che:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727,2729,2043 e 2059 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 2,29 e 30 Cost., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il giudice di merito, pur avendo accertato che la nonna era partecipe della vita della nipote, che vi era frequentazione durante le riunioni familiari, nonchè la cura della nipote durante i primi tre anni di vita della medesima e poi durante i fine settimana, non ha riconosciuto il danno non patrimoniale, esigendo la prova di un legame eccedente la normale relazione affettiva fra vittima e superstite, laddove invece, in assenza di convivenza, ciò che deve essere provata è l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e di solidarietà con il familiare defunto.
Il motivo è fondato. In tema di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale 'da uccisione', proposta 'iure proprio' dai congiunti dell'ucciso, questi ultimi devono provare l'effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l'azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, poichè la 'società naturale', cui fa riferimento l'art. 29 Cost., non è limitata alla cd. 'famiglia nucleare', il rapporto tra nonni e nipoti, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, non può essere ancorato alla convivenza, escludendo automaticamente, in caso di insussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto (Cass. n. 7743 del 2020, n. 29332 del 2017 e n. 21230 del 2016).
Il giudice di merito, esigendo la prova di un legame eccedente la fisiologica intensità della relazione fra nonni e nipoti, ha scambiato il criterio relativo al quantum del risarcimento con quello relativo all'an. Ed invero, mentre costituisce presupposto di fatto del danno risarcibile l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto, che è quanto risulta accertato dal giudice di merito alla stregua della motivazione della decisione impugnata, l'esistenza di un legame eccedente l'ordinario rapporto di affetto, come del resto lo stesso rapporto di convivenza ove esistente, costituiscono circostanze rilevanti ai fini della liquidazione del danno, e dunque incidenti sull'aspetto del quantum e non dell'an (cfr. Cass. n. 29332 del 2017). Il giudice di merito dovrà quindi valutare la spettanza del risarcimento del danno non patrimoniale sulla base del principio di diritto sopra enunciato, apprezzando poi le circostanze del caso concreto in sede di liquidazione dell'ammontare del danno.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,2043 e 2059 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che le spese relative alla assistenza tecnica nella fase stragiudiziale della gestione del sinistro costituiscono danno patrimoniale spettante sulla base del principio di regolarità causale.
Il motivo è inammissibile. Il giudice di merito ha accertato che non vi era prova che i costi per l'intervento di società incaricata della gestione stragiudiziale del sinistro fossero necessari e giustificati. Tale ratio decidendi, peraltro conforme alla giurisprudenza di questa Corte (deve valutarsi se la spesa per l'attività stragiudiziale di uno studio di assistenza infortunistica stradale sia stata necessitata e giustificata in funzione dell'attività di esercizio stragiudiziale del diritto al risarcimento, sulla base di una valutazione ex ante - Cass. n. 997 del 2010 e n. 6422 del 2017), non risulta impugnata dai ricorrenti, i quali si sono limitati a richiamare genericamente il principio di spettanza della spesa. Avrebbero dovuto invece i ricorrenti impugnare, nelle forma della denuncia del vizio motivazionale, la ratio di cui sopra allo scopo di consentire una nuova valutazione da parte del giudice di merito in ordine alla necessità e giustificatezza della spesa.
Con il terzo motivo si denuncia violazione dell'art. 91 c.p.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che, nonostante l'esito favorevole del giudizio stante l'accoglimento del primo motivo di appello, gli appellanti sono stati condannati alla rifusione (per la metà) delle spese processuali.
L'accoglimento del primo motivo determina l'assorbimento del motivo.
accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo ed assorbito il terzo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021