Giu Responsabilità dell'appaltatore.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - ORDINANZA 22 giugno 2021 N. 17819
Massima
L'appaltatore, dovendo osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è tenuto a controllare la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo. Ove l'appaltatore non riesca a dare tale prova, risponderà a titolo contrattuale di eventuali imperfezioni o i vizi dell'opera, nè potrà invocare il concorso di colpa del progettista o del committente o l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori.

Casus Decisus
RITENUTO IN FATTO 1. Con atto di citazione del giugno 2006 B.F. e G., dichiarando di agire in proprio e nella qualità di soci della s.n.c. Fratelli B., convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bergamo, U.R. e U.P., chiedendo la loro condanna al pagamento del saldo asserito ancora come dovuto in base alla contabilità predisposta dal direttore dei lavori (per un ammontare di Euro 107.500,00, oltre iva, in favore, in parte, della citata società per lavori realizzati dalla stessa inizialmente e, in parte, per il periodo successivo, dei due B. in proprio), con riferimento all'esecuzione del contratto di appalto relativo alla realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria finalizzati all'eliminazione delle barriere architettoniche di una palazzina destinata ad abitazione dei convenuti. Si costituivano in giudizio, con un'unica comparsa, i convenuti, i quali eccepivano, innanzitutto, il difetto di legittimazione attiva dei fratelli B. con riguardo alla loro dedotta qualità anche di creditori in proprio (sul presupposto della pattuita incedibilità del contratto) e, nel merito, instavano per il rigetto, della domanda, deducendo vari adempimenti della società appaltatrice, invocando, perciò, in via riconvenzionale, la dichiarazione di risoluzione. Gli stessi convenuti chiedevano, altresì, di essere autorizzati a chiamare in giudizio l'arch. D.G., quale direttore dei lavori oggetto di appalto. Quest'ultimo si costituiva in giudizio, insistendo per la reiezione della domanda che i convenuti avevano formulato nei suoi confronti. Per intanto, con successivo atto di citazione del marzo 2007, i predetti convenuti U. proponevano anche opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dallo stesso arch. D. per il saldo della sua parcella, il quale ne chiedeva il rigetto. Riunite le due cause tra loro connesse, all'esito dell'istruzione probatoria (nel corso della quale venivano assunte prove orali ed espletata c.t.u.), l'adito Tribunale, con sentenza dell'8 maggio 2012, accoglieva una delle domande subordinate formulate dai committenti convenuti diretta all'ottenimento della declaratoria di risoluzione del contratto di prestazione professionale intercorso con il D., disponendo, di conseguenza, la restituzione degli acconti da quest'ultimo ricevuti e la condanna al risarcimento dei danni, previa revoca dell'opposto decreto ingiuntivo. Inoltre, sempre in accoglimento delle domande dei predetti committenti, dichiarava anche la risoluzione del contratto di appalto dai medesimi stipulato con la s.n.c. Fratelli B., condannando la stessa, in solido con l'arch. D., anche in applicazione dell'art. 1669 c.c., al risarcimento dei reclamati danni e alla restituzione di tutti gli acconti ricevuti per le prestazioni svolte. 2. Con citazione notificata il 5 giugno 2012 i fratelli B., in proprio e nella loro qualità di soci della citata s.n.c, proponevano appello contro la sentenza di primo grado, chiedendone la riforma con la conseguente condanna degli U. al pagamento dei crediti da essi dedotti come ancora vantati. Resistevano gli appellati U., i quali, oltre ad insistere per il rigetto dell'appello dei B., formulavano anche appello incidentale per vedersi riconosciute somme ulteriori rispetto a quelle già liquidate con la gravata sentenza e per la condanna dei fratelli B., anche in proprio, alle restituzioni ed al risarcimento dei danni. Si costituiva nel giudizio di secondo grado pure l'arch. D.G., che, oltre a richiedere il rigetto dell'appello principale, avanzava appello incidentale per vedersi accogliere la domanda di riconoscimento del suo compenso professionale per le prestazioni svolte. Con sentenza n. 484/2015 (pubblicata il 20 aprile 2015), la Corte di appello di Brescia, pronunciando sul rapporto processuale tra i fratelli B., nella duplice qualità spesa, e i signori U., accoglieva l'appello incidentale dei suddetti fratelli e, in riforma della sentenza di prime cure, condannava gli U., in via solidale, al pagamento in favore dei B. della somma di Euro 80.835,12 (scaturente dalla decurtazione dell'importo di Euro 26.664,88 da quello di Euro 107.500,00, richiesto con la citazione introduttiva del giudizio di primo grado), con gli interessi legali dalia domanda al saldo, oltre che al pagamento delle spese del doppio grado. Con la stessa sentenza la Corte bresciana, non definitivamente decidendo sull'altro rapporto processuale intercorso tra i sigg. U. e l'arch. D., in parziale accoglimento dell'appello incidentale di quest'ultimo, dichiarava che oggetto dell'incarico a lui conferito era consistito nella progettazione e direzione dei lavori necessari alla eliminazione delle barriere architettoniche relativamente all'Intero fabbricato del quale l'committenti erano comproprietari per quote indivise. Lo stesso giudice di appello disponeva, poi, con separata ordinanza, la prosecuzione del giudizio con riferimento al rapporto processuale tra il D. e gli U. per l'espletamento dei necessari incombenti istruttori ai fini della determinazione del compenso spettante all'arch. D.. 3. Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a dodici motivi, U.P. e U.R.. Hanno resistito con controricorso B.F. e Gianluigi B., in proprio nella loro qualità di titolari dell'Impresa edile artigiana B.F. e Impresa edile artigiana Gianluigi, nonchè quali soci della cessata s.n.c. F.lli B.. L'altro intimato D.G. non ha svolto attività difensiva in questa sede. La difesa dei ricorrenti ha anche depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1. c.p.c..

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - ORDINANZA 22 giugno 2021 N. 17819

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno denunciato - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione dell'art. 1176 c.c., comma 2, artt. 1453,1455,1655,1668 e 1669 c.c., per aver la Corte di appello ritenuto che non appartiene alla diligenza, perizia e competenza necessarie dell'appaltatore di una ristrutturazione immobiliare volta ad eliminare le barriere architettoniche l'avvedersi, segnalandole alla committenza, di carenze del progetto, e/o di indicazioni della direzione dei lavori, di rilevanza decisiva proprio sotto il profilo dell'effettiva eliminazione delle barriere architettoniche e del rispetto della normativa edilizia in materia.

2. Con la seconda complessiva censura i ricorrenti hanno dedotto - in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 - per un verso l'erroneità dell'impugnata sentenza nella parte in cui si era ritenuta rinunciata la domanda attinente all'inadempimento dell'obbligazione di assistenza gravante sull'appaltatore, in contrasto con l'art. 346 c.p.c. e, per altro verso, la violazione dell'art. 1176 c.c., comma 2, artt. 1453,1455,1655,1668 e 1669 c.c., in relazione ai contenuti dell'obbligo di assistenza alle maestranze e, in ogni caso, all'improprio riferimento alla figura del "muratore", nella parte in cui aveva riferito le carenza dell'opera appaltata all'attività, per l'appunto, di un "muratore", anzichè all'inadempimento delle obbligazione assunte dall'appaltatore.

3. Con la terza doglianza i ricorrenti hanno prospettato - con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - la violazione degli artt. 112,183,342,345 e 346 c.p.c., per aver la Corte di secondo grado ravvisato che l'appaltatore aveva operato come "nudus minister", non rilevando la tardività della relativa eccezione. Inoltre, i ricorrenti hanno, con la stessa censura, dedotto - con riguardo all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione degli artt. 1655,1659,1660 e 1661 c.c. in relazione ai caratteri normativi e giurisprudenziali che distinguono la fattispecie dell'appaltatore da quella del "nudus minister".

4. Con il quarto motivo i ricorrenti hanno denunciato - avuto riguardo all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione degli artt. 1218,1659,1667,1668 e 2702 c.c. per aver la Corte di appello ritenuto sussistente la prova della intervenuta autorizzazione di variazioni dell'opera sulla base di scritture disconosciute dai committenti e, in ogni caso, non suscettibili di costituire prova di tale autorizzazione ai sensi dell'art. 1659 c.c..

5. Con la quinta censura i ricorrenti hanno dedotto - in virtù dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, - l'omesso esame del fatto che l'opera era stata realizzata con ascensore interno, in contrasto con la genuina volontà dei committenti, sulla base di un diverso progetto accettato dai committenti solo perchè non correttamente informati, che, in realtà, come era stato provato in giudizio, l'ascensore avrebbe potuto essere collocato all'esterno anche in deroga alle distanze legali, cosicchè la committenza aveva subito un ingiustificato restringimento dei locali all'interno ed era rimasto precluso ad essa U.R. di uscire direttamente in giardino, e da qui in strada, in modo autonomo.

6. Con la sesta doglianza I ricorrenti hanno inteso criticare la sentenza - con riguardo all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - per aver ritenuto rinunciata, in contrasto con l'art. 346 c.p.c., la domanda formulata a carico dell'appaltatore ai sensi degli artt. 1337 e 1660 c.c. in relazione alla ritardata nomina di un ingegnere strutturista che valutasse i necessari profili di competenza, oltre che per aver omesso di pronunciarsi su tale domanda nei confronti dell'appaltatore e del progettista, in violazione dell'art. 112 c.p.c..

7. Con il settimo mezzo i ricorrenti hanno lamentato - con riguardo all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - l'omissione di prendere in esame le opere murarie di competenza diretta dell'appaltatore, nonchè i vizi e le difformità accertati dal c.t.u., che rendevano (anche) tali opere del tutto inidonee ad eliminare le barriere architettoniche nel rispetto delle norme di legge, delle obbligazioni contrattuali assunte e della destinazione dell'immobile alla fruizione di un disabile.

8. Con l'ottavo motivo i ricorrenti hanno denunciato - con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, - l'omesso esame del fatto - accertato dal c.t.u. -che il solo modo per evitare il problema dell'errata quota della rampa di accesso ai box era quello di adottare una diversa soluzione tecnica per la realizzazione dell'accesso disabili.

9. Con la nona censura i ricorrenti hanno denunciato - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione degli artt. 1218,2230,1655,1667,1668 e 1669 c.c., per aver la Corte di appello mandato esenti da responsabilità appaltatore e progettista perchè i committenti non avrebbero comunicato la propria adesione a una soluzione "tampone" prospettata solo in corso d'opera dallo strutturista, nonostante il creditore, tanto più a fronte di difetti largamente prevedibili dall'appaltatore e dal progettista, non era tenuto ad accettare soluzioni diverse dall'adempimento dovuto.

10. Con la decima doglianza i ricorrenti hanno censurato l'impugnata sentenza per aver attribuito rilevanza, ai fini della sussistenza del diritto dell'appaltatore al saldo del compenso, ad una pretesa assenza di lamentele da parte della committenza nonostante il fatto che essa avrebbe visto "adoperarsi" l'appaltatore "in cantiere dall'inizio alla fine dei lavori", così decidendo in contrasto con gli artt. 1662,1665 e 1667 c.c. (In. relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), che non consentono di desumere dal mancato esercizio di semplici facoltà l'inesistenza di responsabilità dell'appaltatore.

11. Con l'undicesimo motivo i ricorrenti hanno inteso censurare l'impugnata sentenza per aver accolto la domanda di saldo del corrispettivo dell'appalto attribuendo rilevanza a una dichiarazione resa ad altro fine da essa ricorrente U.R. in sede di interrogatorio, oltre che alla pretesa assenza di lamentele in corso d'opera, evidenziandosi - in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - che la Corte di appello aveva omesso di considerare che essa signora D. era costretta in sedia a rotelle e non era un tecnico, che, perciò, non avrebbe potuto rendersi conto dei vizi tecnici dell'opera prendendo semplice visione del cantiere, che comunque essi committenti avevano più volte segnalato l'esistenza delle problematiche oggetto di causa e che doveva considerarsi comunque arbitrario istituire un collegamento tra pretesa assenza di lamentele, qualità della prestazione e diritto al saldo del compenso.

12. Con il dodicesimo ed ultimo motivo i ricorrenti hanno inteso sottolineare la riproposizione delle domande dedotte con l'appello incidentale (accertamento che l'obbligo di eliminare le barriere riguardava l'intero edificio e conseguenti richieste risarcitorie, oltre alla domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali) e delle relative istanze istruttorie formulate nel precedente grado.

13. Ritiene il collegio che, prima di esaminare le proposte censure, sia opportuno operare una premessa di carattere generale sull'inquadramento del contratto di appalto, con particolare evidenziazione delle obbligazioni che scaturiscono dalla sua conclusione.

Si osserva come non sia discutibile che nell'obbligazione principale dell'appaltatore sia compresa, dal punto di vista contenutistico, ogni attività finalizzata a raggiungere lo scopo del contratto. In questa generale dimensione elemento essenziale di tale obbligazione diviene la funzione di responsabilità, dovendo, in ogni caso, l'esecuzione dell'opera essere giuridicamente ascritta all'appaltatore nella fase organizzativa, che non può, però, prescindere dall'esercizio di una posizione di controllo e di direzione sull'attività dell'apparato imprenditoriale.

Poichè la prestazione dell'appaltatore si risolve nell'adempimento di un'obbligazione di risultato, egli è tenuto ad assolvere ai propri obblighi osservando i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro

affidatogli, rispondendo per le imperfezioni o i vizi dell'opera, di cui deve garantire l'assenza.

Il contenuto dell'obbllgazione dell'assuntore dell'appalto è delineato, innanzitutto, dalla previsioni contrattuali che descrivono e specificano l'oggetto commissionato. Ma oltre alla regolamentazione contrattuale, l'appaltatore deve conformarsi, nell'attuare l'opera affidatagli, alle regole d'arte, ossia alle conoscenze tecnico-scientifiche di settore, ai principi tecnici e agli usi che presiedono all'esecuzione nel momento storico e nel luogo di cui l'opera deve essere realizzata. Le regole tecniche riguardano, principalmente, la sicurezza, la stabilità e l'utilizzabilità dell'opera ma possono concernere anche l'aspetto estetico.

E' importante porre in risalto che il rispetto di tali regole prescinde da una specifica previsione del contratto e deriva direttamente dal canone della diligenza, cui l'assuntore deve adeguarsi alla stregua della natura dell'attività esercitata. La qualità di imprenditore dell'appaltatore e l'elevato tasso tecnico della prestazione alla quale è obbligato gli impongono di adottare una particolare perizia in fase esecutiva. Non si ricade, dunque, nella diligenza dell'uomo medio, richiedendosi all'assuntore un'attenzione notevole, tale da esigere l'adeguamento ad un modello di diligenza professionale del buon appaltatore nel soddisfare le utilità connesse alla funzione esplicitata nel contratto. Atteso che dalla natura del contratto di appalto - che ha per oggetto l'espletamento di un'attività da eseguire a regola d'arte con l'ausilio di regole tecniche - discende il principio secondo cui l'esecuzione dei lavori non solo deve avvenire con l'osservanza della perizia che inerisce a ciascun campo di attività, ma anche che l'opera stessa, nella progettazione ed esecuzione, deve corrispondere alla funzionalità ed utilizzabilità previste dal contratto, con la conseguenza che l'appaltatore ha l'obbligo di consegnare l'opera conforme a quanto pattuito ed, in ogni caso, eseguita a regola d'arte. All'appaltatore competono le scelte delle tecniche realizzative, anche in ragione delle proprie opzioni gestionali e produttive.

Può, peraltro, accadere che le regole dell'arte siano in contrasto con le specifiche previsioni contrattuali; tale potenziale conflitto impone all'appaltatore di segnalare al committente l'attività che il rispetto delle suddette regole imporrebbe, rispetto alla diversa pattuizione contrattuale vigente. All'esito di tale segnalazione, il committente potrebbe acconsentire ai correttivi suggeriti dall'assuntore, oppure insistere nel pretendere l'adeguamento alle prescrizioni negoziali. In ogni caso, la responsabilità dell'assuntore è esclusa solo ove abbia assolto al compito di informare circa l'emergenza di siffatta contrapposizione.

14. Ciò premesso, il collegio rileva che il primo motivo del ricorso è fondato e deve essere, perciò, accolto.

La Corte di appello ha, in modo del tutto superficiale, escluso un coinvolgimento dell'appaltatrice nel controllo delle attività del progettista e direttore dei lavori sul presupposto di una estraneità alla sue specifiche competenze delle conoscenze necessariè a valutare la correttezza dell'operato delle due citate figure professionali. E', peraltro, risultato incontestatamente dagli atti del giudizio (e i controricorrenti appaltatori non hanno, infatti, contestato la relativa circostanza) che le ditte a cui erano stati appaltati l'lavori non avevano manifestato alcun dissenso rispetto ad alcuna soluzione progettuale od esecutiva, mentre si erano manifestati obiettivamente vari difetti durante l'esecuzione dei lavori. Detti lavori attenevano, peraltro, all'esecuzione di una specifica e non consueta prestazione, siccome consistenti nella ristrutturazione di un edificio per l'eliminazione delle barriere architettoniche, il che avrebbe dovuto far rendere agevolmente percepibili eventuali difetti costruttivi dipendenti da previsioni progettuali o direttive del direttore dei lavori. Al riguardo appare indubbio che sarebbero stati agevolmente accertabili dagli appaltatori - non richiedendosi, neanche, specifiche competenze in merito - i numerosi vizi specificamente richiamati (e qui da intendersi trascritti) a pag. 22 del ricorso (comportanti una difformità rispetto alle prescrizioni imposte dalla legge specifica in materia n. 6/1989 e dal D.M. 14 giugno 1989, n. 236, dirette a favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati), che, di per sè, non avrebbero potuto consentire di pervenire al risultato finale dell'appalto consistente nell'abbattimento e nel superamento delle barriere architettoniche dell'abitazione dell' U.R. (che - ove i lavori non fossero stati adeguati in corso di esecuzione - non avrebbe potuto accedere con la sua carrozzella nemmeno nell'adiacente area giardino), di cui la stessa Corte di appello da atto in sentenza (v. pagg. 30-32), pur non ritenendoli imputabili - ma erroneamente - anche ad una possibile omessa vigilanza della ditta appaltatrice, da considerarsi, invece, solo come una mera esecutrice di ordini e progetti altrui.

Ravvisando questa esclusione di responsabilità in capo agli appaltatori, la Corte di appello ha disatteso l'univoco indirizzo della giurisprudenza di questa Corte (ai cui principi dovrà uniformarsi il giudice di rinvio: cfr., tra le tante, Cass. n. 3520/1997 e Cass. n. 1981/2016), secondo cui, in tema di contratto di appalto, la diligenza qualificata ex art. 1176 c.c., comma 2, che impone all'appaltatore (sia egli professionista o imprenditore) di realizzare l'opera a regola d'arte, impiegando le energie ed i mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell'attività esercitata, onde soddisfare l'interesse creditorio ed evitare possibili eventi dannosi, rileva anche se egli si attenga alle previsioni di un progetto altrui, sicchè, ove sia il committente a predisporre il progetto e a fornire indicazioni per la sua realizzazione, l'appaltatore risponde dei vizi dell'opera se, fedelmente eseguendo il progetto e le indicazioni ricevute, non ne segnali eventuali carenze ed errori, il cui controllo e correzione rientrano nella sua prestazione, mentre - come già sottolineato - è esente da responsabilità ove il committente, edotto di tali carenze ed errori, richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o ribadisca le indicazioni, riducendo così l'appaltatore a proprio mero "nudus minister", direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilità di iniziativa o vaglio critico.

Pertanto, in difetto di qualsiasi manifestazione di volontà dei committenti e non avendo gli appaltatori espresso alcun dissenso rispetto a nessuna soluzione progettuale od esecutiva, questi ultimi, nel procedere alla realizzazione del progetto, avrebbero dovuto comunque attivarsi per evitare di eseguire un'opera caratterizzata da numerosi difetti accertati in sede di c.t.u. e che, in quanto tale, avrebbe potuto comportare il mancato conseguimento del risultato obiettivizzato nel contratto di appalto e, quindi, la possibile dichiarazione di risoluzione dello stesso per effetto della gravita dell'inadempimento imputabile direttamente agli appaltatori, che - si badi - sussiste anche nell'eventualità in cui si sia venuto a configurare un errore progettuale consistente nella mancata previsione di accorgimenti o manufatti necessari per rendere le opere appaltate tecnicamente valide e funzionali rispetto alle esigenze del committente.

Pertanto, il primo motivo deve essere considerato fondato non essendosi attenuta la Corte bresciana al principio in base al quale, in tema di appalto ed in ipotesi di responsabilità per vizi dell'opera, l'appaltatore, anche quando sia chiamato a realizzare un progetto altrui, è sempre tenuto a rispettare le regole dell'arte e, in caso di loro violazione, è responsabile delle relative conseguenze, con il conseguente obbligo risarcitorio, il quale non viene meno neppure in caso di possibili vizi imputabili ad errori del progettista o del direttore dei lavori (eseguendone comunque le relative disposizioni), se egli, accortosi dei vizi, non li abbia tempestivamente denunziatl al committente manifestando formalmente il proprio dissenso, ovvero non abbia rilevato i vizi pur potendo e dovendo riconoscerli in relazione alla perizia ed alla capacità tecnica da lui esigibili nel caso concreto, come verificatosi nel caso di specie.

15. Anche il secondo motivo - che è, peraltro, collegato al primo - è fondato dal momento che gli attuali ricorrenti non sono affatto incorsi nella violazione dell'art. 346 c.p.c., perchè - diversamente da quanto ritenuto nell'impugnata sentenza - i fratelli U., vittoriosi all'esito del giudizio di primo grado, non avrebbero dovuto riproporre i profili relativi alla prospettata responsabilità dell'appaltatore di prestare "assistenze" agli artigiani, non implicando tali aspetti la proposizione di domande ed eccezioni respinte, sui quali, oltretutto, la Corte di appello si è, comunque, pronunciata nel merito.

E a quest'ultimo riguardo, reiterando i principi evidenziati con riferimento al primo motivo, è indubbio che, con riferimento all'appalto in questione (oltretutto finalizzato alla rimozione di barriere architettoniche), l'appaltatore sarebbe stato tenuto a prestare assistenza agli artigiani incaricati e, quindi, a controllare l'esecuzione di quei particolari lavori (indicati a pag. 32 del ricorso, che si hanno qui per richiamati) emergenti come difettosi (come appurato dal c.t.u.) e, perciò, attivandosi a segnalare ai committenti e alla direzione dei lavori l'incongruità della soluzione progettuale prevista od esecutiva in concreto adottata, non potendosi, peraltro, rapportare la figura dell'appaltatore a quella di un "muratore".

E' pacifico nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 12162/2007 e Cass. n. 20172/2014) il principio (a cui pure dovrà uniformarsi il giudice di rinvio) alla stregua del quale l'accoglimento della domanda in base ad una sola delle "causae petendi" fungibilmente poste a fondamento della stessa non implica, per l'appellato vittorioso, l'onere di proporre appello incidentale per far valere le "causae petendi" non esaminate dal giudice di primo grado, nè quello di riproporre con espresse deduzioni e ragioni pretermesse, essendo sufficiente che ad esse la parte non rinunci, esplicitamente o implicitamente, manifestando in qualsiasi modo la volontà di provocarne il riesame.

16. Pure il terzo motivo merita accoglimento poichè, proprio in dipendenza della ricostruzione operata con riguardo ai primi due motivi e alle derivanti esplicitate conseguenze giuridiche, appare evidente che, nella vicenda in questione, sia da escludersi la riconducibilità degli appaltatori alla figura di "nudi ministri".

E', infatti, incontestabile il principio (cui pure dovrà conformarsi il giudice di rinvio), in virtù del quale, in tema di appalto, la circostanza che l'appaltatore esegua l'opera su progetto del committente o dallo stesso fornito non lo degrada, per ciò solo, al rango di "nudus minister" poichè la fase progettuale non interferisce nel contratto e non ne compone la struttura sinallagmatica, esulando dagli obblighi delle rispettive parti, con la conseguenza che l'appaltatore è tenuto non solo ad eseguire a regola d'arte il progetto, ma anche a controllare, con la diligenza richiesta dal caso concreto e nei limiti delle cognizioni tecniche da lui esigibili, la congruità e la completezza del progetto stesso e della direzione dei lavori, segnalando al committente gli eventuali errori riscontrati, quando l'errore progettuale consiste nella mancata previsione di accorgimenti e componenti necessari per rendere il prodotto tecnicamente valido e idoneo a soddisfare le esigenze del committente (v., ex multis, Cass., n. 6754/2003 e, da ultimo, Cass. n. 23594/2017).

In altri termini, l'appaltatore, dovendo assolvere al proprio obbligo di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è tenuto a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto - va sottolineato - ad eseguirle, quale "nudus minister", per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo (sollecitazioni che, nel caso di specie, non sono emerse). Pertanto, in mancanza di tale prova, l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera-garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, nè l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori.

17. In definitiva, i primi tre motivi vanno accolti e dalla loro ritenuta fondatezza discende l'assorbimento di tutte le altre censure, siccome attengono a profili ulteriori dipendenti riguardanti lo svolgimento del rapporto di appalto, la prospettata responsabilità per inadempimento dell'appaltatore e progettista e la contestazione del riconoscimento del diritto al corrispettivo in favore dell'appaltatore.

Ne consegue la cassazione dell'impugnata sentenza, con rinvio della causa alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che si uniformerà agli enunciati principi di diritto e provvedere a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2 Sezione civile, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2021