Giu Legittimo affidamento nel caso di operatori economici
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - SENTENZA 09 settembre 2022 N. 7881
Massima
Affinché possa riscontrarsi una posizione di legittimo affidamento, occorre che la parte privata sia stata beneficiata da un pregresso atto amministrativo, costitutivo di una situazione di vantaggio acquisita in buona fede, consolidatasi nel proprio patrimonio giuridico per via del decorso di un apprezzabile periodo temporale.
Anche in ambito unionale è stato precisato che il diritto di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento si estende a ogni individuo in capo al quale un'autorità amministrativa nazionale abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate e affidabili, che essa gli avrebbe fornito. Peraltro, qualora un operatore economico prudente e avveduto sia in grado di prevedere l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi, esso non può invocare il legittimo affidamento nel caso in cui il provvedimento venga adottato: gli operatori economici non possono neppure prestare legittimamente affidamento sul mantenimento di una situazione esistente che può essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle autorità nazionali.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - SENTENZA 09 settembre 2022 N. 7881

 

Pubblicato il 09/09/2022

N. 07881/2022REG.PROV.COLL.

N. 05496/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5496 del 2021, proposto da
OMISSIS , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Ruta, Margherita Zezza e Massimo Romano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Consiglio dei Ministri, non costituito in giudizio;

nei confronti

OMISSIS , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Cataldo, Massimo Colicchia, Fabio Todarello, Diego Vaiano e Maria Chiara Berra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
OMISSIS, non costituita in giudizio;
Associazione Tv Locali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Tommaso Di Nitto e Franca Iuliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
A.L.P.I. (Associazione per la Libertà e il Pluralismo dell'Informazione) Radio Tv, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Isabella Loiodice e Carlo Edoardo Cazzato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter) n. 13215/2020, resa tra le parti;


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, della Presidenza della Repubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di OMISSIS , dell’Associazione Tv Locali e di A.L.P.I. (Associazione per la Libertà e il Pluralismo dell'Informazione) Radio Tv;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2022 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati Margherita Zezza, Massimo Romano, Diego Vaiano, Tommaso Di Nitto, Isabella Loiodice e Carlo Edoardo Cazzato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. La società OMISSIS  - titolare di autorizzazione per fornitura di servizi media audiovisivi (FSMA) in ambito locale ai sensi della delibera AGCOM n. 353/11/CONS per marchi/palinsesti diffusi con numerazione automatica (LCN), nonché di titolare della emittente televisiva TEF Channel,- ricorrendo dinnanzi al Tar Lazio, sede di Roma, ha impugnato gli atti della procedura concessoria, avente ad oggetto i contributi in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali ex DPR n. 146/2017 per l’anno 2016, deducendo plurimi motivi di illegittimità, sia per vizi propri degli atti amministrativi impugnati, sia, in via derivata, per vizi della disciplina regolamentare presupposta, asseritamente adottata in violazione degli obiettivi di pubblico interesse prescritti dalle leggi nn. 208/2015 e 198/2016.

2. Il Tar Lazio, Roma, ha rigettato il ricorso, ravvisando l’infondatezza delle censure attoree.

In particolare, a giudizio del Tar:

- l’Amministrazione aveva correttamente applicato le aliquote di cui alla tabella 1 del regolamento n. 146 del 2017 ai fini del riparto tra le emittenti dell'ammontare annuo dello stanziamento;

- il DPR n. 146/2017 teneva conto della popolazione residente nelle diverse regioni con riguardo alla fase (prodromica rispetto a quella valutativa) di individuazione dei requisiti minimi di ammissione alla procedura, in tale modo risultando compatibile con il principio di proporzionalità e di non discriminazione;

- inoltre, dovevano riconoscersi ampi margini di discrezionalità in capo all’Amministrazione nella scelta di procedimenti e criteri per la ripartizione del Fondo per il pluralismo radiotelevisivo tra le diverse emittenti locali, con la conseguenza che un vizio di legittimità avrebbe potuto riscontrarsi soltanto in caso di evidente incompatibilità tra la disciplina regolamentare e i principi fissati in via primaria oppure di macroscopica illogicità ed irragionevolezza delle scelte regolamentari rispetto allo scopo perseguito o, più in generale, all’interesse pubblico;

- incompatibilità, illogicità e irragionevolezza nella specie non riscontrabili, alla stregua di quanto pure emergente dall’esito delle procedure concessorie, attestante il collocamento nelle prime cento posizioni di operatori esercenti attività in contesti regionali demograficamente svantaggiati;

- peraltro, nelle regioni più popolose il mercato dei programmi televisivi sarebbe conteso tra un numero maggiori di emittenti, sicché “in presenza di una offerta nettamente superiore risulta dunque più difficile “fare audience” nelle regioni più popolose piuttosto che in quelle demograficamente meno rilevanti”;

- i dati auditel costituivano, parimenti, un parametro immune da vizi di legittimità, in quanto le emittenti televisive commerciali non potevano prescindere dalla rilevazione dei dati di ascolto per la programmazione dei propri obiettivi economici e strategici, operando in un mercato nel quale la remunerazione dell’attività dipendeva anche dalla vendita di spazi pubblicitari, il cui valore era direttamente proporzionale ai dati di ascolto;

- peraltro, gli operatori del settore erano stati informati già con le linee guida del 9 maggio 2016 della futura adozione di nuovi criteri che avrebbero imposto l’onere della rilevazione dei dati auditel nell’interesse delle emittenti, con conseguente mancata emersione di una lesione dell’affidamento;

- la diversità dell’importo economico assegnato alle emittenti collocate in graduatoria dopo la posizione numero cento non era determinata dal diverso “peso” attribuito al criterio dei dipendenti, quanto dal criterio di riparto delle somme del Fondo scelto dal regolamento;

- l’introduzione di uno scalino preferenziale in favore delle prime cento emittenti classificate in graduatoria, destinatarie del 95% dello stanziamento annuo, non dava luogo ad un “criterio” o “valore” preferenziale irragionevole o contrario agli obiettivi di sostegno all’occupazione nel settore del pluralismo dell’informazione né tradiva le finalità previste dalla legge istitutiva del Fondo;

- il regolamento stabiliva, infatti, un criterio di riparto delle risorse proporzionale che mirava a premiare in misura maggiore le imprese maggiormente competitive e innovative, dotate di una più solida struttura organizzativa (le prime cento), lasciando comunque una quota delle risorse (5 per cento, da ripartire sempre in misura proporzionale e con i medesimi criteri di cui alla tabella 1) alle imprese meno competitive;

- risultava infondata anche la censura riferita alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento per conflitto di interesse, in relazione alla posizione della società Auditel, operando i soci Auditel in un mercato diverso da quello dell’emittenza locale ed essendoci nella composizione dell’Auditel le associazioni rappresentative dei diversi operatori e degli eterogenei interessi rilevanti nel settore, tenuto conto pure della sottoposizione della società alla vigilanza dell’Agcom;

- l’art. 4 bis L. n. 108/2018 e dell’art. 1, comma 1034, L. n. 205/2017) concerneva le sole domande relative al 2019, senza influire sulle annualità per cui è causa.

3. La ricorrente in primo grado ha appellato la sentenza pronunciata dal Tar, deducendone l’erroneità con l’articolazione di plurimi motivi di impugnazione.

4. La società OMISSIS , la Presidenza della Repubblica, il Ministero dello sviluppo economico, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’economia e delle finanze si sono costituiti in giudizio, resistendo al ricorso.

5. Il Ministero dello Sviluppo Economico (in data 20 luglio 2021) e la società Auditel (in data 22 luglio 2021) hanno insistito nelle proprie argomentazioni con il deposito di memorie difensive. La società Auditel ha pure prodotto documentazione a sostengo delle proprie tesi difensive.

6. In data 26 luglio 2021 l’Associazione TV Locali e A.L.P.I. (Associazione per la Libertà e il Pluralismo dell’Informazione) RADIO TV si sono costituite in giudizio, resistendo al ricorso.

7. Con ordinanza n. 4261 del 2021 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare articolata dall’appellante ai soli fini della sollecita definizione del giudizio nel merito, fissando l’udienza pubblica per la data del 3 febbraio 2022.

8. In vista dell’udienza di merito, l’appellante, l’A.L.P.I. Radio TV e l’Associazione TV Locali hanno depositato memorie conclusionali, insistendo nelle rispettive conclusioni. La società OMISSIS  l’A.L.P.I. Radio TV e l’Associazione TV Locali hanno depositato pure repliche alle avverse deduzioni. L’appellante ha depositato nuova documentazione a sostegno delle rispettive deduzioni.

9. Nell’udienza del 3 febbraio 2022 il Collegio ha autorizzato l'integrazione del contraddittorio da fare attraverso i pubblici proclami, ex articolo 41 del codice del processo amministrativo, indicando la data per l'ulteriore trattazione nella data del 9 giugno 2022.

10. In data 21 e 22 febbraio 2022 la parte appellante e il Ministero dello Sviluppo Economico hanno provveduto al deposito di documentazione attestante l’avvenuto perfezionamento della notificazione a mezzo pubblici proclami.

11. L’A.L.P.I. Radio TV e l’Associazione TV Locali hanno depositato, in data 9 maggio 2022, memorie difensive, svolgendo ulteriori argomentazioni a sostegno delle proprie conclusioni.

12. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza del 9 giugno 2022.

DIRITTO

1. Preliminarmente, a differenza di quanto sostenuto da alcune parti intimate, deve riconoscersi la specificità delle censure attoree.

Per “risalente e non superato insegnamento giurisprudenziale, l’appello deve sempre contenere, accanto alla parte volitiva, anche una parte critica, a confutazione della sentenza di primo grado, non trattandosi di un novum iudicium ma di una revisio prioris istantiae” (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 febbraio 2020, n. 1228).

Nel caso di specie, l’appellante:

- ha puntualmente individuato le rationes decidendi sottese alla pronuncia impugnata, relative alla corretta applicazione e alla legittimità dei criteri regolamentari dettati per la formazione della graduatoria e la distribuzione dei contributi economici oggetto di giudizio;

- come si osserverà amplius nella disamina dei motivi di impugnazione, ha dedotto specifiche argomentazioni in contrapposizione a quelle svolte dal primo giudice, idonee ad incrinare l’impianto motivazionale alla base della pronuncia appellata, evidenziando che: a) la fonte regolamentare prevedeva, invero, la necessità di applicare gli indici percentuali di cui alla tabella 1 del DPR n. 146/2017 anche per la determinazione del punteggio spettante a ciascun concorrente e, dunque, per la formazione della graduatoria; b) i criteri regolamentari risultavano incompatibili con i principi posti dalla fonte sovraordinata, introducendo una graduatoria nazionale a fronte di contributi da erogare su base locale, richiamando un parametro (indice di ascolto) inattendibile e posto da un soggetto economico non neutrale.

L’eventuale assenza di specifici elementi probatori a sostegno delle censure attoree non è, invece, idonea a determinare l’inammissibilità dell’appello (o dei singoli motivi di impugnazione), comunque articolato in maniera specifica quale puntuale critica alla sentenza gravata, bensì rileva, nel merito, ai fini del rigetto delle relative doglianze per difetto di prova.

Per l’effetto, l’appellante non si è limitata a riproporre le deduzioni svolte dinnanzi al primo giudice, ma ha specificatamente contestato il decisum recato dalla pronuncia impugnata, con la conseguenza che i singoli motivi di impugnazione -e l’appello nel suo complesso- devono ritenersi ammissibili.

2. Sempre in via preliminare, si osserva che la decisione del Tar in merito all’irrilevanza, ai fini della soluzione della controversia, della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 bis D.L. n. 91 del 2018 conv. con L. n. 108/18 (ritenuto applicabile alle sole domande relative al 2019, senza influire sull’annualità per cui è causa), non è stata oggetto di uno specifico motivo di impugnazione (in specie, in via incidentale su iniziativa delle parti interessate a valorizzare lo ius superveniens in funzione di un’asserita legificazione della disciplina regolamentare) e, come tale, in ragione della formazione in parte qua del giudicato interno, deve ritenersi irretrattabile nell’odierno grado di giudizio.

3. Ciò rilevato, può passarsi all’esame dei motivi di appello.

3.1 In particolare, con il primo motivo di impugnazione la società TEF censura il capo decisorio con cui il Tar ha escluso la violazione della tabella 1 del DPR n. 146/2017, sebbene l’Amministrazione avesse determinato il punteggio spettante alla ricorrente senza tenere conto dei coefficienti percentuali ivi previsti.

Secondo la prospettazione attorea, il Tar avrebbe omesso di pronunciare sulla censura, dedotta in prime cure, riferita alla violazione dell’art. 6, comma 5, DPR n. 146 del 2017.

Invero, il Ministero avrebbe errato nell’assegnare i punteggi e nel formare la graduatoria, non avendo considerato i pesi percentuali definiti nella tabella 1 del DPR n. 146 del 2017, utilizzati esclusivamente ai fini del calcolo del contributo economico per ciascuna area di selezione.

