Giu Questione di giurisdizione sul contributo previsto dall’art. 38 dell’allegato 25 al d.lgs. n. 259 del 2003 per le autorizzazioni generali temporanee con concessione del diritto d’uso delle frequenze
CASSAZIONE, SEZ. TRIBUTARIA - ORDINANZA INTERLOCUTORIA 10 giugno 2022 N. 18717
Massima
La Sezione Quinta civile ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, della seguente questione di giurisdizione: se, il contributo previsto dall’art. 38 dell’allegato 25 al d.lgs. n. 259 del 2003 per le autorizzazioni generali temporanee con concessione del diritto d’uso delle frequenze, abbia natura di tributo o di corrispettivo discendendo da ciò, rispettivamente, il radicamento della giurisdizione del giudice tributario o ordinario, o se, infine, in applicazione dell’art. 133, comma 1, lett. b) e m), del d.lgs n. 104 del 2010, debba affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo.


Casus Decisus
Rilevato che: 1. - con sentenza n. 3720/17, depositata il 21 giugno 2017, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l'appello di (omissis)., così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice tributario sui ricorsi riuniti proposti avverso avvisi di pagamento che, emessi dal Ministero dello Sviluppo Economico, avevano ad oggetto i contributi integrativi dovuti dalla ricorrente in relazione ad autorizzazioni generali temporanee rilasciate con concessione del diritto d'uso di frequenze; 1.1 - a fondamento del decisum, il giudice del gravame ha ritenuto che: - i contributi in questione costituivano «corrispettivi richiesti alle imprese, qualificati come contributi», erano «volti a ristorare le spese generali dal Ministero per provvedere alle domande di fruizione dell'etere» e si inserivano «in un quadro normativo che esclude, per i contributi stessi, l'elemento caratterizzante di concorso alle pubbliche spese in favore della collettività che è propria dei tributi» perché veniva in rilievo «non già ... un servizio pubblico in concessione, ma ... una attività commerciale il cui svolgimento è subordinato alla autorizzazione ministeriale.»; - il règime giuridico dei contributi previsti per le autorizzazioni generali, quale delineato dal d.lgs. n. 259 del 2003, art. 116 e allegato n. 25, evidenziava la specifica funzione del contributo che, dunque, risultava «espressamente destinato a ristoro di spese» e, così, ne escludeva la natura tributaria «dimostrandone la natura di "prezzo" e quindi il carattere sinallagmatico»; - per di più, nella fattispecie, venivano in rilievo le autorizzazioni temporanee disciplinate dall'art. 38 dell'allegato n. 25, cit., alla cui stregua la misura del contributo conseguiva dalla considerazione di vari fattori costituiti «dalla frequenza (canale superiore o inferiore a 30 MHz) e dalla lunghezza del collegamento»; e detto sistema di commisurazione del contributo ne evidenziava il carattere «strettamente sinallagmatico rispetto al tipo di servizio richiesto», a conferma della sua connotazione in termini «di "prezzo"» e della conseguente giurisdizione del giudice ordinario; 2. (omissis) ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di un solo motivo; - il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia delle Entrate resistono con controricorso; - fissato all'udienza pubblica del 12 aprile 2022, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in I. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. n. 228 del 2021, art. 16, c. 1, conv. in I. n. 15 del 2022, senza l'intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.

Testo della sentenza
CASSAZIONE, SEZ. TRIBUTARIA - ORDINANZA INTERLOCUTORIA 10 giugno 2022 N. 18717 O. De Masi

Considerato che:

1. - ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 1, cod. proc. civ., la ricorrente censura il rilevato difetto di giurisdizione del giudice tributario deducendo, sotto un duplice profilo, che i contributi richiesti, in quanto afferenti a diritti d'uso temporaneo delle frequenze, ineriscono ad un provvedimento di natura concessoria, ovvero ad un'autorizzazione, e, ad ogni modo, costituiscono prestazioni patrimoniali imposte, correlate alla spesa pubblica e sprovviste di ogni connotazione sinallagnnatica; - si assume, difatti, sotto un primo profilo, che, - venendo in considerazione autorizzazioni che accedono alla concessione rilasciata per l'installazione e l'esercizio di impianti di radiodiffusione sonora e televisiva privata (I. n. 223 del 1990, art. 16), - la natura giuridica dei contributi in contestazione non potrebbe che ascriversi a quella stessa del canone concessorio (I. n. 223, cit., art. 22), così integrandosi una prestazione tributaria nei termini di una tassa sulla concessione governativa; - soggiunge, quindi, la ricorrente che, - avendo riguardo (anche) alla destinazione dei contributi in questione, volti a coprire i costi amministrativi di istruttoria delle pratiche e della vigilanza, ivi compresi le verifiche ed i controlli, sull'espletamento del servizio e sulle relative condizioni, - verrebbe, ad ogni modo, in rilievo una prestazione che, - accedendo ad un provvedimento di natura autoritativa, secondo un contenuto interamente predeterminato da disposizioni normative, - non è connotata da sinallagmaticità, ha natura coattiva ed è volta a coprire «i costi per attività di natura eminentemente pubblicistica, svolte dalla PA per il controllo dell'etere», così ponendosi in diretto collegamento con la «spesa pubblica, cui è finalizzato il prelievo»; 

2. - occorre premettere che, - con riferimento al sistema delle concessioni radiotelevisive, incentrato sul pagamento di un canone (I. n. 223 del 1990, artt. 16 e 22), - la Corte ha già avuto modo di rilevare che, - per effetto delle disposizioni introdotte dalla I. n. 488 del 1999, art. 27, - il presupposto del pagamento del canone non risultava più legato al rilascio della concessione, ma al fatturato conseguito dal concessionario (Cass., 22 febbraio 2007, n. 4182); - in termini più generali, peraltro, - e già per effetto delle disposizioni introdotte, con riferimento ai servizi di telecomunicazioni ad uso privato, dal d.p.r. 5 ottobre 2001, n. 447, art. 15, in attuazione della I. n. 448 del 1998, art. 20, commi 3 e ss., - detto sistema concessorio risultava superato dagli (e convertito negli) istituti dell'autorizzazione generale (art. 5) e della licenza individuale implicante un'assegnazione di frequenza (art. 4), l'uno e l'altra sottoposte al versamento di contributi, anche laddove temporanee (artt. 9, c. 5, e 14); 2.1 - con l'entrata in vigore (il 16 settembre 2003) del d.lgs. n. 259 del 2003 (che ha dato attuazione a svariate direttive Eurounitarie recanti disciplina delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica), il sistema dei contributi in contestazione, - correlato, per quel che qui rileva, ad un impianto regolativo incentrato su di un'autorizzazione generale (artt. 11 e 107) e sulla concessione di diritti d'uso dello spettro radio (artt. 13 e allegato n. 1; art. 116 e allegato n. 25), - è stato, quindi, articolato, - in attuazione delle prescrizioni poste dalla direttiva 2002/20/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002 (cd. direttiva autorizzazioni), artt. 12 e 13, - secondo una disciplina che contempla, per un verso, i costi amministrativi « a) per l'istruttoria delle pratiche; b) per la vigilanza, ivi compresi le verifiche ed i controlli, sull'espletamento del servizio e sulle relative condizioni.» (allegato n. 25, art. 1, c. 1) e, per il restante, «un contributo per l'utilizzo di risorsa scarsa radioelettrica.» (art. 1, c. 2, cit.); - disciplina, questa, che risulta, poi, integralmente applicabile all'operatore di rete televisiva (d.lgs. n. 177 del 2005, art. 15; v., ora, il d.lgs. n. 208 del 2021, art. 13);

2.2 - la dicotomia in questione, - che si correla, come detto, alla stessa disciplina eurounitaria (artt. 12 e 13, cit.), - trova, quindi, fondamento, quanto al contributo imposto per l'uso di frequenze radio, - e secondo dicta della Corte di Giustizia, - nella «autorizzazione ad utilizzare un bene pubblico che costituisce una risorsa rara», utilizzazione che, pertanto, «consente al suo titolare di realizzare rilevanti profitti economici e gli conferisce vantaggi rispetto agli altri operatori che intendano parimenti utilizzare e gestire tale risorsa, il che giustifica l'imposizione di un contributo che rifletta, segnatamente, il valore inerente all'utilizzo della risorsa rara di cui trattasi» (CGUE, 6 ottobre 2020, causa C-443/19, Vodafone Espaha SAU, punto 52; CGUE, 21 marzo 2013, causa C-375/11, Belgacom SA e a., punto 50); - e detto contributo ha, quindi, trovato specifica regolamentazione nella disciplina nazionale posta dall'allegato n. 25 al d.lgs. n. 259/2003, cit., agli artt. 8 e ss. e, per quel che qui rileva, allo stesso art. 38 che specificamente contempla le «Autorizzazioni generali temporanee con concessione del diritto d'uso delle frequenze»;

2.3 - il tratto proprio, e peculiare, del contributo in questione configura, pertanto, in termini di novità la questione di giurisdizione sottoposta all'esame della Corte, non apparendo direttamente applicabili, in ragione di mera consequenzialità, le pronunce (già) rese dalle Sezioni Unite della Corte con riferimento alla contribuzione prevista per il funzionamento di Autorità indipendenti (Cass. Sez. U., 30 luglio 2021, n. 21961; Cass. Sez. U., 4 giugno 2020, n. 10577) e, ad ogni modo, risultando la questione di giurisdizione connotata da un (complessivo) assetto regolatorio (nazionale ed eurounitario) che evidenzia intersezioni di discipline le cui specifiche ricadute non hanno sinora formato oggetto di esame da parte delle Sezioni Unite della Corte; - sotto quest'ultimo profilo, di vero, rilevano anche le disposizioni del codice del processo amministrativo [d.lgs. n. 104 del 2010, artt. 133, c. 1, lett. b), m)] cui, secondo la prospettazione delle controricorrenti, dovrebbe aversi riguardo ai fini della definizione della questione di giurisdizione;

3. - non emergendo, quindi, dal suo esame, profili di inammissibilità del ricorso, come statuito dalle Sezioni Unite della Corte, i ricorsi che pongono questioni di giurisdizione possono essere trattati dalle sezioni semplici (solo) quando sulla regola finale di riparto della giurisdizione «si sono già pronunciate le sezioni unite» (art. 374, c. 1, cod. proc. civ.; Cass. Sez. U., 19 gennaio 2022, n. 1599).

P.Q.M. La Corte, dispone rimettersi gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 aprile 2022