Giu L'obbligo di allegazione all'avviso d'accertamento non sussiste per le delibere del consiglio comunale
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 25 novembre 2022 N. 34879
Massima
L'obbligo di allegazione all'avviso d'accertamento, ai sensi della l. n. 212 del 2000, art. 7, degli atti oggetto di rinvio per relationem riguarda gli atti non conosciuti, e non altrimenti conoscibili, da parte del contribuente, laddove le delibere di consiglio comunale, che costituiscono atti generali per i quali è prevista una pubblicità legale, non sono soggette all'obbligo di allegazione perché la loro conoscibilità è presunta (cfr., ex plurimis, Cass., 21 novembre 2018, n. 30052; Cass., 3 novembre 2016, n. 22254; Cass., 13 giugno 2012, n. 9601; Cass., 16 marzo 2005, n. 5755).

Casus Decisus
RILEVATO CHE 1. – Con sentenza n. 7956/2016, depositata il 5 dicembre 2016, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello proposto dal Comune di Ladispoli, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che aveva diversamente accolto l’impugnazione di un avviso di accertamento ICI emesso nei confronti della contribuente in relazione al periodo di imposta 2007. 1.1 – A fondamento del decisum, il giudice del gravame ha rilevato che: - non aveva fondamento l’eccezione di decadenza articolata dalla contribuente, ed accolta dalla Commissione tributaria provinciale, in relazione alla l. n. 296 del 2006, art. 1, c. 161 in quanto, - venendo in considerazione la variazione di destinazione di un terreno che, di natura agricola, era divenuto edificabile, - la contribuente «avrebbe dovuto presentare entro il 31/12/2008 la denuncia di variazione per l’anno 2007 al fine di dichiarare il valore venale, ai fini ICI, del terreno divenuto, da agricolo, edificabile per l’inserimento nel piano regolatore.», così che l’avviso di accertamento era stato tempestivamente notificato in data 27 febbraio 2013; - ai fini della determinazione della base imponibile del tributo, rilevava, poi, la natura edificabile del terreno secondo il piano regolatore, - indipendentemente, dunque, dalla approvazione del (pur previsto) piano di lottizzazione, - né risultavano «fomite di pregio le eccezioni di carenza motivazionale dell’avviso di accertamento del Comune di Ladispoli.». 2. - M. A. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso, illustrati con memorie; il Comune di Ladispoli resiste con controricorso. Fissato all’udienza pubblica del 18 ottobre 2022, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in l. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. n. 228 del 2021, art. 16, c. 1, conv. in l. n. 15 del 2022, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 25 novembre 2022 N. 34879 STALLA GIACOMO MARIA

CONSIDERATO CHE

1. – Col primo motivo la ricorrente denuncia:

- ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla l. n. 296 del 2006, art. 1, c. 161ed al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 10, c. 4;

- ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti;

- ai sensi dell’art. 360, c. 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 132 n. 4 c.p.c.;

- si assume, in sintesi, che, - venendo in considerazione un terreno che, in proprietà sin dal 1980, era divenuto edificabile (già) nell’anno 2004, - la rilevata variazione ascendeva a quest’ultima annualità,

- così che avrebbe dovuto formare oggetto di dichiarazione nell’anno successivo (2005),

- con conseguente perfezionamento della eccepita decadenza (quinquennale) sin dal 31 dicembre 2012 (assunto, quale dies a quo del quinquennio, la scadenza del termine di pagamento del tributo); che, pertanto, il giudice del gravame non aveva tenuto conto di siffatte (puntuali) deduzioni di essa esponente, per di più pronunciando sulla base di una motivazione apparente, contraddittoria, perplessa e incomprensibile.

Il secondo motivo espone la denuncia:

- di violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5 e del d.lgs. n. 446 del 1997, artt. 52 e 59, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ.;

- di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ.;

- di nullità della sentenza, per violazione degli artt. 112, 132 n. 4 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, c. 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.;

- si assume che la gravata sentenza non aveva considerato le difese svolte da essa esponente che aveva contestato:

- la valutazione dell’area edificabile, affidata ad una mera perizia di parte (resa da un geometra incaricato dal Comune);

- l’omessa allegazione all’avviso di accertamento della deliberazione di Giunta (n. 401 del 30 dicembre 2008) cui aveva riguardo l’avviso di accertamento;

- la decorrenza (dal 2007) di una siffatta deliberazione che, nel definire il valore delle aree edificabili, non avrebbe potuto applicarsi che dall’anno successivo, per quanto pubblicata (solo) il 9 marzo 2009;

- la necessità di elementi concreti di valutazione del valore dell’area (art. 5, c. 5, cit.), a cui riguardo essa esponente aveva prodotto «atti di vendita relativi a terreni limitrofi» che esponevano un «valore nettamente inferiore a quello determinato da parte del Comune».

Col terzo motivo la ricorrente denuncia:

- ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti; - ai sensi dell’art. 360, c. 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 132 n. 4 c.p.c.;

- ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.l. n. 223 del 2006, art. 36, ed al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5;

- anche qui si assume che il giudice del gravame aveva tenuto in non cale le deduzioni svolte da essa esponente in ordine:

- al difetto di un’attualità edificatoria che rimaneva subordinata all’approvazione del piano di lottizzazione, piano che si trovava (ancora) nella fase di notifica;

- alla natura degradata della zona in cui il terreno ricadeva;

- all’eccessività del valore attribuito (in € 77 al mq) a fronte di quello più appropriato (di € 32,99), di quello attribuito a terreni confinanti e di quello desumibile (in € 31 al mq) da «recenti compravendite»;

- alla presentazione (sin dal 1 marzo 1995) di una domanda di concessione edilizia in sanatoria che rendeva tassabile il fabbricato realizzato (piuttosto che il terreno);

- alla necessità di valutare una «incidenza sul costruito non superiore al 20%». Il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 870 cod. civ., alla l. n. 1150 del 1942, art. 23, ed al d.lgs. n. 152 del 2006, art. 11, c. 5, nonché di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, assumendo la ricorrente che l’area non poteva considerarsi edificabile in difetto tanto della valutazione ambientale strategica quanto della costituzione del (pur prescritto) consorzio.

2. – Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento e va senz’altro disatteso.

2.1 – Premesso che, - per come reso esplicito dai relativi contenuti decisori, sopra ripercorsi,

- la gravata sentenza ha reso inequivoca la ratio decidendi che vi è sottesa,

- così pronunciando con chiara esplicitazione dei relativi presupposti fattuali, e delle conseguenti implicazioni in diritto,

- rileva la Corte che, secondo consolidati, e risalenti, orientamenti interpretativi, l’obbligo della dichiarazione ICI, - cui il contribuente è tenuto in relazione alla «modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell'imposta dovuta» (cd. denuncia di variazione; d.lgs. n. 504 del 1992, art. 10, c. 4),

- non ammette equipollenti (Cass., 31 ottobre 2017, n. 25937; Cass., 12 settembre 2012, n. 15235) e la relativa inosservanza integra un illecito di natura permanente in quanto ove la dichiarazione sia stata omessa in relazione ad un’annualità d’imposta l’obbligo non viene meno in relazione all’annualità successiva, e posto che la presentazione della dichiarazione produce effetto (in mancanza di variazioni; cd. ultrattività) anche per gli anni successivi solo in presenza e non in assenza di una dichiarazione (Cass., 31 ottobre 2018, n. 27808; Cass., 9 giugno 2017, n. 14399; Cass., 27 aprile 2012 n. 6556; Cass., 14 aprile 2010, n. 8849; Cass., 16 gennaio 2009, n. 932).

Nella fattispecie data, pertanto, - e diversamente da quanto assume la ricorrente, - il fatto decisivo che viene in considerazione si identifica (esattamente) con quello esaminato dal giudice del gravame, - in relazione, dunque, all’omessa denuncia di variazione relativa ad un terreno che, da agricolo, era divenuto edificabile per la relativa inclusione nel piano regolatore generale, - così che, - seppur ascendendo una siffatta mutazione all’anno 2004, e ciò non di meno, - permaneva (anche per il periodo di imposta 2007) il non assolto obbligo dichiarativo che, in relazione (ora) alla l. n. 296 del 2006, art. 1, c. 161, conformava il dies a quo del termine (quinquennale) di decadenza per l’esercizio del potere impositivo con riferimento al «31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui» la dichiarazione di variazione avrebbe dovuto essere presentata (nel 2008; d.p.r. n. 322 del 1998, art. 2, in relazione al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 10, c. 4, cit.); e ne riesce, così, la tempestività di un avviso di accertamento che, com’è tra le parti incontestato, è stato notificato in data 27 febbraio 2013 (v. Cass., 29 ottobre 2021, n. 30966; Cass., 15 giugno 2021, n. 16833; Cass., 13 gennaio 2021, n. 352). Né, nella fattispecie, ricorrevano i presupposti della soppressione dell’obbligo dichiarativo in questione, la fattispecie data esponendo, come anticipato, una variazione nella base imponibile del tributo, - correlata, dunque, al valore venale dell’area edificabile (d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, c. 5), - che non poteva ricondursi né ad una variazione catastale dell’unità immobiliare né ad una registrazione telematica di atti notarili (d.lgs. n. 463 del 1997, art. 3 bis), all’una ed all’altra condizione correlandosi la prevista soppressione dell’obbligo dichiarativo (d.l. n. 223 del 2006, art. 37, c. 53, conv. in l. n. 248 del 2006).

3. – Vanno, del pari, disattesi il secondo ed il quarto motivo di ricorso, motivi che vanno congiuntamente trattati in quanto connessi.

3.1 – Sono, innanzitutto, destituite di fondamento le censure di violazione di legge articolate con riferimento al contenuto dell’avviso di accertamento ed alla deliberazione (n. 401 del 30 dicembre 2008) di determinazione per zone omogenee dei valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili. La Corte, con consolidato orientamento interpretativo, ha difatti rimarcato che dette delibere, adottate ai sensi del d.lgs. n. 446 del 1997, art. 59, svolgono una funzione analoga a quella dei cosiddetti studi di settore, costituenti una diretta derivazione dei "redditometri" o "coefficienti di reddito e di ricavi" previsti dal d.l. n. 69 del 1989, convertito in L. n. 154 del 1989, ed atteggiantisi come mera fonte di presunzioni hominis, vale a dire supporti razionali offerti dall'amministrazione al giudice, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari Istat, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti (Cass., 4 agosto 2022, n. 24297; Cass., 3 maggio 2019, n. 11643; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27572; Cass., 12 giugno 2018, n. 15312; Cass., 13 marzo 2015, n. 5068; Cass., 24 gennaio 2013, n. 1661; Cass., 30 giugno 2010, n. 15555; Cass., 27 luglio 2007, n. 16702; Cass., 3 maggio 2005, n. 9137). Delibere, queste, che, - in ragione della loro natura (non imperativa) e funzione (probatoria), - possono essere utilizzate anche con riferimento ad annualità anteriori a quella della loro adozione (Cass., 12 giugno 2018, n. 15312; Cass., 13 marzo 2015, n. 5068; Cass., 7 maggio 2010, n. 11171; Cass., 3 maggio 2005, n. 9135) e che non precludono la stessa rideterminazione della base imponibile dell'imposta «ove l'amministrazione venga in possesso di informazioni specifiche idonee a contraddire quelle desunte dai valori delle aree circostanti aventi analoghe caratteristiche» (Cass., 3 maggio 2019, n. 11643).

3.2 – Quanto, poi, al contenuto dell’avviso di accertamento, il motivo difetta, innanzitutto, di specificità, posto che, come statuito dalla Corte, la censura involgente la congruità della motivazione dell’atto impugnato necessariamente richiede che il ricorso per cassazione riporti i passi della motivazione dell'atto che, per l'appunto, si assumano erroneamente interpretati o pretermessi (v. Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde, ex plurimis, Cass., 19 novembre 2019, n. 29992; Cass., 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., 29 maggio 2006, n. 12786). E, peraltro, secondo un consolidato principio di diritto della Corte, l'obbligo di allegazione all'avviso d'accertamento, ai sensi della l. n. 212 del 2000, art. 7, degli atti oggetto di rinvio per relationem riguarda gli atti non conosciuti, e non altrimenti conoscibili, da parte del contribuente, laddove le delibere di consiglio comunale, che costituiscono atti generali per i quali è prevista una pubblicità legale, non sono soggette all'obbligo di allegazione perché la loro conoscibilità è presunta (cfr., ex plurimis, Cass., 21 novembre 2018, n. 30052; Cass., 3 novembre 2016, n. 22254; Cass., 13 giugno 2012, n. 9601; Cass., 16 marzo 2005, n. 5755).

3.3 - Come, poi, ben rilevato dalla gravata sentenza, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 11 quaterdecies, comma sedicesimo, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e dell'art. 36, comma secondo, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, - che hanno fornito l'interpretazione autentica dell'art. 2, comma primo, lettera b), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, - l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev'essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi (Cass. Sez. U., 28 settembre 2006, n. 25506 cui adde, ex plurimis, Cass., 10 marzo 2020, n. 6702; Cass., 7 agosto 2019, n. 21080; Cass., 3 aprile 2019, n. 9202; Cass., 2 marzo 2018, n. 4952; Cass., 5 agosto 2016, n. 16485; Cass., 5 marzo 2014, n. 5161; Cass., 16 novembre 2012, n. 20137; Cass., 11 aprile 2008, n. 9510).

4. – E’, per converso, fondato, e va accolto per quanto di ragione, il terzo motivo di ricorso. 4.1 – Nel contesto della nuova formulazione dell'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5 (secondo il cui disposto rileva, ora, l'«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»), quale conseguente alla novella di cui al d.l. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134, la censura di omesso esame di un fatto decisivo deve concernere un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), così che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 cui adde, ex plurimis, Cass., 12 dicembre 2019, n. 32550; Cass., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., 13 agosto 2018, n. 20721; Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881).

4.2 – Il fatto, o i fatti, decisivi che vengono, poi, in considerazione, - a fronte di un presupposto impositivo correlato al possesso di aree edificabili, - si identificano negli elementi di fattispecie integrativi dei criteri legali di determinazione della base imponibile del tributo (d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, c. 5, alla cui stregua «Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell'anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all'indice di edificabilità, alla destinazione d'uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche»); criteri, questi, la cui tassatività è stata in più occasioni rimarcata dalla Corte, essendosi rilevato che la misura del valore venale in comune commercio deve essere ricavata dai parametri vincolanti previsti dall'art. 5, comma 5, cit. (v., Cass., 12 luglio 2021, n. 19811; Cass., 30 maggio 2017, n. 13567; Cass., 15 giugno 2010, n. 14385). 

4.3 – Nel definire la lite contestata il giudice del gravame ha risolto il suo accertamento nel mero riscontro della «vocazione edificatoria del terreno inserito nel piano regolatore», con ciò senza farsi carico dei dati fattuali che, - in quanto incidenti sul valore venale delle aree, - erano stati dedotti dalla parte, odierna ricorrente, avuto riguardo, pertanto, alla conformazione, ed alle caratteristiche, dei terreni in contestazione, al relativo indice di edificabilità ed ai criteri di comparazione addotti ai fini della determinazione del loro valore unitario.

5. – La gravata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, procederà al motivato riesame della controversia secondo l’ordine degli accertamenti sopra esposti.

P.Q.M.

La Corte

- accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta i residui motivi; - cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 ottobre 2022.