In tale maniera sarebbe emersa un’incidenza del criterio auditel superiore al 17%, risultando computata l’intera cifra sul punteggio complessivo, in violazione dell’art. 6, comma 5, DPR n. 146/2017, oltre che dei principi ispiratori della riforma, segnatamente la tutela dell’occupazione nel settore il cui valore sarebbe stato del tutto svilito, con grave pregiudizio per la ricorrente; la violazione in contestazione sarebbe confermata pure dalla documentazione allegata alle graduatorie FMSA del 25.3.2021.

Il Tar avrebbe pure erroneamente disatteso i motivi di doglianza riferiti all’illegittimità del criterio auditel in assenza di un meccanismo di parametrazione degli ascolti alla popolazione residente; analoga censura viene svolta in relazione al numero di dipendenti, non rapportato alla popolazione residente ai fini della formazione della graduatoria.

Il valore assoluto riconosciuto al punteggio dell’Auditel e del personale, in combinato disposto con lo scalino preferenziale riservato alle prime 100 emittenti beneficiarie del 95% dello stanziamento annuo e con la maggiorazione del 15% riconosciuta alle emittenti ubicate nelle regioni del cd. “obiettivo convergenza”, avrebbe determinato una eccessiva concentrazione delle risorse in favore di un numero eccessivamente limitato di emittenti, con un vantaggio per le strutture operanti in aree con maggiori concentrazione di popolazione e con il conseguente possibile pregiudizio del criterio volto a favorire la pluralità dell’informazione.

Con lo stesso motivo di appello si censura l’inidoneità del dato auditel a misurare la qualità della programmazione.

Per l’effetto, secondo la prospettazione attorea, i criteri selettivi in esame risulterebbero incompatibili con gli obiettivi di interesse pubblico richiamati dall’art. 1, comma 163, L. n. 208/15.

3.2 Con il secondo motivo di appello è censurato il capo decisorio con cui il Tar ha statuito sul criterio Auditel.

Secondo quanto dedotto dall’appellante, si sarebbe in presenza di un criterio non idoneo a distinguere la tipologia dei programmi rilevabili nel computo degli ascolti e inattendibile in ragione dell’esiguo campione, demograficamente e geograficamente non rappresentativo dei comuni raggiunti (poco più di 2000 su 8000), pure in considerazione della ignota dislocazione del campione statistico utilizzato per la rilevazione e in assenza di una verifica ex post sulla veridicità dei dati assunti a base del calcolo ai fini del relativo contributo economico.

Si tratterebbe di disposizioni incompatibili con gli obiettivi assegnati dal legislatore, in quanto non garantirebbero il pluralismo informativo, non sosterrebbero l’occupazione (stante il punteggio esorbitante dei dati auditel rispetto a quelli corrispondenti ai dipendenti), né garantirebbero il miglioramento della qualità dei contenuti, non essendosi tenuto conto della tipologia dei programmi censiti nell’ambito delle rilevazioni.

3.3 Con il terzo motivo di appello è impugnato il capo decisorio riferito al cd. scalino preferenziale, con cui l’Amministrazione ha ritenuto di riservare il 95 % dello stanziamento annuo in favore delle prime cento emittenti.

Si tratterebbe di previsione foriera di effetti anticoncorrenziali (come pure rilevato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato) e, comunque, idonea a determinare una concentrazione eccessiva dei contributi in favore di pochi predeterminati gruppi editoriali, contraddicendo la finalità istituzionale della normativa così come sottesa alla garanzia del pluralismo.

3.4 Con il quarto motivo di appello è censurato il capo decisorio con cui i Tar ha statuito sul conflitto di interessi della società Auditel rispetto alle emittenti beneficiarie del finanziamento pubblico coinvolte direttamente o indirettamente nella compagine societaria.

Secondo quando dedotto dalla ricorrente, la società Auditel sarebbe rappresentativa soltanto di una parte del settore radiotelevisivo locale, coincidente con le principali beneficiarie, aderenti ad associazioni riconducibili alla Confindustria, socia dell’Auditel; il che farebbe emergere un conflitto di interessi, rilevante anche se potenziale, inficiante il criterio selettivo relativo ai dati di ascolto, puntualmente censurato in prime cure, anche mediante il rinvio ai rilievi critici formulati da questo Consiglio in sede consultiva in ordine al computo delle televendite negli ascolti.

3.5 Con il quinto motivo di appello è stata dedotta l’omessa pronuncia sulla censura riferita alla violazione dell’art. 6, comma 4, DPR n. 146/17, per essere stata introdotta in maniera irragionevole e immotivata una maggiorazione del 15% per le regioni ritentanti nel cd. Obiettivo 1, in violazione della parità di trattamento dei concorrenti e con la determinazione di una asimmetria concorrenziale tra emittenti operanti in contesti territoriali ed economico analoghi.

4. Prima di soffermarsi sui singoli motivi di doglianza, suscettibili di trattazione congiunta per ragioni di connessione, giova ricostruire il quadro normativo di riferimento, per come delineato dall’art. 1, comma 163, L. 28 dicembre 2015, n. 208 e dal DPR 23 agosto 2017, n. 146.

Ai sensi dell’art. 1, comma 163, L. n. 208/2015 - nella formulazione (ratione temporis applicabile nella specie) anteriore alle modifiche apportate dal L. 30 dicembre 2020, n. 178 - “Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti i criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo di cui alla lettera b) del comma 160, da assegnare in favore delle emittenti radiofoniche e televisive locali per la realizzazione di obiettivi di pubblico interesse, quali la promozione del pluralismo dell'informazione, il sostegno dell'occupazione nel settore, il miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e l'incentivazione dell'uso di tecnologie innovative”.

In attuazione di tale disposizione, è stato emanato il DPR n. 146/2017, con cui sono stati definiti i criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali.

Come rilevato da questo Consiglio in sede consultiva (parere n. 1228 del 2017), il regolamento in esame intendeva superare le criticità emerse dall'attuazione della disciplina previgente (D.M. n. 292 del 2004), che prevedeva:

- graduatorie su base regionale formate dai comitati regionali per le comunicazioni;

- l’attribuzione dei contributi sulla base della media dei fatturati realizzati nel triennio precedente e del personale dipendente applicato allo svolgimento dell'attività televisiva;

- la riserva della contribuzione alle emittenti collocate ai primi posti della graduatoria, nei limiti del trentasette per cento dei graduati, arrotondato all'unità superiore.

In particolare, la nuova disciplina mirava ad evitare una eccessiva parcellizzazione “a pioggia” del beneficio economico, premiando selettivamente, sulla base di criteri di efficienza e di seria organizzazione d'impresa, i soggetti che investono nell'attività editoriale di qualità, anche mediante l'impiego di dipendenti e giornalisti e l'utilizzo di tecnologie innovative, ed a scoraggiare invece la mera occupazione di spazio frequenziale.

Come emergente dall’articolato normativo, per quanto di maggiore interesse ai fini dell’odierno giudizio, il Governo ha inteso raggiungere tali obiettivi attraverso:

- la semplificazione e l’efficientamento delle procedure di individuazione dei beneficiari dei contributi, attraverso l’introduzione di una graduatoria unica a livello nazionale, sulla base di una procedura istruttoria di esame delle domande condotta dal Ministero dello Sviluppo Economico (per brevità, anche MISE), con l’eliminazione delle precedenti procedure che prevedevano l’istruttoria sulle domande dei Comitati Regionali per le Comunicazioni (Co.Re.Com), la redazione e approvazione di graduatorie su base regionale e un successivo decreto ministeriale di riparto delle risorse tra le regioni (art. 5);

- la semplificazione della procedura, attraverso anche la dematerializzazione dei documenti e l'informatizzazione dell'iter procedurale (art. 5, comma 2).

- la riduzione dei tempi dell’iter procedurale, con l’eliminazione della necessità di dover acquisire documentazione da altre pubbliche amministrazioni e l’assegnazione al solo MISE dell'esame istruttorio delle domande, della predisposizione delle graduatorie dei soggetti ammessi e della conseguente liquidazione dei contributi (art. 5);

- la previsione di una selezione delle domande sulla base di criteri, riferiti: a) al personale dipendente -in specie, al numero medio di dipendenti e di giornalisti dipendenti (professionisti, pubblicisti e praticanti) effettivamente applicati all'attività di fornitore di servizi media audiovisivi per la regione e il marchio/ palinsesto oggetto della domanda-; b) alla media ponderata dell'indice di ascolto medio giornaliero basato sui dati del biennio precedente e del numero dei contatti netti giornalieri mediati sui dati del biennio precedente; nonché c) al totale dei costi sostenuti nell'anno precedente per spese in tecnologie innovative (art. 6).

In tale modo, si è intesa garantire la concessione dei contributi pubblici in favore di quelle aziende che fanno realmente impresa, promuovendo progetti di informazione e di comunicazione delle realtà locali.

Il nuovo regolamento ha stabilito, inoltre, fra i requisiti che devono essere posseduti dai richiedenti, limitazioni alle televendite e la presenza di spazi destinati all’informazione.

In particolare, le emittenti televisive, per poter accedere ai contributi, ai sensi dell’art. 4, comma 1, , DPR n. 146/17 devono:

- aderire al “Codice di autoregolamentazione in materia di televendite” e al “Codice di autoregolamentazione sulla tutela dei minori in TV”;

- a partire dalla domanda relativa all'anno 2019, avere trasmesso, per i marchi/palinsesti per i quali viene presentata la domanda, nell'anno solare precedente a quello di sua presentazione, almeno due edizioni giornaliere di telegiornali con valenza locale nella fascia oraria 7 - 23.

Infine, la disciplina in commento prevede una preliminare ripartizione delle risorse annualmente disponibili tra due categorie di operatori, disponendosi l’assegnazione del 95 per centro delle risorse ai primi cento classificati e il 5 per cento ai concorrenti che seguono in graduatoria (art. 6, comma 2).

5. Alla stregua del quadro normativo di riferimento, è possibile scrutinare le singole censure attoree, precisando al contempo che, in ragione dell’effetto devolutivo proprio dell’appello, l’omessa pronuncia ovvero la contraddittorietà o l’erroneità della motivazione giudiziale non determinano l’annullamento con rinvio della sentenza gravata (non ricorrendo alcuna delle fattispecie di rimessione al primo giudice ex art. 105 c.p.a.), né comportano la riforma della pronuncia di prime cure, ammissibile soltanto ove si giunga ad un diverso esito della controversia.

Pure di fronte ad una omessa pronuncia ovvero ad una motivazione contraddittoria o erronea, occorre che il giudice ad quem verifichi se il contenuto dispositivo della decisione assunta dal Tar – nella specie di rigetto del ricorso – sia comunque corretto.

6. In primo luogo, devono essere disattese le doglianze con cui l’appellante contesta una scorretta applicazione della disciplina regolamentare, in specie in relazione alla omessa valorizzazione dell’incidenza percentuale dell’indice di ascolto (prevista nella tabella 1 del DPR n. 146/17) anche ai fini dell’assegnazione del punteggio rilevante per la formazione della graduatoria.

Al riguardo, giova richiamare le disposizioni normative rilevanti, al fine di ricostruirne il significato precettivo, da porre a confronto con l’azione amministrativa concretamente svoltasi sul piano sostanziale.

6.1 Ai sensi dell’art. 6, comma 1, del regolamento in esame “Ai fini della determinazione dei contributi …, sono assegnati i punteggi in sede di valutazione delle domande, sulla base dei seguenti criteri: a) numero medio di dipendenti, effettivamente applicati all'attività di fornitore di servizi media audiovisivi o di emittente radiofonica per la regione e il marchio/ palinsesto oggetto della domanda, occupati nel biennio precedente con contratti a tempo indeterminato e a tempo determinato risultanti dalla presentazione del riepilogo delle posizioni iscritte presso l'INPS …; b) numero medio di giornalisti dipendenti (professionisti, pubblicisti e praticanti) effettivamente applicati all'attività di fornitore di servizi media audiovisivi o di emittente radiofonica per la regione e il marchio/palinsesto oggetto della domanda, occupati nel biennio precedente iscritti al relativo albo o registro, come risultanti dalla presentazione del riepilogo delle posizioni iscritte presso l'INPGI e per i pubblicisti che hanno optato per il mantenimento dell'iscrizione previdenziale presso l'INPS… ; c) con riferimento alle sole emittenti televisive, media ponderata dell'indice di ascolto medio giornaliero basato sui dati del biennio precedente e del numero dei contatti netti giornalieri mediati sui dati del biennio precedente, calcolata secondo quanto indicato nell'allegata tabella 1, per marchio/palinsesto nella relativa regione, indicati nella domanda, rilevati dall'Auditel, nel biennio solare precedente alla presentazione della domanda …; e) totale dei costi sostenuti nell'anno precedente per spese in tecnologie innovative ritenute ammissibili sulla base della presentazione di fatture quietanzate risultanti da dichiarazione resa da professionista iscritto nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili secondo quanto stabilito nell'allegata tabella 1”.

Ai sensi dell’art. 6, comma 2, DPR n. 146/17, “Nell'ambito dell'istruttoria per la predisposizione delle graduatorie di cui all'articolo 5, nella parte relativa alle emittenti televisive commerciali, sulla base del punteggio totale che ciascuna emittente consegue dalla somma dei punteggi relativi alle aree indicate nella tabella 1 e dalle maggiorazioni di punteggio di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo, il Ministero forma una graduatoria”; lo stesso comma prevede poi il cd. scalino preferenziale (che sarà infra separatamente esaminato, in quanto oggetto di apposito motivo di appello), destinandosi alle prime cento emittenti il 95 per cento delle risorse disponibili, con riserva alle emittenti che si collocano dal centunesimo del 5 per cento delle medesime risorse.

Ai sensi dell’art. 6, comma 5, DPR n. 146/17, “Le domande di ammissione al contributo presentate sono valutate attribuendo un punteggio numerico secondo quanto stabilito dal presente articolo in base ai criteri applicativi e ai punteggi indicati nelle tabelle 1 e 2 allegate al presente regolamento”.

Avuto riguardo a quanto previsto dalle tabelle richiamate dall’art. 6 DPR n. 146/17, risulta che:

- la tabella 1 definisce le aliquote da applicare per ripartire l’ammontare annuo dello stanziamento destinato alle emittenti televisive nell’ambito di tre aree selettive e specifica i criteri applicabili per la determinazione del punteggio riferito alle singole aree selettive; in particolare, per quanto di maggiore interesse ai fini dell’odierno giudizio, il comma 1 di tale tabella prevede che lo stanziamento annuo avrebbe dovuto essere ripartito, per gli anni 2016 e 2017, nella misura dell’80% in relazione al “criterio inerente ai dipendenti e ai giornalisti di cui all'articolo 6, comma 1, lettere a) e b)”, nella misura del 17% con riferimento al “criterio inerente ai dati Auditel di cui all'articolo 6, comma 1, lettera c)” e nella misura del 3% con riguardo al “criterio inerente ai costi sostenuti per spese in tecnologie innovative di cui all'articolo 6, comma 1, lettera e)”. A decorrere dagli anni successivi, le percentuali relative al primo criterio (riferito ai dipendenti e ai giornalisti) e al secondo criterio (concernente i dati di ascolto) avrebbero dovuto attestarsi rispettivamente nel 67% e nel 30%;

- la tabella 2 al DPR n. 146 del 2017 regola il punteggio da attribuire in relazione a ciascuno dei criteri di cui all’art. 6 e alla tabella 1 cit. ai fini della formazione della graduatoria, sulla base di formule di calcolo ivi divisate.

6.2 Dalla disciplina regolamentare unitariamente intesa discende che il criterio dei dati di ascolto rileva sia per la formazione della graduatoria, sia per la determinazione del quantum spettante in favore delle singole emittenti locali; ciò, tuttavia, secondo modalità differenziate.

In particolare, sotto il primo profilo, il punteggio spettante ai concorrenti è attribuito – sulla base dei criteri di cui alla tabella 1, commi 2 e ss., e alla tabella 2 – in relazione a ciascuna delle aree indicate nella tabella 1, ivi compresa, dunque, l’area relativa agli indici di ascolto: il punteggio parziale (riferito alla singola area valutativa) deve poi essere sommato ai punteggi riportati dal candidato nelle rimanenti aree, per ottenere il punteggio complessivo rilevante per la collocazione in graduatoria (come previsto dall’art. 6, comma 2 cit., secondo cui il punteggio totale di ciascuna emittente, rilevante per la formazione della graduatoria, consegue dalla somma dei punteggi relativi alle singole aree valutative).

Sotto il secondo profilo, per stabilire il quantum spettante al singolo concorrente, secondo la disciplina in contestazione, occorre:

- preliminarmente, ripartire le risorse annualmente disponibili, tenuto conto del cd. scalino preferenziale, con l’assegnazione del 95 per centro delle risorse ai primi cento classificati e il 5 per cento ai concorrenti che seguono in graduatoria;

- all’esito, ripartire lo stanziamento complessivo così determinato (pari al 95 per centro per i primi cento classificati e al 5 per centro per i rimanenti concorrenti collocati dalla centunesima posizione a seguire) nelle tre aree valutative richiamate (dipendenti, dati di ascolto e spese per investimento) secondo le percentuali indicate nella tabella 1, comma 1 (per i dati di ascolto, 17 per cento per gli anni 2016 e 2017 e 30 per centro per gli anni successivi), al fine di ottenere lo stanziamento parziale, riferito a ciascuna area;

- quindi, ripartire tale valore (lo stanziamento parziale, per singola area) proporzionalmente tra i concorrenti in ragione del punteggio da ciascuno ottenuto nella singola area (in particolare, si divide lo stanziamento riferito alla singola area per il numero di punti assegnati nell’ambito dell’area a tutti i concorrenti, per ottenere il valore economico del punto unitario, da moltiplicare poi per il numero di punti ottenuti da ciascun concorrente nell’area valutativa, così da quantificare il contributo parziale spettante per l’area esaminata);

- ripetere la stessa procedura per le rimanenti aree, al fine di ottenere il contributo spettante al concorrente per ciascuna delle aree valutative;

- infine, sommare i contributi parziali (relativi a ciascuna area) per ottenere il contributo complessivo spettante al concorrente.

6.3 Ne deriva che le aliquote previste dalla tabella 1 rilevano, come correttamente avvenuto sul piano sostanziale, ai soli fini del riparto dello stanziamento annuo: alla stregua di quanto emergente dal dato positivo, il comma 1 della tabella 1 riguarda esclusivamente la ripartizione dell’ “ammontare annuo dello stanziamento destinato alle emittenti televisive…”, con la conseguenza che le relative percentuali non influiscono sull’assegnazione dei punteggi rilevanti ai fini della formazione della graduatoria, da computare in valore assoluto sulla base dei coefficienti e delle formule di calcolo di cui alla tabella 1, commi 2 e ss., e alla tabella 2 del DPR n. 146/17 (ex art. 4, comma 2, cit.).

6.4 Non potrebbe argomentarsi diversamente sulla base del documento recante gli “Esiti della consultazione pubblica su alcuni aspetti delle “Linee guida sui criteri e le modalità adottati per la formazione delle graduatorie dei fornitori di servizi di media audiovisivi (FSMA) operanti in ambito locale” riferito alle graduatorie FSMA del 25 marzo 2021.

Si è, infatti, in presenza di un documento irrilevante, in quanto:

- da un lato, non concerne l’iter di approvazione della disciplina regolamentare in esame, non essendo, dunque, riconducibile agli atti preparatori che, in effetti, potrebbero pure essere utilmente valorizzati per ricostruire la volontà normativa espressa con la deliberazione dell’atto normativo;

- dall’altro, non riguarda il procedimento amministrativo di formazione della graduatoria per l’annualità del 2016, rilevante nell’odierno giudizio, non potendo, dunque, essere invocato neppure per manifestare una contraddittorietà dell’azione amministrativa (in ipotesi, tradottasi, dapprima, nell’indicazione di alcune linee interpretative, orientative dell’azione degli amministrati, successivamente, nella loro inosservanza al momento dell’adozione della decisione conclusiva).

6.5 La rilevanza delle aliquote di cui al comma 1 della tabella 1 ai soli fini del riparto dello stanziamento annuale, senza influire sui punteggi computabili per la formazione della graduatoria, non potrebbe neppure ritenersi violativa degli obiettivi di interesse pubblico delineati dall’art. 1, comma 1034, L. n. 205 del 2017, in specie in ordine alla tutela occupazionale e al pluralismo informativo.

Difatti, in primo luogo, deve osservarsi che le aliquote percentuali in esame, seppure non concorrono all’assegnazione del punteggio, rilevano, comunque, per la determinazione del quantum della contribuzione, in quanto definiscono l’ammontare dello stanziamento disponibile in relazione a ciascuna area valutativa; con la conseguenza che la disciplina in esame, prevedendo un’aliquota maggioritaria in favore dell’area selettiva riferita ai dipendenti e ai giornalisti (80% per gli anni 2016 e 2017 e 67% per gli anni successivi), consente di tutelare adeguatamente le esigenze occupazionali, destinandosi in via maggioritaria il finanziamento pubblico a sostegno delle spese per il personale dipendente.

In secondo luogo, come si osserverà amplius infra nel trattare dell’indice di ascolto, la valorizzazione (in termini assoluti) dell’indice di ascolto è coerente con altri obiettivi parimenti menzionati dall’art. 1, comma 1034, L. n. 205 del 2017, pur sempre da conseguire attraverso la disciplina regolamentare.

In particolare, si fa riferimento al miglioramento dei livelli qualitativi dei livelli forniti: la disciplina in commento, da un lato, prevede l’indice di ascolto quale criterio selettivo, dall’altro, impone specifici requisiti di ammissione (di cui all’art. 4 del DPR n. 146/17), riguardanti anche il servizio di informazione locale e il rispetto dei codici di autoregolamentazione in materia di televendite e di tutela dei minori.

Tale disciplina è idonea a premiare quelle emittenti che, già selezionate anche in ragione della qualità del servizio fornito (rispettando i relativi requisiti di ammissione), hanno registrato il gradimento degli utenti, in tale modo dimostrando di non essersi limitati ad occupare spazio frequenziale, ma di avere investito nell’attività di impresa, registrando ascolti oggettivamente misurabili, parimenti valorizzabili per la distribuzione della contribuzione pubblica.

6.6 Per la disamina delle censure riferite alla all’inattendibilità del dato Auditel, alla mancata parametrazione dei criteri selettivi alla popolazione residente in ciascun ambito regionale e allo scalino preferenziale di cui all’art. 6, comma 2, DPR n. 146/17, si rinvia al prosieguo della trattazione.

7. Non meritano condivisione neppure le varie censure riferite alla previsione, tra i criteri selettivi, dell’indice di ascolto.

Secondo quanto dedotto dall’appellante, si sarebbe in presenza di un criterio illegittimo in quanto:

- promanante da un soggetto privo dei caratteri di terzietà e indipendenza per quanto attinente alle TV locali/regionali;

- incentrato su dati inattendibili e, comunque, privi di ogni riferimento alla qualità della programmazione;

- incompatibile con gli obiettivi di interesse pubblico posti dall’art. 1, comma 1034, L. n. 205/17 e, comunque, inidoneo a misurare l’effettivo gradimento della TV da parte dei telespettatori;

- non parametrato, al pari del criterio riferito al numero di dipendenti e giornalisti, alla popolazione regionale residente.

8. In primo luogo, deve osservarsi che la previsione del criterio riferito ai dati di ascolto non viola il principio del legittimo affidamento; ciò, a prescindere dalla data di adozione o dalla natura giuridica delle linee guida ministeriali, pure richiamate nella sentenza di prime cure per escludere l’illegittimità del parametro dell’indice di ascolto.

8.1 Come precisato dalla giurisprudenza amministrativa, "il principio dell'affidamento trova la sua giustificazione nella circostanza che il privato possa confidare nella stabilità di un atto amministrativo, quando abbia ragione di ritenere che l'atto sia legittimo e comunque abbia prodotto i suoi effetti per lungo tempo, senza che sia intervenuto alcun "rilievo" da parte dell'amministrazione che lo ha emanato" (CGA, 23 maggio 2017, n. 243).

Affinché possa riscontrarsi una posizione di legittimo affidamento, occorre, dunque, che la parte privata sia stata beneficiata da un pregresso atto amministrativo, costitutivo di una situazione di vantaggio acquisita in buona fede, consolidatasi nel proprio patrimonio giuridico per via del decorso di un apprezzabile periodo temporale.

Anche in ambito unionale è stato precisato che il diritto di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento si estende a ogni individuo in capo al quale un'autorità amministrativa nazionale abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate e affidabili, che essa gli avrebbe fornito (Corte di Giustizia, 31 marzo 2022, in causa C 195-21, punto 65).

Peraltro, qualora un operatore economico prudente e avveduto sia in grado di prevedere l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi, esso non può invocare il legittimo affidamento nel caso in cui il provvedimento venga adottato: gli operatori economici non possono neppure prestare legittimamente affidamento sul mantenimento di una situazione esistente che può essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle autorità nazionali (Corte di Giustizia, 15 aprile 2021, in cause C 798/18 e C-799/18, punto 42).

Per l’effetto, posto che l’Amministrazione ha il potere di modificare nel tempo i criteri valutativi applicabili per la concessione dei contributi pubblici (in applicazione del principio di inesauribilità del pubblico potere), l’introduzione di nuovi parametri, a modifica di quelli precedentemente applicati, non potrebbe ledere un affidamento legittimo qualora, da un lato, l’Amministrazione non abbia previamente assunto atti suscettibili di ingenerare negli operatori di mercato un dato affidamento sul contenuto della regolazione emananda, dall’altro, i criteri in concreto prescelti, pure se riferiti a requisiti maturati nel periodo anteriore alla loro introduzione, non risultino del tutto imprevedibili o irragionevoli, non essendo avulsi dal contesto regolatorio di riferimento, né incoerenti rispetto alle finalità sottese alla regolazione all’uopo da introdurre.

8.2 Nel caso di specie, oltre a difettare rassicurazioni dell’Amministrazione circa la mancata adozione di un criterio selettivo relativo ai dati di ascolto, emerge un parametro già contemplato dalla normativa di settore, normalmente impiegato dagli operatori di mercato nello svolgimento della propria attività di impresa -in quanto correlato ai ricavi dalla vendita degli spazi pubblicitari-, nonché idoneo a misurare il gradimento riscosso dalla programmazione dell’emittente presso il pubblico degli utenti; il che manifesta la prevedibilità e la ragionevolezza del criterio selettivo, tale da impedire la violazione del principio del legittimo affidamento.

8.3 In particolare, in punto di prevedibilità dell’introduzione di un tale criterio selettivo, l’indice di ascolto risultava già richiamato:

- dall’art. art. 6, comma 9-quinquies, D.L. 23/12/2013, n. 145 conv. dalla L. n. 9/14 (inserito dall'art. 1, comma 147, lett. d), L. 23 dicembre 2014, n. 190, a decorrere dal 1° gennaio 2015), in forza del quale, al fine di individuare gli operatori di rete in condizione di utilizzare ulteriori frequenze resesi disponibili, il Ministero dello sviluppo economico avrebbe dovuto predisporre, per ciascuna regione e per le province autonome di Trento e di Bolzano, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati quali fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale, applicando, per ciascun marchio oggetto di autorizzazione, (tra gli altri) apposito criterio riferito alla “media annua dell'ascolto medio del giorno medio mensile rilevati dalla società Auditel nella singola regione o provincia autonoma”;

- dall’art. 6, comma 5, All. A alla delibera AGCOM 21/03/2013, n. 237/13/Cons (accessibile sul sito istituzionale dell’Autorità), in forza del quale, ai fini dell’attribuzione delle numerazioni dei canali digitali terrestri a diffusione nazionale in chiaro, avrebbe dovuto tenersi conto, in ciascun sottoblocco, della data di autorizzazione del programma in tecnica digitale terrestre “e, ove esistenti, degli indici di ascolto rilevati dalla società Auditel”.

Ne deriva che il parametro degli indici di ascolto rilevati dalla società Auditel non costituiva una novità nell’ambito della regolazione di settore, essendo stato già preso in considerazione sia per l’utilizzo di ulteriori frequenze rese disponibili in capo ai fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale, sia per la numerazione dei canali digitali terrestri.

Per l’effetto, un operatore accorto e prudente, tenuto conto dell’avvenuto utilizzo dell’indice di ascolto quale criterio selettivo per il riconoscimento di benefici in favore delle emittenti televisivi, avrebbe ben potuto prevedere l’adozione di tale criterio anche per la concessione dei contributi economici per cui è causa.

8.4 L’indice di ascolto risulta, inoltre, ragionevole, in quanto coerente con l’esigenza di selezionare operatori che, investendo effettivamente nella propria attività di impresa, svolgono un’attività economicamente sostenibile, in quanto idonea a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi (predicato del carattere imprenditoriale dell’attività svolta - Cass. civ. Sez. III, 19 giugno 2008, n. 16612).

Come correttamente rilevato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Allegato A alla delibera n. 236/17/CONS – doc. 20 produzione Auditel), le imprese televisive operano sul mercato della raccolta pubblicitaria per vendere agli inserzionisti i propri spazi pubblicitari.

Una delle variabili che concorrono alla collocazione di spazi pubblicitari sul mercato è costituita proprio dall’audience conseguita dall’emittente attraverso la propria programmazione, con la conseguenza che la rilevazione dei contatti dei mezzi di comunicazione nasce dalla necessità degli operatori e degli investitori di quantificare l’effettivo numero di consumatori raggiunti dai mezzi di comunicazione: “i dati e le informazioni sulle audience sono indispensabili al corretto funzionamento e allo svolgimento delle negoziazioni finalizzate alla compravendita di pubblicità. L’intero sistema pubblicitario si avvale, infatti, dei servizi di misurazione delle audience sui diversi mezzi che incide, quindi, in modo determinante sulla valorizzazione delle inserzioni di pubblicità, nonché sulla valutazione del ritorno sugli investimenti effettuati e sulla pianificazione e ottimizzazione degli investimenti futuri” (Allegato A alla delibera n. 236/17/CONS – pag. 5).

Peraltro, è stato pure rilevato che “nel corso degli ultimi anni la vendita di spazi pubblicitari all’interno dei programmi televisivi abbia rappresentato la principale fonte di ricavo nel settore televisivo (nel 2015 pari al 41,5% delle risorse complessive), pur essendo diminuita di circa un quarto del proprio valore rispetto al 2010” , con la precisazione che “nell’ultimo anno, il trend negativo che aveva caratterizzato l’andamento della raccolta pubblicitaria televisiva nei periodi precedenti abbia avuto un’inversione di tendenza” (pagg. 81 e 82, Allegato A alla delibera n. 236/17/CONS; cfr. fig. 7 , pag. 82, dedicata alla ripartizione dei ricavi complessivi del settore televisivo, in cui, accanto alla pubblicità, sono previsti soltanto le offerte televisive a pagamento e i fondi pubblici).

Per un’emittente televisiva, pertanto, l’indice di ascolto non può essere considerato un elemento estraneo all’attività svolta, influendo sui ricavi derivanti dalla raccolta pubblicitaria, costituenti – di regola – una posta economica rilevante per l’operatore di mercato.

Ne discende la coerenza dell’indice di ascolto rispetto alla tipologia di attività sovvenzionata con la pubblica contribuzione per cui è causa.

8.5 Il criterio in esame, infine, consente anche di misurare il gradimento della programmazione dell’emittente presso il pubblico, misurando i contatti ottenuti da ciascun programma.

Emerge, dunque, un elemento di valutazione del tutto ragionevole, in quanto coerente con l’esigenza di agevolare l’attività di emittenti televisive che non occupino mero spazio frequenziale, bensì forniscano un servizio apprezzato dall’utenza, come dimostrato dal seguito in concreto misurato.

8.6 In definitiva, non può ritenersi lesiva del principio di legittimo affidamento la previsione, tra i criteri selettivi da applicare per la concessione di pubbliche elargizioni, di un parametro già impiegato in passato dalla normativa di settore (riferita all’attività di emittenza televisiva), coerente con la struttura dei ricavi di un emittente che determini in maniera autonoma e razionale la propria condotta sul mercato, nonché idoneo a misurare il successo della programmazione dell’emittente presso il pubblico degli utenti.

8.7 Né potrebbe argomentarsi diversamente rilevando che, stante la non obbligatorietà del convenzionamento con l’Auditel, talune emittenti non fossero in possesso del relativo requisito selettivo, perché non aderenti al sistema di rilevazione Auditel, con la conseguenza che un tale criterio avrebbe dovuto essere applicato soltanto pro futuro, in relazione ai dati suscettibili di misurazione successivamente all’entrata in vigore della nuova disciplina regolamentare.

Nella scelta dei criteri selettivi l’Amministrazione è tenuta ad individuare parametri prevedibili e conseguibili dalla generalità degli operatori di mercato, non potendo, invece, esigersi un accertamento concreto sulla effettiva pregressa disponibilità del requisito in capo a tutti gli operatori potenzialmente interessati dall’emananda disciplina.

Con riferimento all’indice di ascolto, acclarata la sua prevedibilità, non risultano dagli atti di causa elementi che facciano ritenere che si fosse in presenza di un parametro riservato ad alcune categorie di emittenti, trattandosi di un elemento utilizzabile da tutte le emittenti televisivi, specie per la collocazione dei propri spazi pubblicitari.

La scelta di non aderire al sistema di rilevamento dei dati di ascolto è, dunque, destinata ad esaurire la propria rilevanza nella sfera giuridica del singolo emittente che, pure in condizione di prevedere il futuro utilizzo del parametro de quo per la concessione di pubbliche elargizioni e pure in condizione di acquisire tale requisito, ha ritenuto di improntare diversamente la propria attività di impresa: scelta personale, certamente lecita, in assenza di un obbligo violato, ma insuscettibile di condizionare la legittimità del potere regolamentare in contestazione nell’odierno giudizio.

Per tali ragioni, l’Amministrazione non era neppure tenuta ad introdurre apposita disciplina transitoria per differire l’applicazione del criterio sui dati di ascolto, trattandosi di parametro prevedibile e ragionevole, come tale immediatamente applicabile.

Anche il suggerimento espresso da questo Consiglio di Stato nel parere n. 1563 del 2017 in ordine all’introduzione di una disciplina transitoria riguardava scelte di mera “opportunità”, da valutare dall’Amministrazione procedente, senza influire sulla legittimità della disciplina regolamentare emananda.

8.8 L’Amministrazione, infine, non avrebbe potuto neppure ammettere ulteriori sistemi di rilevazione dei dati di ascolto, in quanto, come precisato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nell’indagine conoscitiva sui sistemi di rilevazione degli indici di ascolto sui mezzi di comunicazione di massa (Allegato A alla delibera n. 236/17/CONS), l’Auditel rappresentava il “soggetto responsabile unico per la raccolta e diffusione dei dati di ascolto televisivo in Italia”, con la conseguenza che, nella valorizzazione dei dati di ascolto ai fini selettivi (scelta, come osservato, prevedibile e ragionevole), non sarebbe stato possibile prendere in considerazione dati di ascolto diversi da quelli rilevati dalla società Auditel (sulla sussistenza di una radicata presenza storica della società Auditel in posizione di monopolio sul mercato, cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 18 luglio 2014, n. 3849).

Ne deriva che non potrebbe censurarsi la legittimità della disciplina in analisi neppure evidenziando che anche per le imprese non sottoposte al rilevamento Auditel, potrebbe riscontrarsi un indice di ascolto: ai fini selettivi rileva, infatti, la prova della circostanza fattuale valorizzata per l’attribuzione dei punteggi, che al tempo di adozione del regolamento, in relazione ai dati di ascolto, poteva essere fornita soltanto dai rilevamenti dell’Auditel, non sussistendo un alternativo e attendibile metodo di misurazione valorizzabile in sede normativa. Né in giudizio è stata fornita una idonea prova contraria.

9. L’appello non merita di essere condiviso neppure nella parte in cui ravvisa la carenza di terzietà e indipendenza della società Auditel.

L’Auditel adotta un modello organizzativo idoneo a garantire la correttezza e la trasparenza delle rilevazioni, tale da escludere dubbi di parziarietà suscettibili di influire sull’applicazione del criterio selettivo per cui è causa.

Come emerge dall’art. 7 dello statuto dell’Auditel in atti, la società, “al fine di perseguire il mantenimento dell’equilibrio dei rapporti tra i soci, è composta da tre diversi Gruppi, tra loro omogenei, di soci”: a) gli utenti e le agenzie di pubblicità, rappresentati dai soci Upa utenti Pubblicità Associati e Assap Servizi srl; b) l’emittenza pubblica, rappresentata dal socio Rai Radiotelevisione Italiana; c) l’emittenza privata, rappresentata dai soci RTI s.p.a., La7 s.p.a. e Confindustria Radio Televisori; alla società partecipa con una quota dell’uno per cento, anche la F.I.E.G. Federazione Italiana Editori Giornali.

L’art. 10 prevede, inoltre, l’attribuzione di particolari diritti amministrativi ai singoli soci, in specie nella nomina dei consiglieri di amministrazione e dai componenti del comitato tecnico (avente competenza, ai sensi dell’art. 20, sui problemi di natura tecnico-scientifica relativi all’impostazione ed alla realizzazione delle rilevazioni, delle ricerche e della diffusione dei dati ottenuti).

L’art. 12 prevede, al riguardo, che il maggior numero di amministratori nominato dall’assemblea, rispetto ai membri spettanti ai soci, “è finalizzato a consentire l’ampliamento della rappresentatività dell’organo amministrativo della società, in ossequio alle indicazioni formulate dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni”.

La governance della società Auditel, dunque, riflette il modello cd. JIC- Joint Industry Committees, prevalentemente utilizzato a livello europeo, basato sulla ripartizione del capitale azionario delle società che realizzano le indagini, tra impresa televisiva pubblica, imprese televisive private ed investitori pubblicitari, al fine di assicurare la rappresentatività (anche nella composizione degli organi gestori dell’impresa) del relativo settore (cfr. pag. 21 Allegato A alla delibera n. 236/17/CONS).

La circostanza per cui non vi sia, nell’ambito delle composizione societaria della Auditel, un soggetto rappresentativo delle (sole) emittenti locali non consente di giungere a risultati differenti, tenuto conto che l’Associazione TV Locali, organismo rappresentativo dell’emittenza locale, come emergente dall’atto di intervento in prime cure, aderisce a Confindustria Radio TV, a sua volta socia dell’Auditel, il che dimostra come sussista nell’ambito della compagine societaria dell’Auditel anche una rappresentanza, attraverso la Confindustria Radio TV e delle associazioni alla stessa aderenti, delle emittenti locali.

Ciò trova, peraltro, conferma in quanto rilevato nell’allegato A alla delibera n. 236/17/CONS, in cui si dà atto che “Quanto all’emittenza locale, essa allo stato ha una sua rappresentanza, ancorché non diretta, in CdA, attraverso Confindustria RadioTV; inoltre, le TV locali sono direttamente rappresentate nel Comitato Tecnico, organo che, …, svolge un ruolo significativo all’interno della società” (pag. 97).

Non potrebbe argomentarsi diversamente in ragione della presenza di alcune emittenti locali che in concreto non hanno aderito all’Associazione TV Locali o rilevando che alcune delle emittenti aderenti abbiano conseguito ex post elevati punteggi nell’ambito delle procedure concessorie: in subiecta materia non rileva l’interesse individuale dell’emittente non associata, ma l’interesse collettivo della categoria.

Come statuito da questo Consiglio (sez. III, 2 marzo 2020, n. 1467), la legittimazione ad causam delle associazioni è fondata sulla titolarità di un interesse "collettivo", geneticamente derivante da un processo di impersonificazione di interessi cd "diffusi", ossia interessi omogeneamente distribuiti nella collettività o nella categoria di riferimento, sebbene giuridicamente latenti, in quanto non dotati, a livello individuale, di rilievo giuridico immediato, in ragione dell'insussistenza del requisito della differenziazione che tradizionalmente qualifica la situazione giuridica dell'interesse legittimo.

L’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (n. 6 del 2020) ha distinto, al riguardo, le situazioni soggettive ascrivibili al singolo dall’interesse collettivo riconoscibile in capo all’Associazione; in particolare, si è osservato che l’Associazione non agisce a tutela di una sommatoria di interessi individuali, rientranti nella titolarità degli appartenenti alla collettività o categoria rappresentata, bensì fa valere una situazione giuridica propria: “Essa è relativa ad interessi diffusi nella comunità o nella categoria, i quali vivono sprovvisti di protezione sino a quando un soggetto collettivo, strutturato e rappresentativo, non li incarni. Non in forza di una fictio ma di un giudizio di individuazione e selezione degli interessi da proteggere, nonché della rigorosa verifica della rappresentatività del soggetto collettivo che ne promuove la tutela”.

Ne deriva la necessità di differenziare le situazioni giuridiche soggettive ascrivibili all’ente rappresentativo e ai soggetti rappresentati, ragion per cui l’ente rappresentativo non può ritenersi investito della tutela dei singoli associati, perseguendo un interesse ontologicamente distinto, imputabile all’intera categoria di riferimento (emittenti televisive locali), cui è riconducibile anche l’odierna appellante.

L’imparzialità dell’Auditel, in ogni caso, è ulteriormente comprovata dalla presenza, nella relativa compagine societaria, dell’associazione degli utenti, organismo super partes, nonché dalla sottoposizione della società Auditel alla vigilanza pubblica (attraverso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ex art. 1, comma 6, lett. b), n. 11 della legge 31 luglio 1997, n. 249).

L’odierna ricorrente, comunque, non ha fornito elementi specifici da cui potere desumere che l’Auditel non sia effettivamente imparziale, tendendo a favorire alcune emittenti in danno di altre (non rilevando, come osservato, a tali fini i collegamenti tra alcune emittenti concorrenti e le associazioni di categoria rappresentate nell’ambito della compagine societaria dell’Auditel); con conseguente infondatezza della corrispondente censura attorea anche per difetto di prova delle contestazioni all’uopo svolte.

10. Parimenti infondate devono ritenersi le censure incentrate sull’inattendibilità dei dati di ascolto rilevati dall’Auditel o sulla loro inidoneità a rilevare la qualità della programmazione delle emittenti televisive.

10.1 Con riferimento a tale ultimo aspetto, relativo alla qualità dell’informazione, deve evidenziarsi come il gradimento del pubblico, desumibile dai dati di ascolto, possa, comunque, rappresentare un indice qualitativo del servizio fornito dagli emittenti, non potendosi sostenere che, secondo l’id quod plerumque accidit, i programmi di scarsa qualità siano caratterizzati, di regola, da un numero elevato di contatti: di contro, tenuto conto delle scelte dell’utente razionale, può presumersi che un programma connotato da un gradimento elevato, come misurato dagli indici di ascolto, sia seguito in quanto idoneo a realizzare le esigenze dell’utenza, fornendo un servizio di qualità.

In ogni caso, si osserva che il conseguimento dell’obiettivo di tutela posto dall’art. 1, comma 163, L. n. 208 del 2015, relativo al miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti, deve essere valutato avuto riguardo alla complessiva disciplina dettata in sede regolamentare.

Come osservato, per poter accedere ai contributi, ai sensi dell’art. 4, comma 1, DPR n. 146/17 le emittenti televisive devono:

- aderire al “Codice di autoregolamentazione in materia di televendite” e al “Codice di autoregolamentazione sulla tutela dei minori in TV”;

- a partire dalla domanda relativa all'anno 2019, avere trasmesso, per i marchi/palinsesti per i quali presentano la domanda, nell’anno solare precedente a quello di sua presentazione, almeno due edizioni giornaliere di telegiornali con valenza locale nella fascia oraria 7 - 23.

Pertanto, la concessione di un contributo in favore di emittenti, da un lato, tenute all’osservanza di specifiche prescrizioni a garanzia della qualità della programmazione offerta – incentrate sul rispetto della disciplina di autoregolamentazione in materia di televendite e tutela dei minori, oltre che sulla trasmissione di due edizioni giornaliere di telegiornali con valenza locale in una fascia oraria caratterizzata dalla visione da parte della generalità degli utenti -, dall’altro, connotate da un apprezzabile indice di gradimento come emergente dall’indice di ascolto, consente di realizzare le esigenze di miglioramento qualitativo dei contenuti forniti.

In particolare, il criterio selettivo dei dati di ascolto trova applicazione ad operatori che, in quanto ammessi alla procedura concessoria, sono in possesso dei requisiti declinati all’art. 4 del regolamento e, dunque, si distinguono già per la qualità del servizio offerto all’emittenza, comprendente la trasmissione di programmi rispettosi dell’autoregolamentazione in materia di televendite e tutela dei minori.

Pertanto, è ragionevole, in quanto coerente con gli obiettivi di tutela posti dall’art. 1, comma 163, L. n. 208 del 2015, valorizzare l’apprezzamento - come misurato dall’indice di ascolto – che il pubblico degli utenti ha manifestato nei confronti della programmazione di qualità (rispettosa dei requisiti di ammissione alla pubblica contribuzione) offerta dalle emittenti partecipanti alla procedura concessoria.

10.2 I dati di ascolto non potrebbero neppure essere censurati per la inattendibilità o per la inidoneità a misurare i contatti riguardanti la programmazione locale.

Al riguardo, devono essere valorizzate le risultanze dell’indagine conoscitiva sui sistemi di rilevazione degli indici di ascolto sui mezzi di comunicazione di massa cit. (All. A delibera n. 236/2017/Cons), disponibili al tempo di emanazione del regolamento per cui è causa, in cui si dà atto che:

- “Il panel utilizzato da Auditel fino al 2017 risulta essere, tra i Paesi considerati, il più consistente in valore assoluto (5.760 famiglie) ed il secondo in rapporto alla popolazione, dietro alla Spagna (0,23% contro 0,29%, dato in linea con quello degli Stati Uniti). Con l’introduzione del superpanel, prevista nel corso del 2017, l’Italia dovrebbe divenire il Paese con il panel più rappresentativo, sia in valori assoluti che percentuali, tra i maggiori Paesi al mondo (sebbene, come sarà descritto in maggiore dettaglio nel paragrafo 3.2, l’espansione del panel avverrà utilizzando dispositivi set meter e non people meter)” (pag. 66, All. A delibera n. 236/2017/Cons);

- “Auditel si occupa di rilevare e diffondere i dati di ascolto televisivo, minuto per minuto ogni giorno dell’anno, relativi a programmi, break e spot pubblicitari trasmessi dalle emittenti nazionali e locali in Italia, tramite digitale satellitare, digitale terrestre e fibra ottica, sia live sia in differita” (pag. 87);

- “I dati prodotti sono resi disponibili, a fronte di un congruo corrispettivo, a chiunque ne faccia richiesta. Usualmente, i risultati delle rilevazioni sono richiesti dalle emittenti televisive, in quanto interessate ai dati di ascolto conseguiti dai propri programmi per valutarne le performance, e dagli utilizzatori professionali, tra i quali vi sono società specializzate nell’analizzare i dati su incarico di un destinatario finale (agenzie, centri media, utenti di pubblicità, concessionarie, studi professionali, ecc.). I dati rilasciati possono essere giornalieri, settimanali, mensili o annuali” (pag. 88);

- “Il panel è attualmente costituito da 5.760 famiglie,66 corrispondenti a circa 14.700 individui, nelle cui abitazioni sono stati installati oltre 10.250 rilevatori meter GTAM. Ogni anno, circa il 20% delle famiglie appartenenti al panel viene sostituito al fine di: i) mantenere il campione aggiornato rispetto ai mutamenti nella popolazione che esso rappresenta; ii) sostituire le famiglie che non intendono più collaborare; iii) evitare fenomeni di assuefazione” (pag. 90);

- il “sistema di rilevazione sviluppato da Auditel nel corso degli anni e illustrato nel presente paragrafo sembra aver risolto le criticità evidenziate dall’Autorità nel corso della propria attività di analisi e vigilanza sui mercati della rilevazione degli ascolti” (pag. 95).

Tali rilievi, svolti dall’Autorità di vigilanza del settore, dimostrano l’attendibilità dei dati di ascolto in esame, facendosi questione di dati disponibili per gli interessati, riguardanti anche le emittenti locali, nonché misurati sulla base di un panel continuamente aggiornato ed estremamente rappresentativo, il più consistente in valore assoluto tra i Paesi considerati dall’Autorità (Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna) e secondo in rapporto alla popolazione, dietro soltanto alla Spagna, senza tenere conto dell’introduzione programmata del superpanel che avrebbe reso l’Italia il Paese con il panel più rappresentativo, sia in valori assoluti che percentuali, tra i maggiori Paesi al mondo.

Trattasi, inoltre, di un sistema di rilevazione sottoposto ad una costante vigilanza pubblica (da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) - come reso palese anche dall’obbligo, gravante sulla società Auditel, di inviare all’Autorità “una relazione, a cadenza semestrale, che illustri nel dettaglio lo stato di avanzamento del progetto superpanel, inclusi eventuali sviluppi futuri, e di estensione delle indagini di rilevazione ai contenuti televisivi fruiti da altri schermi” (pag. 96, All. A delibera n. 236/2017/Cons) – ad ulteriore garanzia dell’attendibilità dei risultati di analisi dallo stesso prodotti.

A fronte di tali elementi, caratterizzanti il sistema di rilevazione in esame e deponenti per la sua attendibilità, l’appellante si è limitato a svolgere deduzioni astratte sull’inattendibilità dell’indice di ascolto de quo (soffermandosi, ad esempio, sull’inadeguatezza del campione rappresentativo, sul carattere ignoto della sua distribuzione territoriale o sulla rilevazione su base provinciale o regionale), ma non ha fornito specifici elementi di prova in grado di dimostrare la divergenza tra i dati di ascolto rilevati dall’Auditel e i dati di ascolto realmente riferibili alle emittenti sottoposte a rilevazione.

11. Parimenti, non può dedursi l’illegittimità della disciplina regolamentare in analisi (nella parte in cui ha previsto tra i criteri selettivi l’indice di ascolto e al numero di dipendenti), sostenendo che si è in presenza di valori computati in termini assoluti e non parametrati alla popolazione regionale, rientrando nella discrezionalità dell’autorità governativa prevedere le modalità di formazione del punteggio ai fini della graduazione dei candidati, aspiranti alla concessione dei contributi economici de quibus.

11.1 Pure dovendosi ammettere la piena sindacabilità dei regolamenti da parte del giudice amministrativo, facendosi questione di atti amministrativi (Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 maggio 2021, n. 3475), deve riconoscersi un’ampia discrezionalità dell’autorità governativa nella definizione della disciplina ritenuta maggiormente adeguata al raggiungimento degli obiettivi di interesse generale, ferma rimanendo l’osservanza dei principi e criteri dettati dalla fonte primaria (Consiglio di Stato, sez. IV, 10 luglio 2013, n. 3688), oltre che del principio di logicità-congruità, non potendo ammettersi scelte, comunque, inficiate da manifesta illogicità e irragionevolezza, evidente sproporzionalità o travisamento dei fatti.

Tali principi e criteri non risultano essere stati nella specie disattesi.

11.2 Come sopra osservato, alla stregua del quadro regolatorio di riferimento, i dati di ascolto e il numero di dipendenti e giornalisti rilevano:

- ai sensi della tabella 1, comma 1, al DPR n. 146 del 2017, per la ripartizione dell’ammontare annuo dello stanziamento destinato alle emittenti televisive;

- ai sensi della tabella 1, commi 2 e ss., e della tabella 2 al DPR n. 146 del 2017, per l’attribuzione del punteggio ai fini della formazione della graduatoria.

Tale meccanismo di calcolo, salvo quanto si dirà infra in relazione all’introduzione del cd. scalino preferenziale (al momento non esaminato), non è inficiato da manifesta irragionevolezza, né risulta violativo dei criteri direttivi impartiti dal legislatore con l’art. 1, comma 163, L. n. 208/05, che non imponevano di definire parametri di valutazione in forma percentuale anziché assoluta.

Trattasi, infatti, di disciplina che permette di valorizzare l’indice di ascolto - criterio (come osservato) prevedibile e ragionevole – e il numero di dipendenti e giornalisti occupati – altro criterio coerente con gli obiettivi di interesse pubblico posti dall’art. 1, comma 163, L. n. 208/15, in specie la tutela occupazionale - sia per l’attribuzione del punteggio individuale (concorrente a formare il punteggio complessivo rilevante ai fini della graduatoria), sia per il riparto dello stanziamento economico tra le aree valutative, al fine di beneficiare le emittenti che non occupino meramente spazio frequenziali, ma investano nel reclutamento del personale e registrino il gradimento del pubblico, in tale modo possedendo la capacità di raccogliere autonomamente sul mercato (pubblicitario) i fondi da impiegare nell’attività di impresa (elementi, come osservato, condizionati dai dati di ascolto).

La necessità di computare il numero di dipendenti e i dati di ascolto in valore assoluto anziché percentuale, oltre a non violare alcuna norma primaria (che non imponeva di commisurare i criteri selettivi a taluni parametri predeterminati), non costituisce neppure una decisione manifestamente irragionevole, in quanto consente di misurare le reali dimensioni organizzative e l’effettivo indice di gradimento dell’impresa, permettendo, in tale modo, di graduare i concorrenti sulla base dei risultati in concreto conseguiti, con conseguente attribuzione di maggiori contributi alle emittenti che abbiano registrato un maggiore presenza nel territorio, anche in termini di investimento nel reclutamento del personale e in indici di ascolto (il che risponde, del resto, alla finalità ragionevolmente perseguita di individuare un criterio “maggiormente rappresentativo della effettiva presenza dell’emittente sul territorio e della risposta dell’utenza alla programmazione proposta” – analisi di impatto della regolazione sub doc. 4 produzione Auditel).

12. Non merita condivisione neppure la censura, sollevata con il quinto motivo di appello, riferita alle maggiorazioni di punteggio previste dall’art. 6, comma 4, DPR n. 146/17, in relazione alle regioni ritentanti nel cd. Obiettivo 1.

Il principio di cui all'art. 3 Cost. è violato non solo quando i trattamenti messi a confronto sono formalmente contraddittori in ragione dell'identità delle fattispecie, ma anche quando la differenza di trattamento è irrazionale secondo le regole del discorso pratico, in quanto le rispettive fattispecie, pur diverse, sono ragionevolmente analoghe (Corte costituzionale, 10 giugno 2014, n. 162).

Nel caso di specie, diversamente da quanto dedotto dall’appellante, non si ravvisa alcuna irragionevole discriminazione nella disparità di trattamento operata dall’art. 6, comma 4, DPR n. 146/17, ai sensi del quale “E' riconosciuta, inoltre, una maggiorazione del 15 per cento del punteggio individuale complessivo, di cui ai criteri del comma 1, lettere a), b) ed e), conseguito dalle emittenti ammesse a contributo per marchi televisivi o trasmissioni radiofoniche autorizzati ad operare esclusivamente nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, in quanto rientranti nell'obiettivo convergenza nell'ambito delle politiche di coesione dell'Unione europea”.

La discriminazione, operata dall’art. 6, comma 4, cit. è giustificata dal diverso grado di sviluppo dei territori regionali interessati.

In particolare, è ragionevole prevedere maggiorazioni di punteggio in favore degli operatori esercenti in quelle aree del Paese necessitanti, a causa del minore grado di sviluppo ivi registrato, di maggiori finanziamenti pubblici, suscettibili di sostenere la tutela occupazionale, il miglioramento qualitativo del servizio fornito e gli investimenti nelle tecnologie innovative, al fine di garantire recuperi di produttività e un riallineamento ai livelli di sviluppo propri degli altri ambiti territoriali.

Ciò è legittimamente avvenuto con l’art. 6, comma 4, cit., prevedendosi, a causa della peculiare situazione economica di alcune Regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia), non riscontrabile in altri contesti territoriali, talune maggiorazioni di punteggio, funzionali a sostenere maggiori finanziamenti da destinare alle relative aree geografiche.

Le censure attoree, dunque, risultano infondate, presupponendo un’analogia di fattispecie (Regioni menzionate nell’art. 6, comma 4, cit. e altre Regioni italiane) invero inesistente.

13. Il Collegio è chiamato, infine, a pronunciare sull’ultimo gruppo di censure, concernenti la previsione di una graduatoria nazionale con uno scalino preferenziale in favore dei primi cento classificati.

In particolare, ai sensi dell’art. 6, comma 2, DPR n. 146 del 2017, “Nell'ambito dell'istruttoria per la predisposizione delle graduatorie di cui all'articolo 5, nella parte relativa alle emittenti televisive commerciali, sulla base del punteggio totale che ciascuna emittente consegue dalla somma dei punteggi relativi alle aree indicate nella tabella 1 e dalle maggiorazioni di punteggio di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo, il Ministero forma una graduatoria. Alle prime cento emittenti è destinato il 95 per cento delle risorse disponibili. Alle emittenti che si collocano dal centunesimo posto in poi è destinato il 5 per cento delle medesime risorse. Per queste ultime, si procede al riparto delle somme secondo il punteggio individuale conseguito per ciascuna delle tre aree indicate nella tabella 1, fermo restando che l'emittente collocatasi al centunesimo posto non può ottenere un contributo complessivo di importo più elevato di quella che si colloca al centesimo. Eventuali residui sono riassegnati alle prime cento emittenti in graduatoria, in misura proporzionale ai punteggi individuali relativamente alle tre aree indicate nella tabella 1”.

La disciplina positiva opera una netta differenziazione tra le emittenti prime cento classificate e quelle classificate dalla posizione centunesima in avanti.

Alla prima categoria di operatori è riservata la quasi totalità della contribuzione pubblica (il 95% dello stanziamento annuale disponibile, oltre che eventuali residui); alla seconda categoria una quota contributiva estremamente ridotta, pari al 5 %.

Una tale differenziazione non resiste alle censure svolte dalla parte appellante, trattandosi di una scelta normativa incompatibile con gli obiettivi di interesse pubblico imposti dal legislatore.

14. Preliminarmente giova ricostruire la portata applicativa del principio del pluralismo informativo, costituente un valore centrale in un ordinamento democratico (Corte costituzionale n. 21 del 1991), rilevante nel settore radiotelevisivo in relazione a plurimi ambiti di disciplina.

In particolare, è possibile avere riguardo:

- al servizio pubblico radiotelevisivo, sottoposto ad una vigilanza da parte di un organo parlamentare al fine, da un lato, di evitare che il servizio pubblico venga gestito dal Governo in modo esclusivo o preponderante (Corte costituzionale, 24 giugno 2009, n. 222; 10 marzo 2008, n. 61), dall’altro, di assicurare l’offerta al pubblico di una gamma di servizi caratterizzata da obbiettività e completezza di informazione, con la precisazione che “l’imparzialità e l'obbiettività dell'informazione possono essere garantite solo dal pluralismo delle fonti e degli orientamenti ideali, culturali e politici, nella difficoltà che le notizie e i contenuti dei programmi siano, in sé e per sé, sempre e comunque obbiettivi” (Corte costituzionale, 13 marzo 2009, n. 69);

- alla prescrizione di limiti di affollamento pubblicitario, funzionali alla protezione, altresì, del pluralismo televisivo (Corte costituzionale, 29 ottobre 2015, n. 210)

- alle competizioni elettorali, dominate dal principio della parità di opportunità tra i concorrenti (Corte costituzionale, 17 novembre 2000, n. 502);

- al diritto all’informazione – riconducibile nell’ambito di tutela della libertà costituzionale di manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost. – “qualificato e caratterizzato dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie − che comporta, fra l’altro, il vincolo al legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti e di favorire l’accesso del massimo numero possibile di voci diverse − in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti” (Corte costituzionale, 4 giugno 2019, n. 206);

- al numero e alla concentrazione delle emittenti televisive, occorrendo assicurare, attraverso appositi interventi normativi, sia l’espressione delle varie componenti culturali della società, sia la loro presenza sul mercato, in funzione della garanzia del pluralismo delle voci (cfr. art. 51 D. Lgs. n. 208/2021 e Corte costituzionale, 27 gennaio 2006, n. 25, che richiama tra le finalità alla base della legislazione in materia radiotelevisiva l’esigenza di evitare distorsioni della concorrenza, assicurare la suddivisione delle risorse pubblicitarie a tutela di ciascun settore e realizzare un bilanciamento volto a preservare il pluralismo dell'informazione; Corte costituzionale, 15 novembre 1988, n. 1030 rileva che i pericoli di concentrazione di frequenze e impianti in poche mani sono idonei a compromettere il fondamentale valore del pluralismo dell'informazione).

Tale ultimo profilo (che rileva, in maniera particolare, nell’odierno giudizio) afferisce alla “dimensione esterna” del pluralismo dell’informazione, implicante la garanzia del pluralismo dei media (Conclusioni dell’avvocato generale M. Campos Sánchez-Bordona, presentate il 18 dicembre 2019, in causa C-719/18), obiettivo di interesse generale, contemplato anche nell’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, fondamentale nell’ambito di una società democratica e pluralista (Corte di Giustizia, 3 settembre 2020, in causa C-719/18, punto 57).

Anche la giurisprudenza costituzionale discorre del “principio del pluralismo informativo esterno” (Corte costituzionale, 12 aprile 2005, n. 151) – da differenziare dal “pluralismo interno”, riferito alle regole che disciplinano il funzionamento della singola emittente (cfr. sentenza della Corte del 14 luglio 1988, n. 826 in relazione alla struttura organizzativa e allo svolgimento dell'attività dell’emittenza pubblica) - quale uno degli imperativi ineludibili emergenti dalla giurisprudenza costituzionale in materia di emittenza televisiva (sentenza n. 466 del 2002), esprimendo l'informazione una condizione preliminare per l'attuazione dei principi propri dello Stato democratico (in termini, Corte costituzionale, 15 ottobre 2003, n. 312).

In particolare, “il pluralismo dell'informazione radiotelevisiva significa, innanzitutto, possibilità di ingresso, nell'ambito dell'emittenza pubblica e di quella privata, di quante più voci consentano i mezzi tecnici, con la concreta possibilità nell'emittenza privata - perché il pluralismo esterno sia effettivo e non meramente fittizio - che i soggetti portatori di opinioni diverse possano esprimersi senza il pericolo di essere emarginati a causa dei processi di concentrazione delle risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o di pochi e senza essere menomati nella loro autonomia. Sotto altro profilo, il pluralismo si manifesta nella concreta possibilità di scelta, per tutti i cittadini, tra una molteplicità di fonti informative, scelta che non sarebbe effettiva se il pubblico al quale si rivolgono i mezzi di comunicazione audiovisiva non fosse in condizione di disporre, tanto nel quadro del settore pubblico che in quello privato, di programmi che garantiscono l'espressione di tendenze aventi caratteri eterogenei” (Corte costituzionale 14 luglio 1988, n. 826).

Si conferma, dunque, che il pluralismo dell’informazione impone, altresì, la presenza sul mercato di plurime emittenti, al fine di consentire la pluralità di voci concorrenti, essenziale (altresì) per assicurare il pieno esercizio del diritto del cittadino all’informazione.

Peraltro, in presenza di un mercato locale, definito in ragione della collocazione della sede principale dell'impresa e della sfera territorialmente limitata cui risulta riferita l'attività di emittenza, tale pluralità di operatori non può che essere garantita nell’ambito di ciascuna delle aree geografiche interessate, occorrendo che in ogni area locale così definita vi sia una pluralità di voci, riconducibili a plurimi emittenti in concorrenza tra di loro (Corte costituzionale, 14 luglio 1988, n. 826 evidenzia che la rilevanza dello sviluppo di un sistema informativo in grado di dar viva alle specifiche realtà locali rientra nell'imprescindibile compito di dare espressione a quelle istituzioni che rappresentano il tessuto connettivo del Paese).

15. Alla luce di tali considerazioni è possibile soffermarsi sulla disciplina regolamentare per cui è causa, evidenziando le ragioni per le quali la stessa, nella parte in cui introduce uno scalino preferenziale nell’ambito di una graduatoria nazionale predisposta senza correttivi riguardanti i mercati locali interessati, non possa ritenersi rispettosa del principio del pluralismo informativo previsto dall’art. 1 comma 163, L. n. 208/15, generando, altresì, effetti distorsivi sul piano concorrenziale.

16. Al riguardo, in primo luogo, deve ribadirsi la riferibilità dei contributi de quibus alle (sole) emittenti locali, operanti in ambiti territoriali regionali e infraregionali; ciò discende chiaramente dalla stessa titolazione del regolamento, riguardante le emittenti televisive e radiofoniche locali, oltre che dalla disciplina regolamentare, che opera un espresso riferimento alla “regione per cui viene chiesto il contributo” (art. 4 DPR n. 146/2017).

Per l’effetto, il mercato geografico in cui operano le emittenti destinatarie della contribuzione de qua è circoscritto al livello regionale o sub regionale, potendosi presentare una singola domanda di contributo per ogni regione in cui i concorrenti svolgono l’attività di impresa (art. 5, comma 1, DPR n. 146/2017).

17. In secondo luogo, deve darsi atto che i criteri selettivi previsti dalla disciplina regolamentare sono idonei ad attribuire una chance di utile collocamento in graduatoria - nelle prime cento posizioni - maggiore per gli operatori esercenti nelle Regioni più popolate, stante l’esistenza di una correlazione tra dato demografico regionale e dimensioni organizzative dell’emittente televisiva rilevanti ai fini selettivi.

17.1 Tale correlazione discende direttamente dal dato positivo in relazione al criterio riguardante il numero di dipendenti e giornalisti impiegati nell’attività di emittenza (art. 6, comma 1, lett. a) e b), DPR n. 146/2017).

17.1.1 Sebbene si tratti di un profilo controverso tra le parti, è lo stesso regolamento che, nel disciplinare i requisiti di ammissione alla pubblica contribuzione, rapporta il numero di dipendenti minimo richiesto “alla popolazione residente del territorio in cui avvengono le trasmissioni” (art. 4, comma 1, lett. a), DPR n. 146/2017), prevedendo differenti scaglioni a seconda che il territorio nell'ambito di ciascuna regione per cui è presentata la domanda abbia più di 5 milioni di abitanti, tra 1,5 milioni e 5 milioni di abitanti ovvero fino a 1,5 milioni; in particolare, è richiesto, ai fini dell’ammissione alla contribuzione, in relazione a ciascuno scaglione, il possesso di un numero minimo di dipendenti pari a 14 (di cui almeno 4 giornalisti), 11 (di cui almeno tre giornalisti) e 8 (di cui almeno 2 giornalisti).

Avendo la stessa autorità governativa posto una diretta correlazione tra numero di dipendenti impegnati nell’attività d’impresa e numero di residenti in ambito regionale - tale per cui al crescere delle dimensioni demografiche della regione si esige (per l’ammissione alla contribuzione) una struttura organizzativa d’impresa più ampia in termini di personale dipendente -, deve ritenersi che nelle regioni più popolate la sostenibilità dell’attività di impresa presupponga una maggiore dimensione organizzativa dell’emittente, suscettibile di esplicarsi, in particolare, in maggiori investimenti nel reclutamento del personale dipendente (ivi compresi i giornalisti).

La nuova disciplina regolamentare per cui è causa, come osservato, tendeva a riservare l’ammissione alla pubblica contribuzione a quegli operatori che svolgessero realmente attività di emittenza televisiva, non potendosi beneficiare economicamente imprese che si limitassero ad occupare spazio frequenziale.

Per l’effetto, se si chiede, ai fini dell’ammissione alla pubblica contribuzione, una capacità tecnico-organizzativa (sub specie, di numero di dipendenti) crescente all’aumentare del numero degli utenti serviti, coerentemente deve ravvisarsi un rapporto proporzionale tra le dimensioni organizzative dell’impresa e il numero di abitanti della regione in cui l’attività viene esercitata, occorrendo, per svolgere efficacemente l’attività economica, una dimensione organizzativa adeguata al pubblico degli utenti all’uopo servito.

17.1.2 Ciò rilevato, si osserva che il numero di dipendenti e giornalisti costituisce (non soltanto un requisito di ammissione alla contribuzione, ma anche) apposito criterio selettivo da applicare nell’attribuzione dei punteggi e nel riparto dello stanziamento annuale (influente sotto tale ultimo profilo per l’80% in relazione agli anni 2016 e 2017 e per il 67% per gli anni successivi e, dunque, comunque in misura maggioritaria– tabella 1 cit.).

Di conseguenza, posto che il numero di dipendenti e giornalisti, da un lato, deve ritenersi rapportato al numero di abitanti in ciascun ambito regionale, dall’altro, influisce sull’attribuzione del punteggio, la valorizzazione della struttura organizzativa dell’impresa in termini di risorse umane è idonea a differenziare le emittenti a seconda dell’ambito locale di operatività, essendo ipotizzabile, in relazione all’area selettiva in esame (art. 6, comma 1, lett. a e b, DPR n. 146/17) e in capo alle imprese operanti in contesti regionali più popolati - per i quali è riscontrabile, di regola, un maggiore numero di dipendenti impiegati nell’attività d’impresa - una maggiore chance di conseguire un più altro punteggio ai fini selettivi (per le dimensioni dell’organico) e, dunque, di ottenere un migliore posizionamento in graduatoria.

17.1.3 Non potrebbe diversamente argomentarsi, come avvenuto in primo grado, valorizzando alcune peculiari situazioni realizzatesi in applicazione della disciplina regolamentare, che hanno visto, per l’annualità rilevante nell’odierno giudizio, un alto collocamento in graduatoria di alcune emittenti operanti in Regioni meno popolate.

Invero, la legittimità di un atto amministrativo, anche ove avente natura normativa (quale il regolamento), deve essere valutata in applicazione del principio del tempus regit actum (ex multis, Consiglio di Stato, sez. II, 21 giugno 2021, n. 4756), avuto riguardo allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione, alla stregua del patrimonio conoscitivo disponibile ex ante.

Pertanto, la legittimità di una disposizione regolamentare non potrebbe essere scrutinata secundum eventum, tenuto conto degli esiti applicativi manifestatisi a distanza di tempo, suscettibili, peraltro, di essere condizionati da plurime variabili concrete che impediscono di minare quanto desumibile dalla stessa disciplina regolamentare in ordine alla diretta correlazione tra numero di abitanti in ambito regionale e numero di dipendenti impegnati nel corrispondente ambito locale.

17.2 Sebbene tali rilievi, riguardanti i criteri selettivi riferiti al personale dipendente ex art. 6, comma 1, lett. a) e b), DPR n. 146/17, siano sufficienti per evidenziare come le diverse condizioni demografiche dei contesti regionali di riferimento possano influire sul punteggio conseguibile dai singoli concorrenti -e, dunque, sulla formazione della graduatoria nazionale- con il conseguente rischio di una concentrazione dei punteggi più elevati in capo ai concorrenti operanti nelle Regioni più popolate, per completezza, si osserva che tale conclusione è confermata anche dalla disamina dell’ulteriore criterio selettivo riferito ai dati di ascolto.

Al riguardo, le parti intimate, così come il Tar in prime cure, hanno sostenuto che nelle Regioni più popolate il conseguimento di buoni risultati in termini di audience “può essere molto più arduo”, in ragione della presenza di un numero maggiore di concorrenti, come peraltro indirettamente confermato dalla graduatoria approvata in sede amministrativa, la quale aveva sancito l’assegnazione di risorse anche in regioni di limitato livello demografico.

Premessa l’irrilevanza degli esiti applicativi della disciplina regolamentare, come rilevato inidonei a condizionare il giudizio di legittimità da rendere nell’odierno giudizio, dagli atti di causa emergono elementi che smentiscono un tale assunto, incentrato sulla maggiore difficoltà di conseguire buoni risultati in termini di audience nelle regioni più popolate.

17.2.1 In particolare, dall’analisi di impatto della regolazione cit. (doc. 4 produzione Auditel) emerge, in primo luogo, che, in relazione ai dati sull’ascolto del 2013 e del 2014, i dati aggregati del settore televisivo locale attestano una percentuale di share sul totale del mercato televisivo nazionale pari al 5-6%.

Ciò dimostra come solo una ridotta parte del pubblico degli utenti sia mediamente impegnato nella visione della programmazione locale. Per l’effetto, in qualsiasi area regionale ogni emittente avrebbe la possibilità di incrementare i propri dati di ascolto, senza influire su dati di ascolto dei propri concorrenti, a loro volta posti in condizione di guadagnare ulteriori quote di mercato, stante la disponibilità di un’elevata percentuale di utenti mediamente non impegnati nella visione della programmazione locale.

Non risulta, dunque, dimostrata quella maggiore difficoltà a conseguire buoni risultati in termini di audience nelle regioni più popolate, che avrebbe potuto configurarsi a fronte di mercati caratterizzati da elevati percentuali di share riferite al settore televisivo locale, in cui effettivamente per ogni concorrente sarebbe stato arduo conseguire ulteriori quote di mercato, in quanto già occupate da propri competitori.

In presenza di uno share riguardante il settore televisivo locale estremamente basso (inferiore al 10%), a prescindere dal numero di contendenti, attesa l’esistenza di un amplissimo numero di telespettatori ancora non raggiunti dall’emittenza locale, ogni operatore potrebbe migliorare i propri dati di ascolto, ampliando la percentuale di propri telespettatori, senza che sia riscontrabile una maggiore difficoltà per le aree più popolate.

Tale capacità di guadagnare ulteriori quote di mercato, tuttavia, potrebbe influire in misura differente a seconda del contesto territoriale preso in esame.

Difatti, l’incremento (possibile, in ragione del ridotto share riferito al settore televisivo locale), nella stessa percentuale, dei dati di ascolto registrati da emittenti operanti in distinti ambiti regionali (connotati da un numero di abitanti estremamente differenziato) condurrebbe, in termini assoluti, a valori differenziati a seconda dell’area territoriale presa in considerazione, emergendo valori assoluti maggiori per le regioni più densamente popolate (applicandosi la stessa percentuale, riferita all’incremento dei dati di ascolto, ad una base di calcolo differente, data dai telespettatori raggiungibili, superiore per le Regioni con più abitanti).

17.2.2 In ogni caso, si osserva che, nell’ambito dell’analisi di impatto della regolazione in atti, l’Amministrazione ha preso espressamente in considerazione “l'osservazione per cui una ponderazione dell'ascolto con il numero di contatti premierebbe le emittenti operanti in bacini con maggior popolazione”: tale osservazione non è stata accolta, non in quanto l’assunto fattuale alla sua base risultava erroneo (stante l’inesistenza di una correlazione tra numero di contatti e popolazione residente in ambito regionale), ma “in quanto il criterio previsto è maggiormente rappresentativo della effettiva presenza dell'emittente sul territorio e della risposta dell'utenza alla programmazione proposta”.

Per l’effetto, non emergono dagli atti procedimentali indici sicuri per negare l’idoneità del numero di residenti in ogni area regionale ad influire sull’indice di ascolto, trattandosi, di contro, di circostanza dedotta in sede amministrativa, non contestata specificatamente dall’Amministrazione procedente, ma soltanto ritenuta inidonea a condurre ad un esito decisorio differente.

17.2.3 Non può, dunque, escludersi che il dato demografico influisca anche sul criterio dell’indice di ascolto, con il riconoscimento, in capo alle emittenti operanti nelle regioni più popolate, di un punteggio potenzialmente superiore (anche per gli indici di ascolto), rilevante per un migliore posizionamento in graduatoria.

18. Le considerazioni svolte in ordine alla idoneità dei criteri selettivi previsti dalla disciplina regolamentare ad influire diversamente sulle emittenti operanti nei vari contesti regionali, differenziati sul piano demografico, non determinano l’illegittimità dei medesimi criteri selettivi (definiti in valori assoluti, senza alcuna parametrazione al numero dei residenti in ciascun ambito territoriale) o della scelta dell’Amministrazione di concedere i contributi de quibus sulla base di una graduatoria nazionale, sebbene riguardanti l’emittenza locale; bensì influiscono sulla legittimità della decisione di introdurre uno scalino preferenziale a vantaggio dei primi cento classificati, cui viene destinata la quasi totalità della contribuzione (95%), senza prevedere accorgimenti volti ad impedire la concentrazione delle risorse pubbliche in taluni ambiti territoriali (generalmente i più popolati) a discapito di altri, in violazione del principio del pluralismo dell’informazione.

18.1 In particolare, si è già osservato, trattando dell’indice di ascolto, che criteri selettivi espressi in valore assoluto non possono ritenersi illegittimi, in quanto commisurano la contribuzione pubblica all’effettiva dimensione organizzativa dell’impresa e ai risultati concreti conseguiti sul mercato dal relativo operatore economico.

Pertanto, non potrebbe ritenersi ingiustificato il diverso trattamento giuridico di emittenti caratterizzate da un diverso numero di dipendenti, da un diverso ammontare delle spese di investimento o da un differente indice di ascolto: si fa questione di fattispecie non assimilabili, che non devono, a pena di illegittimità, essere necessariamente sottoposte allo stesso trattamento contributivo.

Parimenti, non può, di per sé, ritenersi illegittima la concessione dei contributi de quibus sulla base di una unica graduatoria nazionale, formata e gestita in sede accentrata dal Ministero dello Sviluppo Economico: ciò risponde ad esigenze di semplificazione dell’azione amministrativa, oltre che di uniforme interpretazione e applicazione sul territorio nazionale della disciplina positiva, evitando le inefficienze derivanti dalla formazione, a cura di organi decentrati, di plurime graduatorie regionali, come previsto nel previgente regime supra analizzato.

18.2 Tuttavia, qualora si opti per una graduatoria unica nazionale e si decida di applicare criteri selettivi in valore assoluto, specie se suscettibili di condurre a risultati differenziati a seconda dell’ambito territoriale di afferenza di ogni concorrente (come avvenuto con la disciplina regolamentare in commento, ai sensi di quanto sopra precisato), occorre adottare accorgimenti idonei ad evitare una squilibrata distribuzione delle risorse in ambito locale, dovendosi evitare il rischio che alcune aree territoriali siano sottorappresentate o perfino escluse dalla contribuzione pubblica, in violazione del pluralismo informativo, che -come osservato- impone di assicurare la pluralità di voci concorrenti in ciascun ambito territoriale in cui viene svolta l’attività radiotelevisiva.

Non si tratta di destinare la contribuzione a tutti i candidati in possesso dei requisiti di ammissione – il che non avveniva neppure sotto la vigenza della precedente disciplina, che riservava la contribuzione pubblica alle prime imprese classificate in ciascun ambito regionale nei limiti del trentasette per cento dei graduati, arrotondato all'unità superiore (art. 5 D.M. 05/11/2004, n. 292)- , ma di assicurare che, in ogni ambito regionale, vi sia un adeguato finanziamento pubblico in favore di un numero congruo di operatori, necessario per garantire quel concorso di voci, in assenza del quale non potrebbe attuarsi il principio del pluralismo informativo, per come sopra declinato.

La disciplina in contestazione non contiene tali accorgimenti, prevedendo uno scalino preferenziale che riserva alle prime cento classificate, a prescindere dall’ambito territoriale di operatività, la quasi totalità dei contributi pubblici (pari al 95%), per di più a fronte di criteri selettivi (si ripete, di per sé legittimi) formulati in valore assoluto e suscettibili di influire diversamente a seconda dell’ambito territoriale di operatività di ciascun concorrente (se maggiormente o meno popolato).

In tale maniera, si è introdotta una misura incompatibile con il principio del pluralismo informativo.

In definitiva, riservando la quali totalità della contribuzione pubblica ai primi cento classificati a prescindere dall’ambito territoriale di operatività, destinando ai rimanenti concorrenti una quota del tutto trascurabile (5%) dello stanziamento annuale e selezionando le emittenti sulla base di criteri selettivi in valore assoluto, pure suscettibili di influire sulla graduazione del punteggio a seconda della popolazione residente in ciascuna Regione, non si garantisce che in ciascun ambito territoriale vi siano più operatori beneficiari di un effettivo e adeguato finanziamento pubblico, essendo ben possibile che le elargizioni economiche si concentrino presso emittenti, sì caratterizzate da rilevanti dimensioni organizzative, indici di ascolto e spese di investimento in tecnologie innovative, ma operanti in alcuni soltanto degli ambiti regionali presi in esame (corrispondenti, di regola, a quelli più popolati).

18.3 Il che produce, altresì, effetti distorsivi della concorrenza (correttamente censurati, sotto tale profilo, dall’appellante), stante l’idoneità della disciplina regolamentare in commento a beneficiare un numero estremamente ristretto di operatori (in ipotesi, anche uno soltanto) esercenti nell’ambito del medesimo ambito territoriale, a fronte di livelli di efficienza analoghi.

In particolare, è ben possibile che, a cavallo della centesima posizione, si collochino plurimi operatori esercenti nel medesimo ambito territoriale, di cui uno soltanto (o, comunque, un numero estremamente ridotto) entro la centesima posizione, in tale modo ammesso a concorrere a valere sul 95% dello stanziamento annuale.

In tali ipotesi, la previsione di uno scalino preferenziale in assenza di correttivi relativi all’ambito territoriale di operatività dei concorrenti, è idonea a produrre effetti distorsivi della concorrenza, determinando un (rilevante) diverso trattamento contributivo di emittenti operanti nello stesso mercato, caratterizzate da analoghi livelli di efficienza e, dunque, agevolando irragionevolmente soltanto uno (o un numero estremamente ridotto) di essi nello svolgimento dell’attività di impresa.

Ciò è stato condivisibilmente censurato anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella segnalazione n. S3892 ai sensi dell’art. 21 L. n. 287/90, in cui si è rilevato che “In questa prospettiva presenta criticità sotto il profilo concorrenziale la previsione secondo cui il 95% delle risorse disponibili è assegnato alle prime cento emittenti televisive in graduatoria, mentre il restante 5% è ripartito tra quelle che si collocano dal centunesimo posto in poi. Tale previsione, infatti, è suscettibile di determinare una sperequazione nella distribuzione delle risorse tra emittenti che, posizionandosi nella medesima zona della graduatoria (intorno alla centesima posizione), devono ritenersi caratterizzate da livelli di efficienza confrontabili. In particolare, ciò potrebbe avere implicazioni distorsive della concorrenza nella misura in cui due o più delle emittenti sulle quali impatta la discontinuità introdotta dalla specificazione appena richiamata si trovano a operare nel medesimo ambito locale”.

Diversamente da quanto dedotto dalle parti intimate, non si fa questione di circostanze meramente ipotetiche, suscettibili di essere scrutinate solo ove dovessero in concreto verificarsi, ma dell’irragionevolezza della previsione regolamentare astratta, suscettibile di determinare una distorsione della concorrenza.

Come precisato da questo Consiglio, “in ogni operazione di finanziamento non è intellegibile solo un interesse del beneficiario ma anche quello dell'organismo che lo elargisce il quale, a sua volta, altro non è se non il portatore degli interessi, dei fini e degli obbiettivi del superiore livello politico istituzionale; logico corollario è che le disposizioni attributive di finanziamento devono essere interpretate in modo rigoroso e quanto più conformemente con gli obbiettivi avuti di mira dal normatore, anche allo scopo di evitare che si configurino aiuti di stato illegittimi” (tra gli altri, Consiglio di Stato, Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1236).

La previsione di uno scalino preferenziale, senza accorgimenti idonei a garantire il finanziamento di una pluralità di operatori in ciascun ambito regionale, permette di riservare la contribuzione, nell’ambito del singolo mercato locale, in favore di una sola impresa (o di un numero di emittenti insufficiente per la tutela del pluralismo informativo), configurando, pertanto, aiuti illegittimi (anche) sul piano concorrenziale.

18.4 Alla luce dei rilievi svolti, deve ritenersi che l’Amministrazione, anziché limitarsi a riservare ai primi cento classificati il 95% dello stanziamento annuale, avrebbe dovuto adottare specifici accorgimenti volti ad assicurare un adeguato finanziamento di un numero minimo di emittenti per ciascuno degli ambiti regionali considerati (determinato discrezionalmente in ragione delle caratteristiche di ciascun ambito), al fine di sostenere finanziariamente la presenza di una pluralità di voci concorrenti per ogni area locale, nel rispetto del principio del pluralismo informativo, costituente un apposito obiettivo di interesse generale imposto dalla fonte primaria.

Non potrebbe argomentarsi diversamente, evidenziando che, comunque, le emittenti collocate dalla centunesima posizione in poi, sarebbero beneficiate del 5% dello stanziamento annuale: trattasi di una quota estremamente marginale, che non è provato essere idonea a sostenere effettivamente l’azione delle emittenze televisive graduate oltre la centesima posizione, stante la manifesta divergenza tra quanto stanziato (in termini percentuali e assoluti) per i primi cento classificati e quanto destinato (in termini sempre percentuali e assoluti) ai rimanenti concorrenti.

Parimenti, non potrebbe ritenersi che l’Amministrazione abbia adottato specifici accorgimenti, riguardanti i distinti ambiti territoriali di operatività delle emittenti televisive, attraverso la commisurazione dei requisiti di ammissione alla pubblica contribuzione al numero di residenti nelle varie aree regionali: tale parametrazione al numero di abitanti riscontrabile in ogni ambito regionale è stata operata soltanto ai fini dell’ammissione alla procedura concessoria ex art. 4 DPR n. 146/2017, ma non anche in relazione all’attribuzione dei punteggi ex art. 6 DPR n. 146/2017, non potendo, dunque, rilevare ai fini della formazione della graduatoria e, dunque, non potendo escludere il rischio che la quasi totalità della pubblica contribuzione si concentri soltanto presso alcune delle aree regionali interessate o, comunque, sia rivolta, in alcune di tali aree, in favore di un numero estremamente ridotto di operatori, non adeguatamente rappresentativo delle esigenze pluralistiche emergenti in ambito locale; in violazione, come osservato, del principio del pluralismo informativo.

19. Alla luce delle considerazioni svolte, deve riscontrarsi, in parte qua, l’illegittimità del regolamento impugnato, relativamente alla previsione, recata nell’art. 6, comma 2, DPR n. 146/2017, secondo cui “Alle prime cento emittenti è destinato il 95 per cento delle risorse disponibili. Alle emittenti che si collocano dal centunesimo posto in poi è destinato il 5 per cento delle medesime risorse. Per queste ultime, si procede al riparto delle somme secondo il punteggio individuale conseguito per ciascuna delle tre aree indicate nella tabella 1, fermo restando che l'emittente collocatasi al centunesimo posto non può ottenere un contributo complessivo di importo più elevato di quella che si colloca al centesimo. Eventuali residui sono riassegnati alle prime cento emittenti in graduatoria, in misura proporzionale ai punteggi individuali relativamente alle tre aree indicate nella tabella”.

Tali disposizioni devono, dunque, essere annullate.

Per l’effetto, in quanto inficiati da vizi di legittimità derivata, devono essere annullati anche i dipendenti atti amministrativi, impugnati in prime cure, relativi alla procedura concessoria svolta per l’annualità 2016, nella parte in cui hanno dato attuazione all’art. 6, comma 2, cit. e, dunque, hanno liquidato il contributo dovuto a ciascun operatore sulla base del previo riparto dello stanziamento annuale tra quota (95%) spettante ai primi cento classificati e quota (5%) destinata ai concorrenti collocati a partire dalla centunesima posizione a seguire.

In attuazione del presente giudicato, rimane ferma la possibilità per l’Amministrazione:

- di rideterminare, in favore dei concorrenti già graduati, i contributi dovuti per l’anno 2016 rilevante nell’odierno giudizio, destinando il 100% dello stanziamento annuale a tutti i graduati, liquidando il contributo a ciascuno di essi spettante in proporzione del rispettivo punteggio per come riportato nella graduatoria approvata (senza, pertanto, l’applicazione dello scalino preferenziale annullato con la presente pronuncia e tenendo conto, invece, dei punteggi assegnati in sede amministrativa, in applicazione di criteri selettivi ritenuti legittimi dal Collegio), nonché regolando, all’esito (anche attraverso la compensazione delle rispettive posizioni creditorie), i rapporti obbligatori nelle more instaurati con le parti private sulla base della disciplina in parte qua annullata;

- in alternativa, stante l’inesauribilità del potere normativo, di procedere al suo riesercizio nell’osservanza dei criteri conformativi discendenti dalla presente sentenza (funzionali a garantire il pluralismo informativo in ogni ambito regionale e ad evitare distorsioni concorrenziali), provvedendo, all’esito e sulla base della disciplina per come eventualmente riformulata, ad una rideterminazione dei contributi dovuti per l’anno 2016 ai concorrenti classificati, con successiva regolazione (anche attraverso la compensazione delle rispettive posizioni creditorie) dei rapporti obbligatori nelle more instaurati con le parti private sulla base della disciplina in parte qua annullata.

20. In conclusione, l’appello principale deve essere accolto ai sensi e nei limiti sopra precisati e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza gravata, deve essere accolto nei predetti limiti il ricorso di primo grado.

21. La complessità e la novità delle questioni esaminate impongono l’integrale compensazione tra tutte le parti processuali delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza gravata, accoglie nei predetti limiti il ricorso introduttivo di primo grado.

Compensa interamente tra tutte le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati:

Hadrian Simonetti, Presidente FF

Francesco De Luca, Consigliere, Estensore

Marco Poppi, Consigliere

Giovanni Pascuzzi, Consigliere

Ulrike Lobis, Consigliere

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Francesco De Luca

 

Hadrian Simonetti

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO