Giu I rapporto di lavoro a tempo indeterminato ex l. n. 92/2012 e d.lgs n. 23/2015, non è assistito da un regime di stabilità, per cui i diritti non prescritti all'entrata in vigore si prescrivono alla cessazione del rapporto di lavoro
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA 03 marzo 2023 N. 6516
Massima
“Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della l. n. 92 del 2012 e del d.lgs n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della l. n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro” (Cass. n. 26246 del 2022; conf. Cass. n. 29831 del 2022; Cass. n. 30957 del 2022; Cass. n. 30958 del 2022)

Casus Decisus
1. con sentenza n. 221 dell’11/3/2021, la Corte d'appello di Milano, respingendo il gravame di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. proposto avverso la sentenza di primo grado, ha confermato la declaratoria di nullità degli artt. 18, comma 11 del CCNL Attività ferroviarie del 16.4.2003 e 7 dell'accordo sindacale 1.3.2006 nella parte di esclusione del computo dell'intero periodo di apprendistato svolto dai lavoratori indicati in epigrafe ai fini degli aumenti periodici di anzianità, ha accertato il diritto dei lavoratori all'integrale riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata durante tale arco temporale e ha condannato la società al pagamento dei consequenziali importi maturati dall'assunzione, respingendo l’eccezione di prescrizione dei crediti retributivi maturati in costanza di rapporto; 2. avverso la decisione di secondo grado la società ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui ha resistito con controricorso il lavoratore; 3. la parte ricorrente principale, il 3.11.2022, ha comunicato “rinuncia parziale agli atti ex art. 390 c.p.c.” limitatamente ai primi quattro motivi di ricorso attinenti al merito della causa e richiesta di “dichiarare l’estinzione del giudizio ex art. 391 c.p.c.” rispetto ad essi; 4. con memoria ex art. 380 bis c.p.c., la difesa dei controricorrenti ha, tra l’altro, preso atto di tale rinuncia e ha concluso, comunque, per il rigetto del ricorso con vittoria di spese; 5. la società, con memoria, ha insistito per la trattazione del quinto motivo di ricorso in pubblica udienza;

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA 03 marzo 2023 N. 6516 Esposito Lucia

1. rispetto ai primi quattro motivi di ricorso deve essere dichiarata l’inammissibilità per sopravvenuto difetto di interesse ex art. 100 c.p.c. (cfr., di recente, Cass. n. 17893 del 2020) e non l’estinzione ex art. 391 c.p.c., in quanto la rinuncia ad uno o più motivi di ricorso rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure ed è assoggettata ad un regime diverso, da essere efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte o del rilascio di uno specifico mandato al difensore, in quanto, implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d'impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa, è rimessa alla discrezionalità del difensore stesso, e resta, quindi, sottratta alla disciplina di cui all'art. 390 cod. proc. civ. per la rinuncia al ricorso (da ultimo v. Cass. n. 414 del 2021, con la giurisprudenza ivi citata; con riguardo a fattispecie concernenti le medesime questioni proposte nel presente ricorso, cfr. Cass. nn. 36066 e 36108 del 2022);

2. con il quinto motivo di ricorso principale la società denunzia violazione e falsa applicazione dell’art, 2948, n. 4, c.c. in combinato disposto con l’art. 18, commi 1 e 2, della legge n. 300 del 1970 come modificato dalla legge n 92 del 2012 avendo, la Corte territoriale, errato nel ritenere il lavoratore sprovvisto, dopo la novella del 2012, delle garanzie della “tutela forte” (in realtà preservata per diverse ipotesi di recesso), esposto al metus a fronte del datore di lavoro con conseguente sospensione del decorso della prescrizione durante il rapporto di lavoro;

3. il motivo è fondato nei limiti di seguito esposti solo con riguardo alle posizioni dei lavoratori Fasoletti e Delfitto.

3.1. Va premesso in generale che deve essere ribadito il seguente principio recentemente affermato da questa Corte all’esito di una pubblica udienza: “Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della l. n. 92 del 2012 e del d.lgs n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della l. n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro” (Cass. n. 26246 del 2022; conf. Cass. n. 29831 del 2022; Cass. n. 30957 del 2022; Cass. n. 30958 del 2022);

3.2. il Collegio, infatti, non ravvisa ragioni per discostarsi da tali precedenti, atteso che, una volta che l’interpretazione della regula iuris è stata enunciata con l’intervento nomofilattico della Corte regolatrice, essa “ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente accentuata (in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p.c.) e 2009 (art. 360 bis c.p.c., n. 1)” (Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011); la ricorrente affermazione nel senso della non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l'esigenza di garantire l'uniformità dell'interpretazione giurisprudenziale attraverso il ruolo svolto dalla Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 23675 del 2014), atteso che, in un sistema che valorizza l’affidabilità e la prevedibilità delle decisioni, il quale influisce positivamente anche sulla riduzione del contenzioso, vi è l’esigenza, avvertita anche dalla dottrina, “dell'osservanza dei precedenti e nell'ammettere mutamenti giurisprudenziali di orientamenti consolidati solo se giustificati da gravi ragioni” (in termini: Cass. SS.UU. n. 11747 del 2019);

3.3. tuttavia le posizioni dei lavoratori Fasoletti e Delfitto si differenziano dalle altre in quanto, seppur per un limitatissimo arco temporale, il loro diritto si era almeno in parte prescritto alla data di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012 (il 18.7.2012). Sia la domanda di Fasoletti che quella di Delfitto avevano ad oggetto somme che, maturate a decorrere dal 14.2.2005, alla data del 18.2.2007 (quinquennio antecedente la data di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012) erano già prescritte. Resta fermo invece il diritto a percepire le somme maturate successivamente poiché per queste la prescrizione, per la ragioni sopra dette, non era maturata in corso di rapporto;

5. in tali limiti, pertanto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata deve essere sul punto riformata con decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 comma 2 c.p.c. non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di fatto per la sua definizione.

6. Quanto alle spese, valutato l’esito complessivo della lite, si reputa equo compensarle per metà mentre la restante metà, liquidata per l’intero in dispositivo, va posta a carico della ricorrente.

7. Al riguardo va evidenziato che la liquidazione è compiuta seguendo i parametri del d.m. 13 agosto 2022 n. 147; quest'ultimo decreto del Ministro della Giustizia, infatti, prevede all'articolo 6 che le nuove tariffe in esso disposte "si applicano alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore", e all'articolo 7 statuisce l'entrata in vigore quindici giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale; essendo stato pubblicato, dunque, sulla Gazzetta Ufficiale dell'8 ottobre 2022, la vigenza decorre dal 23 ottobre 2022; 7. nella presente causa, che è stata decisa a seguito di rito camerale, si riscontrano prestazioni professionali esaurite successivamente al 23 ottobre 2022 (memoria ex art. 380 bis c.p.c.), per cui il compenso viene determinato sulla scorta delle nuove tariffe (v. Cass. SS.UU. n. 33482 del 2022, conf. a Cass. SS.UU. n. 17405 del 2012), avuto riguardo allo scaglione previsto per le cause di valore tra euro 5.200,00 ed euro 26.000,00 come dichiarato in ricorso;

7. In relazione al parziale accoglimento del ricorso occorre dare atto della insussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012 (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i primi quattro motivi di ricorso. Rigetta il quinto nei confronti di Marco Tiozzo, Riccardo Figoli e Filippo Grillo. Lo accoglie nei riguardi dei controricorrenti Maurizio Fasoletti e Marco Delfitto e, decidendo nel merito, dichiara prescritte le somme maturate prima del 18 luglio 2007. Condanna la società al pagamento di metà delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 200,00 per esborsi e € 2.800,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.

Compensa tra le parti la restante metà.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio 12 gennaio 2023