Giu In tema di cessione d'azienda, il cessionario risponde per le obbligazioni fiscali sorte in capo al cedente, nei limiti del D.Lgs. n. 472 del 1997 art. 14
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 09 febbraio 2023 N. 4098
Massima
«In tema di cessione d'azienda, il cessionario risponde per le obbligazioni fiscali sorte in capo al cedente, nei limiti del D.Lgs. n. 472 del 1997 art. 14 e, qualora la cartella esattoriale con la quale gli si richiede il pagamento sia il primo atto con il quale viene portato a conoscenza della pretesa fiscale azionata nei suoi confronti, essa riveste anche la natura di atto impositivo. Ne consegue che, pendente il procedimento di impugnazione della cartella di pagamento, può essere domandata dal cessionario la definizione agevolata della controversia ai sensi del D.L. n. 119 del 2018 art. 6, come conv.".(Cass. civ., 30 agosto 2022, n. 25486)

«In tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l'impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex D.P.R. n. 600 del 1973 art. 36 bis con la quale l'Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi del D.L. n. 119 del 2018 art. 6, conv. dalla L. n. 136 del 2018, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex D.Lgs. n. 546 del 1992 art. 19, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva". (Cass. Sez. Un., 25 giugno 2021, n. 18298)

Casus Decisus
Dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato alla società A.C. di A. L. e R. s.n.c., nonché ad A.L. e A. R., quali soci, il provvedimento di accertamento della responsabilità solidale, ai sensi dell’art. 14, d.lgs. n. 472/1997, dei debiti tributari della società cedente A. C. C. s.r.l.; avverso il suddetto atto la società ed i soci avevano proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Torino; avverso la pronuncia del giudice di primo grado la società ed i soci avevano proposto appello. La Commissione tributaria regionale del Piemonte ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: con riferimento alla questione della mancata preventiva escussione della società cedente, doveva tenersi conto della circostanza che la suddetta società era stata cancellata dal registro delle imprese; non era fondato il motivo di appello relativo alla nullità dell’atto in quanto adottato senza alcuna redazione di un processo verbale di constatazione, tenuto conto del fatto che, nel caso di specie, sussisteva un omesso versamento di imposte dovute e divenute definitive e del fatto che non vi era stato alcun accesso; non sussisteva alcuna violazione dei termini di decadenza, non essendo necessaria la notifica delle cartelle di pagamento anche al cessionario; la cessione di azienda, nel caso di specie, doveva essere considerata in frode ai creditori, con conseguente venire meno delle limitazioni di responsabilità di cui all’art. 14, d.lgs. n. 472/1997. Avverso la suddetta pronuncia la società ed i soci hanno quindi proposto ricorso per la cassazione affidato a quattro motivi di censura, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso. Nel corso del giudizio la società ed i soci hanno presentato domanda di definizione agevolata, ai sensi dell’art. 6, d.l. n. 119/2018. Con provvedimento del 25 giugno 2020 l’Agenzia delle entrate ha notificato ai ricorrenti il provvedimento di diniego della domanda di definizione della controversia. Con ricorso notificato il 10 luglio 2020 la società ed i soci hanno attivato il subprocedimento di impugnazione del provvedimento di diniego, prospettando un unico motivo di ricorso, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso. Con decreto n. 15450/2022 il Presidente delegato della sezione tributaria civile ha dichiarato l’estinzione del processo. Con successiva istanza del 19 maggio 2022 l’Agenzia delle entrate ha chiesto, ai sensi dell’art. 391, cod. proc. civ., la fissazione dell’udienza e la revoca del decreto presidenziale di estinzione del processo. La società ed i soci hanno depositato memoria con la quale hanno insistito per la condonabilità, ai sensi dell’art. 6, d.l. n. 119/2018, dell’atto impugnato.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 09 febbraio 2023 N. 4098 Virgilio Biagio

Preliminarmente, va disattesa la richiesta del difensore di parte ricorrente del giorno 8 novembre 2022 di rinvio dell’udienza per proprio sopravvenuto impedimento, come da documentazione prodotta. Sul punto, va precisato che la ragione addotta in questa sede non è apprezzabile come legittimo impedimento, nel senso di impossibilità di sostituzione mediante delega, risolvendosi piuttosto in un problema attinente all'organizzazione professionale del difensore, che non può rilevare ai fini del differimento dell'udienza (Cass. Sez. Un., 26 marzo 2012, n. 4773) e profilandosi del tutto subvalente rispetto all'interesse pubblico alla ragionevole durata del processo e alla celere definizione del ricorso in cassazione (Cass. civ., 20 aprile 2016, n. 7952), tanto più che la procura speciale per il ricorso avverso il diniego della definizione agevolata risulta conferita non solo all’Avv. S. C., ma anche all’Avv. C. L., sicchè quest’ultimo avrebbe potuto essere presente alla pubblica udienza.

L’attenzione deve essere quindi rivolta all’esame del ricorso concernente il provvedimento di diniego della definizione agevolata. Va precisato, in primo luogo, che l’Agenzia delle entrate, in data 19 maggio 2022, ha tempestivamente chiesto, ai sensi dell’art. 391, cod. proc. civ., la revoca del decreto presidenziale di estinzione del processo emesso in data 16 maggio 2022. La ragione della richiesta di revoca del suddetto decreto presidenziale risiede nella circostanza che, diversamente da quanto riportato nel suddetto decreto presidenziale, l’Agenzia delle entrate aveva notificato ai ricorrenti un provvedimento di diniego della domanda di definizione agevolata da essi presentata ai sensi dell’art. 6, d.l. n. 119/2018 e i suddetti ricorrenti avevano proposto tempestivo ricorso, sicchè trova applicazione il comma 13, del suddetto art. 6, secondo cui: « In mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata, il processo è dichiarato estinto, con decreto del Presidente. L'impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione».

Sicchè, la proposizione della impugnazione avverso il provvedimento di diniego, equivalendo a domanda di trattazione, avrebbe dovuto precludere l’emissione del provvedimento di estinzione del giudizio. In particolare, parte ricorrente censura il suddetto provvedimento di diniego per violazione dell’art. 6, comma 1, d.l. n. 119/2018, per avere erroneamente ritenuto che l’atto oggetto di condono non fosse sussumibile tra gli atti impositivi per i quali soltanto è consentita la definizione agevolata. Secondo la contribuente, invero, il provvedimento di accertamento della responsabilità solidale della contribuente per i debiti tributari facenti capo alla società cedente ha natura di atto impositivo, non potendo essere qualificato come mero atto di riscossione, in quanto costituisce l’atto con il quale, per la prima volta, viene esternata nei confronti della medesima la pretesa impositiva, tanto più che, con il suddetto atto, veniva accertata anche il carattere frodatorio della cessione, con conseguente insussistenza dei limiti di tutela in favore del cessionario, di cui all’art. 14, d.lgs. n. 472/1997.

In primo luogo, va tenuto conto del fatto che con decreto presidenziale dell’11 maggio 2022, depositato il 16 maggio 2022, era stata dichiarata l’estinzione del processo, avendo dato atto del fatto che i contribuenti avevano presentato domanda di definizione agevolata, ai sensi dell’art. 6, d.l. n. 119/2018, e che nessuna delle parti avevano presentato l’istanza di trattazione di cui al comma 13.

In realtà, l’Agenzia delle entrate aveva comunicato il provvedimento di diniego della domanda di agevolazione e le ricorrenti avevano proposto ricorso avverso il suddetto provvedimento. Sicchè, in data antecedente all’adozione del decreto di estinzione, era stato attivato il subprocedimento contemplato dall’art. 6, comma 12, cit., secondo cui: «Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia».

Pertanto, avrebbe dovuto darsi seguito alla richiesta di esame dell’impugnazione avverso il provvedimento di diniego, tenuto conto che, ai sensi dell’art. 6, comma 13, secondo periodo: «L'impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione». In questo ambito, si inserisce l’istanza di fissazione dell’udienza proposta dall’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 391, cod. proc. civ., con la quale, in sostanza, evidenzia il proprio interesse alla decisione della controversia sulla impugnazione proposta dai ricorrenti avverso il provvedimento di diniego della definizione agevolata.

Gli stessi ricorrenti, peraltro, hanno depositato una memoria nella quale hanno evidenziato incertezza in ordine al fatto se il decreto di estinzione comporti il riconoscimento della validità della definizione agevolata e se, inoltre, sia stato o meno deciso il ricorso avverso il proprio ricorso contro il provvedimento di diniego.

Ciò precisato, va evidenziato, in primo luogo, che l’istanza di fissazione dell’udienza, proposta dall’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 391, cod. proc. civ., è da considerarsi ammissibile. Le Sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. 23 settembre 2014, n. 19980) hanno precisato che:

1) l'art. 391, comma primo, cod. proc. civ., quando allude ai casi di estinzione del processo disposti dalla legge si riferisce sia alle ipotesi di norma di legge direttamente dispositiva dell'estinzione, sia alle ipotesi di norma che prevede l'effetto estintivo sulla base del verificarsi all'esterno del processo di cassazione di determinati fatti che poi debbono in essi essere rappresentati e fatti constare;

2) l'avere il legislatore accomunato la pronuncia sull'estinzione nel primo comma tanto quando deve rendersi con sentenza, tanto quando deve rendersi con decreto, deve considerarsi anzitutto un evidente indizio che la funzione del provvedimento nel l'un caso come nell'altro è di rendere una decisione, cioè di pronunciare circa la ricorrenza della fattispecie estintiva. Nel caso di pronuncia positiva sull'estinzione risulta, quindi, accertato sempre da un provvedimento dichiarativo, quale che ne sia la forma, che il processo di cassazione si è estinto;

3) l’art. 391, comma terzo, cod. proc. civ., va letto nel senso che disciplina in ogni caso il regime del decreto presidenziale, cioè sia quando esso rechi condanna alle spese, sia quando non la rechi. Ne consegue che la previsione della possibilità di fissazione dell'udienza entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione va riferita all'una ed all'altra ipotesi;

4) l'istanza di fissazione dell'udienza ha la natura di atto meramente sollecitatorio della trattazione in udienza, che elide qualsiasi valore del decreto;

5) un'istanza di fissazione dell'udienza presentata oltre il termine dovrebbe essere dichiarata inammissibile;

6) l'attività che si esprime nella presentazione dell'istanza si colloca non già in una sequenza processuale che, dopo la pronuncia del decreto presidenziale dovrebbe proseguire, bensì come atto che è sì di mera sollecitazione alla ripresa del processo di cassazione, ma subordinatamente alla previa provocazione di un effetto automaticamente risolutivo dell'efficacia del provvedimento presidenziale, che doveva compiersi entro il termine e non lo è stato. Facendo, quindi, applicazione, al caso di specie, dei suddetti principi, va quindi ritenuto che, avendo l’Agenzia delle entrate proposta tempestivamente l’istanza di trattazione entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione del decreto presidenziale di estinzione del processo, questa Corte è tenuta ad esaminare la controversia e, in primo luogo, il ricorso proposto dai ricorrenti avente ad oggetto la illegittimità del provvedimento di diniego della definizione agevolata. Il motivo è fondato.

Questa Corte (Cass. civ., 30 agosto 2022, n. 25486), pronunciando su di una vicenda analoga a quella oggetto del presente giudizio, ha affermato il seguente principio di diritto: «In tema di cessione d'azienda, il cessionario risponde per le obbligazioni fiscali sorte in capo al cedente, nei limiti del D.Lgs. n. 472 del 1997 art. 14 e, qualora la cartella esattoriale con la quale gli si richiede il pagamento sia il primo atto con il quale viene portato a conoscenza della pretesa fiscale azionata nei suoi confronti, essa riveste anche la natura di atto impositivo. Ne consegue che, pendente il procedimento di impugnazione della cartella di pagamento, può essere domandata dal cessionario la definizione agevolata della controversia ai sensi del D.L. n. 119 del 2018 art. 6, come conv.".

Il suddetto principio di diritto è stato affermato tenuto conto di quanto precisato da questa Corte (Cass. Sez. Un., 25 giugno 2021, n. 18298), in particolare che: «In tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l'impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex D.P.R. n. 600 del 1973 art. 36 bis con la quale l'Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi del D.L. n. 119 del 2018 art. 6, conv. dalla L. n. 136 del 2018, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex D.Lgs. n. 546 del 1992 art. 19, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva".

Ciò che rileva pertanto, perchè ad un atto, notificato al contribuente, possa essere attribuita anche natura equiparabile ad un atto impositivo, è che lo stesso costituisca il primo atto mediante il quale è comunicata "per la prima volta al contribuente una prestazione determinata nell'an e nel quantum" avanzata nei suoi confronti. Tale circostanza risulta riscontrabile nella presente controversia. Invero, la pretesa fatta valere nei confronti dei ricorrenti era relativa all’applicazione nei confronti degli stessi dell’obbligazione solidale, di cui all’art. 14, d.lgs. n. 472/1997, e quindi prospettando nei confronti della medesima, quale società cessionaria di azienda, l’obbligo di pagamento dei debiti tributari della società cedente.

In generale, va osservato che, in caso di cessione di azienda, è nei confronti del cedente che deve essere svolta l'attività accertativa, essendo questi il soggetto passivo, poichè è nei suoi confronti che si è realizzato il presupposto impositivo, in particolare la cessione del bene: nei confronti del cessionario, non essendo il soggetto passivo, correttamente l'amministrazione finanziaria provvede alla mera iscrizione a ruolo dell'importo non versato dal cedente, in forza della responsabilità solidale configurata dalla previsione di cui al citato art. 14, senza che sia necessario che la cartella sia preceduta da un previo atto di accertamento nei confronti del cessionario (Cass. civ., 31 marzo 2022, n. 10377).

Tuttavia, la circostanza che è solo nei confronti del cedente che deve essere compiuta l’attività accertativa non fa venire meno la natura “impositiva”, ai fini della validità del condono fiscale, del successivo atto con il quale l’amministrazione finanziaria va valere nei confronti del cessionario la pretesa a titolo di responsabilità solidale, posto che lo stesso costituisce l'unico atto portato a conoscenza del cessionario con cui si rende nota la pretesa fiscale e non essendo preceduta da avviso di accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri della stessa, ma anche per questioni che attengono direttamente al merito della pretesa fiscale ed ha, quindi, natura di atto impositivo (Cass. civ, n. 31055 del 2017; Cass. n. 28611 del 2017; Cass. n. 1296 del 2916; Cass. n. 1295 del 2016; Cass. n. 26997 del 2014; Cass. n. 22672 del 2014). Ne consegue che il provvedimento di diniego della definizione agevolata proposta dai ricorrenti, non è legittimo, in quanto non correttamente basato sulla considerazione che il provvedimento di accertamento notificato alla cessionaria non abbia natura di atto impositivo.

Di conseguenza, non sussistono le condizioni perchè siano esaminati nel merito i motivi di ricorso introdotti dall'Amministrazione finanziaria. In conclusione, il processo deve essere dichiarato estinto, per effetto dell'intervenuta cessazione della materia del contendere, con spese a carico della parte che le ha anticipate.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il motivo di ricorso avverso il provvedimento di diniego del condono e, per l’effetto, dichiara estinto il processo, con spese a carico della parte che le ha anticipate.

Così deciso in Roma, addì 8 novembre 2022

Materie
Azioni