Giu In tema di cessione d'azienda, il cessionario risponde per le obbligazioni fiscali sorte in capo al cedente, nei limiti dell'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 30 agosto 2022 N. 25486
Massima
In tema di cessione d'azienda, il cessionario risponde per le obbligazioni fiscali sorte in capo al cedente, nei limiti dell'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997 e, qualora la cartella esattoriale con la quale gli si richiede il pagamento
sia il primo atto con il quale viene portato a conoscenza della pretesa fiscale azionata nei suoi confronti, essa riveste anche la natura di atto impositivo. Ne consegue che, pendente il procedimento di impugnazione della cartella di pagamento, può essere domandata dal cessionario la definizione agevolata della controversia ai sensi dell'art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, come conv."

Casus Decisus
RILEVATO CHE 1. La società Costruzioni Generali B & T cedeva, in data 30.8.2000, la propria azienda alla Co. Srl, poi Nuova Co.Srl, odierna controricorrente, per il corrispettivo di Lire 18.845.959.960. La società cedente mutava poi il proprio nome in K Spa, e trasferiva la propria sede, prima ad Anzio e successivamente nelle Isole Vergini britanniche. 1.1. La Guardia di Finanza iniziava 1'8.11.2000 una verifica fiscale nei confronti della K. Spa, che si concludeva il 19.1.2001 con Processo Verbale di Costatazione, poi recepito nell'avviso di accertamento n. R79030200278, con recupero di imposte per decine di migliaia di Euro a titolo di Irpeg, Iva ed Irap, notificato alla società accertata K., e mai impugnato. L'atto impositivo era comunicato pure alla Co. srl, ai fini della responsabilità solidale del cessionario d'azienda. 2. Veniva quindi formata dal Concessionario per la riscossione la cartella esattoriale n. 097220071479176/001, conseguente all'accertamento non contestato, notificata solo alla Co. srl . Quest'ultima impugnava la cartella esattoriale innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Venezia, opponendo, tra l'altro, la mancata preventiva escussione del debitore principale, contestazione che era accolta dalla Ctp. 3. L'Agenzia delle entrate impugnava la decisione assunta dalla Ctp innanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto che, con sent. n. 73 del 25.10.2010, accoglieva il gravame, motivando che stante l'avvenuta estinzione della K., cancellata dal regisl:ro delle imprese e trasferitasi all'estero, era impossibile escuterla, e pertanto l'Ente impositore aveva legittimamente preteso il pagamento dalla debitrice solidale. Questa decisione era tuttavia impugnata con ricorso per revocazione perché, in conseguenza della decisione di primo grado, il ruolo e la cartella esattoriale erano stati annullati in autotutela dall'Ente impositore. 4. Veniva perciò formato dall'Amministrazione finanziaria un nuovo ruolo, sempre fondato sul medesimo avviso di accertamento redatto nei confronti della K. Spa, e notificata una nuova cartella di pagamento, n. 119 2011 00107831 92, avente ad oggetto Ires ed altro (anno 1999), che la Nuova Co. srl. impugnava innanzi alla Ctp di Venezia, la quale respingeva il gravame. 5. Avverso la decisione adottata dalla Ctp, la società proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto. La Ctr ricordava che il primo ruolo e la prima cartella erano stati espressamente annullati dall'Ente impositore, tuttavia un nuovo ruolo era stato emesso, non rispettandosi le previsioni di c:ui all'art. 46 del d.P.R. n. 602 del 1973. In ogni caso ambedue i ruoli ed entrambe le cartelle ricercano il proprio fondamento in un avviso di accertamento del 20.10.2006, che l'Ufficio "assume notificato a K. il 4.11.2006 e divenuto definitivo il 3.1.2007. Ne discende che la cartella di pagamento andava notificata entro il termine perentorio del 3.12.2009 e non il 29.3.2012" (sent. CTR, p. III). Del pari violato, secondo i giudici regionali, risultava l'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, perché la responsabilità della cessionaria è sussidiaria, ma non era stata affatto tentata l'esazione nei confronti della debitrice principale la quale, peraltro, non si era estinta, ma aveva trasferito la sua sede all'estero. Inoltre, secondo il giudice dell'appello, al momento in cui era intervenuta la cessione dell'azienda, il 30.8.2000, il debito erariale neppure esisteva, essendo la verifica cominciata 1'8.11.2000, e quindi non poteva ritenersi che lo stesso gravasse a carico della cessionaria, neppure a titolo di solidarietà. In conseguenza accoglieva l'impugnativa proposta dalla Nuova Co. Srl ed annullava "l'avviso di accertamento di cui è causa" (sent. Ctr, p. IV). 6. Avverso la decisione assunta dalla Ctr del Veneto ha proposto impugnazione per cassazione l'Agenzia delle entrate, affidandosi a tre motivi di ricorso, cui resiste mediante controricorso a società Nuova Srl, che ha pure proposto ricorso incidentale condizionato, rivolto anche contro Equitalia Nord Spa. Avverso il ricorso incidentale condizionato introdotto dalla Nuova Srl ha proposto controricorso Equitalia Nord Spa (quale cessionaria di Equitalia Polis Spa). 6.1. La controricorrente ha quindi promosso la procedura di definizione agevolata della controversia, ai sensi dell'art. 6 del D.I. n. 119 del 2018, cui l'Agenzia delle entrate ha opposto il diniego, affermando che trattasi di controversia "su atto di mera riscossione" non rientrante, pertanto, entro l'ambito di applicazione dell'art. 6 del d.l. n. 119 del 2018. In conseguenza la controricorrente ha proposto ricorso per cassazione, contestando la legittimità dell'opposto diniego, ed affidandosi a due strumenti d'impugnazione. Resiste mediante controricorso l'Agenzia delle entrate. La causa era fissata per la trattazione nella camera di consiglio del 30.1.2020, ma il collegio riteneva opportuno procedere alla trattazione in pubblica udienza, e ne disponeva il rinvio a nuovo ruolo. 6.2. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il s. Procuratore Generale A. P., che ha chiesto accogliersi il ricorso avverso il diniego di definizione agevolata proposto dalla contribuente, e dichiararsi estinto il giudizio.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 30 agosto 2022 N. 25486 Sorrentino Federico

CONSIDERATO CHE

1. Mediante il suo primo motivo di ricorso avverso il diniego di definizione agevolata, proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la società contesta la violazione dell'art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, in relazione all'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, in cui è incorsa l'Agenzia delle entrate, in conseguenza dell' "erronea qualificazione della lite ... come controversia su atto di mera riscossione insuscettibile di definizione agevolata" (ric., p. 5).

2. Con il secondo strumento di impugnazione avverso il diniego di definizione agevolata, introdotto ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente censura la violazione dell'art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, in relazione all'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, dovendo ritenersi l' "irrilevanza, agli effetti della natura della controversia pendente, di una notifica alla cessionaria dell'atto di accertamento emanato a carico della cedente" (ric., p. 9).

3. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente Agenzia delle entrate contesta la violazione e falsa applicazione dell'art. 68 del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la Ctr ritenuto che l'atto impositivo fosse stato annullato in autotutela quando invece era stato sgravato in maniera vincolata. 4. Mediante il secondo strumento di impugnazione, proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l'Ente impositore critica la violazione o falsa applicazione dell'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, dell'art. 68 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell'art. 2953 cod. civ., per avere la Ctr erroneamente ritenuto che la cartella di pagamento sia stata notificata in violazione del limite previsto dall'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973. 5. Con il suo terzo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., l'Amministrazione finanziaria censura la violazione o falsa applicazione dell'art. 2.909 cod. civ. e dell'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, per avere la Ctr violato il giudicato della sentenza n. 73/10 della Ctr del Veneto, in quanto "ha ritenuto che la notifica della cartella non rispettasse il beneficio dell'escussione stabilito dall'art. 14 del D.Lgs. n. 472 del 1997 in favore del coobbligato in solido" (ric., p. 10). 6. Mediante il suo motivo di ricorso incidentale condizionato, proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la Nuova Srl contesta la violazione dell'art. 100 cod. proc. civ., e dell'art. 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, in cui è incorso il giudice dell'appello per non aver ritenuto legittimata passivamente, nel presente giudizio, la Concessionaria per la riscossione, Equitalia Nord Spa, la quale pure avrebbe dovuto provare la corretta notificazione delle cartelle esattoriali, che si contesta essere intervenuta, sia alla società concessionaria sia anche alla società cedente, stante la responsabilità sussidiaria della Nuova Co. srl.

7. Appare opportuno trattare preliminarmente i motivi di ricorso proposti dalla società avverso il diniego di definizione agevolata, in quanto potenzialmente idonei a comportare la definizione del giudizio.

7.1. L'Agenzia delle entrate ha rigettato la richiesta della società di definire la controversia mediante condono, con atto prot. n. 126507/2019, ritenendo che la contribuente non avesse titolo, in relazione alla controversia in esame, ad accedere alla definizione agevolata di cui all'art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, come conv., perché oggetto del presente giudizio non è un atto impositivo bensì una cartella di pagamento, pertanto un atto di esazione. L'Amministrazione finanziaria aggiunge che "risulta inoltre che l'accertamento a carico della cedente sia stato notificato alla Co. srl in data 26.11.2006 e non sia stato impugnato pertanto la cartella in esame è un atto di mera riscossione" (atto di diniego, p. 1). Questi argomenti sono stati ripresi dal difensore dell'Amministrazione finanziaria, l'Avvocatura dello Stato, il quale ha pure sostenuto "che al cessionario vada riconosciuta la facoltà di impugnare l'avviso di mora e/o gli altri atti della riscossione per contestare la stessa sussistenza del debito d'imposta ovvero gli autonomi presupposti della sua responsabilità è indiscutibile. Tuttavia tale contestazione non trasforma la controversia in una lite avente ad oggetto 'atti impositivi', per gli effetti di cui all'art. 6 del decreto legge n. 119 del 2018" (controric. Agenzia, p. 5).

7.2. La contribuente critica l'assunto, sostenendo che l'atto oggetto di causa è l'unico che sia stato emesso nei suoi confronti, e pertanto afferma la propria titolarità del diritto di accedere alla definizione agevolata (primo motivo), risultando privo di rilievo, ai presenti fini, il dato incontestato che, in quanto cessionaria d'azienda, avesse precedentemente ricevuto la notificazione dell'avviso di accertamento emesso nei confronti di diversa società, cedente l'azienda (secondo motivo). Gli strumenti di impugnazione presentano profili di connessione, e possono essere trattati congiuntamente per ragioni di chiarezza espositiva.

7.3. Merita in proposito di essere subito ricordato che questa Corte di legittimità ha recentemente esaminato la problematica, sia pure pronunciando in relazione a normativa condonistica diversa (di cui all'art. 16 del d.l. n. 289 del 2002, come conv.), ma comunque strutturata in maniera analoga alla definizione agevolata delle controversie disciplinata dall'art. 6 del d.l. n. 119 del 2018 il quale, sembra opportuno ricordarlo, prevede che: "1. Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l'Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. (...). Sono escluse dalla definizione le controversie concernenti anche solo in parte: a) le risorse proprie tradizionali previste dall'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione; b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015" (evidenza aggiunta).

7.3.1. Può quindi osservarsi che il Giudice di legittimità, nella pronuncia poco innanzi richiamata, ha rilevato come sia: "orientamento consolidato e condivisibile di questa Corte che, in caso di cartella di pagamento emessa ai sensi del biRn. 600 del 1973, art. 36-bis, l'atto non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto mediante il quale la pretesa fiscale è esercitata nei confronti del dichiarante, conseguendone la sua impugnabilità, ex art. 19 del F;Wln. 546 del 1992, anche per contestare il merito della pretesa impositiva" (cfr. Cass. sez. V., 4.12.2015, n. 24772; Cass. sez. V, 22.1.2014, n. 1263). L'impugnazione della cartella di pagamento, con cui l'Amministrazione liquida le imposte calcolate sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente, origina comunque una controversia definibile in forma agevolata, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, in quanto detta cartella, essendo l'unico atto portato a conoscenza del contribuente, con cui si rende nota la pretesa fiscale e non essendo preceduta da avviso di accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri della stessa, ma anche per questioni che attengono direttamente al merito della pretesa fiscale ed ha, quindi, natura di atto impositivo (cfr. ex multis, Cass. n. 31055 del 2017; Cass. n. 28611 del 2017; Cass. n. 1296 del 2916; Cass. n. 1295 del 2016; Cass. n. 26997 del 2014; Cass. n. 22672 del 2014). La motivazione del provvedimento di diniego opposto dall'Amministrazione finanziaria al condono richiesto il 27.3.2012 dalla contribuente, ai sensi dell'art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, deve pertanto giudicarsi non conforme a diritto. L'Agenzia delle entrate infatti, per le ragioni innanzi esposte, ha errato nell'escludere la pendenza tra le parti di una lite effettiva, come tale suscettibile di definizione agevolata", Cass. sez. V, 5.11.2020, n. 27271.

7.4. Nel merito della controversia in esame, sorta in seguito a diniego di accesso alla definizione agevolata della controversia ai sensi dell'art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, opposto dall'Agenzia delle Entrate alla Nuova Srl., sembra poi opportuno ricordare come la stessa Amministrazione finanziaria, con propria circolare esplicativa, nel cercare di fare chiarezza in materia - correttamente, e recependo l'orientamento di questo Giudice di legittimità - abbia affermato: "Occorre ... evidenziare che, ai fini della definizione, rileva la natura sostanziale dell'atto impugnato, che prescinde dal "nomen iuris" utilizzato nella specie. In tal senso si è espressa la Corte di cassazione con riferimento all'avviso di liquidazione dell'imposta di registro, volto a far valere "per la prima volta nei confronti del contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella applicata al momento della richiesta di registrazione" (Cass. 6 ottobre 2010, n. 20731). In questo caso, infatti, l'avviso di liquidazione assume natura di atto impositivo, in quanto destinato ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella applicata, in via provvisoria, al momento della richiesta di registrazione", Circolare 1.4.2019, n. 6, p. 14.

7.5. Ora, nel presente giudizio è oggetto di controversia una cartella di pagamento, relativa alla responsabilità sussidiaria della società cessionaria di azienda in conseguenza di un debito tributario ascritto alla società cedente e non onorato, tramite la quale la Nuova srl è stata messa per la prima volta a conoscenza della pretesa tributaria avanzata nei suoi confronti. Appare pertanto integrata una condizione giuridica ai presenti fini analoga a quella propria delle cartelle di pagamento emesse ai sensi dell'art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, le quali hanno anche natura di atti impositivi, sebbene non costituiscano atti di qualificazione giuridica, bensì la risultanza di un controllo meramente c.d. cartolare della dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente, che sfocia in una semplice liquidazione d'imposta la quale, per giurisprudenza ormai consolidata, non necessita dell'emissione preventiva dall'atto prodromico.

6. Di recente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto occasione di statuire, condivisibilmente, che "in tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l'impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con la quale l'Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi dell'art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla I. n. 136 del 2018, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva", Cass. S.U., 25.6.2021, n. 18298. Ciò che rileva pertanto, perché ad una cartella di pagamento possa essere attribuita anche natura equiparabile ad un atto impositivo, è che la cartella esattoriale costituisca il primo atto mediante il quale è comunicata "per la prima volta al contribuente una prestazione determinata nell'an e nel quantum" (ibidem), avanzata nei suoi confronti.

7.7. Tanto premesso, in materia di cessione d'azienda, l'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997 prevede, per la parte d'interesse, che "Il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell'azienda o del ramo d'azienda, per il pagamento dell'imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell'anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore. L'obbligazione del cessionario è limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell'amministrazione finanziaria e degli enti preposti all'accertamento dei tributi di loro competenza".

7.8. Può allora affermarsi, ai presenti fini, la piena equiparabilità tra il debito d'imposta risultante dall'accertamento c.d. cartolare di cui all'art. 36 bis, ed il debito tributario (sussidiario) del cessionario d'azienda fondato su un avviso di accertamento emesso nei confronti del cedente. In entrambi i casi al contribuente è notificato, quale primo ed unico atto, una cartella di pagamento, in entrambi i casi è consentita la contestazione nel merito della pretesa tributaria. Occorre quindi chiarire anche, in accordo con le conclusioni scritte rassegnate dal P.M., che l'avviso di accertamento notificato al debitore principale, società cedente l'azienda, non estende i suoi effetti alla società cessionaria, debitore sussidiario, neppure quando sia stata a questa notificato. Il cessionario dell'azienda, infatti, non è legittimato ad impugnare l'atto impositivo emesso nei confronti del cedente, potendo solo intervenire ad adiuvandum nel giudizio di opposizione da questo eventualmente promosso. Il principio è stato già espresso da questa Corte, statuendo che "in tema di contenzioso tributario, ... il cessionario di azienda, non è legittimato ad impugnare gli atti impositivi, non essendo né destinatario dell'atto impugnato, né parte del rapporto controverso e non rientrando, quindi, tra i soggetti passivi dell'imposizione tributaria, unici a poter proporre ricorso", Cass. sez. V, 4.4.2012, n. 5375, non essendosi mancato di precisare che "nel processo tributario, in base all'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 14, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 è ammissibile l'intervento adesivo dipendente dei terzi che, pur non essendo destinatari dell'atto impositivo impugnato, potrebbero essere chiamati ad adempiere l'obbligazione tributaria, in quanto la legge li riconosce solidalmente responsabili perché, pur non avendo realizzato un fatto indice di capacità contributiva, la loro posizione è collegata con il fatto imponibile o con il contribuente, sulla base di un rapporto a cui il fisco resta estraneo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto ammissibile l'intervento, spiegato direttamente nel giudizio di appello, dell'acquirente del ramo d'azienda destinataria dell'avviso opposto, responsabile solidale, fatto salvo il beneficio di escussione del cedente, ex art. 14 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per il pagamento dell'imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell'anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti)", Cass. sez. V, 12.1.2012, n. 255.

7.9. Nel caso in esame, come anticipato, l'avviso di accertamento notificato alla società cedente non è stato opposto da quest'ultima, ed è divenuto definitivo, non avendo avuto la società cessionaria dell'azienda, la Nuova Srl odierna ricorrente, la possibilità di opporsi a detto atto impositivo, neppure mediante un intervento ad adiuvandum. Per i motivi sopra esposti può essere affermata la definibilità della controversia ed espresso il seguente principio di diritto: "in tema di cessione d'azienda, il cessionario risponde per le obbligazioni fiscali sorte in capo al cedente, nei limiti dell'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997 e, qualora la cartella esattoriale con la quale gli si richiede il pagamento sia il primo atto con il quale viene portato a conoscenza della pretesa fiscale azionata nei suoi confronti, essa riveste anche la natura di atto impositivo. Ne consegue che, pendente il procedimento di impugnazione della cartella di pagamento, può essere domandata dal cessionario la definizione agevolata della controversia ai sensi dell'art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, come conv.".

7.10. In conseguenza, non sussistono le condizioni perché siano esaminati nel merito i motivi di ricorso introdotti dall'Amministrazione finanziaria.

7.11. La controricorrente Nuova Srl, infatti, ha proposto a questa Corte istanza, completa di allegati, domandando la sospensione del giudizio fino al 10 giugno 2019, ai sensi dell'art. 6, comma 10, del d.l. n. 119 del 2018, intendendo aderire alla definizione agevolata delle controversie, con allegata istanza di definizione agevolata ai sensi degli artt. 6 e 7 del d.l. n. 119 del 2018, come conv., ricevuta dall'Amministrazione finanziaria il 27.5.2019, prot. AGE.AGEVST1. REGISTRO UFFICIALE. 0884245.27/05/2019-I, con previsione del pagamento in venti rate e documentazione relativa al versamento della prima rata. L'Agenzia delle entrate ha opposto il proprio diniego alla definizione agevolata della controversia, ma il provvedimento non risulta legittimo, per le ragioni innanzi esposte.

7.12. Il processo deve pertanto essere dichiarato estinto, per effetto dell'intervenuta cessazione della materia del contendere, ai sensi dell'art. 6, comma 13, del d.l. n. 119 del 2018, come conv., e dell'art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992. 7.13. Le spese del giudizio restano a carico della parte che le ha anticipate, ai sensi dell'art. 6, comma 13, ult. periodo, del d.l. n. 119 del 2018, come conv.

La Corte,

P.Q.M.

dichiara estinto per legge il giudizio di cassazione introdotto dall'Agenzia delle entrate, per il verificarsi della fattispecie di cui all'art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, e dichiara cessata la materia del contendere. Le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.