussistenza del presupposto dei “motivi di sanità o di sicurezza”, ossia la situazione emergenziale dichiarata con deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020; ed altrettanto pacifico è il carattere generale della previsione di rango legislativo.

Né può condividersi l’assunto difensivo secondo cui le limitazioni in oggetto debbano esser fissate solo con legge ordinaria e non anche con atto avente forza di legge. Chè anzi sembra proprio il decreto-legge lo strumento principe per fronteggiare situazioni eccezionali di tal sorta; senza contare che quando la Costituzione ha inteso fare riferimento a riserva di legge “assembleare”, lo ha previsto espressamente.

Il Collegio osserva altresì come non sia ravvisabile alcuna lesione degli articoli 13 e 17 della Costituzione, posto che non rileva una limitazione della libertà personale dei cittadini, né un vulnus al loro diritto di riunione, giacchè i riferiti divieti non sono altro che un corollario della legittima limitazione alla libertà di circolazione e che certo sussistono quei “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica” che la Costituzione contempla onde consentire i divieti di cui si verte.

Si aggiunga, come correttamente rilevato dalla difesa erariale, che le misure in questione possono anche trovare un titolo legittimante nel medesimo articolo 2 della Costituzione, il quale, come noto, oltre a riconoscere e garantire i diritti inviolabili, impone l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, tra cui possono certo annoverarsi i doveri che originano dalle limitazioni in rilievo, in quanto tesi a contenere la circolazione della pandemia e a salvaguardare la salute collettiva dei cittadini.

L’amministrazione, nell’adottare le misure in rilievo, ha dunque operato una corretta ponderazione tra gli interessi coinvolti e tra i diversi diritti primari che venivano in conflitto, all’esito della situazione di eccezionale emergenza sanitari de qua, come accertata e dichiarata con deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020, emessa ai sensi del Codice della protezione civile - D. Lgs. n. 1/2018.

Tutte le doglianze articolate nel ricorso introduttivo devono dunque essere disattese.

4. Anche i motivi aggiunti sono infondati.

L’esponente lamenta, come detto, la lesione, ad opera del DPCM 26 aprile 2020, della propria libertà religiosa e di culto, presidiata dall’articolo 7 Cost. e dall’articolo 2 del c.d. Nuovo Concordato (ratificato con Legge n. 121/1985).

Sul punto è sufficiente ribadire che le misure limitative in questione sono state adottate per esigenze oggettive di salute nell’interesse della collettività intera e che, a ben vedere, non è stata disposta alcuna limitazione alla libera espressione delle proprie convinzioni religiose (ovvero all’esercizio del proprio culto), bensì si è intervenuti solo su specifiche modalità che comportavano il rischio di assembramento e dunque l’alta probabilità di contagio.

Per altro, non sono stati chiusi i luoghi di culto, ma l’accesso è stato condizionato all’adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro.

Anche in tal caso condivisibilmente, l’avvocatura ricorda che, sul piano pattizio, i principi di rango costituzionale pure discendenti dal Nuovo Concordato, tra cui vi è anche quello per cui i rapporti tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede sono improntati alla “reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese” (articolo 1 dell’Accordo ratificato con la Legge n. 121/1985), sono di per sé chiamati a trovare contemperamento in altri concomitanti principi costituzionali, quale, sicuramente, quello della tutela della salute pubblica.

Vale ribadire che le limitazioni impugnate hanno solo disciplinato talune particolari forme “collettive” di esercizio dei culti religiosi, per un periodo di tempo limitato (ed in linea con le altre forme di riunione “laiche” tra cittadini).

5. In conclusione ed alla luce delle superiori considerazioni, tutti i motivi di diritto articolati in ricorso e nei motivi aggiunti sono infondati.

6. Improcedibile la domanda annullatoria, la domanda di accertamento della illegittimità degli atti deve dunque essere respinta.

Sussistono i presupposti di legge per compensare le spese tra le parti in causa.

 

 

 

 

 

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

dichiara improcedibile la domanda annullatoria;

rigetta la domanda di accertamento della illegittimità degli atti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Francesca Petrucciani, Presidente FF

Lucia Maria Brancatelli, Consigliere

Filippo Maria Tropiano, Consigliere, Estensore