Giu Illegittimità dell’attività provvedimentale e risarcimento del danno
TAR LAZIO di ROMA - sez. IT - SENTENZA 28 luglio 2022 N. 10749
Massima
La mera illegittimità dell'attività provvedimentale non può costituire presupposto sufficiente per l'attribuzione della tutela risarcitoria, ove non accompagnato dalla dimostrazione della sussistenza dell'elemento psicologico dell'illecito: ai fini dell'ammissibilità della domanda di risarcimento del danno a carico della Pubblica Amministrazione, non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessaria la prova del danno subito e la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa, profili che, pertanto, la parte è tenuta a provare sia pure con gli inevitabili adattamenti richiesti dalla peculiare collocazione ordinamentale nei rapporti intersoggettivi con soggetti di diritto pubblico, quale risultante dall’evoluzione storico-istituzionale e di diritto positivo che la ha caratterizzata.

Testo della sentenza
TAR LAZIO di ROMA - sez. IT - SENTENZA 28 luglio 2022 N. 10749

 

Pubblicato il 28/07/2022

N. 10749/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01082/2016 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1082 del 2016, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Mario Orsini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Adriana, 5;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la condanna

del Ministero dell’Interno al risarcimento del danno subito dalla ricorrente per effetto della illegittima esclusione della stessa dalla graduatoria di merito dei vincitori del concorso pubblico per titoli ed esami per il reclutamento di 2800 allievi agenti della Polizia di Stato, riservato ai volontari in ferma prefissata ovvero in rafferma annuale di cui al bando pubblicato sulla G.U. 94/2011, in particolare, per il pagamento di una somma pari al 100% degli emolumenti economici che alla stessa sarebbero stati erogati nel periodo dicembre 2012-gennaio 2015 in virtù della partecipazione al corso riservato ai vincitori, oltre interessi legali e rivalutazione fino all’effettivo saldo;


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2022 il cons. Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

Con ricorso, notificato il 28 dicembre 2015 e depositato il 26 gennaio 2016, la sig.ra -OMISSIS- chiede dichiararsi il Ministero responsabile del danno derivante dall’illegittimo giudizio di inidoneità al servizio per carenza dei requisiti fisici e conseguente esclusione dal concorso, poi annullata con sentenza n. -OMISSIS-dalla Sezione staccata di Latina del Tar del Lazio.

Espone la ricorrente che, per effetto dell’illegittima esclusione, la stessa ha impugnato il provvedimento davanti al giudice amministrativo, il quale ha disposto una visita collegiale affidata a tre specialisti all’esito della quale la ricorrente è stata ritenuta idonea, come risulterebbe dal verbale del 1° ottobre 2014.

Il Tribunale, pertanto, ritenuto erroneo il giudizio di inidoneità emesso nei confronti della ricorrente, ha annullato gli atti impugnati.

L’Amministrazione ha quindi provveduto ad inserire la ricorrente tra i partecipanti al Corso di Formazione, ma solo a decorrere dal mese di febbraio 2015, ovvero al primo corso utile dopo la pronuncia della sentenza di annullamento che è stata depositata il 12 febbraio 2015.

Non avendo nelle more svolto altro lavoro, la ricorrente chiede il recupero degli importi relativi al periodo dicembre 2012 – gennaio 2015, persi a causa dell’erroneo giudizio di inidoneità e della conseguente esclusione dalla graduatoria dei vincitori.

Assume esistente il requisito della colpa, sia in forza dell’annullamento del provvedimento di esclusione adottato dall’Amministrazione da parte del giudice amministrativo che per difetto di motivazione del giudizio.

Il 22 febbraio 2016 il Ministero dell’Interno si è costituito con atto di rito.

Alla pubblica udienza del 19 luglio 2022, sentito il difensore della ricorrente, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Oggetto del giudizio è la responsabilità dell’Amministrazione derivante dall’illegittima esclusione della ricorrente a seguito della dichiarazione di inidoneità pronunciata dalla Commissione medica per deficit visivo, in particolare per correzione complessiva maggiore di una diottria ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. c) del DM 30 giugno 2003 n. 198.

Nel giudizio avverso l’esclusione della ricorrente, conclusosi con la sentenza n.-OMISSIS-, il Tar del Lazio, Sezione Staccata di Latina, ha disposto con ordinanza del 19 giugno 2014 una verificazione, effettuata il 10 luglio 2014, dalla quale è emerso che il visus naturale accertato è compatibile con quanto previsto dal dm 198/2003 ai fini del giudizio di idoneità della ricorrente.

Il Tar del Lazio ha, pertanto, ritenuto insussistente il presupposto della dichiarata inidoneità della ricorrente ed ha annullato il provvedimento di esclusione con sentenza depositata il 12 febbraio 2015.

L’Amministrazione ha dato immediata esecuzione alla sentenza inserendo la ricorrente nel primo corso di formazione utile.

Resta quindi da valutare se il ritardo, derivante dalla illegittima esclusione del ricorrente, che non le avrebbe consentito di partecipare al corso di formazione dell’anno prima, sia da imputarsi a titolo di colpa all’Amministrazione.

