che, preliminarmente, il Collegio dà atto che non risulta effettuata la comunicazione della data dell'adunanza camerale alla parte controricorrente;
che, tuttavia, poichè l'esito del giudizio è conforme alla richiesta dei controricorrenti, si reputa superflua la rimessione della causa sul ruolo e la fissazione di nuova adunanza della quale rendere edotti i controricorrenti;
che con l'unico motivo di ricorso è denunciata violazione o falsa applicazione dell'art. 817 c.p.c., e si contesta la qualificazione del vano sottotetto come pertinenza dell'appartamento sottostante;
che, secondo il ricorrente, il vano costituiva un ampliamento del fabbricato, quindi un nuovo locale, e non vi era prova che gli fosse stata impressa la destinazione pertinenziale, ponendolo al servizio dell'appartamento;
che il motivo, nella parte in cui sollecita un nuovo accertamento delle caratteristiche del vano sottotetto, è inammissibile in quanto l'accertamento in fatto spetta solo al giudice di merito;
che la Corte d'appello, in esito all'esame documentale, ha evidenziato che il vano sottotetto era la risultante della nuova copertura 'a falde inclinate' del fabbricato, che aveva sostituito la precedente copertura 'piana'; e che, come già accertato dal giudice di primo grado, le caratteristiche intrinseche del vano così realizzato non consentivano di qualificarlo come autonoma entità abitativa;
che, sulla base di tale accertamento, la Corte d'appello ha concluso nel senso che il vano fosse destinato esclusivamente a fungere da copertura e coibentazione dell'appartamento sottostante, e che pertanto ne costituiva pertinenza;
che l'affermazione è conforme al principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, allorchè il sottotetto assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità l'appartamento dell'ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo, va considerato pertinenza di tale appartamento (Cass. 21/05/2020, n. 9383; Cass. 30/03/2016, n. 6143; Cass. 12/08/2011, n. 17249);
che, pertanto, non sussiste la denunciata violazione di legge; che al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese, nella misura indicata in dispositivo;
che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 1.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 29 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021