civili già passate in decisione ovvero i procedimenti penali in cui sia stato già aperto il dibattimento") introduce una deroga al criterio generale di cui all'art. 5, nuovo testo, cod. proc. civ. (a mente del quale la competenza si determina con riguardo alla legge vigente al momento della domanda, e non hanno rilevanza i successivi mutamenti di essa),
con la conseguenza che le cause pendenti dinanzi al tribunale di Messina sono senz'altro devolute d'ufficio (e non su istanza di parte) alla cognizione del nuovo tribunale, a prescindere da eventuali accordi tra le parti stesse in ordine a tale devoluzione ed alla natura del provvedimento con cui questa debba disporsi" (Cass. n. 3579 del 1999; Cass. n. 5825 del 2001; Cass. n. 4292 del 2002).
In ipotesi di acquisto "a non domino" la presunzione di buona fede, che l'art. 1147 cod. civ. pone a vantaggio dell'acquirente nel possesso del bene, è una presunzione semplice, e come tale può essere superata in tutti i casi in cui l'acquirente sia stato posto in grado di accertare, o comunque, come nella specie, di dubitare, che l'alienante non fosse proprietario del bene (Cass. n. 13929 del 2002).
Ancora più chiaramente, Cass. n. 21387 del 2013 ha affermato che in materia di possesso, la buona fede costituisce oggetto di presunzione iuris tantum, che può essere superata anche attraverso presunzioni contrarie e semplici indizi. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la presunzione iniziale di buona fede fosse venuta meno dal momento in cui i possessori di un fondo, non compreso nel titolo di acquisto da loro vantato, avevano ricevuto una lettera di intimazione al rilascio del bene).
La buona fede di chi ne acquista la proprietà in forza di titolo astrattamente idoneo è esclusa soltanto quando sia in concreto accertato che l'ignoranza di ledere l'altrui diritto dipenda da colpa grave (art.1147 cod. civ.).
In linea generale, non può affermarsi che versi in colpa grave colui il quale, rivoltosi a un notaio per la redazione di un atto traslativo e non avendolo esonerato dal compiere le cosiddette visure catastali ed ipotecarie, addivenga all'acquisto in considerazione delle garanzie di titolarità del bene e di libertà dello stesso fornite dall'alienante„ o
apparente tale, e nella ragionevole presunzione che l'ufficiale rogante abbia compiuto le opportune verifiche, atteso che il notaio, pur fornendo una prestazione di mezzi e non di risultato, è tenuto a consentire la realizzazione dello scopo voluto dalle parti con la diligenza media, riferibile alla categoria professionale di appartenenza, curando
le adeguate operazioni preparatorie all'atto da compiere, senza ridurre la sua opera alla passiva registrazione delle altrui dichiarazioni (Cass. n. 15252 del 2005).
1.Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza in quanto emessa in violazione delle norme sulla competenza ed in particolare dell'art. 3 della I.n. 246 del 1991, ex art. 360, comma 1, n. 2 c.p.c. per non aver il Tribunale di Messina devoluto d'ufficio la trattazione della causa al neo-costituito Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto. I ricorrenti, nel dettaglio, evidenziano che al momento dell'entrata in vigore della legge il procedimento era pendente dinanzi al Tribunale di Messina e che, pertanto, l'art. 3 innanzi citato certamente trovava applicazione. Viene inoltre sottolineato come all'epoca dei fatti trovasse applicazione l'art. 38 disp.att.c.c., ratione temporis vigente, il quale prevedeva la rilevabilità d'ufficio dell'incompetenza per materia e di quella per territorio nei casi previsti dall'art. 28. Proseguono i deducenti sottolineando, al riguardo, che l'art. 28 c.p.c., all'epoca vigente, disponeva, così come nell'attualità, che la competenza per territorio non potesse essere derogata nei casi espressamente previsti dalla legge e come la l'art. della I. n. 246 del 1991 costituisse uno di quei casi.
[...]
[...] Il motivo debba essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse.
[...]
2. Con il secondo motivo i ricorrenti impugnano la sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 2644 c. .c, 2652, c. 1, n. 2 e 2668 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per avere la Corte d'appello di Messina affermato la non opponibilità della trascrizione del 22.2.1966 relativa alla domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. del Belardo contro i venditori L. e contro il primo acquirente C. e della relativa annotazione del 21 ottobre 1980 relativa alla sentenza che ha trasferito a B. mq 4.166 di terreno in contrada (omissis), con effetto nei confronti anche dei Mandanici e dei subacquirenti di porzioni di quel terreno per atto de [...].
3. Con il terzo motivo si censura la sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per non aver accolto la domanda di rivendica dei B. contro i M. e C. in forza del giudicato già formatosi sulla sentenza n. 1375 del 1980 del Tribunale di Messina.
4. Con il quarto motivo si impugna la sentenza per nullità della sentenza per omessa pronuncia per violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. in relazione all'art. 2909 c.c. per aver la Corte omesso di pronunciare sulla domanda di rivendica dei B. in forza del giudicato formatosi sulla predetta sentenza.
5. Con il quinto motivo i ricorrenti censurano la sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 1147, 1158, 1159, 1165, 2727, 2729, 2943, 2945 c.c. e art. 115, comma 2, c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per aver accolto la Corte l'eccezione riconvenzionale di usucapione sollevata dai M. e C. in presenza di specifici fatti interruttivi o impeditivi del decorso del termine ordinario e in assenza del requisito della buona fede.
6. Con il sesto motivo, infine, i ricorrenti censurano la sentenza per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ex art. 2727, 2729, 2943, 2945 c.c. e art. 115, comma 2, c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. con riferimento alle circostanze di tempo e di luogo in cui si è svolto l'acquisto di M.A. in occasione della stipula dell'atto pubblico, del 20 settembre 1976, tali da escludere, nella prospettazione degli istanti, il requisito della buona fede necessario per l'acquisto a non domino.
7. il Collegio ritiene opportuna, in ossequio al principio della ragione più liquida (Cass. n. 363 del 2019) la trattazione preliminare ed unitaria del quinto e del sesto motivo, con i quali, complessivamente considerati, si deduce sostanzialmente la violazione degli artt.1147, 1158, 1159, 1165, 2727, 2729, 2943, 2945 c.c. e art. 115, comma 2, c.p.c. 7.1.1 motivi sono fondati.
[...]
7.4.In relazione alla ritenuta integrazione dell'usucapione decennale, si osserva che l'art. 1159 c.c. prevede che "colui che acquista in buona fede da parte di chi non è proprietario di un immobile in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto ne compie l'usucapione in suo favore con il decorso di dieci anni dalla data della trascrizione". L'usucapione abbreviata si perfeziona, in assenza di cause estintive o interruttive, con il decorso di 10 anni / ma è necessario che sussista l'elemento soggettivo, costituito dalla buona fede dell'acquirente e l'elemento oggettivo, ossia l'esistenza di un titolo idoneo a trasferire il diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento, intendendosi per tale quello che in astratto, se proveniente dal titolare, sarebbe sufficiente al trasferimento e al conseguente acquisto immediato del diritto, e che, in concreto, nel suo specifico contenuto, comporti un'esatta corrispondenza tra il diritto immobiliare del quale si sostiene l'acquisto per il possesso decennale esercitato e quello acquistato in buona fede "a non domino" (Cass. n. 40835 del 2021).
Vale la pena rammentare che i terreni di cui si discorre sono stati alienati in parte con atto del 1976 ed in parte con atto del 18 aprile del 1980. L'alienazione è avvenuta mentre il giudizio, intrapreso nel 1966, era ancora in corso, e ad esso ha fatto seguito l'introduzione con atto del 23 febbraio del 1990 del giudizio poi definito dalla sentenza impugnata. p, 1 0 Corte di Cassazione - copia non ufficiale E' evidente, che per quanto concerne il requisito oggettivo, in relazione ai terreni alienati il 18 aprile 1980 non potesse essere maturato il termine breve. Com'è noto, le azioni possessorie e quelle cautelari hanno efficacia interruttiva della durata dell'altrui usucapione in corso di perfezionamento anche nel caso di rigetto delle domande, quando siano proposte nella qualità di titolare di un diritto contrapposto ed incompatibile con la situazione possessoria dell'usucapiente (Cass. 29419 del 2017).
7.5.La decisione impugnata si pone altresì in contrasto con i principi affermati da questa Corte in punto di buona fede. Al riguardo la Corte d'appello muove dall'assunto secondo il quale la buona fede si presume ed afferma che, nella specie, vi fossero "numerosi indici" della sussistenza della stessa, tra cui la circostanza secondo cui vi fossero state numerose consulenze d'ufficio per accertare l'effettiva consistenza dei terreni trasferiti (che "forse non sono riuscite a fugare ogni dubbio in proposito"), senza confrontarsi, anche in considerazione delle specifiche doglianze degli odierni ricorrenti, con i principi pronunciati da questa Corte in materia.
[...]
7.6.Dal complesso dei principi innanzi riportati, invece disattesi dalla Corte territoriale, emerge che sebbene la buona fede dell'acquirente si presuma, tale presunzione è vincibile in presenza di tlì presunzioni di segno contrario: impone al giudice di merito di motivare congruamente la propria decisione chiarendo le ragioni per le quali ritenga sussistente la buona fede.
7.7. Il giudice d'appello, quindi, in fattispecie caratterizzata dalla descritta complessa vicenda traslativa, costellata, anzi, affiancata costantemente da processi ad essi afferenti, tra parti residenti nel medesimo comune, avrebbe dovuto effettuare un'approfondita analisi sulla effettiva sussistenza dei requisiti necessari al perfezionamento dell'usucapione abbreviata, valutando e verificando la sussistenza di circostanze idonee ad incidere sulla buona fede degli acquirenti. In conclusione, il primo motivo deve essere dichiarato inammissibile, devono essere accolti il quinto ed il sesto motivo, assorbiti gli ulteriori, e, per l'effetto, cassata la decisione con rinvio alla Corte d'appello di Messina, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. Dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il quinto ed il sesto motivo, assorbiti i restanti, e cassa la decisione con rinvio alla Corte d'appello di Messina, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.