La suddetta esclusione era atto dovuto per l’amministrazione, a seguito dell’accertamento, da parte della Commissione Medica, di un visus naturale incompatibile con i requisiti richiesti, in quanto richiedente una correzione superiore ad una diottria.

Gli elementi forniti dalla ricorrente non consentono di ravvisare alcuna colpa dell’Amministrazione la cui decisione era vincolata dal giudizio tecnico della Commissione Medica.

Non vi sono neanche elementi per configurare altro che una divergenza di giudizio tra organi tecnici, atteso che non vengono allegati né argomenti né documenti che consentano di comprendere le ragioni di tale divergenza di giudizio.

Incontestato il giudicato di cui alla sentenza n. -OMISSIS-di questo Tar, la richiesta condanna a titolo di responsabilità aquiliana impone una indagine diversa sulla condotta dell’Amministrazione che, per quanto osservato, non consente di ravvisare un comportamento illecito connotato dall’elemento psicologico della colpa o del dolo,

La giurisprudenza, peraltro, è consolidata nel ritenere che la mera illegittimità dell'attività provvedimentale non può costituire presupposto sufficiente per l'attribuzione della tutela risarcitoria, ove non accompagnato dalla dimostrazione della sussistenza dell'elemento psicologico dell'illecito: ai fini dell'ammissibilità della domanda di risarcimento del danno a carico della Pubblica Amministrazione, non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessaria la prova del danno subito e la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa,  profili che, pertanto, la parte è tenuta a provare sia pure con gli inevitabili adattamenti richiesti dalla peculiare collocazione ordinamentale nei rapporti intersoggettivi con soggetti di diritto pubblico, quale risultante dall’evoluzione storico-istituzionale e di diritto positivo che la ha caratterizzata (cfr. Cons. St. Ad. Plen., n. 7 del 23 aprile 2021).

Con specifico riferimento all'elemento psicologico, la colpa della pubblica amministrazione viene individuata non nella mera violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ma quando vi siano state inescusabili gravi negligenze od omissioni, oppure gravi errori interpretativi di norme, in ragione dell'interesse giuridicamente protetto di colui che instaura un rapporto con l'amministrazione (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 6 settembre 2018, n. 5228).” (così C.d.S., Sez. IV, 4 febbraio 2020 n. 909).

Nel caso di specie, per quanto osservato, non è imputabile alla Amministrazione una grave negligenza o omissione, atteso che il provvedimento di esclusione si basava su di un giudizio tecnico della Commissione medica che aveva riscontrato un presupposto che vincolava l’Amministrazione alla esclusione della candidata per inidoneità e la circostanza non è contestata.

Venendo al giudizio della Commissione non vi sono elementi per ritenere che vi sia stata mala fede o grave negligenza da parte di quest’ultima nell’avere riscontrato la presenza di un visus naturale incompatibile con i requisiti previsti dalla norma di cui all’art. 3, comma 1, lett. c) del DM 30 giugno 2003 n. 198.

In ordina al diritto alla ricostruzione della carriera a fini economici la giurisprudenza condivisa dal Collegio sul punto ha affermato che la restitutio in integrum agli effetti economici spetta al dipendente pubblico solo nel caso di sentenza che riconosca l'illegittima interruzione di un rapporto di lavoro già in corso, e non anche in caso di illegittimo diniego di costituzione del rapporto stesso, restando ovviamente salva la possibilità di esperire azione per risarcimento danni (vedi Tar Lazio II 10258/2020 ma cfr. anche C.d.S., sez. VI, 07 luglio 2008, n. 3346, secondo cui <<dall'annullamento dell'illegittimo diniego di assunzione di un aspirante ad un pubblico impiego, e dal conseguente provvedimento che lo nomina ora per allora ai soli effetti giuridici, non scaturisce il diritto alla percezione della retribuzione per il periodo nel quale non ha prestato effettivamente servizio>>; C.d.S., sez. VI, 10 maggio 2006, n. 2584, secondo cui <<Dalla decisione giurisdizionale che, annullando l'illegittimo diniego di assunzione di un aspirante ad un pubblico impiego, afferma che egli vi aveva titolo, e dal conseguente provvedimento che lo nomina ora per allora ai soli effetti giuridici, non scaturisce il diritto alla percezione della retribuzione per il periodo nel quale non ha prestato effettivamente servizio>>).

Deve pertanto conclusivamente concludersi per l’infondatezza del ricorso, in quanto mancherebbero i presupposti per il riconoscimento di una responsabilità aquiliana ai fini della condanna al risarcimento del danno.

Il ricorso va, pertanto, respinto.

Sussistono sufficienti motivi, anche alla luce della minima attività difensiva svolta dalla resistente, per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità di parte ricorrente e dei dati relativi alla selezione concorsuale citata.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Anna Maria Verlengia, Presidente FF, Estensore

Raffaello Scarpato, Referendario

Luigi Furno, Referendario

 
   

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

   

Anna Maria Verlengia

   

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO



 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.