Giu Usucapione e buona fede
Corte di cassazione sez. civile 2 - SENTENZA 14 aprile 2022 N. 12207
Massima
"la legge n. 246 del 1991, istitutiva del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto (per effetto della quale sono devoluti alla cognizione del nuovo ufficio giudiziario "tutti gli affari pendenti dinanzi al tribunale di Messina salvo le cause
civili già passate in decisione ovvero i procedimenti penali in cui sia stato già aperto il dibattimento") introduce una deroga al criterio generale di cui all'art. 5, nuovo testo, cod. proc. civ. (a mente del quale la competenza si determina con riguardo alla legge vigente al momento della domanda, e non hanno rilevanza i successivi mutamenti di essa),
con la conseguenza che le cause pendenti dinanzi al tribunale di Messina sono senz'altro devolute d'ufficio (e non su istanza di parte) alla cognizione del nuovo tribunale, a prescindere da eventuali accordi tra le parti stesse in ordine a tale devoluzione ed alla natura del provvedimento con cui questa debba disporsi" (Cass. n. 3579 del 1999; Cass. n. 5825 del 2001; Cass. n. 4292 del 2002).

In ipotesi di acquisto "a non domino" la presunzione di buona fede, che l'art. 1147 cod. civ. pone a vantaggio dell'acquirente nel possesso del bene, è una presunzione semplice, e come tale può essere superata in tutti i casi in cui l'acquirente sia stato posto in grado di accertare, o comunque, come nella specie, di dubitare, che l'alienante non fosse proprietario del bene (Cass. n. 13929 del 2002).

Ancora più chiaramente, Cass. n. 21387 del 2013 ha affermato che in materia di possesso, la buona fede costituisce oggetto di presunzione iuris tantum, che può essere superata anche attraverso presunzioni contrarie e semplici indizi. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la presunzione iniziale di buona fede fosse venuta meno dal momento in cui i possessori di un fondo, non compreso nel titolo di acquisto da loro vantato, avevano ricevuto una lettera di intimazione al rilascio del bene).

La buona fede di chi ne acquista la proprietà in forza di titolo astrattamente idoneo è esclusa soltanto quando sia in concreto accertato che l'ignoranza di ledere l'altrui diritto dipenda da colpa grave (art.1147 cod. civ.).
In linea generale, non può affermarsi che versi in colpa grave colui il quale, rivoltosi a un notaio per la redazione di un atto traslativo e non avendolo esonerato dal compiere le cosiddette visure catastali ed ipotecarie, addivenga all'acquisto in considerazione delle garanzie di titolarità del bene e di libertà dello stesso fornite dall'alienante„ o
apparente tale, e nella ragionevole presunzione che l'ufficiale rogante abbia compiuto le opportune verifiche, atteso che il notaio, pur fornendo una prestazione di mezzi e non di risultato, è tenuto a consentire la realizzazione dello scopo voluto dalle parti con la diligenza media, riferibile alla categoria professionale di appartenenza, curando
le adeguate operazioni preparatorie all'atto da compiere, senza ridurre la sua opera alla passiva registrazione delle altrui dichiarazioni (Cass. n. 15252 del 2005).

Casus Decisus
RILEVATO che Con scrittura privata del 2.2.1966 D.G. e ed E.L. promisero ai ricorrenti in vendita mq 37,666 di un terreno sito in (omissis) e che, immediatamente dopo, con atto pubblico del 5.2.1966 i L. avevano trasferito, non la stessa ma, una minore estensione del predetto terreno a F. C. I ricorrenti evidenziarono, quindi, di aver impugnato tale atto nel 1966 e che con sentenza non definitiva (n.802/1970), successivamente confermata dalla Corte d'appello di Messina (n. 195/1974) venne rigettata la loro domanda di nullità e/o di annullamento dell'atto pubblico del 5.2.1966. Proseguì, nel mentre, l'originario giudizio tra le parti n. 398 del 1966 in relazione alla domanda subordinata di esecuzione specifica del contratto preliminare, e si concluse con l'accoglimento della stessa ma solo per la parte non trasferita al C., pari a 4166 mq. C., estromesso dal giudizio innanzi indicato, nel frattempo trasferì il 20 settembre 1976 con atto pubblico, trascritto il 16.10.1976, ai coniugi Mandanici-Ferro are 6, centiare 12 della part. 278 ex 36b e, con atto del 18.4.1980, ai coniugi M.-F., mq 200 della part. 991 ex 363 di are 2,00 nonché ai coniugi M.-V. mq 800 della part. 990 ex 363c di are 8,00. Successivamente con sentenza del 16 marzo 1989, il Pretore di Novara di Sicilia, su ricorso dei M., che dedussero di essere stati spogliati del possesso dei terreni da parte dei B. in esecuzione della sentenza che attribuiva loro mq 4166 delle particelle innanzi indicate, ordinò ai coniugi Belardo di astenersi da atti di molestia del possesso dei ricorrenti. 3.A.B. e A.L., A.M.B. e C.B. proposero quindi domanda di rivendica con atte di citazione del 23 febbraio 1990 dinanzi al GOA di Messina, avente ad oggetto mq 872 (di cui 600 della part. 278 ex36b, mq 72 della part. 990, ex 363, e mq 200 della part. 991, ex 363d) del terreno sito in (omissis) facenti parte della porzione di terreno pari a mq 4166, che era stata loro trasferita in proprietà ex art. 2932 c.c. dal Tribunale di Messina, con sentenza n. 1375 del 1980, poi confermata dalla sentenza n. 68 del 1985 dalla Corte d'appello di Messina, in possesso degli odierni controricorrenti (in forza degli atti rispettivamente del 20 settembre 1976 e 18 aprile 1980). Nel giudizio di primo grado vennero, in particolare, espletate due consulenze tecniche volte alla determinazione dei terreni oggetto della controversia, all'esito delle quali il giudice di primo grado pervenne alla statuizione di rigetto della domanda affermando che: 1)Ia vendita del 5.2.1966 era valida ed era stata effettuata a corpo e non a misura; che conseguentemente, rappresentando i mq 2810 della particella 36 trasferiti ai B. circa il 10 % della superficie, dovesse ritenersi che l'indicazione della superficie contenuta nell'atto non fosse vincolante e dalla vendita fosse stata esclusa solo la piccolissima porzione al confine Nord; 2) dalle ctu emergeva che nessuna occupazione abusiva fosse stata effettuata da parte prima del C. e poi del M.i dei terreni del B. e che i controricorrenti possedevano i lotti loro trasferiti dal C.; 3) in forza del possesso continuato, qualificato dalla buona fede e pacifico dal tempo del suo acquisto a quello della vendita ai Mandanici, questi ultimi acquistarono per usucapione abbreviata e/o ordinaria il lotto di mq 600,00 di cui alla vendita del 1976 (rimanendo escluso dalle contestazioni, quello di cui alla vendita del 1980). 4. L.P.A., B.A., B.A.M. e B.C. impugnarono la predetta decisione dinanzi alla Corte d'appello di Messina che la rigettò. In relazione alle doglianze degli odierni ricorrenti, il giudice di seconde cure, mosse dagli effetti della trascrizione della domanda giudiziale del 1966 e dalla valenza preclusiva svolta dalla domanda riconvenzionale di usucapione formulata dal M.. 4.1.La Corte d'appello affermò che la trascrizione del contratto preliminare ex art. 2645 bis c.c. e della domanda ex art. 2932 c.c. avesse valore meramente prenotativo e che la trascrizione della domanda giudiziale nel 1966 non potesse sortire effetto alcuno non trattandosi di conflitto tra acquirenti dello stesso diritto dal medesimo dante causa, essendo la domanda di rivendica proposta nel 1990 dai Belardo rivolta verso parti diverse ed avendo peraltro un diverso petitum. La Corte d'appello affermò inoltre "né vale in contrario invocare l'efficacia della trascrizione della domanda giudiziale del 1966 per la parte del terreno che il C. non acquistò dai L. perché la domanda di rivendica oggetto del giudizio in esame fu proposta nei confronti degli aventi causa del C. che, estromesso dal giudizio che lo aveva riguardato per la validità ed efficacia del suo atto di acquisto, sicuramente trasferì parte del suo terreno ai M. nella convinzione del suo potere dispositivo che gli derivava da un atto di acquisto che aveva superato il vaglio di due giudizi e che era stato ormai consacrato in un giudicato. 5.La Corte d'appello di Messina, quindi, affermò che a fronte "di un giudicato del 1966, che ha affermato la validità dell'atto del 5.2.1966 e, al contempo, il diritto" dei B. "su mq 4166 del terreno di (omissis) la domanda di rivendica proposta dai B. si scontra con quella ricovenzionale di usucapione abbreviata e/o ordinaria formulata dai M.". Sicché il giudice di merito concluse affermando che i M., presunta la loro buona fede, avessero usucapito ex art. 1159 c.c. e "probabilmente" anche ai sensi dell'art. 1158 c.c. i terreni in contestazione. B.A. e B.A.M. ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello con 6 motivi, mentre M.A., F.M.S., M.G. e V.N. resistono con controricorso.

Testo della sentenza
Corte di cassazione sez. civile 2 - SENTENZA 14 aprile 2022 N. 12207 Lombardo Luigi Giovanni

1.Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza in quanto emessa in violazione delle norme sulla competenza ed in particolare dell'art. 3 della I.n. 246 del 1991, ex art. 360, comma 1, n. 2 c.p.c. per non aver il Tribunale di Messina devoluto d'ufficio la trattazione della causa al neo-costituito Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto. I ricorrenti, nel dettaglio, evidenziano che al momento dell'entrata in vigore della legge il procedimento era pendente dinanzi al Tribunale di Messina e che, pertanto, l'art. 3 innanzi citato certamente trovava applicazione. Viene inoltre sottolineato come all'epoca dei fatti trovasse applicazione l'art. 38 disp.att.c.c., ratione temporis vigente, il quale prevedeva la rilevabilità d'ufficio dell'incompetenza per materia e di quella per territorio nei casi previsti dall'art. 28. Proseguono i deducenti sottolineando, al riguardo, che l'art. 28 c.p.c., all'epoca vigente, disponeva, così come nell'attualità, che la competenza per territorio non potesse essere derogata nei casi espressamente previsti dalla legge e come la l'art. della I. n. 246 del 1991 costituisse uno di quei casi.

[...]

[...] Il motivo debba essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse.

[...]

2. Con il secondo motivo i ricorrenti impugnano la sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 2644 c. .c, 2652, c. 1, n. 2 e 2668 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per avere la Corte d'appello di Messina affermato la non opponibilità della trascrizione del 22.2.1966 relativa alla domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. del Belardo contro i venditori L. e contro il primo acquirente C. e della relativa annotazione del 21 ottobre 1980 relativa alla sentenza che ha trasferito a B. mq 4.166 di terreno in contrada (omissis), con effetto nei confronti anche dei Mandanici e dei subacquirenti di porzioni di quel terreno per atto de [...].

3. Con il terzo motivo si censura la sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per non aver accolto la domanda di rivendica dei B. contro i M. e C. in forza del giudicato già formatosi sulla sentenza n. 1375 del 1980 del Tribunale di Messina.

4. Con il quarto motivo si impugna la sentenza per nullità della sentenza per omessa pronuncia per violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. in relazione all'art. 2909 c.c. per aver la Corte omesso di pronunciare sulla domanda di rivendica dei B. in forza del giudicato formatosi sulla predetta sentenza.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti censurano la sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 1147, 1158, 1159, 1165, 2727, 2729, 2943, 2945 c.c. e art. 115, comma 2, c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per aver accolto la Corte l'eccezione riconvenzionale di usucapione sollevata dai M. e C. in presenza di specifici fatti interruttivi o impeditivi del decorso del termine ordinario e in assenza del requisito della buona fede.

6. Con il sesto motivo, infine, i ricorrenti censurano la sentenza per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ex art. 2727, 2729, 2943, 2945 c.c. e art. 115, comma 2, c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. con riferimento alle circostanze di tempo e di luogo in cui si è svolto l'acquisto di M.A. in occasione della stipula dell'atto pubblico, del 20 settembre 1976, tali da escludere, nella prospettazione degli istanti, il requisito della buona fede necessario per l'acquisto a non domino.

7. il Collegio ritiene opportuna, in ossequio al principio della ragione più liquida (Cass. n. 363 del 2019) la trattazione preliminare ed unitaria del quinto e del sesto motivo, con i quali, complessivamente considerati, si deduce sostanzialmente la violazione degli artt.1147, 1158, 1159, 1165, 2727, 2729, 2943, 2945 c.c. e art. 115, comma 2, c.p.c. 7.1.1 motivi sono fondati.

[...]

7.4.In relazione alla ritenuta integrazione dell'usucapione decennale, si osserva che l'art. 1159 c.c. prevede che "colui che acquista in buona fede da parte di chi non è proprietario di un immobile in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto ne compie l'usucapione in suo favore con il decorso di dieci anni dalla data della trascrizione". L'usucapione abbreviata si perfeziona, in assenza di cause estintive o interruttive, con il decorso di 10 anni / ma è necessario che sussista l'elemento soggettivo, costituito dalla buona fede dell'acquirente e l'elemento oggettivo, ossia l'esistenza di un titolo idoneo a trasferire il diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento, intendendosi per tale quello che in astratto, se proveniente dal titolare, sarebbe sufficiente al trasferimento e al conseguente acquisto immediato del diritto, e che, in concreto, nel suo specifico contenuto, comporti un'esatta corrispondenza tra il diritto immobiliare del quale si sostiene l'acquisto per il possesso decennale esercitato e quello acquistato in buona fede "a non domino" (Cass. n. 40835 del 2021).

Vale la pena rammentare che i terreni di cui si discorre sono stati alienati in parte con atto del 1976 ed in parte con atto del 18 aprile del 1980. L'alienazione è avvenuta mentre il giudizio, intrapreso nel 1966, era ancora in corso, e ad esso ha fatto seguito l'introduzione con atto del 23 febbraio del 1990 del giudizio poi definito dalla sentenza impugnata. p, 1 0 Corte di Cassazione - copia non ufficiale E' evidente, che per quanto concerne il requisito oggettivo, in relazione ai terreni alienati il 18 aprile 1980 non potesse essere maturato il termine breve. Com'è noto, le azioni possessorie e quelle cautelari hanno efficacia interruttiva della durata dell'altrui usucapione in corso di perfezionamento anche nel caso di rigetto delle domande, quando siano proposte nella qualità di titolare di un diritto contrapposto ed incompatibile con la situazione possessoria dell'usucapiente (Cass. 29419 del 2017).

7.5.La decisione impugnata si pone altresì in contrasto con i principi affermati da questa Corte in punto di buona fede. Al riguardo la Corte d'appello muove dall'assunto secondo il quale la buona fede si presume ed afferma che, nella specie, vi fossero "numerosi indici" della sussistenza della stessa, tra cui la circostanza secondo cui vi fossero state numerose consulenze d'ufficio per accertare l'effettiva consistenza dei terreni trasferiti (che "forse non sono riuscite a fugare ogni dubbio in proposito"), senza confrontarsi, anche in considerazione delle specifiche doglianze degli odierni ricorrenti, con i principi pronunciati da questa Corte in materia.

[...]

7.6.Dal complesso dei principi innanzi riportati, invece disattesi dalla Corte territoriale, emerge che sebbene la buona fede dell'acquirente si presuma, tale presunzione è vincibile in presenza di tlì presunzioni di segno contrario: impone al giudice di merito di motivare congruamente la propria decisione chiarendo le ragioni per le quali ritenga sussistente la buona fede.

7.7. Il giudice d'appello, quindi, in fattispecie caratterizzata dalla descritta complessa vicenda traslativa, costellata, anzi, affiancata costantemente da processi ad essi afferenti, tra parti residenti nel medesimo comune, avrebbe dovuto effettuare un'approfondita analisi sulla effettiva sussistenza dei requisiti necessari al perfezionamento dell'usucapione abbreviata, valutando e verificando la sussistenza di circostanze idonee ad incidere sulla buona fede degli acquirenti. In conclusione, il primo motivo deve essere dichiarato inammissibile, devono essere accolti il quinto ed il sesto motivo, assorbiti gli ulteriori, e, per l'effetto, cassata la decisione con rinvio alla Corte d'appello di Messina, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. Dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il quinto ed il sesto motivo, assorbiti i restanti, e cassa la decisione con rinvio alla Corte d'appello di Messina, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.