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CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 03 novembre 2022 N. 32440
Massima
Vanno ribaditi i seguenti principi di diritto, ampiamente consolidati nella giurisprudenza di questa Corte (ed ai quali va certamente data continuità): «l’indicazione, nel pignoramento e nella sua nota di trascrizione, di dati catastali non aggiornati al momento del pignoramento stesso (segnatamente, della scheda catastale, notoriamente preparatoria – e quindi sovente di molto anteriore nel tempo – dell’attribuzione dei dati definitivi, rispetto a questi ultimi) non vizia né l’uno né l’altra, ove non vi sia comunque incertezza sulla fisica identificazione dei beni ed ove sussista continuità tra i dati catastali precedenti e quelli corretti all’atto dell’imposizione del vincolo, sì che l’erroneità, di per sé considerata, non comporti confusione sui beni o perfino un riferimento a beni ontologicamente differenti» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25055 del 07/11/2013; conf.: Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 4842 del 19/02/2019, Rv. 652628 – 02: «in tema di procedure di modificazione dei dati catastali, si può sopperire alla necessità di compiuta identificazione dei beni immobili nella nota di trascrizione tramite il richiamo, contenuto in tale nota, ai precedenti dati catastali, poiché dagli stessi, una volta assegnati i dati frutto della variazione, è possibile ricostruire la storia catastale del bene e procedere all’individuazione del cespite interessato dalla formalità, non già in base ad elementi estrinseci, bensì sulla scorta di quelli emergenti dalla nota medesima»)

Casus Decisus
RILEVATO CHE ???????Nel corso di una procedura esecutiva per espropriazione immobiliare promossa da I. S.p.A., in rappresentanza di C. F. S.r.l., nei confronti di M. e O. G., con interventi della stessa società procedente per ulteriori crediti, i debitori esecutati, dopo l’emissione dell’ordinanza di vendita, hanno proposto opposizione, ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c.. Il Tribunale di Tivoli ha accolto solo parzialmente l’opposizione, dichiarando la carenza di legittimazione processuale della società procedente in relazione ad uno dei crediti fatti valere in sede di intervento, ma respingendo ogni altro motivo. La Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado. R. M. e O. G., sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso Italfondiario S.p.A., in rappresentanza di Castello Finance S.r.l.. È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c.. I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 03 novembre 2022 N. 32440 De Stefano Franco

CONSIDERATO CHE

1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia «Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4 e art. 111 Cost. comma 6, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. per motivazione inesistente ovvero soltanto apparente, avendo deciso con motivazione in tutto ripresa dalla sentenza del Tribunale di Tivoli n. 1403/2015, pubblicata il 24 giugno 2015; violazione dell’art. 115 c.p.c. e delle norme di cui all’art. 555 c.p.c. e artt. 2826 e 2841 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c.». I ricorrenti deducono, in primo luogo, che la decisione impugnata sarebbe priva di una effettiva motivazione, in quanto il giudice d’appello si sarebbe limitato a confermare quanto già statuito dal Tribunale in ordine alla validità del pignoramento immobiliare, senza prendere realmente in esame le censure da loro formulate avverso la sentenza di primo grado, aventi ad oggetto la erronea individuazione, sul piano catastale, dei beni pignorati nel predetto atto di pignoramento. Sostengono, altresì, che la Corte di Appello non avrebbe adeguatamente valutato la documentazione da loro prodotta, sempre con riguardo alla questione della corretta individuazione dei beni pignorati, avendo preso in considerazione solamente la relazione notarile; essa, di conseguenza, nell’escludere il dedotto vizio del pignoramento, sarebbe giunta a conclusioni errate. 1.1 In primo luogo, va dato atto che nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. gli stessi ricorrenti dichiarano che è cessata la materia del contendere con riguardo agli immobili individuati nella procedura immobiliare come Lotto 3, essendo stata dichiarata improcedibile l’esecuzione per tali immobili, in quanto gravati da usi civici. L’interesse alla presente impugnazione persiste, dunque, esclusivamente in relazione agli immobili individuati nella procedura immobiliare come Lotti 1 e 2.

1.2 Sempre in via preliminare, si osserva inoltre che, per quanto riguarda le questioni oggetto del presente ricorso, concernenti l’esatta individuazione degli immobili pignorati, i ricorrenti hanno proposto opposizione dopo la pronuncia dell’ordinanza di vendita. In primo grado, il tribunale ha escluso la tardività di tale opposizione (cfr. pag. 1 della sentenza di primo grado), affermando che con essa era stata dedotta la nullità dell’atto di pignoramento per la «non corretta identificazione dei beni» pignorati, non invece la «erronea indicazione dei dati catastali nell’ordinanza di vendita», considerazione dalla quale ha fatto discendere che si tratterebbe di una opposizione all’esecuzione e non di una opposizione agli atti esecutivi, soggetta al termine perentorio di cui all’art. 617 c.p.c.. Il tribunale (cfr. pag. 3 della sentenza di primo grado) ha, d’altra parte, ritenuto tardiva la deduzione della «irregolarità-nullità dell’avviso di vendita», «trattandosi di motivi in questo caso da far valere con opposizione agli atti avverso l’ordinanza di vendita», così confermando ancora, anche implicitamente, che la presente opposizione non ha ad oggetto l’ordinanza di vendita. La qualificazione dell’opposizione volta a far valere la nullità dell’atto di pignoramento per la «non corretta identificazione dei beni» pignorati in termini di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. è, in realtà, erronea in diritto: trattandosi di una questione attinente alla regolarità di uno degli atti del processo esecutivo (il pignoramento) e non di una contestazione del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, si tratta infatti di una opposizione da qualificarsi certamente in termini di opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c.. L’erronea qualificazione operata dal giudice di primo grado, in virtù del principio dell’apparenza nell’individuazione dei mezzi di impugnazione, comporta peraltro che l’appello proposto avverso la decisione di primo grado debba comunque ritenersi ammissibile e la mancata impugnazione della statuizione sulla sua ammissibilità ne impedisce il rilievo anche nella presente sede. Ad ogni altro effetto, va invece ribadita la corretta qualificazione dell’opposizione di cui si discute nella presente sede come opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c.. Va, inoltre, ribadito che l’oggetto dell’opposizione originariamente proposta dai ricorrenti, sempre secondo quanto espressamente statuito dal giudice di primo grado (in mancanza, peraltro, di specifiche censure sul punto, sia in appello, per quanto emerge dagli atti, sia nella presente sede), è esclusivamente la validità dell’atto di pignoramento per la non corretta identificazione, in esso, dei beni pignorati, non invece quella dell’ordinanza di vendita per l’eventuale erronea indicazione, in essa, degli esatti dati catastali dei beni pignorati ovvero per avere ad oggetto beni diversi da quelli pignorati. Sulla base di tali premesse, si può esaminare il merito del ricorso.

1.3 I ricorrenti sostengono, in primo luogo, l’inesistenza e/o la mera apparenza della motivazione della decisione impugnata, che affermano essere stata effettuata per relationem, con un mero rinvio a quella della decisione di primo grado, senza un effettivo esame dei motivi di appello. Tale censura è infondata. La corte di appello, a sostegno della propria decisione, ha, infatti, esplicitamente osservato che gli immobili pignorati erano individuati nell’atto di pignoramento, anche sul piano catastale, con l’indicazione delle relative schede di accatastamento (in modo corrispondente, del resto, alle indicazioni emergenti dal titolo di acquisto dei debitori esecutati: cfr. pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata). La corte territoriale ha inoltre accertato, in fatto, che tale indicazione, sebbene frattanto ai predetti beni fosse stata attribuita una identificazione catastale con nuovi dati ed estremi completi, non ingenerava alcuna incertezza sulla loro esatta individuazione, confermando inoltre – sulla base degli accertamenti tecnici effettuati in sede esecutiva dall’ausiliario nominato dal giudice dell’esecuzione – che era riscontrabile piena continuità tra le schede di accatastamento richiamate nell’atto di pignoramento e i nuovi estremi catastali assegnati agli immobili pignorati in danno dei debitori, i quali erano, comunque, sufficientemente individuati nell’atto di pignoramento sulla base di quelle schede. Ha, altresì, precisato che neanche alcune “anomalie” nelle planimetrie segnalate dai ricorrenti, peraltro in modo non sufficientemente specifico sotto il profilo tecnico, potevano ritenersi rilevanti al fine di escludere la corretta individuazione dei beni pignorati nell’atto di pignoramento e, quindi, inficiare la validità di tale atto. Si tratta di una motivazione dotata di una sua specifica autonomia e del tutto adeguata, in relazione alle questioni oggetto del presente ricorso, non apparente né insanabilmente contraddittoria sul piano logico (come tale, quindi, neanche sindacabile nella presente sede), diversamente da quanto sostengono i ricorrenti. Sotto il profilo in esame (difetto assoluto di motivazione/motivazione meramente apparente), di conseguenza, le censure di cui al ricorso risultano infondate.

1.4 I ricorrenti ribadiscono anche nella presente sede, inoltre, il loro assunto per cui i beni oggetto dell’azione esecutiva non potrebbero ritenersi esattamente individuati nell’atto di pignoramento mediante il riferimento alle sole schede di accatastamento, in mancanza dell’indicazione dei loro “nuovi” e definitivi estremi catastali completi; sostengono altresì che, comunque, non vi sarebbe affatto corrispondenza tra i beni indicati nell’atto di pignoramento con il riferimento alle schede di accatastamento e quelli indicati, con i dati catastali aggiornati, nell’ordinanza di vendita.

1.4.1 Orbene, in primo luogo, risultano inammissibili tutte le questioni poste nel ricorso con riguardo alla esatta individuazione degli immobili pignorati e all’esatta indicazione dei relativi dati catastali nell’ordinanza di vendita: la regolarità dell’ordinanza di vendita – come si è già visto – è stata infatti ritenuta, già in primo grado (senza che risultino avanzate censure sufficientemente specifiche sul punto, né in appello, per quanto emerge dagli atti, né nella presente sede), questione estranea all’oggetto della presente opposizione, limitato alla validità dell’atto di pignoramento sotto il profilo della adeguata identificazione, in esso (e non nell’ordinanza di vendita), dei beni pignorati.

1.4.2 Sotto il profilo della validità dell’atto di pignoramento (cioè l’unico ammissibile in questa sede, per le ragioni appena chiarite), vanno ribaditi i seguenti principi di diritto, ampiamente consolidati nella giurisprudenza di questa Corte (ed ai quali va certamente data continuità): «l’indicazione, nel pignoramento e nella sua nota di trascrizione, di dati catastali non aggiornati al momento del pignoramento stesso (segnatamente, della scheda catastale, notoriamente preparatoria – e quindi sovente di molto anteriore nel tempo – dell’attribuzione dei dati definitivi, rispetto a questi ultimi) non vizia né l’uno né l’altra, ove non vi sia comunque incertezza sulla fisica identificazione dei beni ed ove sussista continuità tra i dati catastali precedenti e quelli corretti all’atto dell’imposizione del vincolo, sì che l’erroneità, di per sé considerata, non comporti confusione sui beni o perfino un riferimento a beni ontologicamente differenti» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25055 del 07/11/2013; conf.: Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 4842 del 19/02/2019, Rv. 652628 – 02: «in tema di procedure di modificazione dei dati catastali, si può sopperire alla necessità di compiuta identificazione dei beni immobili nella nota di trascrizione tramite il richiamo, contenuto in tale nota, ai precedenti dati catastali, poiché dagli stessi, una volta assegnati i dati frutto della variazione, è possibile ricostruire la storia catastale del bene e procedere all’individuazione del cespite interessato dalla formalità, non già in base ad elementi estrinseci, bensì sulla scorta di quelli emergenti dalla nota medesima»). La sentenza impugnata risulta del tutto conforme, in diritto, ai principi indicati. Sotto tale aspetto, le censure di cui al ricorso (in particolare quelle con le quali si sostiene che non potrebbe ritenersi idonea l’identificazione dei beni pignorati nell’atto di pignoramento, perché effettuata solo sulla base delle schede di accatastamento e non sulla base degli estremi catastali aggiornati) sono infondate. D’altra parte, va altresì ribadito che la valutazione dell’idoneità di eventuali omissioni e/o inesattezze nell’indicazione dei dati catastali contenuti nella nota di trascrizione del pignoramento ad indurre incertezza sull’individuazione dei beni pignorati, costituisce un accertamento di fatto riservato al giudice del merito e non censurabile in sede di legittimità, se sostenuto da adeguata motivazione (Cass., Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 13543 del 30/05/2018, Rv. 648808 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3477 del 22/04/1997, Rv. 503870 - 01). Sotto tale ultimo aspetto, le censure formulate dai ricorrenti (in particolare quelle con le quali si sostiene che in realtà i dati catastali contenuti nell’atto di pignoramento non consentirebbero affatto di individuare con certezza i beni pignorati e che a tal fine non sarebbe stata sufficientemente presa in considerazione la documentazione da essi prodotta) si risolvono nella contestazione di accertamenti di fatto operati dai giudici del merito e sostenuti da una adeguata motivazione, fondata del resto anche sul richiamo delle risultanze della consulenza tecnica svolta in sede esecutiva, non apparente né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non censurabile nella presente sede, nonché nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità. Anche tali censure risultano pertanto inammissibili, mentre va, al contempo, certamente esclusa la violazione delle ulteriori disposizioni normative richiamate dai ricorrenti.

2. Il ricorso è rigettato. Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Per questi motivi La Corte:

- rigetta il ricorso;

- condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente