Giu LE SEZIONI UNITE RISOLVONO L’ANNOSA QUESTIONE DELLA DIFFERENTE RATIO GIURIDICA TRA CESSIONE DI CUBATURA E IUS AEDIFICANDI. COMMENTO ALLA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, S.U., N. 16080 DEL 09.06.2021.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 09 giugno 2021 N. 16080
Massima
La Corte di Cassazione, al fine di risolvere l’annoso problema della natura giuridica del diritto a fondamento della cessione di cubatura, preso atto delle tesi consolidate in materia, preferisce partite, nel proprio ragionamento logico-giuridico, dal pensiero del legislatore recente, ed in particolare dal disposto normativo di cui all’art. 2643, comma 2 bis, c.c. (voluto dal legislatore stesso per colmare alle lacune di certezza ed opponibilità circolatorie dei diritti edificatori) per affermare che la cessione di cubatura, per il suo distacco dello ius aedificandi dal diritto di proprietà sul fondo, nonchè per la sua autonoma e separata negoziabilità, è qualificabile come una species del genus dei diritti edificatori. E tanto trova conferma proprio nel dettato normativo sopra richiamato, appositamente adottato dal legislatore, con rifermento ad una fattispecie non ancora legiferata, introdotta in una disposizione che si occupa non solo di diritti reali ma anche di diritti obbligatori. A tanto si aggiunge anche la circostanza che la materia è oggetto di regolamentazione diffusa (in ambito nazionale, regionale, di pianificazione locale ecc ecc), che mal si concilia con la centralità e la uniformità della disciplina dettata per i diritti reali dal legislatore nazionale. Altro elemento in favore della suddetta interpretazione si rinviene sempre nel disposto normativo di cui all’art. 2643
c.c., che disciplina la tradizione di tali diritti ed è intrinsecamente connessa alle vicende traslativa, costitutiva o modificativa degli stessi. E’ evidente, dunque, che i diritti edificatori non solo sono geneticamente disponibili per contratto, ma tra le parti vengono costituiti, trasferiti e modificati direttamente per effetto del contratto, con una netta rivalutazione dell’aspetto privatistico della vicenda, ricollocando l'effetto traslativo suo proprio nell’ambito dell’autonomia negoziale delle parti, pur non dimenticando il ruolo determinante del potere autoritativo della PA. L’esercizio del potere della PA di carattere autorizzatorio e/o concessorio con riferimento all’utilizzo della cubatura
di che trattasi, dunque, acquista efficacia eventuale, non nella sfera costitutiva dello ius aedificandi, ma piuttosto nell’attuazione della potestà di fruire di tale cubatura trasferita, con la conseguenza che, pur pienamente valido l’accordo tra le parti in merito alla cessione di cubatura, lo stesso rimane privo di effetti a causa della mancata adozione del provvedimento autoritativo della PA in materia, con la conseguenza che l’accordo si rivelerà - a posteriori - inutile e, quindi, nullo.

Casus Decisus
A cura di Linda Giovanna Vacchiano Guida alla lettura la cessione di cubatura, con la quale il proprietario di un fondo distacca in tutto o in parte la facoltà inerente al suo diritto dominicale di costruire nei limiti della cubatura assentita dal piano regolatore e, formandone un diritto a sè stante, lo trasferisce a titolo oneroso al proprietario di altro fondo urbanisticamente omogeneo, è atto: - Immediatamente traslativo di un diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale; - non richiedente la forma scritta ad substantiam ex art. 1350 c.c.; - trascrivibile ex art. 2643 c.c., n. 2 bis; - assoggettabile ad imposta proporzionale di registro come atto diverso avente ad oggetto prestazione a contenuto patrimoniale ex art. 9 Tariffa Parte Prima allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 nonchè, in caso di trascrizione e voltura, ad imposta ipotecaria e catastale in misura fissa ex artt. 4 Tariffa allegata al D.Lgs. n. 347 del 1990 e art. 10, comma 2, del medesimo D.Lgs; la cessione di cubatura ha ad oggetto la volontà di diporre dello ius aedificandi, che costituisce un vero e proprio diritto distaccato dal suolo cui inerisce; a fronte della cessione di cubatura, il cessionario acquista concretamente il vantaggio del surplus di cubatura soltanto all’atto del rilascio del provvedimento autorizzatorio e/o concessorio da parte della PA procedente. Premessa La pronuncia in oggetto risolve l’annosa questione del fondamento giuridico della cessione di cubatura, nonchè del contrasto giurisprudenziale sulla definizione di cessione di cubatura e ius aedificandi, occupandosi di una questione concernente l’applicabilità alla cessione di cubatura delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. La fattispecie concreta ha ad oggetto la impugnazione di una pronuncia emessa dalla CTR del Lazio che riconosceva la legittimità dell’avviso di liquidazione delle imposte di cui sopra emesso dall’Agenzia delle Entrate, per la cessione di cubatura edilizia a titolo oneroso e di cui il cedente era venuto in possesso in forza di una convenzione stipulata con il Comune. In virtù della summenzionata convenzione i cedenti avevano ceduto al Comune la piena proprietà di alcune porzioni di terreno ricadenti nel P.P.E. del Quartiere, destinate ad opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonchè a verde pubblico, a fronte dell’attribuzione compensativa di una volumetria residenziale, calcolata in base all’indice di 0,80 mc/mq, da realizzarsi in parte su un lotto di proprietà del cedente, ed in parte su altri lotti ricadenti all’interno del perimetro del P.P.E. Ricevuta tale volumetria, il cedente provvedeva a trasferire alla società Iatros S.r.l. parte della volumetria acquisita, affinché la stessa potesse usufruirne sui terreni di proprietà, previo rilascio dei permessi a costruire. L’Agenzia delle Entrate, con riferimento a tale operazione di cessione, provvedeva ad emettere l’avviso di liquidazione finalizzato al pagamento dell’imposta di registro, della imposta ipotecaria e della imposta catastale. Il cedente impugnava dinanzi alla CTP l’avviso; la stessa, definitivamente pronunciando, lo annullava, sul presupposto che con l’atto di cessione di cubatura il cedente avesse disposto di volumetrie “scollegate dai terreni originari e rappresentanti la mera spedita del diritto” non qualificabile, né assimilabile ad un diritto reale, con la conseguenza che tale cessione fosse soggetta alla sola imposta di registro con aliquota ordinaria. Impugnata la surrichiamata pronuncia, la CTR Campania dichiarava, invece, legittimo l’avviso di liquidazione opposto, sul presupposto che l’atto di cessione di cubatura, pur non potendo avere ad oggetto il trasferimento o la costituzione di un diritto reale atipico di asservimento, stante il numerus clausus dei diritti reali, implicava comunque il trasferimento di una facoltà inerente al diritto di proprietà, presentando “sicure caratteristiche di realità”. Alla luce di tale considerazione, configurandosi la cessione di cubatura alla stessa stregua del trasferimento di diritti immobiliari e configurante, al contempo, la rinuncia ai diritti edificatori da parte del cedente, soggetta a trascrizione e variazione catastale, correttamente l’Agenzia delle Entrate avrebbe emesso l’avviso di liquidazione ricomprendente anche l’imposta ipotecaria e quella catastale. Assunto, questo, peraltro avvalorato dal disposto normativo di cui all’art. 2643 c.c., n. 2 bis. La pronuncia della CTR del Lazio, tuttavia, è stata impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione la quale, Pronunciandosi a Sezioni Unite, investita di risolvere la questione della natura giuridica e della ratio iuris della cessione di cubatura, anche ai fini tributari. La cessione di cubatura quale atto avente effetti meramente obbligatori e prenotativi. Nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite la VI sezione della Corte di Cassazione riproponeva le tesi maggiormente accreditate e contrapposte sul tema. Secondo un primo orientamento, il contratto di cessione di cubatura non avrebbe effetti reali ma meramente effetti obbligatori, in considerazione del fatto che il cessionario non può realizzare il proprio interesse a costruire se non attraverso l’emissione di un provvedimento discrezionale della PA. Il contratto di cessione di cubatura, dunque, genererebbe unicamente un’aspettativa di diritto, consistente nel trasferimento di un bene immateriale non classificabile quale diritto reale di natura immobiliare, ma piuttosto assimilabile agli effetti prenotativi del contratto preliminare. Secondo tale orientamento giurisprudenziale, dunque, la cessione di cubatura si risolverebbe nell’assunzione da parte del proprietario cedente dell’obbligo a presentarsi presso la PA affinché questa riconosca il provvedimento concessorio ad un soggetto terzo, ovvero al cessionario, con la conseguenza di configurarsi come atto di autolimitazione consapevole e retribuita del proprio diritto. Proprio tali conseguenze imporrebbero di considerare la cessione di cubatura quale atto avente effetti meramente interni tra gli stipulanti, senza la costituzione di un vincolo tra beni, posto che il trasferimento di cubatura produrrebbe effetti nei confronti dei terzi unicamente con l’emissione dell’atto autoritativo della PA (Cass. n. 4245/1981; Cass. n. 6807/1988; Cass. n. 1352/1996; Cass. n. 9081/1998; Cass. n. 24948/2018). Secondo un altro orientamento invalso in dottrina ed in giurisprudenza, la cessione di cubatura sarebbe da qualificarsi come uno strumento atipico a titolo oneroso in virtù del quale il proprietario di un fondo edificabile può scorporare, in tutto od in parte, la facoltà (la c.d. utilitas) inerente il suo diritto inerente il suo diritto dominicale di costruire, e può trasferirla ad un altro soggetto a beneficio del fondo di proprietà di quest’ultimo. Alla luce di quanto sopra, dunque, il contratto di cessione di cubatura avrebbe natura reale, in quanto concernente una tipica facoltà inerente il diritto di proprietà, rientrante nella facoltà di disporre del bene in modo pieno ed esclusivo da parte del titolare. Dall’assimilazione ne sarebbe derivata la legittimità dell’applicazione alla cessione di cubatura delle imposte contestate, alla stessa stregua del trasferimento di un diritto reale. La cessione di cubatura avente effetti reali. Luci ed ombre della giurisprudenza creativa nel numerus clausus di diritti reali su beni immobili. Secondo questa parte della giurisprudenza, dunque, la cessione di cubatura ha ad oggetto il diritto di edificare quale manifestazione coessenziale ed inerente al diritto di proprietà, assumendo natura di atto traslativo di un diritto reale, in alcuni casi qualificato come servitù atipica; in altri, come dritto di superficie atipico; ora come limitazione legale al diritto di proprietà; ora, ancora, come rinuncia abdicativa del cedente a parte del proprio diritto di proprietà (v., Cass. n. 10979/2007; Cass. n. 7417/2003; Cass. n. 2743/1973; Cass. n. 1655/1953; Cass. n. 3334/1976; Cass. n. 9081/1998). In alcuni casi, ferma restando la sua natura reale, la giurisprudenza ha ritenuto di non inquadrare tale cessione in un particolare diritto, rilevando ai fini della tassazione unicamente la sussistenza dei presupposti minimi per l’assimilazione ai negozi traslativi o costitutivi d diritti reali (v. Cass n. 2235/1972; Cass. n. 641/1973; Cass. n. 802/1973; Cass. n. 1231/1974; Cass. n. 250/1975). Altra giurisprudenza, poi, limitava la sussistenza di tale diritto inerente al diritto di proprietà solo nel caso in cui si trattasse di un accordo tra i proprietari di aree dotate del requisito di reciproca prossimità ed aventi la medesima destinazione urbanistica, in base al quale il proprietario di un’area edificabile rinuncia, a fronte di corrispettivo, a sfruttare per sé la cubatura realizzabile sul proprio terreno, consentendo così ad un altro soggetto di disporre di maggiore volumetria sul suo terreno. Cessione di cubatura avente ad oggetto diritti reali o diritti meramente obbligatori? Le tesi contrapposte a confronto. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione partono dal considerare la cessione di cubatura, alla stessa stregua dei diritti edificatori generati dalla PA nell’ambito della urbanistica consensuale, una forma di distaccata e separata negoziazione del diritto dello jus aedificandi rispetto al diritto di proprietà del suolo. Prendendo le mosse dal diacronico indirizzo giurisprudenziale che qualifica la cessione di cubatura tra gli atti costitutivi e traslativi di un diritto reale, la Corte di Cassazione addiviene a conclusioni completamente difformi. La tesi della natura costitutiva e traslativa sopra richiamata si fonda, infatti, sulla valorizzazione del carattere eminentemente dominicale dello sfruttamento edilizio del suolo, con la conseguenza che la edificabilità viene considerata in termini di utilità intrinseca ed inerente al diritto dominicale stesso (c.d. qualitas fundi). Già la questione circa la non univocità della individuazione di una categoria di diritti reali nella quale far confluire tale ipotesi, addirittura addivenendo ad affermare la esistenza di un diritto reale atipico e superando, di fatto, il regimo del numerus clausus di interpretazione sistematica delle norme in materia di diritti reali, ha mosso dottrina e giurisprudenza a muovere un’accesa critica nei confronti di tale ricostruzione. Con riferimento alle tesi realistiche, secondo alcuni il diritto nascente dalla cessione di cubatura sarebbe riconducibile al diritto di superficie. Tesi confutata dall’assenza dei presupposti di cui all’art. 952 c.c. ed, in particolare, dall’alterità tra proprietà dl suolo e proprietà della costruzione. Altro orientamento fa, invece, riferimento alle servitù prediali ed, in particolare, alle c.d. servitù non aedificandi (in caso di cessione totale di cubatura) e servitù altius non tollendi (in caso di cessione parziale della cubatura). In questa ricostruzione privatistica, la PA, tuttavia, si vede attribuita un ruolo marginale ed esterno alla fattispecie costitutiva, con la conseguenza che l’esercizio del potere della PA stessa si ridurrebbe ad una mera condizione di efficacia, quale condicio juris ovvero condicio facti per la cessione stessa 1 . Tuttavia, anche tale tesi mostra le sue pecche. In primo luogo, il problema che si porrebbe è l’incidenza esplicita del ruolo della PA nel rilascio del permesso di costruire con riferimento alla volumetria maggiorata, con la conseguenza che gli effetti della cessione di cubatura sono, di fatto, condizionati dall’effetto esterno del titolo abilitativo. Vengono meno, in questo caso, i requisiti di immediatezza ed assolutezza propri dei diritti reali ed, in particolare, delle servitù. Inoltre, a fronte della cessione di cubatura, il cedente deve assumere un obbligo specifico, ovvero la prestazione del consenso al rilascio, da parte della PA procedente, dei titoli abilitativi con riferimento alla cubatura ceduta. Dunque, intanto la prestazione del proprietario del fondo servente non risulta essere incompatibile con le caratteristiche proprie della servitù, soltanto a condizione che essa non comporti l’erogazione di un’utilità indiretta ed avente natura meramente accessoria. 1 Secondo costante giurisprudenza a sostegno della tesi dottrinale sopra esposta, “le pattuizioni con le quali vengono imposte, a carico di un fondo ed a favore del fondo confinante, limitazioni di edificabilità restringono permanentemente i poteri connessi al proprietario dell’area gravata e mirano ad assicurare correlativamente, particolari utilità a vantaggio del proprietario dell’area contigua. Pattuizioni siffatte, si atteggiano, rispetto ai terreni che ne sono colpiti, a permanente minorazione della loro utilizzazione da parte di chiunque ne sia il proprietario ed attribuiscono ai terreni contigui un corrispondente vantaggio che inerisce ai terreni stessi come qualitas fundo, cioè con carattere di realtà così da inquadrarsi nello schema delle servitù” (Cass. nn. 2743/73, 1317/80, 4624/84, 4770/96, 3937/01, 14580/12). Altro elemento di criticità è rinvenibile nella sussistenza del necessario presupposto di vicinanza tra i fondi oggetto di cessione. Con riferimento alla cessione di cubatura, non necessariamente i fondi debbono essere confinanti, essendo invece essenziale che essi siano compensi all’interno della medesima zona urbanistica, avente la medesima destinazione ed i medesimi standard urbanistici (v. L. n. 765 del 1967) 2 . In tal modo si eviterebbe, da un lato, l’alterazione privatistica della volumetria fruibile; dall’altro, la creazione di fenomeni patologici di migrazione delle cubature verso zone diverse del territorio cittadino, non ricomprese nella medesima zona urbanistica. In tale contesto vi è chi non veda che la formazione della realità per abdicazione potrebbe apparire la migliore soluzione. La cessione di volumetria comporta la trasmissione dello jus aedificandi ai cessionari su un terreno che abbia tutti i requisiti per l’accoglienza della maggiore edificabilità. Con riferimento a quanto sopra, dunque, di rilevante importanza sarebbe il ruolo assunto dalla PA nel procedimento di cessione, a nulla rilevando la rinuncia pura e semplice della cubatura, intesa quale cessione ad incertam personam ovvero quale restituzione all’Ente concessionario dell’indice di fabbricabilità, con la conseguenza che ogni proprietario di un terreno potenzialmente idoneo a ricevere l’assegnazione di cubatura sarebbe legittimato a richiederne l’assegnazione stessa al Comune, in quanto cubatura relitta. Secondo altri, invece, nella cessione di cubatura sarebbe individuabile quale semplice potestà abdicativa della facoltà di utilizzare per sé la cubatura trasferita, con ogni conseguenza che dall’esercizio di tale potestas derivi. Tesi opposta, invece, esclude che la cessione di cubatura si configuri in un atto traslativo, men che meno costitutivo, di un diritto reale. Secondo tale orientamento, la cessione di cubatura presupporrebbe il perfezionamento di un accordo con il quale il cedente, titolare della cubatura, si impegna a prestare il proprio consenso affinché la cubatura riconosciutagli dagli strumenti urbanistici venga attribuita dalla PA ad un altro soggetto (cessionario), titolare di un fondo finitimo, compreso nella stessa zona urbanistica, consentendogli di chiedere ed ottenere un titolo abilitativo per la costruzione di una volumetria maggiore rispetto a quella a cui avrebbe diritto. Resta il fatto che la cessione di cubatura esplica, comunque, i suoi effetti in virtù unicamente del provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato, adottato dal Comune in favore del cessionario, con la conseguenza che per tale tesi l’accordo tra le parti avrebbe efficacia meramente obbligatoria tra i suoi sottoscrittori, non configurandosi come un contratto traslativo (men che meno costitutivo) di un diritto reale opponibile ai terzi. La cessione di cubatura, dunque, costituirebbe una fattispecie a formazione progressiva in cui fanno da presupposto al suo avverarsi, alla stessa stregua di una condizione sospensiva, le volontà di accordo reciproco espresse dalle parti, contestualizzate nel procedimento amministrativo di concessione del titolo abilitativo alla realizzazione della cubatura. Da tanto ne consegue che: 1) l’atto traslativo della cessione di cubatura non deve essere soggetto alla forma scritta ad substantiam ex art. 1350 c.c.; 2) la interpretazione della volontà reale delle parti può essere, dunque, desunta anche per facta concludentia, dal comportamento complessivo dei contraenti successivo alla stipulazione del contratto; 3) in virtù dell’efficacia meramente obbligatoria della cessione, il mancato rilascio del permesso di costruire determina l’inefficacia del contratto per non avveramento della condizione sospensiva. Tuttavia, anche tale orientamento è stato assoggettato alle dovute critiche e perplessità. Secondo attenta dottrina, infatti, si tratterebbe di un orientamento eccessivamente spostato verso il lato pubblicistico, che finisce per sminuire il ruolo della volontà dei privati ad una funzione meramente 2 v. In proposito, Cass. n. 914/1962 secondo cui “perchè possa configurarsi un diritto di servitù non è richiesto il requisito della contiguità dei fondi, o della loro vcinitas, ma è sufficiente che, di fatto, il fondo dominante e quello servente si trovino in posizione tale tra loro per cui sia attuabile ed esercitabile, per l’utilità del primo, l’imposizione di un peso del secondo”. 3 v., fra tutti, Cass., n. 18291/2020; Cass. n. 20623/2009; Cass. n. 12631/2016; Cass. n. 24948/2018. 4 Secondo la tesi più estrema, nel caso di specie non sarebbe nemmeno necessario un atto negoziale vero e proprio al fine di ottenere il permesso di costruire c.d. maggiorato, essendo sufficiente l’adesione del cedente, mediante sottoscrizione dell’istanza e/o del progetto del cessionario, ovvero rinunciando alla propria cubatura a favore del cessionario, o notificando all’Ente tale volontà; mentre il c.d. vincolo di asservimento, rispettivamente a carico e a favore del fondo, si costituirebbe, sia per le parti che per i terzi, soltanto per effetto del rilascio della concessione edilizia, che legittima lo ius aedificandi del cessionario sul suolo attiguo (v. Cons.Stato 3636/2000; Cons. Stato nn. 15767/2020; 4861/2016; 530/1991). preparatoria, quasi a costituire una fase “endoprocedimentale” di un procedimento amministrativo che non per la sola sussistenza dell’accordo dovrà avere necessariamente esito positivo. Inoltre, la tesi non tiene conto di un altro elemento fondamentale: il diritto di edificare è insito nel diritto di proprietà del suolo, essendo attribuito dalla legge alla PA unicamente il potere di regolarne l’esercizio in conformità ai piani ed agli strumenti urbanistici del governo del territorio, e non di certo costituirlo ex novo né trasferirlo discrezionalmente. E tanto trova proprio fondamento nella evoluzione normativa del diritto urbanistico, a partire dalla L. n. 10/1977 sulla edificabilità dei suoli al vigente regime autorizzatorio del permesso di costruire di cui al D.P.R. n. 380/2001 e ss.mm.ii.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 09 giugno 2021 N. 16080