Giu Sulle distanze tra le costruzioni ed esclusione dei titoli per silentium in aree paesaggisticamente vincolate
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III - SENTENZA 17 maggio 2023 N. 4933
Massima
1. Non può formarsi il silenzio-assenso in materia urbanistica e ambientale, potendosi l'azione del privato esplicare solo in presenza di titoli esplicitamente abilitativi. Per tale ragione, il soggetto che veda intervenire l'Amministrazione in ragione dell'attività svolta, non può invocare il legittimo affidamento al fine di vedere ristorato il relativo danno.

2. I limiti fissati all'art. 9 del D.M. 1444/1968 integrano il regime delle distanze nelle costruzioni con efficacia precettiva, in quanto perseguono l’interesse pubblico di tutela igienico sanitaria collettiva, e non la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili confinanti alla nuova costruzione. Essi, pertanto, hanno natura inderogabile.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III - SENTENZA 17 maggio 2023 N. 4933

Pubblicato il 17/05/2023

N. 04933/2023REG.PROV.COLL.

N. 07969/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7969 del 2022, proposto dal Comune di Lucera, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ignazio Lagrotta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Oreste Michele Fasano, Pierpaolo Palatella ed Eugenio Ezio Di Matto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Eugenio Ezio Di Matto in Lucera, piazza Matteotti n. 7;

nei confronti

del sig. -OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (sezione terza) n. 743 del 24 maggio 2022, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2023 il consigliere Giuseppe Rotondo e uditi per le parti gli avvocati Ignazio Lagrotta, Oreste Michele Fasano e Pierpaolo Palatella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio di appello ha ad oggetto:

a) l’accertamento del diritto di -OMISSIS- a essere risarcito di tutti i pregiudizi cagionatigli in ragione dell’illegittima adozione della determinazione dirigenziale n. -OMISSIS-;

b) la domanda di condanna del Comune di Lucera a risarcire il sig. -OMISSIS- della complessiva somma di €. 2.225.874,03.

2. Questi gli snodi principali della vicenda:

a) con atto di compravendita immobiliare del 18 marzo 2011, il sig. -OMISSIS- acquistava l’immobile sito nel Comune di Lucera, alla via -OMISSIS-, consistente in un edificio composto da piano seminterrato, piano rialzato e box, censito al catasto fabbricati al foglio -OMISSIS-;

b) successivamente, chiedeva e otteneva dal comune di Lucera il permesso di costruire n. -OMISSIS- per l’esecuzione, sull’immobile in questione, di un intervento “per la ristrutturazione, con parziale demolizione del fabbricato esistente e ampliamento con sopraelevazione, di numero 3 piani di un fabbricato per civile abitazione”;

c) il suddetto permesso veniva impugnato da un confinante innanzi al T.a.r. per la Puglia, sede di Bari, con ricorso n.1219/2013 R.G., per violazione della distanza legale di mt. 10 fra pareti finestrate, ex d.m. n. 1444/1968, intercorrente tra il fabbricato in progetto e quello limitrofo preesistente (sito in via Tributa);

d) il ricorso veniva rigettato dal T.a.r. con sentenza n. -OMISSIS-; la decisione veniva appellata innanzi al Consiglio Stato e riformata con sentenza n. -OMISSIS- di annullamento del permesso di costruire impugnato;

e) il sig. -OMISSIS- presentava richiesta di nuovo permesso di costruire, modificando il progetto originario con adeguamento del distacco tra i fabbricati oggetto di contestazione, estendendolo a ml 10,00;

f) il comune di Lucera rilasciava in data 10 novembre 2016 il nuovo permesso di costruire, n. -OMISSIS-;

g) con delibera consiliare n. -OMISSIS-, il comune approvava il nuovo piano urbanistico generale comunale, le cui previsioni contemplavano nella zona in questione la deroga alla distanza di 10 ml tra pareti finestrate, di cui al d.m. n. 1444 del 1968;

h) a seguito delle sopravvenute disposizioni urbanistiche, e per evitare altresì il rischio di un’iniziativa giudiziaria del finitimo (ma su diverso lato del lotto) condominio denominato “Calabria”, tesa a ottenere il ritiro anche del secondo permesso di costruire (il n. -OMISSIS-), il sig. -OMISSIS-, con istanza prot. n. 11323 del 3 marzo 2017, richiedeva al comune di Lucera il rilascio di un nuovo permesso di costruire, ancora una volta “per la ristrutturazione, con parziale demolizione del fabbricato esistente e ampliamento con sopraelevazione, di numeri 3 piani di un fabbricato per civile abitazione”, sulla quale l’ufficio tecnico comunale esprimeva, in data 6 aprile 2017, parere favorevole;

i) in data 7 maggio 2017, spirato il termine di cui all’art. 20, comma 3, del d.p.r. n. 380/2001, in assenza di richiesta di integrazione documentale, il sig. -OMISSIS- riteneva formatosi il silenzio assenso sulla richiesta del titolo edilizio;

l) con nota del 20 luglio 2017, prot. 35328, il sig. -OMISSIS- preannunciava all’amministrazione comunale l’invio della comunicazione inizio lavori;

m) in data -OMISSIS-, veniva adottata la determinazione dirigenziale n. -OMISSIS-, con cui il comune si determinava ad annullare in autotutela sia il permesso di costruire n. -OMISSIS-, sia il silenzio assenso formatosi sull’istanza di permesso di costruire presentata successivamente all’entrata in vigore del nuovo p.u.g., con ordine di immediata sospensione dei lavori.

3. Avverso il provvedimento n. -OMISSIS-, il sig. -OMISSIS- proponeva ricorso innanzi al T.a.r. per la Puglia proponendo le seguenti domande:

a) di annullamento della determinazione dirigenziale n. -OMISSIS- (recante annullamento in autotutela, del permesso di costruire n. -OMISSIS- del -OMISSIS- nonché della istanza prot. 35328 del 20 luglio 2017 ad oggetto: comunicazione del sig. -OMISSIS- di formazione silenzio-assenso del permesso di costruire richiesto con istanza del 3 marzo 2017, prot. n. 11323);

b) di condanna del comune di Lucera, al risarcimento dei danni arrecati al ricorrente in ragione dell’adozione del provvedimento impugnato.

3.1. Il gravame veniva affidato a 5 motivi (estesi da pagina 10 a pagina 21 del ricorso), così compendiati: I) eccesso di potere per omessa ed erronea valutazione dei presupposti e carenza di istruttoria, illogicità ed irragionevolezza dell’operato del comune; II) eccesso di potere, contraddittorietà dell’operato del comune, disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta, omessa motivazione; III) violazione dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241, omessa comunicazione di avvio del procedimento; IV) violazione del combinato disposto dell’art. 20 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 e dell’art. 21-nonies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241; V) violazione dell’art. 21-nonies, comma 1, della legge n. 241 del 1990.

3.2. Il comune di Lucera non si costituiva in giudizio, mentre interveniva ad opponendum il sig. -OMISSIS-.

3.3. Con ordinanza n. 1209/2021, il T.a.r. sollevava “dubbi in ordine alla procedibilità della domanda impugnatoria - di cui al ricorso introduttivo - proposta avverso la determinazione dirigenziale n. 112 del 25.7.2017 (di annullamento in autotutela del precedente permesso di costruire n. -OMISSIS- e del silenzio-assenso sull’istanza presentata dopo l’approvazione del p.u.g., in considerazione del rilascio da parte dell’ente comunale del nuovo permesso di costruire n. 982/2021”.

3.4. Con atto del 24 agosto 2021, prodotto nel giudizio di primo grado, il comune di Lucera confermava il sopravvenuto difetto di interesse rispetto alla parte impugnatoria del gravame, chiedendo altresì il rigetto dell’istanza risarcitoria.

3.5. Il T.a.r. per la Puglia, con sentenza n. 743 del 24 maggio 2022:

a) dichiarava improcedibile il ricorso impugnatorio per sopravvenuto difetto di interesse, in ragione delle sopravvenute determinazioni dell’ente comunale;

b) ravvisava il persistente interesse alla decisione dell’istanza risarcitoria collegata all’accertamento di illegittimità dell’autotutela esercitata con l’atto gravato;

c) accertava la fondatezza della pretesa risarcitoria azionata in giudizio, ritenendo sussistenti i presupposti per la configurabilità in capo al comune di Lucera di una ipotesi di responsabilità extracontrattuale, stante: i) l’illegittimo esercizio dei poteri di autotutela rispetto al titolo autorizzatorio – formatosi per silentium - conforme al quadro normativo urbanistico sopravvenuto e vigente all’atto dell’ultima istanza; ii) la colpa dell'Amministrazione, senza che alcuna esimente sia stata da quest'ultima prospettata per giustificare il proprio comportamento; iii) il nesso di causalità rispetto al pregiudizio illustrato;

d) accoglieva, pertanto, la domanda risarcitoria senza però immediata definizione del suo ammontare per la cui quantificazione impartiva i criteri ex art. 34, comma 4, c.p.a.;

e) condannava il comune di Lucera al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente, liquidandole in complessivi €. 1.500,00 oltre spese e oneri di legge, compensandole per il resto.

4. Appella il comune di Lucera, che censura la sentenza per i seguenti motivi (estesi da pagina 8 a pagina 26 del ricorso):

a) error in iudicando, erroneità della sentenza del T.a.r. Puglia, violazione o falsa applicazione dell’art. 20, comma 8, del d.p.r. 380/2001, degli artt. 167 e 181 del d. lgs. n. 42/2004 nonché dell’art. 26 delle n.t.a. del p.u.g., difetto di motivazione, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta, erronea valutazione dei fatti, omessa pronuncia. Il comune sostiene che:

- non si sarebbe formato il silenzio assenso, ai sensi dell’art. 20, comma 8, del d.p.r. 380/2001 stante l’esistenza di vincoli paesaggistici imposti dal p.u.g. sull’area oggetto d’intervento nonché vincoli paesaggistici sulla strada prospiciente l’intervento derivanti dall’emanazione dei decreti 24 aprile 1985;

- il nuovo permesso di costruire sarebbe stato rilasciato in dichiarata applicazione dell’art. 26.2 delle n.t.a. del p.u.g. e quelle di cui all’art. 2-bis del d.p.r. n. 380/2001;

b) error in iudicando, erroneità della sentenza, violazione del principio della domanda e di quello dispositivo ex art. 34, comma 1, c.p.a., violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c., errata interpretazione dell’art. 9 del d.m. 1444/68, palese travisamento dei fatti, difetto di motivazione, ingiustizia manifesta, erronea valutazione dei fatti, omessa pronuncia: i) nella sentenza mancherebbe l’accertamento in merito alla eventuale illegittimità dell’autotutela che il giudice si sarebbe limitato a dichiarare ma non accertare; ii) erronea sarebbe l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui “la ragionevole fondatezza della pretesa non è in discussione, stante la dichiarazione confessoria della stessa Amministrazione comunale”: il giudice di primo grado, infatti, non poteva “semplicemente affermare come tale illegittimità sia stata riconosciuta dalla stessa Amministrazione con le successive determinazioni” giacché il “risarcimento che deve fondarsi su di un puntuale accertamento di tutti gli elementi che connotano la fattispecie di risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa”; iii) nella sentenza non vi sarebbe alcuna analisi delle motivazioni che sono state poste a fondamento dell’atto di autotutela, in particolare avuto riguardo alla fondamentale circostanza circa il dubbio in merito alla possibilità che il p.u.g. potesse legittimamente derogare alle distanze fissate nell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968;

c) error in iudicando, erroneità della sentenza impugnata, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta, erronea valutazione dei fatti, omessa pronuncia sull’infondatezza del ricorso di primo grado nel merito e sugli effetti della sentenza del c.d.s n. -OMISSIS- passata in giudicato: la pronuncia ha accertato la fondatezza della domanda risarcitoria sulla scorta delle censure formulate in primo grado che, tuttavia, sarebbero tutte infondate;

d) error in iudicando, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta, erronea valutazione dei fatti, insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del risarcimento dei danni, insussistenza della colpa, errore scusabile, erroneità deli criteri con cui sono state determinate le modalità’ del risarcimento: i) la questione sarebbe complessa, investendo non solo un precedente giudizio nel quale l’Amministrazione era risultata soccombente ma anche l’applicazione di deroghe alle distanze minime oggetto di orientamenti giurisprudenziali che evidentemente militano nel senso di ritenerle illegittime; ii) sull’allegazione dell’errore scusabile, il giudice di primo grado avrebbe omesso di rilevare quanto dedotto in giudizio nella relazione dell’u.t.c. ritualmente acquisita in giudizio con i relativi allegati; iii) i criteri stabiliti dal T.a.r. per la stima degli stessi danni non sarebbero pertinenti.

4.1. Si è costituito, per resistere, il sig. -OMISSIS- che non ha riproposto espressamente, ex art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi di ricorso non esaminati da T.a.r.

4.2. Parte appellata e comune di Lucera hanno depositato memorie conclusive in data 10 marzo e 20 marzo 2023. Il comune, oltre a riportarsi ai motivi di appello, si oppone all’ultimo deposito della documentazione versata in data 10 marzo 2023 dall’appellato in vista dell’udienza pubblica in quanto “tali documenti esulano dal thema decidendum e non hanno fatto parte del corredo documentale agli atti del giudizio di primo grado”; di essi, pertanto, ne eccepisce l’inammissibilità, anche per violazione del principio del c.d. “divieto dei nova” in appello (memoria di replica del 30 marzo 2023).

5. All’udienza del 20 aprile 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. L’appello è fondato e la sentenza impugnata deve essere riformata.

7. La sua fondatezza consente, altresì, di prescindere dall’esame delle eccezioni formulate dal comune appellante in sede di replica.

8. La questione portata all’attenzione del collegio concerne la domanda avanzata dal sig. -OMISSIS- per l’accertamento del proprio diritto a essere risarcito di tutti i pregiudizi cagionatigli in ragione della illegittima adozione della determinazione dirigenziale n. -OMISSIS-, con cui il Comune di Lucera si è determinato ad annullare in autotutela sia il permesso di costruire n. -OMISSIS-, sia il silenzio-assenso formatosi sull’istanza di permesso di costruire presentata successivamente all’entrata in vigore del nuovo p.u.g., sul presupposto che i suddetti titoli avrebbero violato il regime delle distanze minime legali (10 mt) da osservarsi tra edifici, come previsto e imposto dal d.m. n. 1444 del 1968.

9. Parte appellata sostiene che il titolo edilizio si sarebbe formato per silentium il 7 maggio 2017, sulla istanza del 3 marzo 2017 prot. n. 11323; tale titolo fonderebbe la propria legittimità sul piano urbanistico generale del comune di Lucera, approvato con delibera di consiglio comunale n. -OMISSIS-, (pubblicata sul BURP n. 147 del 22 dicembre 2016 e resa esecutiva il successivo giorno 23), le cui previsioni – per quel che qui rileva - contemplerebbero nella zona in questione la deroga alla distanza di 10 ml tra pareti finestrate, di cui al d.m. n. 1444 citato.

9.1. L’annullamento in autotutela di tale titolo (disposto con provvedimento n. 112 del 2017) sarebbe, pertanto, illegittimo e, seppure superato dal permesso di costruire n. 982/2021 definitivamente rilasciato il 4 maggio 2021 (a seguito di rinnovata istanza presentata dal sig. -OMISSIS- il 1 luglio 2020, prot. 31027), esso avrebbe determinato un ritardo nella esecuzione del progetto (lo stesso sostanzialmente assentito nel 2021) fonte del pregiudizio economico.

10. I rilievi non hanno fondamento.

11. In materia ambientale e paesaggistica non si può procedere per silenzio-assenso bensì per provvedimenti espliciti (art. 20, comma 4, legge n. 241 del 1990).

12. Nel caso specie, nessun titolo poteva ritenersi legittimamente formato per silentium stante i vincoli paesaggistici gravanti sull’area (id est, sulla strada prospiciente l’intervento derivanti dall’emanazione dei decreti 24 aprile 1985).

13. Il presupposto su cui parte appellata fonda la spettanza del bene della vita – elemento indefettibile per il riconoscimento della responsabilità da lesione di interesse legittimo (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n. 653 del 2022; n. 216 del 2022 che hanno fatto applicazione dei principi elaborati da Ad. plen., n. 7 del 2021) - s’appalesa, pertanto, infondato allo scrutinio (incidentale) sulla legittimità degli atti e del procedimento ai fini risarcitori.

14. Sul punto, deve riscontrarsi fondato e assorbente il primo motivo di appello.

15. E invero, parte appellata – per le chiare ragioni ostative di cui all’art. 20, comma 4, d.p.r. n. 241 del 1990 – non poteva vantare la formazione di un idoneo e legittimo titolo edilizio, ragion per cui essa neppure successivamente ha potuto invocare una illegittima sottrazione del bene della vita che mai gli era stato attribuito (tacitamente) e tantomeno appartenuto.

16. In altri termini, non potendo il sig. -OMISSIS- affermare la valida formazione di un titolo edilizio formatosi per silentium - stante la carenza di una formale autonoma autorizzazione (pur se rilasciata dal medesimo comune in base alla disciplina regionale) sotto il profilo della compatibilità ambientale - neppure può affermare di esserne stato illegittimamente privato, così da inferire una responsabilità del comune per lesione dell’affidamento legittimo.

17. Sul punto, va chiarito che:

a) a suo tempo il capo ufficio tecnico aveva solo espresso un parere istruttorio senza che questo parere, tuttavia, confluisse in un titolo ambientale definitivo;

b) la determinazione avversata non assume alcun valore, né confessorio né di autotutela bensì, di diniego del titolo edilizio non essendosi formato alcun silenzio-assenso.

18. Sotto altro profilo, neppure è sussumibile nella fattispecie una ipotesi di (più probabile che non) spettanza del bene della vita (id est, titolo ad edificare).

19. Rilevano in proposito le seguenti circostanze:

a) la diversità dei progetti presentati nel tempo dal sig. -OMISSIS-, specie quella evidenziabile fra il progetto presentato il 3 aprile 2017 e quello presentato in data 1 luglio 2020 (assentito col permesso di costruire n. 982/2021 del 4 maggio 2021);

b) il permesso di costruire n. -OMISSIS- deriva, infatti, da una nuova istanza presentata dal sig. -OMISSIS-, acquisita al prot. com. n. 31027 del 1 luglio 2020, quindi da una conseguente nuova istruttoria, accompagnata da una specifica richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica, ai sensi degli artt. 167 e 181 del d. lgs. n. 42 del 2004, per opere in difformità o in assenza di autorizzazione paesaggistica per l’intervento finalizzato ad ottenere il permesso di costruire per la ristrutturazione, con parziale demolizione del fabbricato esistente e ampliamento con sopraelevazione, di numeri 3 piani di un fabbricato per civile abitazione;

c) la nuova istanza (sottesa al permesso rilasciato il 4 maggio 2021) è stata presentata in ossequio alle norme del nuovo piano urbanistico generale sopravvenuto al permesso rilasciato nel 2016 (n. -OMISSIS-), nonché al p.p.t.r., scontando, pertanto un diverso regime normativo;

d) la circostanza che il permesso di costruire n. -OMISSIS- - oggetto del provvedimento di autotutela impugnato - fosse antecedente all’approvazione del nuovo piano urbanistico generale (15 novembre 2016), le cui previsioni (v. art. 26.2. punto 5) hanno introdotto nella zona in questione la deroga alla distanza di 10 ml tra pareti finestrate, di cui al d.m. n. 1444 del 1968 (le n.t.a. del p.u.g., all’art. 26.2, punto 5, prevedono la distanza minima di 5 metri tra pareti finestrate degli edifici nella zona CUM (zona territoriale omogenea B – art. 2 del d.m. 1444/68);

e) la certa illegittimità del permesso n. -OMISSIS- poiché, pur richiamando esso genericamente nel suo contenuto sia il vecchio p.r.g. vigente sia il nuovo p.u.g. (non ancora, tuttavia, approvato), assentiva l’edificazione in violazione delle distanze minime in assenza di una idonea fonte normativa primaria (nazionale e regionale) o secondaria (nuovo p.u.g. non ancora approvato e in vigore) che ne legittimasse l’esercizio del potere;

f) il fatto che l’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 consente che siano fissate distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, ma solo “nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche (nella circostanza, mancava il piano attuativo);

g) il fatto che il p.u.g. è un piano generale e non attuativo, sicché esso stabilisce (in via generale) la distanza tra fabbricati ma affinché questa possa rendersi attuale occorre comunque dotarsi del piano attuativo;

h) la certa illegittimità, ad ogni modo, anche del p.u.g., nella parte in cui ha derogato alle distanze minime di cui all’art. 9, d.m. n. 1444/1968 in assenza di una legislazione regionale (v. art. 2-bis, d.p.r. n. 380/2001) che legittimasse – ratione temporis - i comuni a prevedere deroghe all’art. 9, u.c., del d.m. n. 1444 del 1968 in sede di approvazione del p.u.g.;

i) la conseguente inapplicabilità di tale disposizione di piano alla fattispecie;

20. Alla stregua dei prefati rilievi, il collegio svolge, più in particolare, le seguenti considerazioni.

21. Il progetto presentato dal sig. -OMISSIS- consiste nella “ristrutturazione, con parziale demolizione del fabbricato esistente e ampliamento con sopraelevazione, di numeri 3 piani di un fabbricato per civile abitazione”.

22. Il comune di Lucera ha annullato in autotutela il p.d.c. n. -OMISSIS-, nonché la comunicazione del 20 luglio 2020 di (asserita) formazione del silenzio assenso sulla istanza di p.d.c. presentata il 3 marzo 2017 prot. 11323, sul presupposto della illegittimità della fonte normativa secondaria (piano urbanistico generale) rispetto alla fonte nazionale sovraordinata di cui al d.m. n. 1444 del 1968.

Secondo costante giurisprudenza, tenuto conto altresì della normativa statale e regionale ratione temporis vigente, la distanza minima di dieci metri tra edifici antistanti (fissata dall’art. 9, d.m. n. 1444/1968) aveva carattere inderogabile, in quanto norma imperativa volta a predeterminare in via generale le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza (Cons. Stato, n. 7029/2021, n. 3093/2017, n. 2086/2017, n. -OMISSIS-; Cass., civ., n. 23136/2016).

23. Più in particolare, la citata giurisprudenza ha chiarito che i limiti fissati nel suddetto decreto integrano il regime delle distanze nelle costruzioni con efficacia precettiva, in quanto perseguono l’interesse pubblico di tutela igienico sanitaria collettiva, e non la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili confinanti alla nuova costruzione (regolata e tutelata, invece, dal codice civile).

24. Ragion per cui, le distanze (10 mt) tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti devono ritenersi inderogabili, come tali vincolanti sia per i comuni in sede di formazione o revisione degli strumenti urbanistici (Cons. di Stato n. 7029/2021), sia per i privati (i confinanti non potrebbero, con patti stipulati tra loro, derogarle).

25. Lo strumento urbanistico comunale (nel regime normativo nazionale e regionale ratione temporis vigente) non poteva, pertanto, contemplare disposizioni in contrasto con l’art. 9 del d.m. n. 1444/1968; tali prescrizioni sarebbero, invero, illegittime.

26. Tale illegittimità comporta per il giudice l’obbligo di applicare la norma di livello superiore, secondo il criterio di gerarchia materiale delle fonti, disapplicando la norma regolamentare in contrasto con la norma di rango superiore e inderogabile.

27. Applicando le suesposte coordinate al caso di specie (intervento di “ristrutturazione, con parziale demolizione del fabbricato esistente e ampliamento con sopraelevazione, di numeri 3 piani di un fabbricato per civile abitazione”) occorre considerare che la distanza minima di cui sopra è imposta per qualsiasi forma di nuova costruzione da effettuarsi in tutto il territorio comunale, quest’ultima intesa nel senso più ampio con riguardo, sia al regime di nuova costruzione (id est, nuovi edifici; ampliamenti, sopraelevazioni, addizioni volumetriche, superficie), che al regime ricostruttivo (id est, demolizione e ricostruzione, integrale o parziale di edifici, traslazione volumi e area di sedime; modifiche di sagoma, anche a parità di volume, modifiche planivolumetriche); che, inoltre, tali distacchi si applicano sia in senso planimetrico che in senso altimetrico o elevazione.

28. Le uniche eccezioni sono: i) gli interventi di risanamento conservativo; (ii) le ristrutturazioni di edifici situati nelle zone omogenee A (centri e nuclei storici), dove le distanze tra edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale; iii) i gruppi di edifici che formano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con specifiche previsioni planovolumetriche; iv) la particolare deroga prevista per finalità di risparmio energetico (id est, “cappotto termico”) all’art. 2-bis, co. 1-ter del d.p.r. n. 380 del 2001, introdotto nel testo unico edilizio con il d.l. n. 76 del 2020.

29. Va annotato, a tale ultimo proposito, che l’art. 2-bis del d.p.r. n. 380/2001 (introdotto dall’art. 30, comma 1, lett. 0a), d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98) ha previsto, ai commi 1 e 1-bis (quest’ultimo, aggiunto dall'art. 5, comma 1, lett. b), d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55): “1. Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali. 1-bis Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio”.

30. La legislazione statale ha, dunque, introdotto, nel quadro dei principi che informano la potestà legislativa concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio, norme che consentono a livello territoriale la possibilità di prevedere, a determinate condizioni, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.

31. Tuttavia, perché ciò fosse consentito, occorreva che la Regione esercitasse la propria potestà legislativa concorrente in materia, prevedendo a livello territoriale la possibilità di deroghe alle distanze; facoltà che non consta essere stata esercitata.

32. Alla stregua di quanto sin qui argomentato, deve escludersi che il comportamento sotteso all’adozione del provvedimento prot. n. 112/2017 (recante annullamento in autotutela del titolo edilizio n. -OMISSIS- e della comunicazione del 20 luglio 2020 relativa al silenzio assenso) sia connotato da profili di responsabilità in capo all’amministrazione apparato.

Assodata la legittimità – anche tenuto conto della impossibilità di esaminare i motivi cassatori di primo grado in quanto non ritualmente riproposti - del provvedimento di auto annullamento del precedente permesso di costruire, viene meno un ulteriore presupposto per l’accoglimento della domanda di condanna del comune al risarcimento del danno.

33. In ogni caso, deve escludersi ogni forma di responsabilità soggettiva (id est, colpa) tenuto conto che la contestata condotta è stata orientata da principi normativi e giurisprudenziali in tema di distanze legali di incerta applicazione e non agevole coordinamento, a cagione del contrasto esistente fra fonti normative di livello diverso, suscettive di non facile e immediata ordinazione e composizione.

A conferma di tale conclusione si evidenzia che il permesso di costruire rilasciato dal comune nel 2021 trae fondamento proprio dalla applicazione delle norme sancite dalle novelle, recate all’art. 2 bis t.u. edilizia, di cui alle leggi del 2019 e del 2020 (ovviamente inapplicabili ratione temporis ai titoli edilizi precedenti la loro entrata in vigore).

34. Consegue a tanto che l’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto; per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinta la domanda risarcitoria azionata nel ricorso di primo grado dal sig. -OMISSIS-.

35. Nella novità e complessità delle questioni trattate il collegio ravvisa le eccezionali ragioni che consentono di compensare, a mente del combinato disposto degli artt. 26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c., le spese di entrambi i gradi di giudizio, ivi incluse, ex art. 57 c.p.a., le spese del procedimento cautelare in sede di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 743 del 24 maggio 2022, resa dal T.a.r. per la Puglia, respinge la domanda di risarcimento del danno proposta nel ricorso di primo grado dal sig. -OMISSIS-.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2023 con l'intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore

Michele Conforti, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Giuseppe Rotondo

 

Vito Poli

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO