Giu Termini di impugnazione dei permessi di costruzione da parte dei controinteressati sostanziali
TAR PUGLIA di BARI - SENTENZA 08 settembre 2022 N. 1194
Massima
In materia di provvedimenti edilizi, inclusi i titoli in sanatoria, il termine per impugnare in capo ai controinteressati sostanziali (cui l'atto non viene notificato) decorre dal momento della percepibilità materiale della trasformazione edilizia oggetto del titolo della cui illegittimità si dolgono, che va ovviamente dimostrata da chi vi abbia interesse, secondo il consueto riparto dell'onere della prova.

Testo della sentenza
TAR PUGLIA di BARI - SENTENZA 08 settembre 2022 N. 1194

Pubblicato il 08/09/2022

N. 01194/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00419/2018 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 419 del 2018, proposto da OMISSIS, rappresentate e difese dagli avvocati Nicola Larosa, Antonella Edvige Larosa, e domiciliate ex lege presso lo studio dei predetti difensori in Barletta, corso Cavour 22;

contro

Comune di Barletta, non costituito in giudizio;

nei confronti

OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avvocato Massimo Felice Ingravalle, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del predetto difensore in Bari, c.so Vittorio Emanuele, 185;
OMISSIS S.r.l. Unipersonale, OMISSIS, rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Nanula, Ruggero Delcuratolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Caponio in Bari, via S. Lioce n. 52;

per l'annullamento

- del Permesso di Costruire in Sanatoria ed in Ampliamento n. 590 del 31.8.2012, rilasciato dal Comune di Barletta a OMISSIS;

- del relativo Certificato di Agibilità prot. n. 21624 del 15.04.2013;

- di tutti gli atti ad essi presupposti, connessi e consequenziali di successivi ampliamenti del quarto piano dell'edificio di OMISSIS– Barletta (BT);

per la condanna alla demolizione di tutte le opere presenti al piano quarto dell’edificio di OMISSIS di Barletta, in quanto illegittime, salvo il vano tecnico e la sala macchine risultanti dal progetto autorizzato con la concessione edilizia n. 439/2000 e successive varianti del 4 luglio 2001 e del 14 maggio 2002, emettendo ogni utile provvedimento al riguardo.

- con ogni conseguenziale provvedimento in ordine alle spese del giudizio.

Con riserva di motivi aggiunti.


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di OMISSIS, della OMISSIS S.r.l. Unipersonale e di OMISSIS;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2022 il dott. Carlo Dibello e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

Le signore OMISSIS e OMISSIS risiedono in due appartamenti posti, rispettivamente, al secondo e al terzo piano di uno stabile ubicato a Barletta, in via OMISSIS.

Più in dettaglio, la OMISSIS è usufruttuaria di unità immobiliare posta al terzo piano del fabbricato; la OMISSIS risulta proprietaria di appartamento al secondo piano del fabbricato.

Lamentano, in estrema sintesi, il generico pregiudizio derivante dalla realizzazione illegittima del quarto piano dell’edificio, progressivamente posta in essere in un arco di tempo che va dal 2004 al 2013, attraverso la trasformazione del lastrico solare del fabbricato, destinato esclusivamente ad ospitare un vano tecnico e la sala macchine dell’ascensore, a vera e propria abitazione, malgrado fosse inibita la ulteriore realizzazione di cubatura in base a quanto previsto dal Piano regolatore vigente a Barletta, e dallo strumento urbanistico di secondo livello.

Assumono di essersi avvedute della realizzazione dei lavori in questione solo nel momento in cui sono state eseguite ulteriori attività di trasformazione del quarto piano nel 2018, la qual cosa le ha indotte a proporre istanza di accesso agli atti presso il competente settore dell’amministrazione comunale, evasa il 10 gennaio 2018 e il 25 gennaio successivo.

Le deducenti, nel ricostruire la storia del fabbricato in questione sottolineano che l’edificio è stato costruito in forza di concessione edilizia 439 del 2000, cui hanno fatto seguito varianti rilasciate il 4 luglio 2001 e il 14 maggio 2002 al solo fine di apportare modifiche distributive, lasciando inalterati i piani, le destinazioni d’uso ed i limiti volumetrici dell’edificio rispetto a quanto assentito con la concessione 439 del 2000.

Il vano tecnico e una porzione del lastrico solare dell’edificio, inizialmente rimasti in proprietà della società costruttrice OMISSIS, sono stati venduti a OMISSIS nel 2004, per pervenire successivamente in proprietà della odierna controinteressata OMISSIS, in data 6 giugno 2013.

Le ricorrenti descrivono, altresì, le vicissitudini che hanno riguardato il fabbricato non mancando di evidenziare che il vano tecnico è stato oggetto, tra il 2003-2004, e tra il 7 febbraio 2012 e il 6 giugno 2013, di ampliamenti volumetrici sino a configurare un vero e proprio appartamento, come risulterebbe dalla planimetria allegata al permesso di costruire in sanatoria e in ampliamento n. 590 del 2012, rilasciato dal Comune di Barletta su istanza del OMISSIS che ha invocato l’applicazione della Legge Regione Puglia n. 33 de1 2007 sul recupero dei sottotetti.

Sta di fatto che, in data 31 agosto 2012, il Comune di Barletta ha rilasciato permesso di costruire in sanatoria ed in ampliamento n. 520/2012, con il quale ha assentito il cambio di destinazione ad uso abitativo del vano tecnico, la sanatoria della tettoia del lastrico solare realizzata abusivamente rispetto alla concessione edilizia 439 del 2000 e successive varianti, il recupero dei volumi abusivi, e la realizzazione di un nuovo volume residenziale in ampliamento al di sotto di detta copertura per una superficie pari a 23 mq ed una cubatura pari a mc. 69.

Il 15 aprile 2013, il Comune di Barletta ha rilasciato il certificato di agibilità inerente le trasformazioni di cui al permesso di costruire in sanatoria ed in ampliamento n. 590 del 2012.

Le deducenti, cui preme sottolineare la cattiva applicazione, in particolare, della legge regionale n. 33 del 2007, volta a permettere il recupero dei sottotetti, aggiungono di avere constatato, proprio in esito alla domanda di ostensione degli atti di cui sopra, ulteriori violazioni alla normativa antisismica e in materia di eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici.

Le signore OMISSIS e OMISSIS hanno così proposto ricorso al Tar chiedendo l’annullamento degli atti in epigrafe riportati e la demolizione delle opere abusive, con condanna alle spese e con riserva di motivi aggiunti.

A sostegno del ricorso sono state dedotte le seguenti violazioni: a) Violazione e/o falsa applicazione della legge regionale della Regione Puglia n. 33 del 2007, art. 1, comma 2, lett. a) e art. 2, lett. a); b) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 del d.p.r. 380 del 2001; c) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 31 del d.p.r. 380/2001; d) Violazione e/o falsa applicazione della legge regionale della Regione Puglia n. 33 del 2007, art. 1, comma 2, lett. a) e art. 2, lett. a); e) Violazione e/o falsa applicazione della legge regionale della Regione Puglia n. 33 del 2007, art. 2, lett. a); f) violazione della legge 9 gennaio 1989, n. 13 e del decreto del ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236; g) violazione della normativa antisismica; h) travisamento ed illogicità manifesta; falsità del presupposto, e difetto di istruttoria; sviamento dalla causa tipica, contraddittorietà.

Le ricorrenti hanno insistito nella richiesta di demolizione delle opere abusive.

Si sono costituiti in giudizio la signora OMISSIS, divenuta proprietaria dell’appartamento al quarto piano del condominio di via OMISSIS, il sig. OMISSIS e la OMISSIS s.r.l. unipersonale per resistere al ricorso del quale hanno chiesto che venga dichiarata la irricevibilità per tardiva proposizione del gravame, e la infondatezza nel merito. Il Comune di Barletta non si è costituito in giudizio. Le parti hanno depositato copiosa documentazione e memorie di ricognizione delle tesi sostenute nel corso del giudizio. La controversia è poi passata in decisione alla pubblica udienza del 4 maggio 2022

DIRITTO

Il Collegio deve occuparsi preliminarmente dell’eccezione di irricevibilità del ricorso, per intempestiva proposizione del gravame, per come sollevata sia dalla difesa della controinteressata OMISSIS, sia dalla ditta OMISSIS s.r.l., costruttrice del fabbricato.

Il tema involge la ricognizione del dato normativo e dello stato della giurisprudenza in materia di decorrenza del termine per impugnare provvedimenti riguardanti attività edilizia posta in essere da soggetti terzi.

Com’è noto, il ricorso volto all’annullamento del provvedimento amministrativo va proposto nel termine di sessanta giorni, a pena di decadenza, come stabilisce l’art. 29 del codice del processo amministrativo.

Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge.(art. 41, comma 2 del c.p.a.)

La previsione del termine di decadenza per la proposizione dell’azione di annullamento di un provvedimento amministrativo è posta a presidio dell’esigenza di certezza delle situazioni giuridiche. Se, infatti, è vero che deve essere garantito il diritto di agire a tutela dell’interesse legittimo, è altrettanto vero che l’ordinamento giuridico può limitare nel tempo l’esercizio delle relative facoltà processuali allo scopo di consentire il consolidarsi di situazioni giuridiche.

Queste ultime, che possono assumere la veste di interessi legittimi non debbono più essere messe in discussione oltre un tempo ragionevole, anche in vista della sicurezza dei traffici giuridici, obiettivo ritenuto meritevole di protezione dal nostro ordinamento.

Va, peraltro, osservato che una delle caratteristiche proprie del provvedimento amministrativo è la sua inoppugnabilità, o incontestabilità, che si ha allorché decorrono i termini previsti per l’esperimento dei rimedi giurisdizionali innanzi al giudice amministrativo.

Tanto accade perché, come già detto, esigenze di certezza e di stabilità dell’assetto dei rapporti giuridici conseguenti all’emanazione di un provvedimento giustificano la previsione di termini decadenziali brevi per l’esperimento dei mezzi di tutela giurisdizionale, salva restando la facoltà per l’amministrazione di agire in autotutela, vale a dire di annullare d’ufficio il provvedimento ai sensi dell’art. 21 nonies della legge 241 del 1990, entro un termine ragionevole, o di disporne la revoca, ai sensi dell’art. 21 quinquies della stessa legge.

La questione della piena conoscenza dell’atto, momento a partire dal quale decorre il termine di sessanta giorni per proporre il ricorso è oggi condivisibilmente risolta, nella specifica materia del gravame avverso i titoli edilizi, incluso il permesso di costruire in sanatoria, nel senso che “La piena conoscenza del titolo edilizio, individuata dall'art. 41, comma 2, c.p.a., quale momento da cui decorre il termine per impugnare, richiede non la conoscenza piena e integrale dell'atto stesso, ma la mera percezione della sua esistenza e degli aspetti che ne comportano la lesività, in modo da rendere riconoscibile per il ricorrente l'attualità dell'interesse ad agire”(cfr: Consiglio di Stato sez. IV, 23/12/2021, n.8542).

La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato chiarisce, peraltro, che “Il termine di sessanta giorni per presentare un ricorso contro un permesso di costruire decorre dall'inizio dei lavori nel caso in cui si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull'area ovvero laddove si contesti la violazione delle distanze; altrimenti, il termine per impugnare il permesso di costruzione edilizia decorre dalla piena conoscenza del provvedimento, che s'intende avvenuta al completamento dei lavori, a meno sia data prova di una conoscenza anticipata” (si veda Consiglio di Stato sez. IV, 19/10/2021, n.7019).

E’ stato anche raggiunto un particolare approdo nella giurisprudenza di merito, in base al quale “In materia di provvedimenti edilizi, inclusi i titoli in sanatoria, il termine per impugnare in capo ai controinteressati sostanziali (cui l'atto non viene notificato) decorre dal momento della percepibilità materiale della trasformazione edilizia oggetto del titolo della cui illegittimità si dolgono, che va ovviamente dimostrata da chi vi abbia interesse, secondo il consueto riparto dell'onere della prova.” T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II, 03/06/2021, n.6559.

Queste coordinate ermeneutiche consentono di ritenere fondata l’eccezione di irricevibilità del ricorso.

Ed invero, il momento dal quale decorreva il termine di decadenza per l'impugnazione del permesso di costruire n. 520 del 2012 non può decorrere dalla piena conoscenza del provvedimento, che, nel caso specifico, sarebbe avvenuta soltanto all'esito dell'accesso agli atti richiesto dalle ricorrenti ed evaso il 10 e il 25 gennaio 2018.

Giova, infatti, ricordare che il titolo edilizio (n. 520/2012) impugnato è stato rilasciato il 31 agosto 2012, e cioè ben sei anni prima della proposizione dell’odierno ricorso.

Ma le ricorrenti, che abitano al terzo e al secondo piano dello stesso stabile in cui si assume realizzata la sopraelevazione illegittima, hanno senz’altro avuto percezione della trasformazione edilizia del fabbricato fin da epoca anteriore, tenuto conto del fatto che i lavori che hanno comportato la trasformazione del lastrico solare in un vero e proprio appartamento, come affermano le stesse deducenti, sono stati intrapresi nel 2004, e sono stati ultimati a dicembre 2012.

Rileva, a tal proposito, come correttamente opinato dai controinteressati, la qualità di residenti delle signore OMISSIS e OMISSIS, che implica se non altro la possibilità di rendersi conto agevolmente che erano in corso lavori di trasformazione edilizia del fabbricato all’ultimo piano dell’immobile.

Di fronte a simile circostanza, le ricorrenti non hanno opposto elementi dai quali potesse desumersi l’inconsapevolezza della realizzazione di opere abusive, come sarebbe stato in caso di prolungati periodi di assenza dalle rispettive abitazioni, o in presenza di altre circostanze impeditive della possibilità di rendersi conto di quanto stava avvenendo nel fabbricato.

Così come va sottolineato che le ricorrenti hanno finanche preso parte a due assemblee condominiali finalizzate, tra l’altro, ad una rimodulazione delle tabelle millesimali, proprio in ragione della avvenuta realizzazione di una ulteriore unità immobiliare, con evidenti ripercussioni sugli oneri posti a carico dei singoli proprietari, da ripartire in maniera diversa rispetto al passato.

Pur avendo riguardo alla intervenuta conoscenza delle opere abusive nel 2016, e cioè a far tempo dalla approvazione delle nuove tabelle millesimali, il ricorso è, però, irreparabilmente tardivo, essendo stato notificato a distanza di due anni da un fatto che certamente integrava gli estremi della sufficiente conoscenza del titolo edilizio rilasciato non solo in sanatoria, ma anche in ampliamento della precedente concessione 439 del 2000.

Osserva il Collegio che, se si opinasse nel senso voluto dalle ricorrenti, e cioè se si ritenesse che il termine per proporre ricorso decorreva dal momento dell’accesso agli atti di carattere edilizio si perverrebbe esattamente al risultato che l’ordinamento intende contrastare, e cioè ad un differimento sine die del termine di decadenza contemplato dagli artt. 29 e 41, comma 2 del codice del processo amministrativo.

Non è quindi possibile che i lavori svolti nel 2018 costituiscano l’occasione –si direbbe, il pretesto- per poter recuperare un termine irrimediabilmente scaduto da tempo.

Né può accedersi alla tesi sostenuta in replica dalle ricorrenti, secondo la quale esse avrebbero avuto piena conoscenza del provvedimento solo nel momento in cui, con gli ulteriori lavori realizzati nel 2018, è risultato visibile all’esterno il frutto della trasformazione edilizia del fabbricato.

La tesi non giova ai fini dello spostamento del dies a quo per proporre l’azione di annullamento atteso che, come già evidenziato, le signore OMISSIS e OMISSIS, per la posizione di residenti nello stabile in cui è stata eseguita la sopraelevazione in discorso, hanno potuto avvedersi fin da epoca anteriore dei lavori e, con essi, del fatto che l’amministrazione comunale avesse assentito opere di trasformazione del fabbricato.

Le argomentazioni fin qui svolte militano conclusivamente per la declaratoria di irricevibilità del ricorso per tardività.

Le spese processuali possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Orazio Ciliberti, Presidente

Carlo Dibello, Consigliere, Estensore

Francesco Cocomile, Consigliere

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Carlo Dibello

 

Orazio Ciliberti

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO