CONSIDERATO CHE
con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 8, legge n. 959 del 1953 e 2033 cod. civ., nonché art. 53, comma 1, Cost., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Premette la parte ricorrente che la circostanza della precarietà e temporaneità della potenza nominale in origine determinata era stata debitamente allegata già in primo grado e comunque concerneva solo due dei tre impianti. Osserva quindi che, una volta modificata la “potenza minimale media” risultante dalla concessione, i pagamenti di sovracanone effettuati sulla scorta dell’originaria determinazione sono diventati indebiti, essendo stata accertata la potenza nominale media in misura inferiore rispetto a quella utilizzata come base imponibile dell’obbligo tributario con identificazione altresì del momento di decorrenza della nuova determinazione (per due impianti la data di autorizzazione provvisoria – 2 aprile 1992 – e per il terzo l’annualità successiva all’istanza di accertamento del dicembre 2000) e che quando si è fatto riferimento alla “utilizzazione effettiva della risorsa idrica” doveva intendersi potenziale “utilizzazione effettiva”. Aggiunge che non di retroattività dell’accertamento si tratta, ma del suo naturale effetto relativo alla base imponibile, non certa ed indicata solo in via provvisoria, per cui l’istanza di S. era quella di ripetizione di un tributo assolto in misura maggiore rispetto all’effettiva base imponibile.
Osserva ancora che la norma è conforme all’art. 53 Cost. se interpretata nel senso che, prevedendo quale base imponibile la potenza nominale media risultante dall’atto di concessione, deve trattarsi della potenza nominale media producibile in concreto, e non sulla base di un dato presunto, stimato come possibile e ritenuto vincolante solo perché indicato nell’atto di concessione, e che il pagamento dovuto in base ad un dato dichiaratamente provvisorio deve considerarsi indebito. Il motivo è infondato. Come affermato da queste Sezioni Unite, il sovracanone (BIM) richiesto al concessionario di utenza idrica configura una prestazione patrimoniale imposta a fini solidaristici e ha, pertanto, natura tributaria; infatti la legislazione statale (L. n. 959 del 1953, art. 1, comma 14) prevede la destinazione del sovracanone ad un fondo comune gestito dai consorzi per finalità di promozione dello sviluppo economico e sociale delle popolazioni interessate e per la realizzazione delle opere che si rendano necessarie per rimediare alla alterazione del corso naturale delle acque causata dalla loro regimazione artificiale (Cass. sez. U. n. 16157 del 2018; n. 34475 del 2019).
La norma, per quanto rileva ai fini dello scrutinio del motivo (art. 1, commi 8 e 9, legge n. 959 del 1953), prevede quanto segue: «I concessionari di grandi derivazioni d'acqua per produzione di forza motrice, anche se già in atto, le cui opere di presa siano situate in tutto o in parte, nell'ambito del perimetro imbrifero montano, sono soggetti, in sostituzione degli oneri di cui all'art. 52 del testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, al pagamento di un sovracanone annuo di lire 1300 per ogni chilowatt di potenza nominale media, risultante dall'atto di concessione. Il sovracanone decorre:
a) dalla data di entrata in vigore della presente legge e con le scadenze stabilite per il canone demaniale per gli impianti sui quali a tale data già sia dovuto il canone demaniale;
b) dalla data di entrata in funzione degli impianti, negli altri casi;
c) nel caso di entrata in funzione parziale degli impianti il canone decorrerà in proporzione della potenza installata in rapporto a quella concessa.
A tal fine il Ministro per i lavori pubblici comunicherà a quello per le finanze gli elementi per la determinazione provvisoria del canone demaniale e dei sovracanoni, che verranno pagati immediatamente, salvo conguaglio in sede di concessione definitiva». La base imponibile del tributo è costituita da un elemento non pecuniario, e cioé l’ammontare del chilowatt di potenza nominale media risultante dall'atto di concessione. Si tratta di un presupposto tributario di carattere “cartolare” in quanto l’imposta è prestabilita mediante il riferimento all’ammontare «risultante» dall’atto di concessione. La norma non prevede variazioni della base imponibile, salva la determinazione provvisoria del sovracanone per il caso di entrata in funzione parziale dell’impianto per la quale è previsto il conguaglio in sede di concessione definitiva. Non vi è nella sentenza impugnata un accertamento di fatto avente ad oggetto la determinazione provvisoria del sovracanone, né tale accertamento, stanti i limiti del presente sindacato di legittimità, può essere effettuato nella presente sede. Deve intendersi che la variazione della base imponibile ricorra anche nel caso di mutamento dell’ammontare di chilowatt di potenza nominale media risultante dall'atto di concessione, ma mentre nel caso di determinazione provvisoria la legge prevede il conguaglio, nel caso di mutamento del dato risultante dalla concessione la modifica non può che operare per l’avvenire proprio in virtù del fatto che la base imponibile è quella «risultante» dalla concessione. Nè un conguaglio in favore del contribuente, sulla base di un minore ammontare di chilowatt di potenza nominale media, può essere ricondotto alla mera circostanza della determinazione amministrativa in sede di nuova fissazione del detto ammontare perchè, come affermato da Cass. sez. U. n. 16157 del 2018, l'obbligo di pagamento del sovracanone sorge da presupposti interamente regolati dalla legge, senza che siano riservati alla p.a. spazi di discrezionalità circa la concreta individuazione dei soggetti obbligati, i presupposti oggettivi o il quantum dell’importo. L'obbligazione discende direttamente dalla legge ed è determinabile mediante un mero calcolo aritmetico sulla base del dato risultante dalla concessione. Non può dunque l’autorità amministrativa, mutando l’elemento della base imponibile risultante dalla concessione, ricondurre l’efficacia tributaria del mutamento ad un’epoca antecedente a quella di variazione della concessione.
Emerge qui, del resto, il requisito di attualità dell’imposizione tributaria in funzione di certezza e prevedibilità del diritto, che osta in linea di principio alla retroattività del tributo, in diminuzione così come in aumento del medesimo. In tal senso è la giurisprudenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, secondo cui osta alla possibilità di procedere a successivi conguagli delle somme dovute dai concessionari a titolo di sovracanone la natura di prestazione patrimoniale imposta, la quale postula la predefinizione della prestazione prima della sua imposizione e non tollera una successiva modificazione, in aumento come anche in riduzione, per effetto dell'accertamento di una potenza producibile diversa da quella assentita in concessione e sulla base della quale il sovracanone è stato corrisposto. Per tale prestazione, è stato precisato, si pone «l'esigenza della prevedibilità dell'importo, e ciò non solo dal punto di vista del concessionario, ma anche da quello dell'ente locale beneficiario della prestazione, sicché l'unico modo per garantire tale prevedibilità è quella di prevedere la corresponsione del sovracanone con riguardo alla potenza indicata nella concessione, salva la possibilità dell'amministrazione concedente di procedere a nuove verifiche in ordine alla detta potenza, ma potendosi applicare l'eventuale maggior importo del sovracanone, derivante dalla rilevazione di una maggiore potenza, solo per il momento successivo al detto accertamento» (TSAP n. 51 del 2014).
Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto: “ove l’autorità amministrativa modifichi l’ammontare di chilowatt di potenza nominale media risultante dall'atto di concessione di grande derivazione d’acqua per produzione di forza motrice, le cui opere di prese siano situata in tutto o in parte nell'ambito del perimetro imbrifero montano, il diverso importo del sovracanone cui il concessionario è soggetto decorre dal momento della detta modifica”. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 - quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità