Giu Se l'attribuzione della rendita catastale non avviene mediante procedura DOCFA la motivazione deve essere più approfondita
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 17 novembre 2022 N. 33987
Massima
In caso di attribuzione della rendita catastale mediante procedura DOCFA, trattandosi di procedura collaborativa, l'obbligo di motivazione del relativo avviso è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall'Ufficio e l'eventuale differenza con la rendita proposta derivi da una diversa valutazione tecnica sul valore economico dei beni; invece, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l'oggetto dell'eventuale contenzioso o (Cass. 12777/2018; Cass. 31809/2018; Cass. 30166/2019 Cass. 24677/2022).

Casus Decisus
RILEVATO CHE I contribuenti hanno impugnato l'avviso di classamento catastale con il quale, a seguito di una DOCFA da loro presentata, l'immobile di loro proprietà, sito in Capri, è stato iscritto nella categoria A7 classe 5, attribuendogli una consistenza di 9 vani, mentre in precedenza l'immobile era censito in categoria A2 classe 1 vani 7,5. La DOCFA era stata presentata per diversa distribuzione spazi interni, proponendo il censimento sempre in categoria A2 con vani 7,5, proposta che l’amministrazione non ha recepito, mutando sia la categoria che la consistenza dei vani; al riguardo i contribuenti deducono che le modifiche consistono nell'avere ricavato due wc da due disimpegni. Il ricorso dei contribuenti è stato accolto in primo grado. Il giudice d'appello invece ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate ritenendo che qualora il contribuente abbia presentato una DOCFA, l'avviso è sufficientemente motivato con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita all'immobile poiché l'atto promana a conclusione di una procedura fortemente partecipativa. Ritiene inoltre legittima l'attribuzione della categoria A7 (villino), in quanto l’Agenzia ha documentato che essa è già attribuita ad altri analoghi immobili in Capri, trattandosi di immobile con corte estesa di metri quadrati 254,2 due servizi igienici e terrazzi. Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso i contribuenti affidandosi a quattro motivi. Si è costituita resistendo l'Agenzia delle entrate. Fissato all’udienza pubblica odierna, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina (successivamente prorogata) dettata dal sopravvenuto art. 23, comma 8-bis, del decreto-legge n. 137 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento in presenza fisica del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 17 novembre 2022 N. 33987 STALLA GIACOMO MARIA

CONSIDERATO CHE

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta, si sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c. la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente dell'art. 7, della legge 27.7.2000, n. 212, con riferimento al mancato riconoscimento del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento. I contribuenti deducono che l’Agenzia non ha esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto di mutare la destinazione ordinaria del fabbricato trasformandolo da abitazione civile (A2) in villino (A7) solo in ragione delle modeste modifiche arrecate a questa unità, consistenti in diversa distribuzione di spazi interni.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 comma 3 del D.M. 701 del 1994. I contribuenti deducono che erroneamente il giudice d’appello ha ritenuto che l'immobile avesse caratteristiche tipologiche strutturali che giustificherebbero la classificazione nella categoria dei villini, in virtù di caratteristiche che comunque erano preesistenti alle modeste ristrutturazioni apportate. Deducono altresì che una volta eseguita la ristrutturazione di un immobile già munito di categoria, classe e rendita catastale, per mutare il classamento possono considerarsi solo i fatti nuovi e gli effetti che questi esplicano nella stima del fabbricato; di contro le modificazioni apportate dai contribuenti consistevano soltanto nella trasformazione di due disimpegni in due wc.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell'art. 8 del RDL n. 652 del 1938 e dell’art. 9 del DPR n.1142 del 1949 poiché erroneamente la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che l'amministrazione avesse documentato l'analogo classamento attribuito alle unità già censite nella stessa zona e con analoghe caratteristiche.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3 la violazione e falsa applicazione dell'art. 47 del DPR n. 1142 del 1949 poiché erroneamente l'Agenzia ha ritenuto che la diversa distribuzione degli spazi sia idonea a variare la consistenza anche senza aumento della volumetria; ciò in quanto la legge catastale ammette solo che i vani di dimensioni eccezionali contino per più di un vano utile e l'Agenzia, peraltro, è caduta in contraddizione sul punto perché nell'atto di primo grado sostiene che la superficie del vano utile è di 18 m quadri e nell'atto di appello parla di 25 m quadri.

5.- I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati. Secondo i consolidati principi espressi da questa Corte, in caso di attribuzione della rendita catastale mediante procedura DOCFA, trattandosi di procedura collaborativa, l'obbligo di motivazione del relativo avviso è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall'Ufficio e l'eventuale differenza con la rendita proposta derivi da una diversa valutazione tecnica sul valore economico dei beni; invece, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l'oggetto dell'eventuale contenzioso(Cass. 12777/2018; Cass. 31809/2018; Cass. 30166/2019 Cass. 24677/2022). Questo è il principio di diritto applicato anche dal giudice d’appello, il quale ha rilevato che l’ufficio ha diversamente classificato l’immobile e attribuito un numero di vani maggiore in base alla stessa planimetria; ciò significa che non sono stati disattesi gli elementi di fatto proposti dal contribuente ma solo che essi sono stati diversamente valutati, in ragione dell’incidenza delle modifiche apportate dal contribuente, nel contesto di tutti gli altri elementi, sulla categoria catastale e sulla rendita. Ciò trova riscontro nelle difese delle parti, posto che i contribuenti deducono di avere ristrutturato l’unità immobiliare con diversa distribuzione degli spazi interni, ricavando due wc da due disimpegni, e l’Agenzia non contesta questo dato di fatto. Deve però osservarsi che si tratta di una circostanza di fatto suscettibile di diversa valutazione, poiché ai sensi dell’art 45 del DPR 1142/1949 i vani con destinazione accessoria (come i bagni) si computano per un terzo di vano utile se sono strettamente necessari a servizio o disimpegno dei vani principali, per un quarto in caso diverso. Inoltre deve osservarsi che il numero di vani prescinde dall'incremento di volumetria e superficie, ben potendo rispondere ad una ottimizzazione interna dello spazio disponibile, ovvero, dal mutamento della funzione e caratteristiche di un determinato spazio. Ciò rende evidente come è possibile che muovendo dallo stesso dato di fatto (la trasformazione di due disimpegni in due bagni) la incidenza del dato sul numero dei vani complessivi venga diversamente calcolata, e di conseguenza, anche l’immobile venga diversamente classificato. Può pertanto qui confermarsi il principio, che qualora i dati forniti dal contribuente non siano disattesi, ma soltanto rivalutati dall'amministrazione finanziaria con riferimento all'attribuzione della classe e della consistenza dell'immobile, oltre che con riferimento alla determinazione della rendita catastale, l'obbligo di motivazione del relativo avviso è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita. E tanto vale, in particolare, per la rideterminazione del numero dei "vani catastali", che non rispecchia lo stato materiale della suddivisione interna dell'immobile, ma è frutto di plurime operazioni di calcolo aritmetico sulla base di parametri oggettivi, nella cui applicazione si tiene conto della natura, della superficie, dell'utilizzo, della funzione e della redditività in relazione alla destinazione edilizia dell'immobile (si veda sul punto Cass. n. 3104 del 09/02/2021).

6.- Quanto al resto, si osserva che non sussiste alcun limite per una nuova classificazione a seguito di DOCFA per lavori di ristrutturazione; è consentito all'amministrazione attribuire ex novo i parametri catastali che risultino conformi allo stato di fatto dell'immobile così come risultante dai lavori di ristrutturazione, ed indipendentemente dal fatto che questi ultimi non abbiano investito una parte dell'immobile, rimasta quindi inalterata. Né possono esaminarsi in questa sede censure rivolte a sollecitare una revisione del giudizio di fatto reso dal giudice d’appello. La Commissione tributaria regionale ha esaminato gli atti e ritenuto che l’amministrazione abbia documentato la comparazione con immobili analoghi mediante apposito elenco e che risultavano le caratteristiche tipologiche che giustificava la qualificazione C attribuita; si tratta di un giudizio di fatto e come tale riservato al giudice del merito. Ne consegue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 6.000,oltre spese prenotate a debito e accessori di legge Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 se dovuto.