Giu circostanza aggravante relativa alla commissione del fatto in presenza di un minore
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 19 maggio 2022 N. 19832
Massima
E' legittima la qualificazione della circostanza aggravante relativa alla commissione del fatto in presenza di un minore, ai sensi dell'art. 572, comma 2, c.p., e non dell'art. 61, n. 11-quinquies, c.p., nell'ipotesi in cui, a fronte di reiterate condotte vessatorie poste in essere con continuità prima dell'entrata in vigore della L. n. 69 del 2019, successivamente al 9 agosto 2019, sia stata commessa anche solo una condotta alla presenza di un minore.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 19 maggio 2022 N. 19832

Motivi della decisione

1.11 ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito esposte.

2. I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro logicamente connessi.

Ad avviso del ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe incorsa in una violazione dell'art. 441 c.p.p., oltre che nel vizio di motivazione denunciato con il secondo motivo di ricorso, allorchè ha ritenuto legittima l'applicazione della circostanza aggravante di cui all'art. 572 c.p., comma 2, in luogo di quella, contestata nel capo di imputazione, di cui all'art. 61 c.p., n. 11-quinquies, trattandosi di una modifica dell'imputazione non consentita dalla disciplina del rito abbreviato.

Tale argomento non merita condivisione.

Ad avviso del Collegio, infatti, non vi è stata alcuna modifica dell'imputazione, essendo rimasto immutato il fatto originariamente contestato al ricorrente, bensì una diversa qualificazione giuridica della circostanza aggravante, anch'essa specificamente contestata, relativa alla commissione della condotta vessatoria alla presenza delle figlie minori.

Ritiene il Collegio che, a differenza della modifica dell'imputazione, il giudice dell'abbreviato possa, comunque, dare al fatto una diversa qualificazione giuridica, ai sensi dell'art. 521 c.p.p., la cui applicabilità non è espressamente esclusa dalla disciplina del rito in questione (si veda, in tal senso, anche Sez. 2, n. 44574 del 17/07/2019, Reci Redon, Rv. 277761).

2.1 Ciò premesso, occorre, comunque, verificare se la diversa qualificazione della circostanza aggravante possa avere determinato una violazione del divieto di retroattività sancito dall'art. 2 c.p..

Va, innanzitutto, premesso che la circostanza aggravante comune di cui all'art. 572 c.p., comma 2, inizialmente prevista con riferimento alla condotta commessa in danno di persona minore degli anni quattordici, è stata abrogata dal D.L. n.93 del 14 agosto 2013, convertito con modificazioni dalla L. n.119 del 15 ottobre 2013, (art. 1, comma 1-bis) che, contestualmente, ha introdotto la circostanza aggravante comune di cui al n. 11-quinquies dell'art. 61 c.p., con riferimento alla condotta commessa in presenza o in danno di un minore degli anni diciotto (ovvero di persona in stato di gravidanza) in relazione ai delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la libertà personale ed al delitto di cui all'art. 572 c.p..

La L. n. 69 del 19 luglio 2019, (in vigore dal 9 agosto 2019) ha nuovamente introdotto al comma 2 dell'art. 572 c.p. la previsione di una circostanza aggravante, non più comune, ma ad effetto speciale, ampliando le ipotesi previste dal testo originario della norma, abrogato nel 2013. La norma, infatti, prevede l'aumento della pena fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di persona in stato di gravidanza o di persona con disabilità. In tal modo, il legislatore ha, in parte, introdotto una nuova circostanza aggravante, in relazione a tale ultima categoria di soggetti vulnerabili (le persone con disabilità), e, in parte, esteso l'ambito di applicabilità dell'ordinaria circostanza aggravante prevista dal art. 572 c.p., comma 2, anche alla condotta commessa in danno del minore ultraquattordicenne. Con la medesima legge è stato, inoltre, espunto dall'art. 61, n. 11-quinquies, c.p. il riferimento all'art. 572 c.p., cosicchè dall'entrata in vigore della L. n. 69 del 2019, allorchè la condotta di maltrattamenti sia stata commessa in presenza o in danno di un minore, l'unica circostanza applicabile è quella prevista dal comma 2 dell'art. 572.

2.2 Con riferimento ai reati rispetto ai quali, come nella fattispecie in esame, la condotta vessatoria sia iniziata prima del 9 agosto 2019, ritiene il Collegio che, tenuto conto del carattere abituale della condotta criminosa sanzionata, ai fini dell'applicazione della circostanza aggravante di cui al comma 2 dell'art. 572 c.p., è sufficiente che, successivamente a tale data, sia stata commessa una condotta in presenza di un minore.

Questa Corte, pronunciandosi in relazione all'aggravante comune di cui all'art. 61, n. 11-quinquies, c.p., ha, infatti, già affermato che ai fini della sua configurabilità, non è necessario che gli atti di violenza posti in essere alla presenza del minore rivestano il carattere dell'abitualità, essendo sufficiente che egli assista ad uno dei fatti che si inseriscono nella condotta costituente reato (Sez. 6, n. 8323 del 09/02/2021, Rv. 281051; Sez. 6, n. 2003 del 25/10/2018, dep. 2019, Rv. 274924).

Si è, infatti, condivisibilmente distinto tra la struttura abituale della fattispecie incriminatrice e la struttura della circostanza aggravante per la cui sussistenza è, dunque, sufficiente che anche una sola condotta sia stata commessa in presenza del minore.

Ritiene il Collegio che le medesime considerazioni debbano essere estese all'aggravante di cui al comma 2 dell'art. 572 c.p. in quanto strutturalmente sovrapponibile all'ipotesi prima prevista dall'art. 61 n. 11-quinquies.

Ne consegue, pertanto, che anche ai fini della sua configurabilità non è necessario che il minore assista abitualmente alla commissione delle condotte vessatorie, essendo, a tal fine, sufficiente che il minore degli anni diciotto percepisca anche una sola delle condotte rilevanti ai fini della commissione del reato, e ciò anche quando la sua presenza non sia visibile all'autore di questo, sempre che l'agente, tuttavia, ne abbia la consapevolezza ovvero avrebbe dovuto averla usando l'ordinaria diligenza (Sez. 1, n. 12328 del 02/03/2017, Gioia, Rv. 269556).

2.3 Diversamente dall'aggravante in esame, il reato di maltrattamenti ha, invece una struttura abituale in quanto costituito da una pluralità di fatti commessi reiteratamente dall'agente con l'intenzione di sottoporre il soggetto passivo ad una serie di sofferenze fisiche e morali, cosicchè ogni successiva condotta di maltrattamento si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario (Sez. 6, n. 56961 del 19/10/2017, Rv. 272200). Il delitto si perfeziona, dunque, allorchè si realizza un minimo di tali condotte (delittuose o meno) collegate da un nesso di abitualità (Sez. 6, n. 4636 del 28/02/1995, Cassani, Rv. 201148), ovvero nel momento in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti (Sez. 6, n. 52900 del 04/11/2016, Rv. 268559; Sez. 6, n. 43221 del 25/09/2013, Rv. 257461). Occorre, inoltre, considerare, che, quanto alla individuazione del dies a quo da cui computare il decorso del termine di prescrizione, questa Corte ha affermato che il reato in esame, "reato di durata", mutua la disciplina della prescrizione da quella prevista per i reati permanenti, con la conseguenza che per esso il decorso del termine di prescrizione avviene dal giorno dell'ultima condotta tenuta, la quale chiude il periodo consumativo iniziatosi con la condotta che, insieme alle precedenti, forma la serie minima di rilevanza (così, testualmente, Sez. 6, n. 52900 del 04/11/2016, Rv. 268559).

Proprio in considerazione del possibile iato temporale tra perfezionamento del reato in esame e cessazione dell'abitualità, questa Corte, pronunciandosi in tema di termine di fase della custodia cautelare con rifermento ad una fattispecie in cui le condotte vessatorie erano iniziate prima dell'entrata in vigore della L. n. 69 del 2019, ha ritenuto applicabile l'aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 572, comma 2 c.p., affermando che il reato di maltrattamenti, in quanto reato abituale, si consuma nel momento in cui ha luogo la cessazione della condotta, sicchè eventuali modifiche del regime sanzionatorio trovano applicazione anche se intervenute dopo l'inizio della consumazione, ma prima della cessazione della abitualità (Sez. 6, n. 2979 del 03/12/2020, dep. 2021, Rv. 280590).

2.4 Tornando alla fattispecie in esame, ritiene il Collegio che, tenuto conto del protrarsi della condotta criminosa in epoca successiva all'entrata in vigore della L. n. 69 del 2019, durante la quale è stata posta in essere l'ultima aggressione della E. alla presenza delle due figlie minori, legittimamente è stata effettuata la riqualificazione della circostanza aggravante ai sensi dell'art. 572, comma 2, c.p. Tale ultima condotta, infatti, saldandosi con le precedenti condotte vessatorie (Sez. 6, n. 52900 del 04/11/2016, Rv. 268559) assume rilevanza sia quale ultimo atto dell'illecito penale contestato, rilevante ai fini dell'individuazione del momento di consumazione del reato, che quale elemento sintomatico dalla ulteriore dimensione offensiva della condotta, tanto che, ai sensi del comma 4, il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti si considera quale persona offesa dal reato.

Alla luce di quanto sopra esposto, deve, dunque, escludersi che la riqualificazione della circostanza aggravante abbia comportato una violazione dell'art. 2 c.p. o del diritto di difesa del ricorrente, considerando, peraltro, che i relativi elementi fattuali erano stati specificamente contestati al capo B dell'imputazione.

Va, dunque, affermato il seguente principio di diritto: E' legittima la qualificazione della circostanza aggravante relativa alla commissione del fatto in presenza di un minore, ai sensi dell'art. 572, comma 2, c.p., e non dell'art. 61, n. 11-quinquies, c.p., nell'ipotesi in cui, a fronte di reiterate condotte vessatorie poste in essere con continuità prima dell'entrata in vigore della L. n. 69 del 2019, successivamente al 9 agosto 2019, sia stata commessa anche solo una condotta alla presenza di un minore.

3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

La cessazione del rapporto di convivenza tra i coniugi, fintanto che non sopraggiunga la sentenza di divorzio, non può considerarsi idonea a tracciare un discrimen tra l'area di operatività della fattispecie astratta di cui all'art. 572 c.p. e quella dell'ipotesi di cui all'art. 612-bis c.p.. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, cui il Collegio intende dare continuità, la cessazione del rapporto di convivenza, ad esempio a seguito di separazione legale o di fatto, non influisce sulla sussistenza del reato di maltrattamenti, rimanendo integri, anche in tal caso, i doveri di rispetto reciproco, di assistenza morale e materiale e di solidarietà che nascono dal rapporto coniugale (si veda, in tal senso, Sez. 3, n. 43701 del 12/06/2019, Rv. 277987; Sez. 6, n. 3087 del 19/12/2017, dep. 2018, Rv. 272134; Sez. 6, n. 33882 del 08/07/2014, Rv. 262078; Sez. 6, n. 7369 del 13/11/2012, dep. 2013, Rv. 254026). Ciò in quanto i vincoli di solidarietà e gli obblighi nascenti dal coniugio o, come nel caso in esame, anche dalla filiazione, permangono integri anche a seguito del venir meno della convivenza. In particolare, la separazione legale o di fatto tra i coniugi non incide sul vincolo di reciproco rispetto, assistenza morale e materiale, nonchè di collaborazione, cosicchè le condotte vessatorie poste in essere anche successivamente alla cessazione della convivenza sono idonee a configurare il delitto di maltrattamenti (Sez. 2, n. 39331 del 05/07/2016, Rv. 267915).

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile E.L. che si liquidano, alla stregua della nota spese depositata, come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile E.L. che liquida in complessivi Euro 2.700, oltre accessori di legge.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2022.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2022