Giu L'art. 889 cod. civ. pone una presunzione assoluta di dannosità della condotta in caso di distanza inferiore ad un metro: si applica a prescindere dalla dimostrazione di un danno
CASSAZIONE, SEZIONE VI - 24 agosto 2022 N. 25302
Massima
L'art. 889 cod. civ. (il quale prescrive la distanza legale minima di un metro tra il confine ed i tubi d'acqua pura o lurida, e loro diramazioni) pone una presunzione assoluta di dannosità della condotta in caso di distanza inferiore ad un metro. Ne consegue che l'applicabilità di detta norma prescinde da ogni indagine circa la assenza, in concreto, di una potenzialità dannosa della condotta posta a distanza inferiore a quella legale (nella specie, è stata confermata la sentenza del giudice di merito il quale aveva ritenuto irrilevante la circostanza che la tubazione fosse dotata di dispositivi idonei ad impedire infiltrazioni). (Sez. 2, Sentenza n. 12491 del 04/12/1995, Rv. 494929 - 01)

Casus Decisus
RILEVATO CHE: 1. C. A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Salerno che, in riforma della sentenza del Tribunale di Salerno, ha accertato la comproprietà di un muro divisorio tra P. M. e P.O., nonché ha condannato l’A. ad eliminare o arretrare alla distanza di legge un tubo di scarico fognario. 2. M.P. si è costituito con controricorso. 3. O. P. è rimasto intimato. 4. Su proposta del relatore, ai sensi degli artt. 391-bis, comma 4, e 380-bis, commi 1 e 2, c.p.c., che ha ravvisato la manifesta inammissibilità del ricorso il Presidente ha fissato con decreto l'adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell'osservanza delle citate disposizioni.

Testo della sentenza
CASSAZIONE, SEZIONE VI - 24 agosto 2022 N. 25302 Lombardo Luigi Giovanni

CONSIDERATO CHE

1. Il ricorso è affidato due motivi. Con il primo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 880 c.c., 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, nn. 3 e 4 , c.p.c.; lamenta che la Corte territoriale avrebbe erroneamente applicato l’art. 880 c.c., così dichiarando il muro divisorio in comproprietà tra P.M. e P.O., poiché, stante il dislivello naturale tra i fondi, il giudice di seconde cure avrebbe dovuto applicare l’art. 887, con conseguente presunzione di proprietà esclusiva in capo a P.M., proprietario del fondo superiore.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 889 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte territoriale condannato la A. ad arretrare la condotta fognaria, impianto indispensabile per l’uso dell’immobile, senza valutare le concrete condizioni dei luoghi, caratterizzate dai terrazzamenti tipici della costa sorrentina, che avrebbero imposto di non applicare l’art. 889 c.c.

3. Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: Il primo motivo è inammissibile per difetto di interesse, non potendo la A. ricevere alcun vantaggio dalla declaratoria di proprietà esclusiva del muro divisorio in favore di P.M, in luogo della accertata comproprietà tra quest’ultimo e P.O. Tanto più che la doglianza, la quale peraltro involge valutazione di merito, è del tutto irrilevante ai fini della condanna della A. ad arretrare lo scarico fognario: la stessa ricorrente afferma che “con riferimento alla condotta fognaria della A. non rivestiva alcuna rilevanza la comunione del muro ovvero la sua appartenenza esclusiva” (così a pag. 8 di ricorso). La ricorrente nemmeno coglie la ratio decidendi della pronuncia impugnata, la quale ha dichiarato la comproprietà del muro in accoglimento della specifica domanda in tal senso formulata dall’attoreappellante, ed ha valorizzato l’assenza di diritti dominicali della A. sul muro al fine di escluderne il diritto di farvi passare lo scarico. 

4- Il secondo motivo è inammissibile in quanto involge valutazioni di fatto, peraltro prospettate per la prima volta solo in questa sede di legittimità, atteso che la Corte territoriale ha condannato la A. a “rimuovere le tubazioni che non rispettano le distanze legali (Cass. 1233/2016) non avendo gli appellati neanche richiesto una deroga alle prescrizioni di cui all’art. 889 cc per impossibilità di posizionare le tubazioni in maniera differente”.

2. Il Collegio condivide la proposta del Relatore.

3. La ricorrente ha depositato memoria insistendo nella richiesta di accoglimento del ricorso. Dalla suddetta memoria non emergono fatti o argomenti tali da determinare una modifica della proposta o una rimessione della decisione alla pubblica udienza. Con riferimento al secondo motivo deve anche darsi continuità al seguente principio di diritto: L'art. 889 cod. civ. (il quale prescrive la distanza legale minima di un metro tra il confine ed i tubi d'acqua pura o lurida, e loro diramazioni) pone una presunzione assoluta di dannosità della condotta in caso di distanza inferiore ad un metro. Ne consegue che l'applicabilità di detta norma prescinde da ogni indagine circa la assenza, in concreto, di una potenzialità dannosa della condotta posta a distanza inferiore a quella legale (nella specie, è stata confermata la sentenza del giudice di merito il quale aveva ritenuto irrilevante la circostanza che la tubazione fosse dotata di dispositivi idonei ad impedire infiltrazioni). (Sez. 2, Sentenza n. 12491 del 04/12/1995, Rv. 494929 - 01)

4. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. 

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo con distrazione in favore del procuratore antistatario.

6. Ricorrono i presupposti di cui all'art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso