Giu Differenza tra bis in idem processuale e sostanziale
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE - 12 gennaio 2022 N. 663
Massima
In tema di divieto di un secondo giudizio, le nozioni di "bis in idem" processuale e di "bis in idem" sostanziale non coincidono in quanto la prima, più ampia, ha riguardo al rapporto tra il fatto storico, oggetto di giudicato, ed il nuovo giudizio e, prescindendo dalle eventuali differenti qualificazioni giuridiche, preclude una seconda iniziativa penale là dove il medesimo fatto, nella sua dimensione storico-naturalistica, sia stato già oggetto di una pronuncia di carattere definitivo; la seconda, invece, concerne il rapporto tra norme incriminatrici astratte e prescinde dal raffronto con il fatto storico.

Casus Decisus
1. Con sentenza emessa il 19/10/2020 la Corte di Appello di Genova ha confermato la sentenza del Gip del Tribunale di Genova, che aveva affermato la responsabilità penale di L.V. per una serie di furti commessi prevalentemente all'interno di ospedali. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di L.V., Avv. Emanuele Lamberti, che ha dedotto la violazione di legge in relazione all'art. 649 c.p.p., lamentando l'omessa declaratoria di non doversi procedere - già pronunciata in relazione al reato di cui all'art. 493 bis c.p. contestato al capo 7 - anche nei confronti del reato di furto contestato al capo 6. Sostiene al riguardo che il medesimo fatto, il furto dei codici di accesso della carta bancomat della persona offesa, sia stato già oggetto della sentenza della Corte di Appello di Genova del 29/11/2017 (irrevocabile il 29/11/2019), che aveva assolto l'imputato dal reato di cui all'art. 615 quater c.p., ritenendo che la condotta dell'abusivo utilizzo del codice non integrasse il reato contestato. Nel richiamare pertinente giurisprudenza della Corte EDU, sostiene che la condotta di essersi procurato i codici di accesso deve ritenersi sostanzialmente identica a quella di furto del portafogli nel quale erano custoditi i codici.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE - 12 gennaio 2022 N. 663

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Va premesso che il ricorso concerne esclusivamente il furto pluriaggravato del portafogli, contenente denaro, documenti e una tessera bancomat, ai danni di D.M.E., contestato al capo 6.

Il ricorrente invoca l'applicazione del divieto del bis in idem processuale in relazione alla sentenza irrevocabile con cui L.V. è stato assolto dal reato di cui all'art. 615 quater c.p., impropriamente contestata, per aver illecitamente ottenuto la disponibilità del portafogli e dunque dei codici di utilizzo della carta Bancomat, ed è stato condannato per il reato di uso indebito della carta bancomat.

In relazione al reato di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9, (ora art. 493 bis c.p.), contestato anche al capo 7 del presente processo, già il giudice di primo grado ha dichiarato non doversi procedere, trattandosi della medesima condotta di indebito utilizzo della carta di pagamento, e ravvisando dunque la violazione del divieto del bis in idem.

Con riferimento al reato di furto pluriaggravato, al contrario, la sentenza impugnata ha confermato il rigetto del motivo di appello, affermando trattarsi di fatti storici diversi.

3. Giova richiamare, sia pur sinteticamente, l'evoluzione giurisprudenziale che ha investito il tema del bis in idem processuale.

Il principio del ne bis in idem sostanziale ed il principio del ne bis in idem processuale hanno confini ed ambiti applicativi (almeno parzialmente) diversi:

il bis in idem sostanziale, infatti, concerne le ipotesi di qualificazione normativa multipla di un medesimo fatto, e, mediante il criterio regolativo della specialità (artt. 15 e 84 c.p.), fonda la disciplina del concorso apparente di norme, vietando che uno stesso fatto sia accollato giuridicamente due volte alla stessa persona; il bis in idem processuale, invece, concerne non già il rapporto astratto tra norme penali, bensì il rapporto tra il fatto ed il giudizio, vietando l'esercizio di una nuova azione penale dopo la formazione del giudicato.

Al riguardo, va premesso che, con la sentenza n. 200 del 21/07/2016, la Corte costituzionale - che ha dichiarato illegittimo l'art. 649 c.p.p., nella parte in cui esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza divenuta irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale - ha ridefinito il principio del ne bis in idem processuale, recependo, sul piano ermeneutico, l'opzione della Corte EDU, in ciò affermando il criterio dell'idem factum, e non dell'idem legale, ai fini della valutazione della medesimezza del fatto storico oggetto di nuovo giudizio.

L'affrancamento dall'inquadramento giuridico (non, però, dai criteri normativi di individuazione) del fatto (Corte Cost., n. 200 del 2016, p. 4), cioè dall'idem legale, ha comportato la riaffermazione della "dimensione esclusivamente processuale" del divieto di bis in idem, che "preclude non il simultaneus processus per distinti reati commessi con il medesimo fatto, ma una seconda iniziativa penale, laddove tale fatto sia già stato oggetto di una pronuncia di carattere definitivo" (Corte Cost., n. 200 del 2016, p. 10).

La conseguenza della svolta interpretativa si è, dunque, registrata proprio nel punto di convergenza tra il bis in idem sostanziale e processuale (impropriamente) enucleato dal diritto vivente, che riteneva non applicabile l'art. 649 c.p.p., nonostante la medesimezza del fatto, ove il reato già giudicato fosse stato commesso in concorso formale con il reato oggetto della nuova iniziativa penale; secondo la Corte costituzionale, infatti, il diritto vivente, pur in presenza di un identico fatto storico oggetto di precedente giudizio, aveva "saldato il profilo sostanziale implicato dal concorso formale dei reati con quello processuale recato dal divieto di bis in idem" (Corte Cost., n. 200 del 2016, p. 10), sterilizzando la garanzia processuale in ragione della qualificazione normativa multipla consentita dal(l'inoperatività del) principio del bis in idem sostanziale.

Al contrario, proprio l'adesione ad una concezione storico-naturalistica del fatto (Videm factum), ai fini della perimetrazione del divieto di bis in idem di cui all'art. 649 c.p.p., implica l'ininfluenza del concorso formale trai reati oggetto della res iudicata e della res iudicanda (Corte Cost., n. 200 del 2016, p. 12).

Tanto premesso, ne consegue che l'estensione del bis in idem processuale è diversa, e più ampia, rispetto al bis in idem sostanziale, e, soprattutto, come pure affermato dalla più consapevole dottrina (secondo cui, efficacemente, il divieto di un secondo giudizio "è puro fenomeno giudiziario"), concerne rapporti diversi: l'art. 649 c.p.p., infatti, riguarda il rapporto tra il fatto storico oggetto di giudicato ed il nuovo giudizio, e, nella sua dimensione storico-naturalistica, prescinde dalle eventualmente diverse qualificazioni giuridiche; il bis in idem sostanziale, invece, concerne il rapporto tra norme incriminatrici astratte, e prescinde dal raffronto con il fatto storico.

In tal senso, questa Corte ha di recente chiarito che, "in tema di divieto di un secondo giudizio, le nozioni di "bis in idem" processuale e di "bis in idem" sostanziale non coincidono in quanto la prima, più ampia, ha riguardo al rapporto tra il fatto storico, oggetto di giudicato, ed il nuovo giudizio e, prescindendo dalle eventuali differenti qualificazioni giuridiche, preclude una seconda iniziativa penale là dove il medesimo fatto, nella sua dimensione storico-naturalistica, sia stato già oggetto di una pronuncia di carattere definitivo; la seconda, invece, concerne il rapporto tra norme incriminatrici astratte e prescinde dal raffronto con il fatto storico (Sez. 7, n. 32631 del 01/10/2020, Barbato, Rv. 280774, che, in applicazione del principio, nonostante la qualificazione sostanziale del fatto storico consentisse il concorso formale tra il delitto di cui all'art. 642 c.p. e quello di cui all'art. 497-bis c.p. e, quindi, la non operatività del "bis in idem" sostanziale, ha ravvisato il "bis in idem" processuale, in quanto il precedente giudizio aveva riguardato il medesimo fatto storico, qualificato ai sensi dell'art. 642 c.p.).

4. Tanto premesso, correttamente la Corte territoriale ha escluso la violazione del divieto del bis in idem processuale.

Il fatto storico oggetto del presente processo concerne, infatti, il furto del portafogli e della tessera bancomat in esso contenuta (capo 6); nel giudizio definito con sentenza irrevocabile, invece, il fatto storico riguardava l'abusiva detenzione dei codici di accesso ad un sistema informatico, e i giudici di merito hanno escluso che l'abusivo utilizzo del codice della tessera bancomat potesse integrare il reato di cui all'art. 615 quater c.p., senza in alcun modo prendere in considerazione e valutare la diversa - e logicamente precedente condotta attraverso cui l'imputato era entrato in possesso del codice.

In altri termini, dovendo concentrarsi la verifica sul fatto storico concretamente oggetto della res iudicata e quello oggetto della res iudicanda, non ricorre il requisito dell'idem factum.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022