Giu E' nulla la delibera dell'Autorità dei Trasporti che estende il versamento del contributo oltre il novero legale degli obbligati
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - SENTENZA 27 luglio 2022 N. 6625
Massima
La platea degli obbligati al versamento del “contributo dovuto all'Autorità di regolazione dei Trasporti” è individuata direttamente dalla normativa primaria, costituita dall’art. 37, comma 6, lett. b), del d.l. n. 201 del 2011, senza che residuino poteri discrezionali in capo all'Autorità, cui è attribuito soltanto il potere di influire sul quantum dell’obbligazione contributiva; pertanto, una delibera tesa ad estendere la platea degli operatori sottoposti a contribuzione, includendo soggetti passivi non previsti dal dato legislativo, è inficiata da nullità per difetto assoluto di attribuzione,con la conseguenza che la posizione di colui che nega di poter essere assoggettato a contributo assume i connotati del diritto soggettivo, tutelabile entro gli ordinari termini prescrizionali.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - SENTENZA 27 luglio 2022 N. 6625

Pubblicato il 27/07/2022

N. 06625/2022REG.PROV.COLL.

N. 02292/2020 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2292 del 2020, proposto da
Autorità di Regolazione dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

CMA-CGM ITALY s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Bormioli e Davide Magnolia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 00103/2020, resa tra le parti;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di CMA-CGM ITALY s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2022 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti l’avvocato Giovanni Corbyons, in sostituzione dell'avv. Giovanni Bormioli, e l’avvocato dello Stato Maria Teresa Lubrano Lobianco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Con deliberazioni n. 78 del 27 novembre 2014 e n. 94 del 5 novembre 2015, l'Autorità di Regolazione dei Trasporti (per brevità, anche Autorità o A.R.T.) ha definito le misure e le modalità di versamento del “contributo dovuto all'Autorità di regolazione dei Trasporti” (rispettivamente) per gli anni 2015 e 2016.

Tali deliberazioni comprendevano tra i soggetti tenuti alla contribuzione gli operatori del trasporto marittimo e per vie d’acqua, nonché gli operatori del settore dell’autotrasporto e della logistica.

2. Per quanto più di interesse ai fini dell’odierno giudizio, in relazione al contributo relativo all’anno 2015, dalla documentazione in atti emerge che:

- l’Autorità, sulla base della deliberazione n. 78 del 2014, dapprima, con comunicazione via PEC in data 15 aprile 2016, ha costituito in mora l’odierna appellata, invitandola all’adempimento dell’obbligo contributivo sulla stessa asseritamente gravante; successivamente, con determina n. 84 del 22 settembre 2017, ha approvato il ruolo coattivo predisposto dall’Agenzia dell’Entrata;

- l’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha inviato all’odierna appellata la cartella di pagamento n. 048 2017 00226073 24000, intimando il pagamento di € 7.387,07 a titolo di contributo per l’anno 2015 dovuto dall’operatore economico in favore dell’A.R.T.;

- la società CMA –CGM ITALY, con istanza del 30 gennaio 2018, ha chiesto la sospensione legale della cartella di pagamento, deducendo che la somma ingiunta risultava interessata da sospensione disposta con ordinanza cautelare n. 346 del 2015 emessa dal Tar Piemonte;

- con nota del 9 aprile 2018, l’Autorità ha rigettato l’istanza di sospensione presentata dalla CMA –CGM ITALY, ritenendo insussistenti i titoli giudiziali invocabili dall’istante per sottrarsi al pagamento del contributo de quo.

3. Con riferimento al contributo relativo all’anno 2016, dall’esame dei documenti prodotti dalle parti in giudizio, emerge che l’Autorità, con nota del 31 marzo 2016, ha indicato alle imprese destinatarie dell’obbligo contributivo le modalità di versamento del contributo, nonché, con nota trasmessa via PEC in data 3 aprile 2018, ha costituito in mora l’odierna appellata, invitandola al versamento del contributo dalla stessa asseritamente dovuto, quantificato nella somma complessiva di € 8.134,86.

4. La società CMA –CGM ITALY ha agito in giudizio dinnanzi al Tar Piemonte, chiedendo:

- l’annullamento delle note dell’Autorità di regolazione dei trasporti del 9 aprile 2018 cit. e del 3 aprile 2018 cit.; nonché

- l’accertamento della non debenza da parte della società ricorrente del versamento del contributo ai sensi dell’art. 37, comma 6, lett. b), del D.L. n. 201/2011 per gli anni 2015-2016.

4.1 A fondamento dell’azione di annullamento è stata dedotta la “Violazione dell’art. 37.6 lett. b) del D.L. n. n. 201/2011, in relazione ai commi precedenti, in particolare i commi 2 e 3. Difetto dei presupposti”: secondo la prospettazione attorea, la ricorrente avrebbe dovuto essere qualificata come operatore esercente “servizi logistici e accessori ai settori dei trasporti” e, come tale, avrebbe dovuto essere esclusa dall’obbligo di versamento del contributo ex art. 37.6 lett. b) del D.L. n. 201/2011, come confermato dal Tar Piemonte con sentenza n. 631/18.

Peraltro, le deliberazioni dell’ART, relative alla determinazione del contributo per gli anni 2015 e 2016, sarebbero state annullate con sentenza n. 287/2018 del medesimo Tar Piemonte, avente effetti erga omnes, con la conseguenza che le note dell’Autorità di regolazione dei trasporti del 9 aprile 2018 e del 3 aprile 2018 cit. sarebbero state assunte in difetto del presupposto legittimante e, pertanto, avrebbero dovuto essere annullate.

4.2 Quanto all’azione di accertamento della non debenza del versamento del contributo ai sensi dell’art. 37, comma 6, lett. b), del D.L. n. 201/2011 per gli anni 2015-2016, la ricorrente ha dedotto che la pronuncia n. 287/2018, relativa al contributo 2015-2016 (confermata dalla n. 631/2018, relativa al contributo 2017-2018), resa dal Tar Piemonte, avrebbe escluso gli esercenti i “servizi logistici e accessori ai settori dei trasporti” dalla platea dei soggetti obbligati al versamento del contributo in favore dell’Autorità, categoria di cui, ai sensi della sentenza n. 631/2018, la società ricorrente avrebbe fatto parte.

Pertanto, la società ha chiesto che “venga accertata da questo TA.R. la non debenza da parte della società ricorrente del versamento del contributo ai sensi dell’art. 37, comma 6, lett. b) del D.L. n. 201/2011 per gli anni 2015-2016., così come è stata affermata per gli anni 2017-2018”.

5. L’Autorità si è costituita in giudizio resistendo al ricorso, di cui ha pure eccepito l’inammissibilità per tardività.

6. Il TAR ha accolto il ricorso, annullando le note impugnate, nonché accertando e dichiarando “l’insussistenza dell’obbligo contributivo all’ART da parte della ricorrente per gli anni 2015 e 2016”.

In particolare, il giudice di primo grado:

- ha rigettato l’eccezione preliminare di tardività sollevata dall’Autorità, ritenendo che “la società ricorrente ha proposto un’azione di accertamento negativo della debenza del contributo che soggiace all’ordinario termine prescrizionale, in quanto volta alla tutela del diritto soggettivo a non essere assoggettata al potere impositivo dell’Autorità al di fuori delle ipotesi tipizzate dalla legge”;

- ha rilevato che, anche prescindendo dalla qualificazione della ricorrente come operatore esercente servizi logistici e accessori del trasporto e pure ritenendo corretta la qualificazione data dall’ART (che aveva ricondotto la ricorrente alla categoria degli operatori esercenti attività di trasporto merci via mare), “la società non è comunque tenuta al pagamento del contributo per gli anni 2015 e 2016, ciò in quanto il settore del trasporto marittimo di merci non è stato interessato da un intervento di carattere regolatorio dell’Autorità, così come affermato da questo Tribunale in numerose pronunce, alle cui motivazioni si rinvia ai sensi dell’art. 74 cod.proc.amm”.

7. L’Autorità ha appellato la sentenza di prime cure, formulando due motivi di impugnazione.

8. L’appellata si è costituita in giudizio, resistendo all’appello e riproponendo il primo e il secondo motivo di ricorso di primo grado, riferiti alla qualificazione dell’attività svolta dalla ricorrente e all’accertamento negativo della sussistenza di crediti contributivi vantabili dall’Autorità per il periodo 2015-2016; la società ha anche riproposto l’istanza di prova testimoniale in ordine alla tipologia di attività economica concretamente svolta.

9. In vista dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memorie difensive, argomentando a sostegno delle rispettive conclusioni. L’appellata ha depositato, altresì, memoria di replica, producendo in data 22 febbraio 2022 la deliberazione dell’Autorità n. 181/2021.

10. La Sezione, con ordinanza n. 1382 del 2022, resa ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., ha sottoposto al contraddittorio delle parti alcune questioni rilevate d’ufficio, suscettibili di influire sull’esito dell’odierno giudizio, concernenti:

- l’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse ex art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a., stante la mancata tempestiva impugnazione in primo grado, a cura dell’odierna appellata, delle deliberazioni nn. 78/2014 e 94/2015, entro il termine di sessanta giorni (in caso di loro ipotetica annullabilità) o di centottanta giorni (in caso di loro ipotetica nullità) dalla loro pubblicazione sul sito istituzionale dell’Autorità;

- la tipologia di vizio in ipotesi inficiante le deliberazioni nn. 78/2014 e 94/2015, se riconducibile all’annullabilità per violazione di legge ai sensi dell’art. 21 octies, comma 1, L. n. 241/90 ovvero alla nullità per difetto assoluto di attribuzione ex art. 21 septies L. n. 241/90.

11. Le parti hanno preso posizione sulle questioni rilevate d’ufficio dalla Sezione, depositando memoria difensiva (in data 27 marzo 2022, quanto all’Autorità, nonché in data 30 marzo 2022, quanto alla società appellata).

12. La causa è stata trattenuta in decisione nella camera di consiglio del 21 aprile 2022.

13. L’Autorità, dopo avere riportato i fatti di causa e ricostruito il quadro normativo vigente in materia - alla stregua dell’interpretazione fornitane dalla Corte costituzionale con sentenza n. 69 del 2017 (punto 1 dei motivi in diritto) - propone due motivi di appello, riferiti ai capi di sentenza con cui il Tar, da un lato, ha rigettato l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado, dall’altro, ha ritenuto fondato il ricorso, escludendo la sottopozione dell’odierna appellata all’obbligazione contributiva da adempiere in favore dell’Autorità per gli anni 2015 e 2016.

L’Autorità, con la memoria ex art. 73, comma 3, c.p.a., ha, inoltre, evidenziato come il ricorso di primo grado dovesse, comunque, ritenersi inammissibile per difetto di interesse (stante la mancata tempestiva impugnazione delle delibere nn. 78/2014 e 94/2015), come peraltro pure dedotto in giudizio; ciò, tenuto conto, altresì, che il vizio in ipotesi inficiante le delibere nn. 78/2014 e 94/2015 non avrebbe potuto integrare gli estremi della nullità, configurando (al più) soltanto un’ipotesi di annullabilità, con conseguente consolidamento degli effetti giuridici di tali atti stante la loro mancata tempestiva impugnazione.

14. Ciò precisato, è possibile soffermarsi sulle singole censure impugnatorie.

In particolare, con il primo motivo di appello l’Autorità censura l’erroneità della sentenza di prime cure, per avere rigettato l’eccezione di irricevibilità del ricorso dinnanzi al Tar, proposto una volta decorso il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione legale sul sito istituzionale dell’odierna appellante delle delibere (nn. 78/2014 e 94/2015) con cui l’Autorità aveva disposto “l’inclusione del settore di appartenenza (trasporto marittimo di merci) tra i settori inclusi nel perimetro contributivo individuato dall’Autorità con le delibere riferite agli anni 2015 e 2016” (pag. 10 ricorso in appello).

Il ricorso di prime cure, secondo la prospettazione attorea, sarebbe stato proposto soltanto contro atti di mera esecuzione delle delibere nn. 78/2014 e 94/2015, una volta decorso il termine di decadenza per la loro tempestiva impugnazione; la parte privata non avrebbe, peraltro, neppure tempestivamente impugnato la cartella di pagamento notificata in data 30 novembre 2017.

15. Il motivo di appello è infondato.

16. Come osservato nella descrizione degli eventi processuali caratterizzanti l’odierno giudizio, la società CMA – CGM Italy s.r.l. non ha proposto, in primo grado, un’azione di annullamento delle delibere nn. 78/14 e 94/15, bensì ha agito in giudizio dinnanzi al Tar Piemonte, chiedendo:

- l’annullamento di due note assunte dall’Autorità in data 3 aprile 2018 e 9 aprile 2018 cit., recanti rispettivamente la diffida al pagamento del contributo per l’anno 2016 e il rigetto dell’istanza di sospensione avente ad oggetto la riscossione del contributo per l’anno 2015;

- l’accertamento negativo della debenza dei contributi de quibus per gli anni 2015 e 2016.

Il ricorso è stato spedito per la notificazione in data 1 giugno 2018, consegnato al destinatario in data 6 giugno 2018 e depositato in giudizio il 20 giugno 2018 (come risulta dal fascicolo informatico di primo grado).

Il ricorso di primo grado, pertanto, recava due azioni giudiziarie: la prima, di annullamento delle note assunte dall’Autorità in data 3.4.2018 e 9.4.2018 (aventi, peraltro, natura non provvedimentale, non manifestando la volontà autoritativa dell’Autorità procedente nella definizione dell’assetto contributivo in contestazione, ma riguardando soltanto la fase della riscossione, meramente esecutiva di un credito contributivo asseritamente preesistente); la seconda, di mero accertamento dell’insussistenza del credito contributivo vantato dall’Autorità nei confronti della ricorrente per gli anni 2015 e 2016.

Per l’effetto, alla luce della tipologia delle azioni proposte, il termine di decadenza previsto dal combinato disposto degli artt. 41, comma 2, c.p.a, 29 c.p.a. e 119, comma 2, c.p.a (pari a sessanta giorni “decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge” - 41, comma 2, c.p.a.) avrebbe dovuto essere rispettato in relazione alla sola azione di annullamento; il che nella specie è avvenuto, essendo stato notificato il ricorso di primo grado entro il termine di sessanta giorni dalla conoscenza delle note del 3.4.2018 e del 9.4.2018.

Nessun termine di decadenza risultava, invece, applicabile per la (diversa) azione di accertamento negativo, non avente natura impugnatoria, in quanto tendente esclusivamente ad ottenere una pronuncia dichiarativa dell’esistenza (o dell’inesistenza) di una situazione giuridica soggettiva, alla stregua di un assetto di interessi già attuato sul piano sostanziale: in siffatte ipotesi, il decorso del tempo rileva -anziché sul piano processuale, in termini di decadenza dall’azione giudiziaria tardivamente proposta- sul piano sostanziale, quale fattispecie estintiva, dovendo l’azione essere proposta entro il termine di prescrizione della situazione giuridica soggettiva oggetto di accertamento.

Per l’effetto, posto che l’irricevibilità del ricorso è predicabile soltanto, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. a), c.p.a., in caso di tardività della notificazione o del deposito del ricorso, nel caso in esame, diversamente da quanto censurato dall’Autorità con il primo motivo di appello, non avrebbe potuto configurarsi alcuna causa di irricevibilità del ricorso proposto dinnanzi al Tar, tenuto conto che:

- l’azione di annullamento riguardava le sole note del 3.4.2018 e del 9.4.2018, manifestandosi in relazione a tali atti tempestiva, in quanto proposta entro il termine di decadenza di sessanta giorni all’uopo operante;

- l’azione di accertamento non risultava sottoposta al termine di decadenza di sessanta giorni, non potendo, dunque, profilarsi neppure in relazione a tale seconda iniziativa giudiziaria alcuna causa di irricevibilità del ricorso.

Non risultano, invece, conferenti i precedenti giudiziari invocati dall’Autorità a fondamento dell’appello (cfr. memoria del 13 gennaio 2022), riguardanti la dichiarazione di irricevibilità dei ricorsi tardivamente proposti avverso le delibere annuali di definizione della misura e delle modalità di pagamento dei contributi dovuti in favore dell’Autorità appellante: le azioni proposte in tali giudizi tendevano, infatti, ad ottenere l’annullamento degli atti impugnati, risultando, dunque, soggette al termine di decadenza di cui all’art. 29 c.p.a. in quei casi non rispettato.

Nel presente giudizio si discorre, invece, di azione di accertamento (negativo), per la quale, come osservato, non avrebbe potuto trovare applicazione il termine decadenziale di sessanta giorni rilevante ai fini della dichiarazione di irricevibilità del ricorso.

In definitiva, il primo motivo di appello, in quanto diretto a denunciare l’irricevibilità del ricorso di primo grado, deve essere respinto, non facendosi questione di azioni giudiziarie tardivamente proposte dinnanzi al Tar.

17. L’omessa impugnazione delle delibere nn. 78/2014 e 94/2015 rileva, piuttosto, come segnalato con l’ordinanza n. 1382/2022 cit. (anziché quale causa di irricevibilità del ricorso di primo grado) per la valutazione della sussistenza di un interesse attuale e concreto alla decisione di merito e, dunque, per verificare l’ammissibilità del ricorso ex art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a.; questione afferente pure sempre alle condizioni dell’azione (e, pertanto, a quelle condizioni che devono sussistere all’atto della domanda e persistere fino alla decisione per potere emettere una sentenza sul merito della controversia), come tale rilevabile anche d’ufficio, pure in grado di appello (Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 novembre 2016, n. 5010).

In particolare, sebbene l’azione di accertamento non sia soggetta a termini di decadenza, operando il (solo) termine di prescrizione della situazione giuridica soggettiva in contestazione, la parte ricorrente non potrebbe agire in giudizio per ottenere un accertamento incompatibile con un assetto amministrativo ormai consolidatosi sul piano sostanziale, perché non tempestivamente impugnato in sede giurisdizionale.

In tali ipotesi, non potrebbe riconoscersi alcuna utilità concreta discendente da un’ipotetica sentenza di accoglimento, la quale non potrebbe comunque influire sulla regolazione amministrativa (sfavorevole alla ricorrente) già operante sul piano sostanziale.

Di conseguenza, in siffatte circostanze il ricorso non potrebbe considerarsi ammissibile, difettando un concreto e attuale interesse alla disamina del merito della relativa domanda processuale: il ricorso, in particolare, non potrebbe ritenersi indispensabile per porre rimedio allo stato di fatto lesivo, risultando inidoneo a rimuovere un danno attuale e concreto (anche in termini di probabilità) alla posizione soggettiva di cui si invoca tutela (Consiglio di Stato, sez. III, 9 giugno 2014, n. 2892).

18. Occorre, pertanto, verificare se nella specie esistesse effettivamente una regolazione amministrativa efficace e consolidatasi sul piano sostanziale per intervenuta inoppugnabilità, incompatibile con l’accertamento chiesto dalla ricorrente, tale, dunque, da ostare alla disamina, nel merito, dell’azione giudiziaria proposta in primo grado.

19. Il Collegio ritiene che una tale regolazione amministrativa, preclusiva dell’accertamento giurisdizionale chiesto dalla società appellata, non possa riscontrarsi nel caso di specie, sia perché la delibera n. 94/2015 (che recherebbe una regolamentazione incompatibile con la pretesa attorea azionata in prime cure) è stata già annullata dalla Sezione con pronuncia aventi effetti erga omnes, sia, in ogni caso, perché l’Autorità non potrebbe ritenersi titolare del potere di estendere l’ambito soggettivo della contribuzione, con la conseguenza che le delibere nn. 78/2014 e 94/2015, in parte qua, ove volte ad estendere in sede amministrativa il perimetro soggettivo della norma impositiva, non potrebbero ritenersi efficaci perché nulle, patologia radicale del provvedimento amministrativo rilevabile anche d’ufficio dal giudice procedente.

20. Sotto il primo profilo, si osserva che la Sezione, con sentenza n. 123 del 2021 (citata dalla parte appellata – pag. 8 della memoria dell’8.2.2022), ha confermato le statuizioni di annullamento della delibera n. 94/2015 cit., rese dal Tar Piemonte (con la sentenza n. 299/19) in accoglimento di un ricorso proposto da un’impresa operante nel settore del trasporto marittimo di merci: trattasi dello stesso settore merceologico cui l’Autorità appellante pretende di ricondurre l’attività svolta dalla società odierna appellata.

20.1 Sebbene tale pronuncia non sia stata acquisita in atti, il Collegio è, comunque, in condizione di prenderne cognizione attraverso la consultazione del sito istituzionale della giustizia amministrativa.

Le sentenze del giudice amministrativo, oltre ad essere soggette a pubblicazione – al pari di tutti i provvedimenti giurisdizionali - mediante il deposito presso la segreteria del giudice che le ha pronunciate (momento in cui l’atto giurisdizionale viene ad esistenza) – sono, infatti, rese accessibili attraverso il loro inserimento nel sito istituzionale della giustizia amministrativa (www.giustizia-amministrativa.it) e, quindi, sono consultabili anche dal Collegio giudicante ai fini della decisione (cfr. artt. 56 D. Lgs. n. 82/2005 e 51 D. Lgs. n. 196/2003).

Ne deriva che il giudice amministrativo, nella soluzione delle controversie di cui è investito, ha la possibilità di consultare direttamente il sito istituzionale, prendendo in tale modo cognizione dei provvedimenti giurisdizionali suscettibili di influire sulla decisione, sia quale giudicato esterno rilevante nell’ambito del giudizio pendente in funzione conformativa o preclusiva delle domande ivi proposte, sia come precedente cui comunque riferirsi per la soluzione di questioni analoghe; profilo, quest’ultimo, valorizzato dal codice del processo amministrativo ai sensi degli artt. 74 (in materia di sentenza in forma semplificata) e 88, comma 2, lett. d) (relativamente alla motivazione della sentenza), essenziale per garantire la certezza del diritto, sub specie di prevedibilità e di coerenza delle decisioni giudiziarie (in relazione alla giurisprudenza di legittimità della Corte di cassazione, si veda, per l’affermazione di analoghi principi, quanto precisato da Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 4 dicembre 2015, n. 24740, secondo cui “ove il giudicato esterno si sia formato a seguito di una sentenza di questa Corte, i poteri cognitivi del giudice di legittimità possono pervenire alla cognizione della precedente pronuncia anche mediante quell'attività d'istituto (relazioni preliminari ai ricorsi, massime ufficiali e consultazione del CED) che costituisce corredo della ricerca del collegio giudicante, in tal senso deponendo non solo la funzione nomofilattica di cui all'art. 65 dell'ordinamento giudiziario, ma anche il dovere di prevenire il contrasto tra giudicati ed il divieto del ne bis in idem, (cfr. Cass. n. 30780/11 e Cass. S.U. n. 26482/07, che ha abbandonato il precedente orientamento - espresso da Cass. S.U. n. 295/2000 - che leggeva il dovere della Corte di conoscere le proprie sentenze in funzione di garanzia della sola attività nomofilattica)”).

20.2 Ciò precisato, si osserva che la sentenza n. 123 del 2021 cit. produce effetti caducatori operanti erga omnes, idonei ad influire (altresì) sulla posizione dell’odierna appellata e, dunque, sulla soluzione della presente controversia.

Come precisato da questo Consiglio, “la decisione di annullamento - che per i limiti soggettivi del giudicato esplica in via ordinaria effetti solo fra le parti in causa - acquista efficacia erga omnes nei casi di atti a contenuto inscindibile, ovvero di atti a contenuto normativo, secondari (regolamenti) o amministrativi generali, rivolti a destinatari indeterminati ed indeterminabili a priori, in relazione ai quali gli effetti dell'annullamento non sono circoscrivibili ai soli ricorrenti, essendosi in presenza di un atto a contenuto generale sostanzialmente e strutturalmente unitario, il quale non può esistere per taluni e non esistere per altri (ex multis, da ultimo, Cons. Stato, sez. III, n.3307 del 2016; sez. IV, n. 5449 del 2013; sez. III, n. 2350 del 2012; sez. V, n. 4390 del 2008; Cass. civ., sez. I, n. 2734 del 1998)” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 aprile 2018, n. 2097).

Nel caso di specie, l’annullamento della delibera n. 94/2015 cit., pronunciato in accoglimento di un ricorso proposto da un operatore esercente attività di trasporto marittimo, ha determinato la caducazione di una prescrizione regolatoria generale a contenuto inscindibile, attraverso cui l’Autorità di regolazione per i trasporti aveva esteso l’ambito soggettivo della pubblica contribuzione nei confronti di una serie aperta di destinatari (in specie, i vettori marittimi, costituenti la categoria destinataria della pronuncia di annullamento), individuabili soltanto ex post, al momento della sua applicazione.

L’effetto caducatorio di una tale pronuncia non potrebbe, dunque, operare soltanto tra le parti processuali, trascendendo l’ambito soggettivo del giudizio a definizione del quale è stata resa: di conseguenza, la regola prescrittiva, con cui è stata estesa l’obbligazione contributiva a carico dei vettori marittimi, non potrebbe essere opposta (neppure) nei confronti dell’odierna appellata - operatore economico appartenente alla categoria soggettiva incisa dalla delibera in parte qua annullata -, difettando, pertanto, una regolazione amministrativa efficace, relativa all’anno 2016, ostativa all’accertamento della pretesa giuridica azionata dinnanzi al Tar.

Il che rappresenta una prima ed autonoma ragione ostativa alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso di primo grado (quanto meno in relazione alla pretesa azionata a valere sull’annualità 2016).

21. In ogni caso, le delibere nn. 78/2014 e 94/2015, nella parte in cui hanno compreso tra i soggetti passivi dell’obbligazione contributiva anche i vettori marittimi, non potrebbero comunque essere espressive di un precetto amministrativo efficace, ostativo alla proposizione dell’azione di accertamento di primo grado.

21.1 Al riguardo, giova ricostruire il quadro normativo di riferimento.

Ratione temporis, deve trovare applicazione nel caso di specie la formulazione dell'art. 37, comma 6, D.L. n. 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, anteriore alla riforma del 2018 (recata dal d.l. 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla l. 16 novembre 2018, n. 130), non entrata in vigore alla data di adozione delle delibere nn. 78/2014 e 94/2015.

La norma primaria, mentre attribuiva all'Autorità il potere di determinare il quantum dell'obbligazione contributiva- attraverso la specificazione della base imponibile e l'individuazione dell'aliquota all'uopo applicabile-, regolava, direttamente, il presupposto e il soggetto passivo destinatario del contributo.

In particolare, avuto riguardo alla formulazione anteriore al 2018:

- quanto alla base imponibile e all'aliquota, la norma primaria demandava all'Autorità, da un lato, il potere di precisare, in base ad appositi criteri tecnici di carattere economico e contabile, la nozione di "fatturato" da prendere in esame con riguardo allo specifico settore di riferimento, al fine di individuare la grandezza economica suscettibile di essere incisa dalla contribuzione; dall'altro, limitava il potere di definizione dell'aliquota all'uopo applicabile -e, quindi, della percentuale da rapportare alla base imponibile per l'esatta determinazione del quantum debeatur-, prevedendo la necessità che il contributo non superasse l'un per mille del relativo fatturato;

- quanto al presupposto e al soggetto passivo del contributo, il legislatore, discorrendo di "gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati", individuava direttamente, senza l'intermediazione del potere amministrativo: a) il presupposto del rapporto contributivo nello svolgimento di "funzioni regolatorie" da parte dell'Autorità; nonché b) il soggetto passivo nell'operatore esercente attività concretamente regolata dall'Autorità.

21.2 Tanto è confermato dalla Corte costituzionale, chiamata a pronunciare sulla legittimità della disciplina dettata dall’art. 37, comma 6, D.L. n. 201 del 2011 cit. (sentenza n. 69 del 2017).

Al riguardo, la Corte ha precisato che:

- con particolare riguardo alle prestazioni patrimoniali imposte, “il legislatore deve indicare compiutamente «il soggetto e l’oggetto della prestazione imposta, mentre l’intervento complementare ed integrativo da parte della pubblica amministrazione deve rimanere circoscritto alla specificazione quantitativa (e qualche volta, anche qualitativa) della prestazione medesima: senza che residui la possibilità di scelte del tutto libere e perciò eventualmente arbitrarie della stessa pubblica amministrazione, ma sussistano nella previsione legislativa – considerata nella complessiva disciplina della materia – razionali ed adeguati criteri per la concreta individuazione dell’onere imposto al soggetto nell’interesse generale»”;

- quanto alla individuazione dei soggetti obbligati, l’art. 37, comma 6, lettera b), del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, “fa riferimento ai «gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati», ossia a coloro nei confronti dei quali l’ART abbia effettivamente posto in essere le attività (specificate al comma 3 dell’art. 37) attraverso le quali esercita le proprie competenze (enumerate dal comma 2 del medesimo articolo). Dunque, la platea degli obbligati non è individuata, come ritiene il rimettente, dal mero riferimento a un’ampia, quanto indefinita, nozione di “mercato dei trasporti” (e dei “servizi accessori”); al contrario, deve ritenersi che includa solo coloro che svolgono attività nei confronti delle quali l’ART ha concretamente esercitato le proprie funzioni regolatorie istituzionali, come del resto ha ritenuto anche il Consiglio di Stato in fase cautelare (Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 29 gennaio 2016, n. 312)”.

21.3 Ne deriva che, anche in ragione dell’esigenza di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 37, comma 6, lettera b), del d.l. n. 201 del 2011 cit. (compatibile con il principio della riserva di legge ex art. 23 Cost.), deve ritenersi che il legislatore abbia attribuito all’Autorità il potere di influire soltanto sul quantum dell’obbligazione contributiva, disciplinando (di contro) direttamente in via primaria il soggetto passivo del contributo, in relazione al quale nessun margine di intervento autoritativo è stato riconosciuto in sede amministrativa (costituendo la sottoposizione alla regolamentazione dell’Autorità la circostanza di fatto direttamente assunta dal legislatore a presupposto per l’individuazione del soggetto inciso dalla contribuzione).

Per l’effetto, una delibera tesa ad estendere la platea degli operatori sottoposti a contribuzione, includendo soggetti passivi non previsti dal dato legislativo, risulterebbe inficiata da nullità per difetto assoluto di attribuzione, difettando in astratto (e non in concreto, come ritenuto dall’Autorità nella memoria del 27 marzo 2022) una norma attributiva del potere così esercitato (sulla configurabilità del vizio di nullità nelle ipotesi in cui l'Amministrazione assume di esercitare un potere che in realtà nessuna norma le attribuisce, cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 67).

Di conseguenza, risulterebbe integrata una patologia radicale dell’atto amministrativo, che, in quanto ab origine inefficace, non potrebbe essere utilmente invocato a fondamento delle difese svolte in sede processuale (anche in controdeduzione alla domanda attorea), emergendo un vizio rilevabile d’ufficio ex art. 31, comma 4, c.p.a., anche in grado di appello, in quanto relativo a questione di ordine pubblico sottratta al potere dispositivo delle parti: il giudice procedente non potrebbe, infatti, in alcun caso porre a fondamento della propria decisione un atto inefficace, disapprovato dall’ordinamento, pure ove il provvedimento sia invocato dall’Amministrazione contro la parte che abbia omesso di proporre, in via principale, un’azione di accertamento della nullità (potendo apprezzarsi tale condotta omissiva ai soli fini della decadenza dal diritto di ottenere in via principale una pronuncia idonea al giudicato sulla questione di nullità, ma non per impedire al giudice di prescindere dall’atto nullo –proprio perché inefficace- ai fini della soluzione della diversa controversia di cui sia principaliter investito).

21.4 Alla luce di tali rilievi, le delibere nn. 78/2014 e 94/2015 non potrebbero, comunque, ritenersi preclusive dell’azione di accertamento proposta in primo grado.

Difatti, se si facesse questione di atti volti ad estendere il perimetro soggettivo dell’obbligazione contributiva a operatori economici (nella specie vettori marittimi) non compresi nell’ambito di applicazione soggettivo della norma primaria, si farebbe questione di atti nulli per difetto assoluto di attribuzione, non esistendo alcuna disposizione legislativa che abbia attribuito all’Autorità il potere di estendere il novero dei soggetti da sottoporre al contributo per cui è causa.

Stante la nullità delle delibere, le stesse non potrebbero essere invocate nell’odierno giudizio a fondamento di una eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, facendosi questione di una regolamentazione improduttiva di effetti giuridici, come tale inidonea a definire un assetto amministrativo incompatibile con la pretesa giudiziaria azionata dinnanzi al Tar.

Parimenti, se l’Autorità si fosse limitata, con tali delibere, a precisare l’assoggettamento a contribuzione di operatori già compresi nel perimetro soggettivo della norma impositiva, si sarebbe in presenza di delibere meramente ricognitive di un precetto giuridico direttamente posto dal legislatore, non recanti alcuna regula iuris innovativa - suscettibile di divenire incontrovertibile per intervenuta inoppugnabilità - costitutiva di un assetto amministrativo incompatibile con l’azione di accertamento per cui è causa; il che confermerebbe l’inidoneità delle delibere de quibus a determinare l’inammissibilità del ricorso di primo grado.

21.5 Come si osserverà infra nella disamina del secondo motivo di appello, le delibere nn. 78/2014 e 94/2015, in assenza di una disposizione attributiva del relativo potere regolatorio, hanno effettivamente esteso il perimetro soggettivo dell’obbligazione contributiva, includendovi i vettori marittimi, non compresi (almeno in relazione al biennio per cui è causa) nell’ambito di applicazione soggettiva della disposizione primaria impositiva.

Facendosi questione di atti in parte qua nulli alla stregua di quanto sopra rilevato, gli stessi non avrebbero potuto impedire la proponibilità dell’azione di accertamento, da ritenere, dunque, da un lato, ricevibile in quanto non soggetta ad alcun termine di decadenza (operando il solo termine prescrizionale della situazione giuridica soggettiva azionata), dall’altro ammissibile, perché non preclusa da alcuna regolamentazione amministrativa efficace (rimasta inoppugnata), ostativa alla realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso al ricorso di primo grado.

Ciò, in conformità a quanto già statuito dalla Sezione in controversie analoghe definite con le sentenze del 13 novembre 2019, n. 7779 e del 20 novembre 2019, 7914, in cui è stato precisato che “La platea degli obbligati deve pertanto ritenersi individuata direttamente dalla normativa primaria, senza che al riguardo residuino poteri discrezionali in capo all'Autorità, con la conseguenza che la posizione di colui che nega di poter essere assoggettato a contributo assume i connotati del diritto soggettivo, tutelabile entro gli ordinari termini prescrizionali”.

21.6 Non potrebbe argomentarsi diversamente, neppure facendo leva sulla mancata impugnazione di precedenti cartelle di pagamento (quale quella notificata in data 30 novembre 2017 valorizzata dall’Autorità): si fa questione di atti assimilabili ad un precetto (Cass. civ. Sez. VI - 5 Ord., 28 ottobre 2020, n. 23806), per propria natura non aventi natura provvedimentale, non implicando alcuna manifestazione di volontà autoritativa; con la conseguenza che la loro mancata impugnazione non potrebbe determinare il consolidamento di alcun precetto giuridico ostativo ad un’azione di accertamento negativo dell’esistenza del credito contributivo vantato dall’Autorità

22. Precisata la ricevibilità e l’ammissibilità del ricorso di primo grado, con conseguente infondatezza del primo motivo di appello e delle eccezioni di rito opposte dall’Autorità, è possibile soffermarsi sul secondo motivo di appello, con cui l’Autorità ha ritenuto sussistente, alla stregua del quadro normativo di riferimento, l’obbligo di pagamento dei contributi de quibus anche per le imprese di trasporto marittimo merci.

23. Il motivo di appello è infondato, potendo al riguardo richiamarsi, ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a. quanto statuito dalla Sezione nel precedente n. 123/21 cit. alla cui motivazione si rinvia, intervenuto in relazione ad una controversia analoga in cui si faceva questione dell’assoggettamento a contribuzione degli operatori esercenti servizi di trasporto marittimo (categoria cui l’Autorità ha ritenuto di ricondurre l’odierna società appellata).

23.1 La Sezione ha già evidenziato come il soggetto passivo dell'obbligazione contributiva debba individuarsi, alla stregua di quanto previsto dall’art. 37, comma 6, lettera b), del d.l. n. 201 del 2011 cit. (nella formulazione ratione temporis applicabile alla specie, anteriore alla riforma recata dal d.l. 28 settembre 2018, n. 109 cit.), nell'operatore effettivamente sottoposto alla funzione regolatoria concretamente svolta dall'Autorità.

A tale fine, occorre, in particolare, che l'operatore risulti destinatario dalla funzione regolatoria, essendo tenuto all'osservanza delle relative misure, già decise, riferite in via immediata e diretta alla propria sfera giuridica, limitata o comunque conformata dall'azione dell'Autorità.

Non sono, invece, annoverabili tra i soggetti passivi gli operatori economici che siano meramente interessati o beneficiati dalla regolamentazione, perché titolari di situazioni giuridiche soggettive dipendenti o collegate a quelle direttamente e immediatamente incise dalla regolazione.

La necessità di distinguere i meri beneficiari di una regolazione dai destinatari diretti di obblighi conformativi derivanti dalla medesima dimostra l'infondatezza della tesi svolta dall'appellante, tesa a ritenere che, con la definizione di un ambito di mercato regolato, sia consentito estendere l'imposizione oltre il perimetro letterale dei gestori ed esercenti dei servizi regolati: “il punto dirimente è proprio l’esistenza di atto di regolazione rivolto direttamente al prestatore di servizi, presupposto da ritenersi inesistente quelle volte che rilevi la condizione di mero beneficiario della regolazione” (sentenza n. 123/21 cit.).

La Sezione, in particolare, in relazione all’annualità 2016, ma con argomentazioni a fortiori riferibili all’annualità 2015 - tenuto conto che, se la soggettività passiva è stata esclusa per l’anno 2016 in ragione della mancata adozione di atti di regolamentazione aventi come destinatari i vettori marittimi, a maggior ragione non è riscontrabile alcuna obbligazione contributiva per l’annualità 2015, non potendo sussistere neppure a tale data alcuna regolamentazione riferibile alla medesima categoria di operatori economici - ha precisato che, “fino alla modifica normativa di cui al d.l. 109 del 2018, le imprese del settore non potevano essere incluse nell’ambito di applicazione dell’art. 37 “Liberalizzazione del settore dei trasporti” del d.l. 6 dicembre 2011 n. 201 che, fino a quel momento, era applicabile unicamente ai “gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati” e non ai meri operatori economici beneficiari della regolazione”.

23.2 Per mera completezza, si rileva che gli atti di consultazione e di regolamentazione richiamati dall’Autorità nel ricorso in appello non potrebbero mutare le conclusioni cui questo Consiglio è già pervenuto nella soluzione di controversie analoghe instaurate dagli operatori del trasporto marittimo di merci.

In particolare, l’Autorità, da un lato, richiama atti successivi alle delibere per cui è causa (cfr. delibere nn. 130/2017, 131/2017, 132/2017, 57/2018, 98/2018, 42/2019, 130/2019), come tali irrilevanti al fine di ricostruire la soggettività contributiva per gli anni 2015 e 2016, manifestando questi, in ipotesi, l’esercizio di un potere regolatorio in relazione a periodi successivi rispetto a quelli per cui è causa; dall’altro, valorizza gli atti di regolamentazione del servizio di manovra ferroviaria (cfr. misura 11 della delibera n. 70/14, nonché delibere nn. 30/2016, 133/2016, 18/2017) o dei canoni di accesso e utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria (misure 35 e ss. delibera n. 96/15), che tuttavia non hanno come destinatari i vettori marittimi.

In particolare, la regolamentazione del servizio di manovra si traduce nell’imposizione di misure di regolazione a carico del gestore dell’infrastruttura della rete ferroviaria, destinatario (tra l’altro) degli obblighi di predisposizione di uno schema tipo di contratto per il servizio di manovra tra il gestore unico e l’impresa ferroviaria richiedente, di indizione di procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi di manovra, di predisposizione di uno schema tipo di contratto di noleggio per l’assegnazione dei locomotori resi disponibili per l’autoproduzione dal gestore dell’infrastruttura nei singoli impianti, nonché di informativa nei confronti dell’Autorità.

Trattasi di misure destinate esclusivamente al gestore dell’infrastruttura della rete ferroviaria e, pertanto, al soggetto incaricato della realizzazione, della manutenzione dell'infrastruttura ferroviaria e della gestione in sicurezza della circolazione ferroviaria [art. 3, comma 1, lett. h), D.Lgs. 08/07/2003, n. 188, oggi art. 15 D.Lgs. 15/07/2015, n. 112]; compiti che non sono sovrapponibili al servizio di trasporto marittimo di merci.

Parimenti, la delibera n. 96/15 regola i canoni di accesso e utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria, non avendo come destinatari i vettori marittimi, al più beneficiati da tali misure regolatorie, stante il riconoscimento del diritto di accesso equo e non discriminatorio ai relativi impianti.

Ne deriva che la regolamentazione del servizio di manovra e dei canoni di accesso e utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria non ha come destinatari i vettori marittimi e, pertanto, non può fondare la richiesta contributiva fatta valere dall’Autorità nell’odierno giudizio.

23.3 Alla luce delle considerazioni svolte, il secondo motivo di appello deve essere rigettato, non consentendo comunque di superare lo sbarramento determinato dalla inapplicabilità in concreto della disposizione impositiva, non operante nei confronti dei vettori marittimi per le annualità (2015 e 2016) rilevanti nell’odierno giudizio.

24. Il rigetto dell’appello comporta l’assorbimento sia del motivo di ricorso riproposto dall’appellata e riferito alla qualificazione della propria attività economica, sia dell’istanza istruttoria (di prova testimoniale) presentata al fine di dimostrare la tipologia di attività economica in contestazione.

Difatti, la questione qualificatoria posta dall’odierna appellata non risulta rilevante al fine di giungere ad un diverso esito della controversia, tenuto conto che, pure riconducendo l’attività della CMA-CGM ITALY s.r.l alla categoria valorizzata dall’Autorità (esercenti attività di trasporto marittimo di merci), non potrebbe comunque addivenirsi all’accoglimento dell’appello; pertanto, non sussiste alcun interesse concreto alla disamina della censura qualificatoria (e, dunque, all’accoglimento dell’istanza istruttoria a suo supporto presentata), in quanto la ricorrente in primo grado non potrebbe ricavare dalla sua positiva delibazione una utilità maggiore rispetto a quella già ritraibile dal rigetto dell’appello e dalla conferma della sentenza gravata.

25. Non vi è luogo a provvedere neppure sul secondo motivo di ricorso riproposto, tendente ad ottenere l’accertamento della non debenza, da parte della società ricorrente, del versamento del contributo ai sensi dell’art. 37, comma 6, lett. b), del D.L. n. 201/2011 per gli anni 2015-2016, tenuto conto che un tale accertamento discende già dalla sentenza di primo grado da confermare per effetto del rigetto dell’appello.

Il Tar, infatti, dopo avere precisato che “la società non è comunque tenuta al pagamento del contributo per gli anni 2015 e 2016, ciò in quanto il settore del trasporto marittimo di merci non è stato interessato da un intervento di carattere regolatorio dell’Autorità, così come affermato da questo Tribunale in numerose pronunce, alle cui motivazioni si rinvia ai sensi dell’art. 74 cod.proc.amm.”, ha ritenuto espressamente fondata anche “la domanda di accertamento di non sussistenza di un obbligo contributivo in capo alla società per quanto concerne gli anni 2015 e 2016”: non sussiste, pertanto, alcuna domanda non esaminata in primo grado su cui il Collegio dovrebbe statuire per la prima volta in appello ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a.

26. Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello deve essere rigettato, con conferma della sentenza impugnata.

La particolarità della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio del grado di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa interamente tra le parti le spese di giudizio del grado di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 24 febbraio 2022 e 21 aprile 2022, con l'intervento dei magistrati:

 

 

Carmine Volpe, Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere

Francesco De Luca, Consigliere, Estensore