Giu Motivazione del provvedimento a seguito di preavviso di rigetto
TAR LAZIO di ROMA - sez. III Q - SENTENZA 23 novembre 2022 N. 15644
Massima
Nell'ambito di un procedimento amministrativo, l'Amministrazione non ha un obbligo di puntuale motivazione e/o confutazione delle controdeduzioni presentate a seguito del preavviso di rigetto dell'istanza, considerato che le ragioni ostative all'accoglimento delle stesse possono dedursi dalla motivazione del provvedimento di diniego emanato.

Testo della sentenza
TAR LAZIO di ROMA - sez. III Q - SENTENZA 23 novembre 2022 N. 15644

Pubblicato il 23/11/2022

N. 15644/2022 REG.PROV.COLL.

N. 09120/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9120 del 2021, proposto da
Soc. OMISSIS S.A.S di OMISSIS & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Anzisi, Raffaele Anzisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ispettorato Nazionale del Lavoro, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro del 28.06.2021 notificato a mezzo pec il successivo 30.06.2021 con il quale è stata rigettata l'istanza di autorizzazione, formulata con nota prot. INL n -OMISSIS- del -OMISSIS-, per ottenere l'istallazione di impianti audiovisivi ai sensi dell'art. 4 L 20 maggio 1970 n 300 ss.mm.ii.;

nonché di tutti gli atti conseguenziali, preordinati o, comunque, connessi;


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ispettorato Nazionale del Lavoro e di Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2022 la dott.ssa Francesca Ferrazzoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. I fatti oggetto della odierna controversia sono i seguenti.

La OMISSIS S.A.S. - società che svolge attività di traporto per conto terzi e si occupa di trasporto di prodotti petroliferi - in data 28.02.2020 ha stipulato un contratto di appalto con l’-OMISSIS-s.p.a per la durata di 24 mesi.

L’art.11 di detto contratto impone l’obbligo per l’appaltatore di istallare, su ciascun automezzo utilizzato per il trasporto dei prodotti petroliferi, un sistema di videoregistrazione tra la motrice e l’autobotte, atto a verificare che le operazioni di scarico dei prodotti nelle stazioni IP avvengano in maniera conforme alle regole di sicurezza ed agli accordi contrattuali. Più precisamente, il controllo a distanza è azionato dall’autista stesso e dura il tempo dello scarico del carburante.

Nel contratto è precisato che il titolare del trattamento di videoregistrazione sarà IP, la quale visionerà le immagini esclusivamente per finalità di sicurezza HSE (Healt, Safety, Environment - Salute, Sicurezza, Ambiente), nonché per la tutela del patrimonio aziendale. il vettore/datore di lavoro ha la possibilità di visionare le immagini nell’unica ipotesi in cui l’ispettore IP dovesse notificargli entro 7 giorni dalla data del suo accertamento una non conformità o una anomalia nello scarico per violazione da parte del conducente delle prescrizioni/indicazioni relative alle procedure di scarico del prodotto.

In ragione delle clausole contrattuali de quibus, la società esponente ha convocato le OO.SS. maggiormente rappresentative sul piano nazionale al fine di sottoscrivere un accordo ai sensi dell’art. 4 della Legge 300/1970 ss.mm ii. per l’istallazione del sistema di videoregistrazione.

Non avendo raggiunto l’accordo necessario, la OMISSIS s.a.s. ha chiesto all’Ispettorato Nazionale del Lavoro- Direzione Centrale, con istanza del 15.10.2020, l’autorizzazione ad istallare, sui propri automezzi destinati al trasporto dei prodotti IP, il sistema di videoregistrazione previsto nel contratto di appalto.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con nota del 16.12.2020, ha notificato all’istante il preavviso di rigetto dell’istanza sopra richiamata.

Ricevute le controdeduzioni della società, ha respinto l’istanza di autorizzazione con provvedimento del 30 giugno 2020.

Con il ricorso in esame, la OMISSIS s.a.s. ha chiesto l’annullamento, previa sospensione degli effetti anche con provvedimento monocratico inaudita altera parte, del predetto diniego.

A sostegno della propria domanda ha articolato i motivi di diritto sintetizzati come segue:

- Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 l. 300/1970 ss.mm.ii, eccesso di potere, sviamento, erronea presupposizione dei fatti, illogicità, carenza di motivazione: l’ispettorato avrebbe ritenuto non accoglibile la domanda sulle considerazioni che la stessa era stata formulata da soggetto (Manna s.a.s, ossia l’appaltatore-datore di lavoro) diverso dal soggetto titolare della disponibilità delle immagini (committente-IP), laddove il titolare della facoltà di installazione sarebbe solo il datore di lavoro. Inoltre il datore di lavoro avrebbe la titolarità dell’immagine seppure potenziale, che si attiverebbe soltanto su segnalazione del committente. Si tratterebbe di una “titolarità mediata” del diritto all’immagine. Vi sarebbe, altresì difetto di motivazione, laddove non sarebbe stato esplicitato il percorso logico seguito dall’Ispettorato nella equa comparazione del diritto alla libertà e dignità del lavoratore nell’esercizio delle sue prestazioni oltre al diritto del cittadino al rispetto della propria persona (artt. 1-3-35 e 38 Cost.) ed il libero esercizio dell’attività imprenditoriale (art. 41 Cost.);

- Violazione e falsa applicazione dell'art. 10 bis l 241/90 ss.mm.ii, eccesso di potere e insufficienza di motivazione: il principio di motivazione dei provvedimenti amministrativi renderebbe necessario esplicitare le ragioni che hanno indotto l’Autorità decidente a non tener conto delle osservazioni presentate dall’istante soprattutto quando le stesse possono avere influenza nel provvedimento finale.

Con decreto presidenziale n. 5064 del 22 settembre 2012 è stata respinta l’istanza di adozioni di misure cautelari inaudita altera parte “considerato: che la stessa muove dalla minacciata risoluzione del contratto, se non ottenuta entro il 30 settembre l’autorizzazione negata con l’atto impugnato; che, tuttavia, il decreto monocratico attua il principio della res adhuc integra e non ha alcun effetto propulsivo, l’unico idoneo a soddisfare la pretesa ricorsuale mediante la ripresa del procedimento autorizzatorio una volta ritenute fondate le censure avverso il diniego, di piena ed esclusiva competenza del Collegio; che la mera sospensiva del diniego produrrebbe bensì, al più, l’effetto della sua non operatività, ma non della realizzazione della condizione surricordata; che, in altri termini, non è dalla tutela interinale cautelare urgente che può derivare la paralisi della condizione contrattuale”.

Si è costituito l’Ispettorato contestando tutto quanto ex adverso dedotto perché infondato in fatto ed in diritto.

In particolare, in relazione al primo motivo di ricorso ha evidenziato “come la titolarità del trattamento, la responsabilità della protezione, nonché la disponibilità esclusiva dei dati acquisiti al sistema oggetto dell’istanza, non fossero attribuiti al datore di lavoro, bensì ad un soggetto terzo (il Committente), estraneo all’istanza. Pertanto, considerata la riconducibilità ad un soggetto diverso dal datore di lavoro delle ragioni giustificatrici addotte ai sensi dell’art. 4 della legge n. 300/1970, (relative alla tutela del patrimonio aziendale, alla finalità di sicurezza ed incolumità del personale, nonché al corretto adempimento di procedure organizzative e produttive), il sistema di videoregistrazione, così come concepito, veniva ritenuto inidoneo ad assolvere la funzione di minimizzazione delle conseguenze dannose, mancando la possibilità, per il datore di lavoro, di intervenire in tempo reale in caso di eventi pericolosi per il lavoratore”.

Ha inoltre rilevato che detto motivo, per come formulato, non sarebbe di per sé sufficiente ad ottenere la caducazione del provvedimento gravato, atteso che esso è stato adottato valorizzando due ordini di profili, uno involgente la tutela della privacy dei lavoratori, l’altro volto a negare la ricorrenza delle ragioni giustificatrici di cui all’art. 4 Legge n. 300/1970. Trattasi dunque di atto plurimotivato per il quale, secondo orientamento giurisprudenziale pacifico, è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale.

Ha quindi ribadito che “45. Non vi è, infatti, alla base di tale trattamento dei dati personali dei lavoratori, né un contratto di lavoro tra i lavoratori e la Società committente, né il consenso prestato dagli interessati al titolare del trattamento, atteso che il provvedimento richiesto dall’odierna ricorrente, avrebbe sostanzialmente autorizzato il trattamento dei dati da parte, non del datore di lavoro bensì, della Società committente IP S.p.A.. 46. In caso di provvedimento di autorizzazione, in altri termini, l’Ispettorato avrebbe, in sintesi, legittimato un’attività invasiva rispetto alla libertà e dignità dei lavoratori, in favore di un soggetto terzo rispetto a quello datoriale nei cui confronti sarebbe risultato finanche precluso alle OO.SS. l’esercizio delle legittime prerogative sindacali di tutela dei lavoratori, segnatamente per le finalità di repressione della condotta antisindacale rilevante ai sensi dell’art. 28 della L. n. 300/1970”.

Ancora, del tutto sproporzionata sarebbe la previsione di conservazione delle riprese audiovisive per sessanta giorni, laddove il Garante della Privacy avrebbe più volte evidenziato che “la conservazione deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle ventiquattro ore successive alla rilevazione”, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in forza delle quali tale periodo potrebbe essere esteso a non oltre sette giorni.

In relazione ai controlli difensivi, poi, recentemente la giurisprudenza di legittimità dopo avere proceduto per un’ampia ricostruzione dell’istituto regolato dall’art. 4 della legge n. 300/1970, ha precisato che la nuova formulazione della norma “ribadisce implicitamente la regola che il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori non è legittimo ove non sia sorretto dalle esigenze indicate dalla norma stessa. Sicché il controllo «fine a sé stesso», eventualmente diretto ad accertare inadempimenti del lavoratore che attengano alla effettuazione della prestazione, continua ad essere vietato” (Corte di Cassaz. n. 25732 e n. 25731 del 22.09.2021).

Sul secondo motivo, relativo all’omessa motivazione sul rigetto delle osservazioni presentate a seguito del preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241/1990, l’Amministrazione avrebbe posto a fondamento del proprio diniego proprio le controdeduzioni prodotte dall’odierna ricorrente

Con ordinanza n. 5566 del 16 ottobre 2021 è stato confermato il rigetto già espresso in sede monocratica, “Considerato che non si ravvisano, sotto il profilo del fumus, i presupposti per la concessione della invocata tutela cautelare, atteso che la richiesta di autorizzazione presentata dalla ricorrente, ai fini della installazione di impianti audiovisivi sui propri automezzi, non appare conforme a quanto disposto dall’art. 4 della l. n. 300/1970 e s.m.i.: la titolarità e la responsabilità del trattamento dei dati acquisiti attraverso i predetti impianti farebbero capo a soggetti diversi dal datore di lavoro, con la conseguenza che sarebbero disattese le finalità per le quali la installazione degli impianti audiovisivi può essere autorizzata in base alla norma sopra richiamata”.

Tuttavia, il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sulla predetta ordinanza, ha accolto l’appello cautelare ai soli fini della sollecita fissazione del merito.

L’istanza di anticipazione dell’udienza di discussione del merito del ricorso in esame - già fissato per il 18 novembre 2022 - versata in atti il 3 marzo 2022 è stata respinta con decreto presidenziale n. 1516 del 9 marzo 2022, “avuto riguardo ai carichi di lavoro già predisposti” e “considerato, che, comunque, l’istanza appare motivata in modo sostanzialmente generico e non idoneo a supportare adeguatamente la richiesta di anticipazione avanzata e trattandosi, peraltro, di un ricorso depositato alla fine del mese di settembre 2021 e, pertanto, molto recente, che verrà definito a poco più di un anno dal suo deposito”.

All’udienza del 18 novembre 2022, la causa è stata infine introitata per la decisione.

2. Il ricorso è infondato per le ragioni che si vengono ad illustrare.

3. Osserva innanzitutto il Collegio che l’art. 4 della legge 300/1970, qui di interesse, prevede che: “1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi. 2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. 3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.

2. Orbene, con la prima censura, la società ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento gravato per violazione del predetto art. 4 della legge 300/1970.

La doglianza non coglie nel segno.

Invero, come correttamente rilevato dalla difesa della resistente, la titolarità e la responsabilità del trattamento dei dati acquisiti attraverso i predetti impianti fanno effettivamente capo a soggetti diversi dal datore di lavoro, con la conseguenza che sono disattese le finalità per le quali la installazione degli impianti audiovisivi può essere autorizzata in base alla norma sopra richiamata.

Invero, il controllo “fine a se stesso”, eventualmente diretto ad accertare inadempimenti del lavoratore che attengano alla effettuazione della prestazione, continua ad essere vietato (in tal senso: Corte di Cassaz. n. 25732 e n. 25731 del 22.09.2021).

Non vi è, alla base del trattamento dei dati personali dei lavoratori, né un contratto di lavoro tra i lavoratori e la Società committente, né il consenso prestato dagli interessati al titolare del trattamento, atteso che il provvedimento richiesto dall’odierna ricorrente, avrebbe sostanzialmente autorizzato il trattamento dei dati da parte della Società committente IP S.p.A. e non del datore di lavoro.

Pertanto, il primo motivo deve essere respinto.

3. Neppure può trovare accoglimento la seconda censura, con la quale viene dedotta la violazione dell'art. 10 bis l 241/90 ss.mm.ii, eccesso di potere e insufficienza di motivazione.

In proposito deve essere innanzitutto premesso che, secondo orientamento giurisprudenziale pacifico, nell'ambito di un procedimento amministrativo, l'Amministrazione non ha un obbligo di puntuale motivazione e/o confutazione delle controdeduzioni presentate a seguito del preavviso di rigetto dell'istanza, considerato che le ragioni ostative all'accoglimento delle stesse possono dedursi dalla motivazione del provvedimento di diniego emanato (in tal senso, ex multis: TAR Napoli n. 1786/2022; TAR Firenze n. 66/2022).

Ad ogni modo, da una piana lettura del provvedimento impugnato si evince chiaramente che l’Amministrazione avrebbe posto a fondamento del proprio diniego proprio le controdeduzioni prodotte dall’odierna ricorrente.

Invero, nell’atto in esame si legge: “Considerato inoltre che, dalla documentazione prodotta e dalle controdeduzioni prodotte, risulta non controverso che la titolarità del trattamento e la responsabilità della protezione dei dati acquisiti dal sistema oggetto di richiesta non sono attribuite al datore di lavoro istante, bensì ad un soggetto terzo (il Committente) estraneo all’istanza …” (pag. 2 provvedimento impugnato).

4. In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

5. La particolarità della questione giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Maria Cristina Quiligotti, Presidente

Claudia Lattanzi, Consigliere

Francesca Ferrazzoli, Primo Referendario, Estensore

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Francesca Ferrazzoli

 

Maria Cristina Quiligotti

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO