Giu La modifica dell’ammontare di chilowatt di potenza nominale media risultante dall'atto di concessione di grande derivazione d’acqua per produzione di forza motrice, decorre dalla notifica
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - ORDINANZA 24 ottobre 2022 N. 31410
Massima
Ove l’autorità amministrativa modifichi l’ammontare di chilowatt di potenza nominale media risultante dall'atto di concessione di grande derivazione d’acqua per produzione di forza motrice, le cui opere di prese siano situata in tutto o in parte nell'ambito del perimetro imbrifero montano, il diverso importo del sovra-canone cui il concessionario è soggetto decorre dal momento della detta modifica

Casus Decisus
RILEVATO CHE S. società cooperativa, titolare di concessioni, rilasciate dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, di derivazioni per tre impianti idroelettrici, convenne in giudizio innanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d’appello di Venezia il Consorzio dei Comuni del Bacino imbrifero montano del fiume Tagliamento chiedendo la condanna alla restituzione degli importi versati per sovracanoni quantificati in complessivi Euro 365.570,27, non dovuti per essere stata rideterminata con decreti della Direzione centrale Ambiente del 2014 la potenza nominale motrice dell’impianto indicata nell’atto concessorio, di cui l’attrice chiedeva l’applicazione retroattiva al 1992 - anno delle concessioni - quanto a due impianti, o all’epoca dell’istanza di rideterminazione quanto al terzo impianto. Il Consorzio convenuto propose domanda riconvenzionale di condanna al pagamento dei sovracanoni a decorrere dal 2015. Il Tribunale Regionale adito rigettò la domanda attorea e accolse quella riconvenzionale, condannando l’attrice al pagamento dei sovracanoni maturati dal 2015 al 2017 per il complessivo importo di Euro 262.027,65. Osservò il Tribunale Regionale che il sovracanone, avente natura di obbligazione tributaria, era dovuto a far data dal rilascio della concessione, indipendentemente dall’effettivo attingimento delle acque, onde la decorrenza della minor misura andava fissata con riferimento all’adozione dei decreti regionali. Avverso detta sentenza proposero appello principale S. ed appello incidentale il Consorzio in relazione all’omessa pronuncia per gli anni 2018 e 2019. Con sentenza di data 9 ottobre 2020 il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche rigettò l’appello principale e dichiarò inammissibile l’appello incidentale. Osservò il TSAP in relazione all’appello principale che la motivazione del Tribunale Regionale corrispondeva all’orientamento delle Sezioni Unite (Cass. Sez. U. n. 25341 del 2009, n. 11989 del 2009 e n. 16602 del 2005) secondo cui il sovracanone dovuto ai consorzi dei bacini imbriferi, ai sensi dell’art. 1, comma 8, legge n. 959 del 1953, non costituiva il corrispettivo per l’utilizzo dell’acqua pubblica (per il quale era dovuto il canone), ma una prestazione pecuniaria imposta dalla legge per il sol fatto della titolarità della concessione di derivazione e della possibilità di utilizzazione degli impianti, funzionale alle esigenze degli enti locali nel cui territorio si trovavano le acque pubbliche, per cui l’obbligo di corresponsione non era collegato alla messa in funzione dell’impianto, mentre la mancata effettiva fruizione rilevava solo per l’ipotesi di impossibilità di funzionamento ascrivibile a forza maggiore o per altri eventi non imputabili. Aggiunse che ostava alla modifica (in diminuzione, ma anche in aumento) della somma dovuta a titolo di sovracanone, in relazione alla potenza producibile in concreto e non a quella indicata in concessione, la predefinizione della prestazione per l’esigenza della prevedibilità dell’importo, non solo dal punto di vista del concessionario, ma anche da quello dell’ente locale beneficiario della prestazione, esigenza che poteva essere garantita solo con la previsione dell’importo con riguardo alla potenza indicata in concessione, salva la possibilità di nuove verifiche da parte dell’amministrazione in ordine alla detta potenza, da applicare tuttavia solo a decorrere dal detto accertamento (TSAP n. 51 del 2014). Osservò ancora che nella memoria conclusionale era stato introdotto il motivo, inammissibile perché nuovo, secondo cui i sovra-canoni erano stati determinati, quale base imponibile del tributo, in relazione ad una potenza nominale media, dato precario e temporaneo, sicché si erano palesati indebiti in seguito all’accertamento dell’effettiva potenza e che tale motivo era in antitesi al motivo di appello secondo cui i canoni dovevano commisurarsi alla concreta utilizzazione delle acque, mentre quanto alla parte del motivo in esame avente ad oggetto la pretesa di collegare il canone all’utilizzo effettivo valeva quanto sopra osservato. Ha proposto ricorso per cassazione S. società cooperativa sulla base di un motivo e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. E’ stata presentata memoria.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - ORDINANZA 24 ottobre 2022 N. 31410 Manna Felice

CONSIDERATO CHE

con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 8, legge n. 959 del 1953 e 2033 cod. civ., nonché art. 53, comma 1, Cost., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Premette la parte ricorrente che la circostanza della precarietà e temporaneità della potenza nominale in origine determinata era stata debitamente allegata già in primo grado e comunque concerneva solo due dei tre impianti. Osserva quindi che, una volta modificata la “potenza minimale media” risultante dalla concessione, i pagamenti di sovracanone effettuati sulla scorta dell’originaria determinazione sono diventati indebiti, essendo stata accertata la potenza nominale media in misura inferiore rispetto a quella utilizzata come base imponibile dell’obbligo tributario con identificazione altresì del momento di decorrenza della nuova determinazione (per due impianti la data di autorizzazione provvisoria – 2 aprile 1992 – e per il terzo l’annualità successiva all’istanza di accertamento del dicembre 2000) e che quando si è fatto riferimento alla “utilizzazione effettiva della risorsa idrica” doveva intendersi potenziale  “utilizzazione effettiva”. Aggiunge che non di retroattività dell’accertamento si tratta, ma del suo naturale effetto relativo alla base imponibile, non certa ed indicata solo in via provvisoria, per cui l’istanza di S. era quella di ripetizione di un tributo assolto in misura maggiore rispetto all’effettiva base imponibile.

Osserva ancora che la norma è conforme all’art. 53 Cost. se interpretata nel senso che, prevedendo quale base imponibile la potenza nominale media risultante dall’atto di concessione, deve trattarsi della potenza nominale media producibile in concreto, e non sulla base di un dato presunto, stimato come possibile e ritenuto vincolante solo perché indicato nell’atto di concessione, e che il pagamento dovuto in base ad un dato dichiaratamente provvisorio deve considerarsi indebito. Il motivo è infondato. Come affermato da queste Sezioni Unite, il sovracanone (BIM) richiesto al concessionario di utenza idrica configura una prestazione patrimoniale imposta a fini solidaristici e ha, pertanto, natura tributaria; infatti la legislazione statale (L. n. 959 del 1953, art. 1, comma 14) prevede la destinazione del sovracanone ad un fondo comune gestito dai consorzi per finalità di promozione dello sviluppo economico e sociale delle popolazioni interessate e per la realizzazione delle opere che si rendano necessarie per rimediare alla alterazione del corso naturale delle acque causata dalla loro regimazione artificiale (Cass. sez. U. n. 16157 del 2018; n. 34475 del 2019).

La norma, per quanto rileva ai fini dello scrutinio del motivo (art. 1, commi 8 e 9, legge n. 959 del 1953), prevede quanto segue: «I concessionari di grandi derivazioni d'acqua per produzione di forza motrice, anche se già in atto, le cui opere di presa siano situate in tutto o in parte, nell'ambito del perimetro imbrifero montano, sono soggetti, in sostituzione degli oneri di cui all'art. 52 del testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, al pagamento di un sovracanone annuo di lire 1300 per ogni chilowatt di potenza nominale media, risultante dall'atto di concessione. Il sovracanone decorre:

a) dalla data di entrata in vigore della presente legge e con le scadenze stabilite per il canone demaniale per gli impianti sui quali a tale data già sia dovuto il canone demaniale;

b) dalla data di entrata in funzione degli impianti, negli altri casi;

c) nel caso di entrata in funzione parziale degli impianti il canone decorrerà in proporzione della potenza installata in rapporto a quella concessa.

A tal fine il Ministro per i lavori pubblici comunicherà a quello per le finanze gli elementi per la determinazione provvisoria del canone demaniale e dei sovracanoni, che verranno pagati immediatamente, salvo conguaglio in sede di concessione definitiva». La base imponibile del tributo è costituita da un elemento non pecuniario, e cioé l’ammontare del chilowatt di potenza nominale media risultante dall'atto di concessione. Si tratta di un presupposto tributario di carattere “cartolare” in quanto l’imposta è prestabilita mediante il riferimento all’ammontare «risultante» dall’atto di concessione. La norma non prevede variazioni della base imponibile, salva la determinazione provvisoria del sovracanone per il caso di entrata in funzione parziale dell’impianto per la quale è previsto il conguaglio in sede di concessione definitiva. Non vi è nella sentenza impugnata un accertamento di fatto avente ad oggetto la determinazione provvisoria del sovracanone, né tale accertamento, stanti i limiti del presente sindacato di legittimità, può essere effettuato nella presente sede. Deve intendersi che la variazione della base imponibile ricorra anche nel caso di mutamento dell’ammontare di chilowatt di potenza nominale media risultante dall'atto di concessione, ma mentre nel caso di determinazione provvisoria la legge prevede il conguaglio, nel caso di mutamento del dato risultante dalla concessione la modifica non può che operare per l’avvenire proprio in virtù del fatto che la base imponibile è quella «risultante» dalla concessione. Nè un conguaglio in favore del contribuente, sulla base di un minore ammontare di chilowatt di potenza nominale media, può essere ricondotto alla mera circostanza della determinazione amministrativa in sede di nuova fissazione del detto ammontare perchè, come affermato da Cass. sez. U. n. 16157 del 2018, l'obbligo di pagamento del sovracanone sorge da presupposti interamente regolati dalla legge, senza che siano riservati alla p.a. spazi di discrezionalità circa la concreta individuazione dei soggetti obbligati, i presupposti oggettivi o il quantum dell’importo. L'obbligazione discende direttamente dalla legge ed è determinabile mediante un mero calcolo aritmetico sulla base del dato risultante dalla concessione. Non può dunque l’autorità amministrativa, mutando l’elemento della base imponibile risultante dalla concessione, ricondurre l’efficacia tributaria del mutamento ad un’epoca antecedente a quella di variazione della concessione.

Emerge qui, del resto, il requisito di attualità dell’imposizione tributaria in funzione di certezza e prevedibilità del diritto, che osta in linea di principio alla retroattività del tributo, in diminuzione così come in aumento del medesimo. In tal senso è la giurisprudenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, secondo cui osta alla possibilità di procedere a successivi conguagli delle somme dovute dai concessionari a titolo di sovracanone la natura di prestazione patrimoniale imposta, la quale postula la predefinizione della prestazione prima della sua imposizione e non tollera una successiva modificazione, in aumento come anche in riduzione, per effetto dell'accertamento di una potenza producibile diversa da quella assentita in concessione e sulla base della quale il sovracanone è stato corrisposto. Per tale prestazione, è stato precisato, si pone «l'esigenza della prevedibilità dell'importo, e ciò non solo dal punto di vista del concessionario, ma anche da quello dell'ente locale beneficiario della prestazione, sicché l'unico modo per garantire tale prevedibilità è quella di prevedere la corresponsione del sovracanone con riguardo alla potenza indicata nella concessione, salva la possibilità dell'amministrazione concedente di procedere a nuove verifiche in ordine alla detta potenza, ma potendosi applicare l'eventuale maggior importo del sovracanone, derivante dalla rilevazione di una maggiore potenza, solo per il momento successivo al detto accertamento» (TSAP n. 51 del 2014).

Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto: “ove l’autorità amministrativa modifichi l’ammontare di chilowatt di potenza nominale media risultante dall'atto di concessione di grande derivazione d’acqua per produzione di forza motrice, le cui opere di prese siano situata in tutto o in parte nell'ambito del perimetro imbrifero montano, il diverso importo del sovracanone cui il concessionario è soggetto decorre dal momento della detta modifica”. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 - quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità