Giu Condizione meramente potestativa
Corte di cassazione sez. civile 2 - SENTENZA 26 maggio 2022 N. 17158
Massima
La condizione è “meramente potestativa” quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica “potestativa”, o “potestativa mista”, quando l’evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori
estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato (così, da ultimo, Cass. civ, Sez. V., 20 novembre 2019, n. 30143).


Casus Decisus
RILEVATO che 1.La società Cooperativa (OMISSIS). ha adito il tribunale di Savona affinché accertasse la validità ed efficacia del contratto preliminare stipulato dalla stessa con E.N. e F. e P. P., avente ad oggetto la permuta di fondi di proprietà dei convenuti siti nel comune di (OMISSIS), con una porzione percentuale di quanto l’attrice avrebbe in futuro costruito su quegli stessi fondi. 2.Il preliminare era sottoposto a due condizioni sospensive: i) che il Comune di (OMISSIS) approvasse definitivamente la variante al P.R.G., impegnandosi la Cooperativa Edile a produrre tutta la documentazione e le formalità necessarie (art. 5 preliminare); ii) che N. acquisisse, all’esito di giudizio di divisione ereditaria già instaurato prima della conclusione del preliminare, una quota mancante di proprietà dei fondi (artt. 8 e 9 preliminare). 3.Entrambe le condizioni avrebbero dovuto realizzarsi entro un anno dalla stipula del preliminare (ossia, entro il 26 giugno 2001), salva la possibilità per le parti di differire di comune accordo il predetto termine. 4.La cooperativa attrice domandava, in particolare, che il tribunale la dichiarasse, con sentenza costitutiva ex art. 2932 cod.civ., proprietaria dei fondi così come individuati nel preliminare. 5.Chiedeva altresì il risarcimento dei danni subiti. 6.Il tribunale di Savona, con sentenza n. 830/2008, ha dichiarato la validità ed efficacia del preliminare, per essersi realizzate entrambe le condizioni sospensive a cui era sottoposto. Rigettava, tuttavia, la domanda risarcitoria non avendo l’attrice provato di aver sofferto alcun pregiudizio economico. 7.Avverso la predetta sentenza proponevano appello N. e i P., lamentando la contraddittorietà e illogicità della motivazione, in particolare in relazione all’avveramento delle condizioni sospensive, le quali, invece, non si sarebbero realizzate entro il termine pattuito, sicché il contratto preliminare avrebbe dovuto essere considerato inefficace. 8.Deducevano altresì che il giudice di prime cure non aveva considerato che, stante la difficoltà ad adempiere della Cooperativa, in amministrazione controllata dal 2003 al 2005, i venditori avrebbero potuto legittimamente sospendere ex art. 1461 cod. civ. la loro prestazione. 9.Infine, censuravano la sentenza di primo grado per non aver statuito alcunché in ordine alla correlativa controprestazione prevista a loro favore nel momento in cui il tribunale ha dichiarato ex art. 2932 cod. civ. la società attrice proprietaria delle aree di cui in causa. 10. Costituitasi in giudizio la società Cooperativa Edile eccepiva la nullità della condizione prevista dagli artt. 8 e 9 del preliminare, perché meramente potestativa; chiedeva il rigetto delle domande degli appellanti, o, in via subordinata, il risarcimento dei danni subiti. 11.La corte d’appello di Genova, con sentenza n. 926/2016, depositata il 14 settembre 2016 accoglieva l’impugnazione proposta, modificando integralmente la decisione impugnata. 11.2. La corte genovese riteneva che la condizione prevista dall’art. 5 si fosse avverata – ancorché in un momento diverso rispetto a quello individuato dal giudice di prime cure – mentre il contratto era ancora valido ed efficace, dato che le parti avevano tenuto comportamenti concludenti nel senso di ritenere prorogato il termine previsto nel preliminare. 11.3.Non così, invece, per la seconda condizione, la quale, argomentava la corte territoriale, pur essendo valida in quanto non meramente potestativa, ma potestativa mista, si era avverata dopo il termine contrattualmente previsto e dopo che le parti avevano espressamente manifestato, ricorrendo ai rispettivi legali, la volontà di non prorogarlo, sicché il preliminare doveva considerarsi inefficace. 11.4. Il giudice d’appello dichiarava inammissibile la domanda risarcitoria della Cooperativa Edile, in quanto la società non aveva formulato alcuno specifico motivo di gravame in relazione alla sentenza di primo grado. 12.La Cooperativa Edile in liquidazione coatta amministrativa propone ricorso per la cassazione di detta sentenza notificato in data 22 dicembre 2016 ed affidato a tre motivi, cui resistono N. e i P. con controricorso notificato il 27 gennaio 2017. 13.Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ..

Testo della sentenza
Corte di cassazione sez. civile 2 - SENTENZA 26 maggio 2022 N. 17158 Rosa Maria Di Virgilio

CONSIDERATO che

14. Con il primo motivo, la Cooperativa ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1353, 1355, 1356, 1358 e 1359 cod. civ.: la ricorrente lamenta che la sentenza d’appello abbia erroneamente respinto la qualificazione della seconda condizione sospensiva di cui agli artt. 8 e 9 del preliminare come meramente potestativa e che, anche a volerla considerare una condizione potestativa mista, il giudice d’appello avrebbe errato nel considerare il comportamento di N. conforme a buona fede.

15.Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1353, 1355, 1356, 1358 e 1359 cod. civ. e del divieto di venire contra factum proprium.

15.1.La ricorrente censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che la condizione sospensiva di cui agli artt. 8 e 9 del contratto preliminare non potesse considerarsi verificata con la sentenza parziale del tribunale di Savona, resa in sede di giudizio di divisione ereditaria promosso dal N., in quanto la predetta, non essendo ancora divenuta cosa giudicata, era soggetta ad essere riformata, ancorché N. e i P. avessero già riconosciuto l’avveramento della condizione.

16.Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. pro. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 346 cod. proc. civ.: il ricorrente contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno formulata per l’ipotesi di mancato accoglimento della domanda principale di pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c.

17.Va preliminarmente dato atto che i controricorrenti deducono, innanzitutto, l’inammissibilità del ricorso, per l’attuale carenza d’interesse della Cooperativa Edile in liquidazione coatta amministrativa, essendo la stessa nell’impossibilità giuridica e fattuale, di dare esecuzione alle obbligazioni scaturenti a suo carico dal contratto preliminare oggetto di causa, qualora questo fosse ritenuto efficace.

18.L’eccezione è infondata poiché, come osservato dalla ricorrente nella memoria, permane l’interesse a conoscere, quanto meno in relazione alle spese di lite, l’esito finale delle domande a suo tempo proposte dalla Cooperativa in bonis.

19.Passando all’esame dei sopra descritti motivi di ricorso, il primo motivo è infondato.

[...]

19.2.Nel caso di specie, il combinato disposto degli artt. 8 e 9 del contratto preliminare prevedeva l’impegno di N.E. ad acquisire la quota mancante pari a 54/192 dei terreni in Comune di (OMISSIS) identificati al foglio(...) entro il termine di un anno, prorogabile di comune accordo. La corte di merito aveva rilevato dalla documentazione che detta acquisizione doveva avvenire a seguito di una pronuncia giudiziale relativa ad una causa di divisione ereditaria già pendente dall’anno 1989 avanti al tribunale di Savona.

19.3.Ciò posto, la corte territoriale aveva ritenuto che l’avveramento della condizione non dipendeva dal mero arbitrio di N., bensì dalla decisione del giudice chiamato a decidere il giudizio di divisione ereditaria.

19.4.Tale conclusione è in linea con il principio giurisprudenziale sopra enunciato, dal momento che l’avveramento dipende dal concorso di fattori estrinseci e non solo dalla volontà della parte.

20.Il secondo motivo è inammissibile.

20.1.Ad avviso del giudice d’appello la dichiarazione di N. del 27 dicembre 2004, con cui si dichiarava esclusivo proprietario dei mappali (...) del foglio (...) non è idonea a far ritenere provato l’avveramento della seconda condizione sospensiva poiché la sentenza parziale con cui il tribunale di Savona in data 4/2/2003 aveva provveduto nel giudizio di divisione ereditaria non era divenuta cosa giudicata, con la conseguenza che l’acquisizione dei terreni poteva sempre essere revocata nell’ambito del successivo giudizio di appello.

20.2.La censura, benché formalmente articolata come violazione e falsa applicazione di legge, non specifica il contenuto precettivo delle numerose disposizioni invocate né lo raffronta con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata (cfr. Cass. Sez. Un. 23745/2020) finendo per attingere l’esito dell’apprezzamento di fatto cui è pervenuto il giudice del merito.

21.Il terzo motivo è infondato.

21.1.Come pure dedotto dal P.M., la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, al fine di evitare la presunzione di rinuncia ex art. 346 cod. proc. civ., non occorre che la reiterazione in sede di appello delle domande ed eccezioni non accolte in primo grado avvenga con una specifica forma, nondimeno la riproposizione va fatta in modo specifico, non essendo al riguardo sufficiente un generico richiamo alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice (cfr. Cass.25840/2020; id.22311/2020; id.40833/2021) non accolte in primo grado.

21.2.Nel caso di specie l’odierna ricorrente non ha formulato un preciso motivo di gravame, pur avendo la sentenza di primo grado statuito espressamente l’infondatezza della domanda risarcitoria.

22.Il ricorso è dunque rigettato e, in applicazione della soccombenza, parte ricorrente va dichiarata tenuta alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti nella misura liquidata in dispositivo.

23.Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso