Giu Il riconoscimento della continuazione in sede di esecuzione
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I PENALE - 25 maggio 2022 N. 20170
Massima
Il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un'approfondita e rigorosa verifica di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea.

L'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonchè la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sè soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un'unica deliberazione di fondo. Da quest'ultima non si può, infatti, prescindere giacchè la ratio della disciplina va ravvisata, con riferimento all'aspetto intellettivo, nell'iniziale previsione della ricorrenza di più azioni criminose rispondenti a determinate finalità dell'agente e, in relazione al profilo della volontà, nell'elaborazione di un programma di massima, ancorchè richiedente, di volta in volta, in sede attuativa, ulteriori specifiche volizioni (Sez. 1, n. 34502 del 02/07/2015, Bordoni, Rv. 264294).


Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I PENALE - 25 maggio 2022 N. 20170

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato, nei limiti e nei termini di seguito precisati.

2. L'ordinanza impugnata sfugge a censura, nella parte in cui esclude l'identità del disegno criminoso tra l'acquisto dello stupefacente in Piemonte nell'ottobre del 2011, giudicato con la sentenza del Gup del tribunale di Torino, e il tentativo d'importazione di cocaina dalla Colombia, muovendo dall'esatto principio di diritto (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074) secondo cui "il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un'approfondita e rigorosa verifica di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea".

L'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonchè la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sè soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un'unica deliberazione di fondo. Da quest'ultima non si può, infatti, prescindere giacchè la ratio della disciplina va ravvisata, con riferimento all'aspetto intellettivo, nell'iniziale previsione della ricorrenza di più azioni criminose rispondenti a determinate finalità dell'agente e, in relazione al profilo della volontà, nell'elaborazione di un programma di massima, ancorchè richiedente, di volta in volta, in sede attuativa, ulteriori specifiche volizioni (Sez. 1, n. 34502 del 02/07/2015, Bordoni, Rv. 264294).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto di escludere che i reati di cui alle indicate sentenze potessero essere ricondotti a un unico programma ideativo, sottolineando la notevole diversità dei contesti operativi e delle relative condotte.

Ha, invero - con motivazione scevra dai vizi lamentati dalla difesa evidenziato come il reato giudicato dalla Corte d'appello di Reggio Calabria in data 12 giugno 2019 riguardasse un tentativo d'importazione dal Sudamerica di un'ingente partita di cocaina, in un arco temporale compreso tra ottobre 2010 e gennaio 2011, e che vedeva l'imputato operare nell'ambito di una organizzazione criminale dedita a tale illecito traffico, mentre la vicenda oggetto della sentenza del Giudice dell'udienza preliminare di Torino riguardava l'acquisto di una partita di 11 chili di cocaina avvenuta in un diverso contesto territoriale ((OMISSIS)), a ragguardevole distanza (nell'ottobre 2011) dai fatti di cui al precedente processo, infine realizzata in concorso con persone che non risultano in alcun modo coinvolte nella organizzazione criminale di cui alla precedente condanna.

A fronte dell'anzidetta esaustiva motivazione della Corte territoriale, il ricorso e la memoria si limitano a lamentare l'inadeguata lettura delle sentenze che si vorrebbe unificare ex art. 81 c.p., comma 2, ma non prospettano alcun concreto indice - diverso dalla mera comunanza del tipo d'illecito, di per sè non significativo come sopra osservato - che induca a ritenere erronee, sul punto dell'esistenza di una congiunta antecedente volizione, le conclusioni già attinte.

3. E', invece, fondato il primo motivo di ricorso.

La motivazione dell'ordinanza è carente in rapporto all'invocata rideterminazione della pena con riferimento alla sentenza del Tribunale di Locri in data 24 novembre 1996, irrevocabile il 7 luglio 1999.

3.1. Ed, invero, sotto un primo profilo, non può non rilevarsi come - a fronte di una istanza che aveva rappresentato la esecuzione di una pena la cui rideterminazione avrebbe consentito l'applicazione della fungibilità - il giudice dell'esecuzione ha espresso diverso giudizio, limitandosi a richiamare i principi giurisprudenziali ritenuti ostativi e, in definitiva, ha formulato un accertamento in fatto - l'esaurimento del rapporto esecutivo - senza indicare i dati che lo giustificano.

3.2. Quanto, poi, al tema della rideterminazione in executivis della pena inflitta a seguito di pronuncia d'incostituzionalità (nella specie, sentenza n. 40/2019) di norme sul trattamento sanzionatorio (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 nella parte in cui stabilisce il minimo edittale in anni otto di reclusione, anzichè in anni sei di reclusione), pertinente si palesa, al riguardo, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "L'interesse concreto e attuale del condannato alla rideterminazione della pena inflitta con sentenza irrevocabile sulla base di parametri edittali più favorevoli vigenti a seguito di dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma penale riguardante il trattamento sanzionatorio, sussiste non solo se la pena non sia stata ancora interamente espiata, ma anche quando una quota della pena espiata in eccesso rispetto alla sopravvenuta cornice edittale più favorevole, possa essere imputata alla condanna per altro reato, ai sensi dell'art. 657 c.p.p., comma 3, sempre che la detenzione in eccesso sia sofferta dopo la commissione del reato per cui si chiede la fungibilità" (Sez. 6, n. 27403 del 10/06/2016, Crivello, Rv. 267365; Sez. 1, n. 32205 del 26/06/2015, Gomes Toscani, Rv. 264620.0i nonchè Sez. 1, n. 16027 del 27/01/2016, Romano, non massimata).

Invero, si è condivisibilmente evidenziato che, sulla base di una interpretazione adeguatrice dell'art. 657 c.p.p., commi 2 e 4, (che eviti una disciplina manifestamente irrazionale ed una palesemente ingiustificata disparità di trattamento, dato che l'elemento che caratterizza e giustifica la previsione speciale è costituito dal riferirsi ad una pena la quale, a seguito della modifica della cornice edittale in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale, si riveli espiata sine titulo), il principio appena richiamato non può ritenersi applicabile esclusivamente ai casi in esso indicati, ma debba ricomprendere le ipotesi, originariamente non previste, che si sono realizzate a seguito della progressiva erosione del principio dell'intangibilità del giudicato.

Si è poi puntualizzato che, ai fini della legittimità della richiesta di rideterminazione della pena per fungibilità, è necessario che sia indicata specificamente la sentenza di condanna a pena passibile di esecuzione (quindi non condizionalmente sospesa, non indultabile,J rispetto alla quale è richiesta la fungibilità della pena espiata in eccesso, ed è necessario che sussista il requisito cronologico previsto dall'art. 657 c.p.p., comma 4 secondo cui la detenzione sofferta in eccesso deve essersi verificata dopo la commissione del reato per cui si chiede la fungibilità.

Il giudizio in ordine all'esaurimento del rapporto esecutivo dipendente dalla condanna interessata dalla pronuncia di incostituzionalità richiede, dunque, l'esame del complessivo rapporto esecutivo che riguarda il condannato, secondo i principi che regolano la materia (Sez. 1, 23/04/2010, Fabiano, Rv. 247076; Sez. 1, 30/06/2014, Facella, Rv. 261197), e verificando quindi, una volta individuato il cumulo parziale che riguarda la pena inflitta con la sentenza oggetto della richiesta di rideterminazione, se la complessiva pena determinata in quel cumulo sia stata interamente espiata.

4. L'ordinanza impugnata, che non appare conforme a tali insegnamenti, deve pertanto essere annullata limitatamente alla rideterminazione della pena detentiva irrogata con la sentenza del Tribunale di Locri del 24.11.1996, irrevocabile il 7.07.1999, con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria perchè proceda a un nuovo esame dell'istanza proposta, libero nell'esito ma ossequi ttiti dei principi di diritto sopra esposti.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla rideterminazione della pena detentiva irrogata con la sentenza del Tribunale di Locri del 24.11.1996, irrevocabile il 7.07.1999, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Reggio Calabria.

Rigetta nel resto il ricorso.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2022