Giu In tema di imposta di registro, l'atto di scissione relativo a società semplice è assoggettato ad imposta di registro in misura fissa
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 25 luglio 2022 N. 23051
Massima
Le Sezioni Unite, pronunciando su questione di massima e di particolare importanza, in tema di imposta di registro, hanno affermato che l'atto di scissione relativo a società semplice è assoggettato, ex art. 4 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, ad imposta di registro in misura fissa, dal momento che il requisito normativo dell'oggetto esclusivo o principale di natura commerciale o agricola non concerne le società, ma soltanto gli enti diversi da queste.

Casus Decisus
RILEVATO CHE L’Agenzia delle Entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Commissione Tributaria Regionale, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di liquidazione volto al recupero dell’imposta proporzionale (3 %) di registro sull’atto notarile 22 dicembre 2008, registrato l’8 gennaio 2009, con il quale veniva disposta la scissione totale di Finanziaria B. srl e la devoluzione del suo patrimonio netto (euro 35.073.939) a favore, rispettivamente, di F. srl (euro 7.099.819) e di A. società semplice (euro 27.974.120); atto di scissione invece sottoposto, in sede di autoliquidazione, ad imposta di registro in misura fissa, in applicazione dell’art.4 Tariffa Parte Prima, lett.b), all. d.P.R. 131/86. La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che: • la pretesa di sottoporre l’atto in questione, ex art.9 Tariffa Parte Prima cit. (“atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale...”) al prelievo proporzionale sulla base imponibile costituita dal patrimonio confluito alla beneficiaria AMB società semplice contrasta con il disposto tariffario dell’art.4 cit. il quale, nel caso di “Atti propri delle societa' di qualunque tipo ed oggetto e degli enti diversi dalle societa', compresi i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni, con o senza personalità giuridica, aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole”, sottopone (co. 1 lett.b) l’atto di scissione (al pari di quelli di fusione o di conferimento aziendale) ad imposta di registro in misura fissa; • ragioni grammaticali e logico-giuridiche depongono nel senso che il presupposto specifico di imposizione in misura fissa, costituito dall'esercizio esclusivo o principale di attività commerciali o agricole, sia prescritto unicamente per gli enti diversi dalle società, mentre per queste ultime “nessun senso avrebbe il riferimento normativo agli atti propri delle società ‘di qualunque tipo ed oggetto’, se poi (la norma, nde) dovesse contraddittoriamente prevedere anche per le società la limitazione all'oggetto commerciale o agricolo”, anche considerato che, nel sistema codicistico, “l'oggetto commerciale ed agricolo esaurisce interamente l'ambito delle società tipiche, per le quali non è considerato alcun altro tipo di oggetto (…)”; • per contro, per gli enti diversi dalle società il legislatore ha subordinato il riconoscimento del beneficio dell'imposizione in misura fissa all'accertamento dell’affinità della loro attività, che si indica appunto in commerciale ovvero agricola, “al campo economico che si vuole agevolare”.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 25 luglio 2022 N. 23051 A. Amendola

CONSIDERATO CHE

§ 1.2 Con l'unico motivo di ricorso l'agenzia delle entrate deduce – ex art.360, co. 1^ n.3, cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione dell’art.4 Tariffa Parte Prima d.P.R. 131/86 cit.. Ciò per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che:

• all'esito di una corretta applicazione ‘delle regole della grammatica italiana e di analisi del periodo’ (strutturazione incidentaleautonoma della frase; apposizione della virgola prima della proposizione ‘aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole’; diverso significato del termine ‘oggetto’: nel senso di ‘ramo di attività economica’ nel primo utilizzo e nel senso di ‘macro settore economico’ nel secondo), si deve pervenire alla conclusione che il requisito costituito dall'esercizio di attività commerciale o agricola è dalla norma richiesto anche per le società, e non soltanto per gli enti diversi da queste;

• in materia di fusione (ma sulla base dei principi valevoli anche per la scissione) l'amministrazione finanziaria aveva già ritenuto applicabile tanto alle società quanto agli enti il requisito dell'esercizio di attività commerciale o agricola (Risoluzioni nn. 152 e 162/E dell’aprile 2008), e questa conclusione era stata recepita anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 4763 del 2009;

• quanto alla ratio normativa: “se, da un lato, è perfettamente plausibile un trattamento fiscale omogeneo per tutti i soggetti, società o enti, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di tali attività, non è rinvenibile, dall'altra, alcuna giustificazione razionale ad una imposizione tributaria che differenziasse tra società ed enti, applicando solo a questi ultimi l'imposta in una determinata misura solo se dimostrano di esercitare in modo esclusivo o principale le suddette attività ed ammettendo, invece, le società al medesimo trattamento indipendentemente dall'attività da esse svolta”. Tutto ciò avrebbe dovuto dunque indurre la Commissione Tributaria Regionale a ritenere pienamente legittimo l'avviso di liquidazione opposto, dal momento che, esclusa l'applicabilità nella specie dell'articolo 4 di Tariffa (pacifico essendo che AMB, in quanto società semplice, non poteva svolgere attività commerciale e che, per altro verso, non aveva natura agricola), si rendeva applicabile la tariffa proporzionale residuale di cui all'articolo 9 cit., concernente gli ‘atti diversi’ a contenuto patrimoniale.

§ 1.3 Resistono con unitario controricorso e memoria le parti intimate A. soc.semp., B.H. srl (già F. srl), nonché C.N. A. in qualità di soci tanto di A. quanto della scissa Finanziaria B. srl. Assumono l'infondatezza della tesi interpretativa dell'amministrazione finanziaria, posto che proprio la ricostruzione letterale dell’art.4 Tariffa deporrebbe per escludere che il requisito di esercizio dell'attività commerciale o agricola riguardi anche le società. Sicchè la voce di tariffa andrebbe intesa nel senso della individuazione di due diverse tipologie di soggetti: da un lato le società e dall'altro gli enti diversi da queste. Per le prime, sarebbero del tutto irrilevanti sia il tipo societario rivestito sia l'oggetto sociale mentre, per i secondi, l'oggetto assumerebbe un carattere qualificante, dovendo concretare lo svolgimento esclusivo o principale di attività commerciale o agricola. Nessun elemento di segno contrario potrebbe desumersi da Cass.n. 4763/09 cit., né dalle menzionate Risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate, perché emesse in fattispecie di fusione tra enti non societari e non aventi per oggetto l'esercizio di attività commerciali o agricole. I controricorrenti ripropongono poi, in via subordinata, i motivi di opposizione già dedotti nei precedenti gradi di giudizio e ritenuti assorbiti dai giudici di merito, concernenti il fatto che l'atto di scissione in esame – indipendentemente dall’esatta interpretazione dell’art.4 Tariffa - sarebbe comunque sottratto all'imposizione proporzionale. Posto che il patrimonio della società scissa, attribuito interamente alle beneficiarie, era rappresentato esclusivamente dalla partecipazione da essa detenuta nella Financiere Concorde SA, la scissione deve infatti alternativamente rilevare:

• come atto di movimentazione e compravendita di azioni, obbligazioni ed altri titoli in serie o di massa (art.8, Tabella degli ‘atti per i quali non vi è obbligo di chiedere la registrazione’), ovvero:

• come atto pubblico o scrittura privata avente ad oggetto la ‘negoziazione’ di quote di partecipazione in società o enti, o di titoli di cui all'articolo 8 della tabella (art. 11 Tariffa Parte Prima: misura fissa), oppure (se non di ‘negoziazione’) in quanto atto pubblico o scrittura privata autenticata ‘non avente ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale (art.11 medesimo), ovvero ancora:

• come operazione in campo Iva (anche se esente ex art.10 d.P.R. n.633/72) intercorsa tra società commerciale soggetto-Iva e società semplice non soggetto-Iva, ed avente ad oggetto la destinazione di beni (la partecipazione) ‘a finalità estranee all'esercizio dell'impresa’ (art.2 co. 2^ n.5) d.P.R. cit.), con conseguente assoggettamento ad imposta in misura fissa, in applicazione del principio di alternatività Iva-registro di cui all'articolo 40 d.P.R. 131/86.

§ 1.4 Assegnata la causa a decisione, è intervenuta l'ordinanza interlocutoria n. 33312 del 2021, con la quale la Sezione Quinta Tributaria ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione a queste Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza in ordine all'interpretazione dell'articolo 4 Tariffa Parte Prima d.P.R. 131/86, ed al regime impositivo di registro applicabile agli atti di scissione societaria. Osserva l’ordinanza che la disposizione tariffaria si presta effettivamente a due inconciliabili letture. Secondo una prima opzione, gli atti di scissione tra società di qualunque tipo ed oggetto sarebbero sottoponibili ad imposta di registro in misura fissa, mentre i medesimi atti intercorsi tra enti non societari lo sarebbero solo se aventi ad oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole. Questa interpretazione poggia sui seguenti principali argomenti:

• la lettera dell’art.4 che riferisce alle società la precisazione “di qualunque tipo ed oggetto”, là dove, qualora la norma avesse inteso riferire anche alle società il requisito dell'esercizio di attività commerciale o agricolo, la formulazione letterale avrebbe dovuto essere diversa, del tipo ‘atti propri delle società e degli enti diversi…’ o simile, senza dare adito a distinzione di sorta;

• l'articolo 82, co. 1 e 3, d.lgs 117/17 (Codice del Terzo Settore) il quale prescrive l'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa alle operazioni di fusione, scissione o trasformazione poste in essere dagli enti del terzo settore (co.3^), escluse però “le imprese sociali costituite in forma di società” (co.1^), intendendosi in tal modo che queste ultime sono già assoggettate alla tassazione in misura fissa proprio in forza della lex generalis di cui all’art.4;

• l’art.4 lett.d) Tariffa secondo cui l'atto di assegnazione ai soci di beni e partecipazioni, se in campo Iva (anche se esente ex art.10 co. 1^ n. 4) d.P.R. n.633/72, in quanto relativo ad “azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci ed a quote sociali”), è assoggettato ad imposta di registro in misura fissa, con ciò configurandosi un'operazione del tutto sovrapponibile a quella (qui dedotta) in cui l'assegnazione del patrimonio della società scissa venga effettuata a favore di una società ‘senza impresa’ di cui facciano parte i medesimi soci della società scissa. Secondo una seconda opzione ricostruttiva, il requisito dell'esercizio di attività commerciale o agricola andrebbe invece esteso tanto alle società quanto agli enti diversi. Ciò in ragione dei seguenti principali argomenti:

• la lettera dell'art.4, dal momento che l'uso della virgola prima della proposizione “aventi per oggetto…” servirebbe appunto, nella articolazione del periodo in una frase incidentale (“compresi i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni, con o senza personalità giuridica”) inserita all'interno di un'altra frase descrittiva (“atti propri delle società di qualunque tipo ed oggetto e degli enti diversi dalle società aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole”) ad estendere quest'ultimo requisito sia alle società sia agli enti diversi;

• il rinvio operato dalla Nota III all'articolo 4 in esame (“per gli atti propri delle società ed enti diversi da quelli indicati nel presente articolo si applica l'articolo 9 della tabella”), il quale presuppone l'esistenza di società estranee all'applicazione dell'articolo 4 medesimo proprio perché non esercenti attività commerciale o agricola;

• l'attribuzione patrimoniale dalla società scissa alla società semplice non svolgente attività di impresa comporterebbe la fuoriuscita dei beni o delle partecipazioni detenute dal circuito produttivo e dinamico volto a creare ricchezza, così da non meritare il trattamento agevolato dell'imposizione in misura fissa. Si osserva ancora nell'ordinanza di rimessione che la questione è stata già affrontata, con accoglimento della tesi dell’Amministrazione Finanziaria, dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass.n. 4763/09 e Cass.n.227/21, ord.), ma in maniera indiretta e non dirimente.

§ 1.5 Il Procuratore Generale ha richiamato le conclusioni già formulate dal proprio Ufficio il 20.9.2021, volte all’accoglimento del ricorso dell’ Agenzia delle Entrate. Ciò sul presupposto della riferibilità del requisito legale dell’esercizio esclusivo o prevalente di attività commerciale o agricola indifferentemente alle società ed agli enti diversi, con la conseguenza che il beneficio dell’imposizione in misura fissa non potrebbe essere riconosciuto alla società semplice in giudizio, perché non svolgente attività agricola, né tantomeno (vista anche la limitazione di legge in tal senso), commerciale. Fissato all’udienza pubblica odierna, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto art. 23, comma 8-bis, del decreto-legge n. 137 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020 (e proroghe successive) senza l’intervento in presenza fisica del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

§ 2.1 La disposizione in esame (art.4 cit.) è contenuta nella prima parte della Tariffa allegata al d.P.R. 131/86, concernente l’individuazione (secondo quanto dettato dall’art.2 del medesimo d.P.R.) degli atti soggetti a registrazione in termine fisso e della misura (proporzionale o fissa) della relativa imposizione. L’art.4, in particolare, si occupa degli “atti propri delle società di qualunque tipo ed oggetto e degli enti diversi dalle società, compresi i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni, con o senza personalità giuridica, aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole”. Nella conformazione della norma a questa premessa di carattere generale (valevole per tutte le ipotesi poi prese partitamente in esame) fa quindi seguito - nelle lettere da a) a g) - l’elencazione della tariffa applicabile ai singoli atti societari, a seconda che si tratti di costituzione o aumento del capitale o patrimonio; di operazioni di fusione, scissione e conferimenti aziendali; di altre modifiche statutarie; di assegnazione di beni ai soci, associati o partecipanti; di regolarizzazione di società di fatto rinvenienti da comunione ereditaria; di operazioni di società ed enti esteri ex articolo 4 TUR; di atti GEIE. All’interno di talune categorie (lett.a), d)), opera una suddivisione tabellare in sottocategorie, mentre ulteriori prescrizioni e precisazioni sono contenute nell’apparato di Note posto a corredo dell’art.4. In particolare, ai sensi della lett.b) (di diretta rilevanza nel presente giudizio) gli atti di “fusione tra società, scissione delle stesse, conferimento di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa fatto da una società ad altra società esistente o da costituire ed analoghe operazioni poste in essere da enti diversi dalle società” sono assoggettati ad imposta di registro in misura fissa. Ciò, però, sempre che si tratti di atti posti in essere dai soggetti di cui in premessa (‘società di qualunque tipo ed oggetto ed enti diversi dalle società, compresi i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni, con o senza personalità giuridica, aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole’) perché, altrimenti, la tariffa applicabile deve essere individuata in disposizioni diverse dall'articolo 4. Ed in tal senso opta la ricorrente Agenzia delle Entrate secondo la quale, trattandosi nella specie di scissione a favore di società semplice non avente per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nè agricola, l'atto sarebbe assoggettabile non all'imposta fissa, ma a quella proporzionale del 3% (sulla base imponibile data dalla quota di patrimonio assegnato con la scissione alla beneficiaria) residualmente riservata (art.9 Tariffa cit.) “agli atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”.

§ 2.2 La tesi dell’Amministrazione Finanziaria non trova riscontro nella Tariffa in esame. Va premesso che non ci sono ragioni per sottrarre la norma tributaria a quello che è il criterio-cardine nella interpretazione della legge in generale, come definito dall’art.12, co. 1^, prel., secondo cui: “Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”. Va anzi detto come proprio con particolare riguardo alla disposizione tributaria, ed alle implicazioni che essa sottende ex art.53 Cost., il primato del criterio letterale debba massimamente concorrere - per il suo carattere di oggettività e nel suo naturale obiettivo di ricerca di un senso normativo il più possibile riconoscibile e ‘palese’ - alla definizione in termini di certezza, determinatezza e tassatività della fattispecie impositiva, fattispecie che il legislatore dello Statuto vuole in via generale sorretta da disposizioni ‘chiare e trasparenti’ (art.2 l.212/00). Ebbene, venendo alla letteralità della norma in esame nell’adozione di una sua quanto più lineare esegesi, va in primo luogo osservato come essa specifichi espressamente che le società prese in considerazione dalla tariffa ex art.4 sono quelle “di qualunque tipo ed oggetto”, trovando il termine ‘qualunque’ sinonimo corrente in ‘ogni’, ‘qualsivoglia’, ‘tutte’. Questo aggettivo indefinito di significato comune viene riferito a ‘tipo’ ed ‘oggetto’. Va in proposito ancora premesso che il richiamo dell’art.12 cit. al ‘significato proprio’ delle parole deve indurre a ritenere che, ogniqualvolta queste ultime, per quanto utilizzate anche nel linguaggio corrente, siano portatrici di un significato specifico perché di appartenenza e derivazione da un determinato ramo dell’Ordinamento giuridico, siano state dal legislatore proprio in quest’ultimo senso impiegate. In modo tale che – quantomeno di regola – le nozioni di significato ‘proprio’ e di significato ‘tecnico-giuridico’ vengono a coincidere. E neppure a questa regola fa eccezione il diritto tributario il quale, per quanto per molti aspetti autonomo ed autosufficiente rispetto agli altri rami dell’ordinamento, muove tuttavia certamente anch’esso da presupposti di tecnicità linguistica oltre che di appropriatezza, organicità e tendenziale uniformità ordinamentale dei termini adottati. Regola generale, questa, non contraddetta da quelle ipotesi – pur esistenti, ma appunto eccezionali e derogatorie - nelle quali il legislatore tributario pieghi invece ad un diverso e dedicato significato un termine mutuato da altri campi del diritto. A maggior ragione, poi, questo va detto con specifico riguardo al sotto-sistema normativo dell’imposizione di registro il quale si articola nella individuazione tariffaria di atti e famiglie di effetti giuridici (reputati dal legislatore variamente significativi di un trapasso di ricchezza e comunque di capacità contributiva) che trovano esclusiva matrice e disciplina proprio in altri settori ordinamentali di richiamo, segnatamente nel diritto civile, commerciale e – per quanto qui più conta – societario. Dunque non ci sono ragionevoli motivi per dubitare che il ‘tipo’ di cui all’art.4 sia il ‘tipo’ codicistico al quale è storicamente improntata l’intera disciplina societaria. Il principio di tipicità dei modelli societari ex art. 2249 cod.civ. pone un limite all’autonomia negoziale delle parti e costituisce tuttora un punto fermo della disciplina in materia, tanto da venire ripreso nell’evoluzione legislativa extracodicistica che – anche dopo l’emanazione del d.P.R. 131/86 – ha ritenuto di dover necessariamente ricondurre a taluno dei tipi codicistici anche le cc.dd ‘nuove società’, alla cui veste commerciale pur non si associa la commercialità dell’oggetto: come nel caso delle società tra professionisti (art.10 co. 3^l. 183/11), delle società sportive dilettantistiche (art.90 l. 289/02), delle “imprese sociali costituite in forma di società” (art.82 d.lvo 117/17, cit.), delle società agricole di persone o capitali (artt.1, 2 d.lgs.99/04). E tra i tipi che vengono in considerazione per il codice civile vi è, appunto, anche quello della società semplice; modello concepito per lo svolgimento di attività non commerciali e di minore rilievo economico, e tuttavia fondamentale sul piano strettamente giuridico perché costituente la base normativa e finanche archetipica di tutte le società personali per quanto compatibile e non specificamente previsto (art. 2293 per la snc; art. 2315 per la sas). Alla stessa maniera, si deve ritenere che l’ ‘oggetto’ dell’art.4 sia l’ ‘oggetto’ codicistico che delinea la natura dell’attività economica svolta, entrando nel contratto di società quale suo elemento costitutivo e di essenziale finalizzazione (artt. 2247, 2253, 2266, 2272 n.2), 2295 n.5) cod.civ.). Dunque rileva anche l’oggetto che comunque caratterizzi l’attività economica della società semplice; ‘qualunque’ esso sia ed indipendentemente dalla preclusione di commercialità ex artt. 2249 e 2195 cod.civ.. Si noterà che nel testo dell’art.4 il termine ‘oggetto’, questa volta limitato (nella sua esclusività o principalità) alle sole attività agricole o commerciali, viene ripetuto una seconda volta ma, diversamente da quanto vorrebbe l'agenzia delle entrate, non vi sono elementi per ritenere che lo stesso termine sia stato utilizzato con diverse accezioni. Al contrario, la necessità di adottare un criterio interpretativo che valorizzi - e non disperda - la coerenza interna alla prescrizione normativa induce a ritenere, in via generale e salvo univoci elementi di segno contrario, che la terminologia utilizzata dal legislatore sia segnata da costanza semantica; e nel caso di specie non vi sono elementi capaci di dimostrare che il legislatore abbia invece utilizzato nello stesso periodo, a brevissima distanza e nell'ambito della stessa disciplina - una stessa parola con due significati diversi. Conclusione, questa, che si rafforza nella considerazione che, come detto, tanto più l’appropriatezza del linguaggio legislativo si identifica con il significato tecnico-giuridico del termine utilizzato, quanto più si restringono – fino a scomparire – gli spazi della polisemia. Risulta quindi che l' ’oggetto’ va inteso quale natura dell'attività economica sia con riguardo alle società sia con riguardo agli enti diversi (per i quali non diversamente in sostanza si atteggia: v.art. 16 cod.civ. per le associazioni e fondazioni; art. 2603 cod.civ. per i consorzi), fermo restando che per le prime vale l’onnicomprensività di ‘qualunque’, mentre per i secondi vale la specifica limitazione all’attività agricola o commerciale. D’altra parte, il conflitto (apparente) tra l'indeterminatezza del contenuto dell’oggetto nella prima menzione e la specificità del contenuto dell'oggetto nella seconda trova riconciliazione (nel superamento di una altrimenti irrisolvibile contraddittorietà) soltanto se le due previsioni in concorso vengano riferite a due categorie soggettive differenti: appunto le società da una parte, e gli enti diversi dall'altra. In ciò si manifesta – nel processo di destrutturazione e ricomposizione dell’enunciato legislativo secondo la connessione dei termini dai quali è formato - la bipartizione di fondo nella quale esso si articola; al cui interno il richiamo del ‘tipo-oggetto’ viene simmetricamente ripetuto, proprio in funzione distintiva, tanto per le società (qualunque) quanto per le non-società quali i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni (commerciale o agricolo). Altrimenti opinando (cioè ritenendo che essa sia finalizzata ad accomunare, e non a distinguere, le due diverse categorie soggettive) la precisazione ‘qualunque tipo ed oggetto’ - secondo criteri di interpretazione letterale che metodologicamente presuppongano nel legislatore puntualità, essenzialità ed economicità espressive - non avrebbe alcun senso palese ex art.12 prel., finendo anzi con lo svuotarsi di qualsivoglia contenuto. L’uso della punteggiatura non confuta questa conclusione, dal momento che la virgola apposta tra l'aggettivo ‘giuridica’ ed il participio presente ‘aventi’ slega le due parti fondamentali nelle quali si articola l'intero periodo, separando non solo la sub-incidentale (‘con o senza personalità giuridica’) dalla incidentale (‘compresi i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni’), ma anche queste ultime due dalla prima parte della proposizione, appunto quella riservata agli atti propri delle società. La tesi dell'amministrazione finanziaria volta ad escludere – anche sulla base di una asseritamente diversa intenzionalità del legislatore - la società semplice dalla imposizione in misura fissa nonostante la previsione legislativa di ‘qualunque tipo ed oggetto’ che altrimenti l’ammetterebbe, porta ad esiti sostanzialmente antiletterali perché frontalmente contrari alla dizione normativa. Ora, non si disconosce che questa Corte di legittimità, anche nelle sue Sezioni Unite, ha varie volte affermato che se va data prevalenza al criterio letterale rispetto al criterio teleologico (sussidiario), quest’ultimo criterio può tuttavia risultare (eccezionalmente) prevalente sul primo quando l’interpretazione letterale conduca ad effetti incompatibili con il sistema e di questo chiaramente distorsivi. Si è così stabilito (in Cass.SSUU n. 8091/20, ma v. anche Cass.SSUU n. 2505/20; Cass.n. 24165/18) che: “ove l'interpretazione letterale sia sufficiente ad individuare, in modo chiaro ed univoco, il significato e la portata precettiva di una norma di legge o regolamentare, l'interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario della mens legis, il quale solo nel caso in cui, nonostante l'impiego del criterio letterale e del criterio teleologico singolarmente considerati, la lettera della norma rimanga ambigua, acquista un ruolo paritetico e comprimario rispetto al criterio letterale, mentre può assumere rilievo prevalente nell'ipotesi, eccezionale, in cui l'effetto giuridico risultante dalla formulazione della disposizione sia incompatibile con il sistema normativo, non essendo, invece, consentito all'interprete correggere la norma nel significato tecnico proprio delle espressioni che la compongono nell'ipotesi in cui ritenga che tale effetto sia solo inadatto rispetto alla finalità pratica della norma stessa». Ed è proprio in applicazione di questo principio che va però qui escluso che l'interpretazione letterale conduca ad effetti distorsivi del sistema ed assolutamente incompatibili con la disciplina generale dell'imposta di registro. E’ vero piuttosto il contrario, e cioè che – anche se si ritenga che all'esito dell'interpretazione letterale fin qui condotta sussistano residui margini di dubbio, così da doversi per forza accedere al vaglio ermeneutico sussidiario - il criterio della intenzione del legislatore e della mens legis (anch’esso contemplato nell'ultima parte del primo comma dell'articolo 12 prel.) finisce con il condurre a risultati confermativi dell'esegesi testuale. E ciò - lo si osservi subito - quand’anche si voglia restringere la neutralità tributaria degli atti di scissione e, più in generale, delle operazioni societarie straordinarie al solo ambito della commercialità e dell’impresa (art.170 segg. TUIR).

§ 2.3 Si rileva in proposito che:

• nel problema in esame non entra in gioco il consolidato principio (costituente vero e proprio diritto vivente in materia) secondo cui non può darsi interpretazione analogica e nemmeno estensiva (art.14 prel.) delle disposizioni fiscali di esenzione o agevolazione, nel senso che l'interpretazione dell'articolo 4 in esame volta ad assoggettare gli atti di scissione relativi a società semplice ad imposta in misura fissa non opera, in effetti, alcuna estensione di un trattamento impositivo di favore, rispondendo essa piuttosto al regime ordinario di tariffa degli atti societari complessivamente ed organicamente considerati; ‘ordinario’ in quanto (non derogatorio di un diverso e più gravoso trattamento, ma) normalmente riconducibile alla mancata individuazione - anche per quanto concerne le società semplici al pari delle società di altro tipo - di indici di capacità contributiva che inducano ad applicare l'imposta in esame per finalità di prelievo diverse ed ulteriori da quelle (originarie) riconducibili alla sola registrazione, conservazione ed attribuzione di data certa all'atto;

• se è vero che sul piano civilistico la scissione societaria disciplinata dagli artt. 2506 e ss. c.c., come modificati dal d.lgs n. 6 del 2003, presenta un’efficacia complessa, perché non solo di mera modificazione evolutiva interna, ma anche di trasferimento patrimoniale e di successione soggettiva, aspetto più volte vagliato da questa Corte (da ultimo, per gli aspetti processuali: Cass.SSUU nn. 23225/16 e 21970/21 in tema di fusione per incorporazione, Cass.Sez.II n. 31313/18; ed in ordine all’ammissibilità della revocatoria ordinaria dell’atto di scissione, appunto perché dotato di effetti traslativi: Cass.Sez.III n. 12047/21), altrettanto indubbio è che sul piano tributario possa venire valorizzato proprio l’elemento puramente riorganizzativo dell’assetto societario rinveniente dall’operazione straordinaria (Cass.SSUU n. 2637/06), ritenuto di per sé non significativo ex art.53 Cost.; 

• quanto alla Nota III all’art.4 di Tariffa, non si reputa che possa essere intesa come si prospetta nell’ordinanza di rimessione, dal momento che la previsione secondo cui: “Per gli atti propri delle societa' ed enti diversi da quelli indicati nel presente articolo si applica l'articolo 9 della tabella”, contiene sì un elemento di diversità e di estraneità rispetto a quanto indicato nell’art.4, ma riferibile non già ai soggetti (come se potessero concepirsi società diverse da quelle ‘di qualunque tipo ed oggetto’) ma agli atti da registrare; l’oggettivazione del contenuto della Nota si impone in ragione del già richiamato dato sistematico per cui quella di registro è appunto imposta d’atto, e che nelle altre Note alla stessa voce di Tariffa si fa parimenti centrale riferimento ad un campione che non è per soggetto, ma per atto sottoposto a registrazione;

• è vero che “i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società ed analoghe operazioni poste in essere da altri enti” non sono considerate cessione di beni ai fini Iva ex art.2, co. 3^ lett. f) d.P.R. n.633/72, con conseguente inoperatività del principio di alternatività iva-registro ex art. 40 Tur, ma ciò non esclude che, nel caso di specie, all’applicazione del registro in misura fissa si pervenga non per alternatività ma per tariffa, al pari di quanto accade anche per le società commerciali, pur esse investite dalla previsione ex art.2 Iva in esame;

• in altre voci della Tariffa si rinvengono ipotesi (senza distinzioni tra società per tipo-oggetto) di tassazione in misura fissa di atti che, per quanto avulsi dalla realizzazione di un’operazione straordinaria, possono presentare indici di capacità contributiva non del tutto dissimili da questa (specialmente in situazioni, come la presente, in cui vi sia piena coincidenza tra soci della scissa e soci della beneficiaria); come nel caso (art.11) di atti di ‘negoziazione’ di quote di partecipazione in societa' o enti ex art.4, ovvero (art.4 lett.d) n.1) di ‘assegnazione’ di beni ai soci se soggetti ad Iva o aventi ad oggetto utili in denaro;

• nessuna distinzione viene dalla legge esplicitata nemmeno ai fini dell’imposta ipotecaria e catastale, la quale si applica in misura fissa agli atti di fusione o di scissione di societa' “di qualunque tipo” (art. 4 Tariffa all. ed art. 10 d.lvo 347/90);

• neppure può dirsi che l’imposta proporzionale a carico della società semplice di pura gestione di partecipazione risponda ad una sorta di disfavore del legislatore tributario in ragione della fuoriuscita del bene-partecipazione dal circuito produttivo, circuito invece alimentato dalle società ad oggetto commerciale, dal momento che – all’opposto – con vari interventi, anche se contingenti e temporalmente limitati, quel legislatore ha mostrato di voler favorire la trasformazione in società semplice di gestione di beni non strumentali di preesistenti società (formalmente) commerciali (art. 29 legge n. 449 del 1997; art. 3, comma 7, legge n. 448 del 2001; art. 1, commi 11-117, legge n. 296 del 2006; art. 1, comma 129, legge n. 244 del 2007; art. 1, comma 115, legge n. 208 del 2015, prorogato dall’art. 1, comma 565, legge n. 232 del 2016); e ciò non senza considerare che, volendo seguire fino in fondo questa impostazione, la verifica in concreto dell’effettiva destinazione al mercato e della inclusione nel circuito produttivo del benepartecipazione – allora ragionevolmente estesa anche alle società con forma commerciale - richiederebbe per lo più un vaglio fattuale ed estrinseco all’atto non compatibile (art.20 Tur) con l’imposta di registro.

§ 2.4 Vi è da chiedersi - ancora sul piano del riscontro sistematico e teleologico della lettera legislativa, oltre che del riguardo costituzionale della questione - se equiparare le società semplici alle altre società aventi veste commerciale possa in ipotesi introdurre una ingiustificata frattura nel trattamento tributario delle prime in rapporto a quegli enti-non società che non svolgono, neppure essi, attività commerciale e che, in quanto tali, sono invece assoggettati ad imposizione proporzionale. Sennonchè, la scelta del legislatore di fare ricorso al discrimine della ‘commercialità’ solo per gli enti diversi dalle società, venendo queste ultime invece ammesse all’imposta fissa per il solo fatto di essere tali, non confligge di per sè con i principi costituzionali in materia e, segnatamente, con gli articoli 3 e 53 Cost.. Il Giudice delle leggi è da decenni fermo nel richiamare l'insindacabile autonomia del legislatore tributario - con l’unico limite dell’arbitrio e della irragionevolezza - nel modulare il principio di capacità contributiva discrezionalmente selezionando le varie fattispecie imponibili ed il trattamento a ciascuna spettante (tra le molte, da ultimo, C.Cost. sent. 201/20). E nel caso di specie una scelta di questo tipo sembra trovare giustificazione - bastevole quantomeno ad escludere il superamento di quei limiti - nella diversità delle situazioni di partenza, considerate, da un lato, la specifica e tipizzata disciplina applicabile alle società rispetto alla maggior eterogeneità dei modelli e degli istituti organizzativi propri degli enti diversi (in tal senso opera il criterio di mera compatibilità normativa nelle relative operazioni straordinarie, come richiamato dall’art. 42 bis cod.civ. per le associazioni e le fondazioni) e, dall’altro, la natura economica che ex art.2247 cod.civ. deve caratterizzare le società (non anche gli enti diversi) di qualunque tipo ed oggetto. 

Sicchè non può dirsi che si trattino in maniera diversa situazioni uguali. Come anticipato, questa Corte di legittimità si è occupata della questione con due precedenti decisioni, ed in entrambe le occasioni si è pronunciata nel senso della rilevanza selettiva della natura commerciale dell'attività svolta con riguardo tanto alle società quanto alle non-società. Più in particolare, Cass.n.4763/09 ha osservato in motivazione quanto segue (l’affermazione è ripresa nelle conclusioni del Procuratore Generale): “La posizione è esattamente contestata dalla difesa erariale, perché la lettera dell'art. 4, comma 1, cioè di quella parte della disposizione che è posta all'inizio della formula e che è comune a tutte le sue specie indicate, poi, con le lett. dalla a) alla g), è chiara nel limitare i suoi destinatari ai soggetti che svolgano esclusivamente o principalmente attività commerciale od agricola. Ne deriva che la specie degli atti di fusione, considerati nella lett. b), non possono essere che atti di fusione tra quei soggetti che, indipendentemente dal fatto che essi siano società od enti diversi dalle società, svolgano comunque, esclusivamente o principalmente, attività commerciale od agricola”. Orbene, gli argomenti tutti fin qui spesi sembrano in grado (indipendentemente dalla loro persuasività) di quantomeno dimostrare come la lettera dell’art.4 Tariffa, prestandosi ad opposte ricostruzioni, non possa per ciò solo reputarsi lampante né incontrovertibilmente univoca e come, di conseguenza, il problema non possa trovare appagante soluzione nel brocardo in claris non fit interpretatio. A meno che non si voglia riferire questa affermazione di limpidezza normativa alla fattispecie (ma solo a questa) in concreto sottoposta all'attenzione del precedente di legittimità in questione, in quanto estranea alla società semplice ed invece concernente un'operazione di incorporazione di enti non societari (associativi) e non svolgenti attività agricola o commerciale (ma di rappresentanza di categoria). Lo stesso è a dire per la decisione in Cass.n. 227/21 la quale si limita a richiamare e recepire quel precedente, ma anch'essa in una fattispecie di imposizione proporzionale, perché relativa ad enti non societari e non esercenti attività agricola o commerciale. Può dunque concludersi che in entrambe le decisioni è mancato - perché il caso non lo richiedeva - un utile e convincente approfondimento del problema, che oggi si ripresenta nel suo snodo più critico.

§ 3. Il ricorso dell'agenzia delle entrate va in definitiva respinto in applicazione del seguente principio di diritto: “l'atto di scissione relativo a società semplice è assoggettato, ex art.4 Tariffa Parte Prima all. d.P.R. 131/86, ad imposta di registro in misura fissa, dal momento che il requisito normativo dell'oggetto esclusivo o principale di natura commerciale o agricola non concerne le società ma soltanto gli enti diversi da queste”. Evidenti sono i presupposti di controvertibilità della questione che depongono per la integrale compensazione delle spese di lite. P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso; - compensa le spese.