Giu Confisca ex art. 648 quater c.p.: legittima la confisca per equivalente disposta per l'intera entità del prezzo o profitto accertato nei confronti anche di un solo concorrente
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II PENALE - 18 novembre 2022 N. 43944
Massima
Quanto, infine, al rilievo concernente la impossibilità di disporre il sequestro "per intero" nei confronti di tutti e ciascuno dei concorrenti, il collegio ritiene di non doversi discostare dall'orientamento che ritiene legittima la confisca per equivalente, di cui all'art. 648 quater c.p., disposta per l'intera entità del prezzo o profitto accertato nei confronti anche di un solo concorrente, indipendentemente dalla quota personalmente percepita, in quanto il principio solidaristico, che informa la disciplina del concorso di persone nel reato, implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa in capo a ciascun concorrente e, quindi, solidarietà nella pena e nelle misure a carattere sanzionatorio, quale la confisca per equivalente (cfr., Sez. 2 -, Sentenza n. 9102 del 24/11/2020, Mottola Luigi, Rv. 280886 - 01); non senza rilevare che il Tribunale, con motivazione invero "assorbente" rispetto al rilievo difensivo, ha dato atto che l'importo attinto nei confronti della (Omissis) Srl è di gran lunga inferiore rispetto a quello per il quale la misura era stata adottata.

Casus Decisus
1. Con l'ordinanza del 13.1.2022 il Tribunale di Treviso ha respinto l'appello che era stato proposto nell'interesse di (Omissis) Srl in liquidazione contro il provvedimento del GIP che, in data 23.12.2021, aveva a sua volta rigettato l'istanza con cui la difesa dell'ente aveva chiesto la revoca del sequestro preventivo e per equivalente che era stato disposto dal GIP sino all'importo di Euro 109.771.476,51 nei confronti (tra gli altri) della società odierna ricorrente in quanto indagata ai sensi dell'art. 231 del 2001 in relazione a fattispecie di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche; 2. ricorre per cassazione il difensore della società lamentando: 2.1 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 587 e 125 c.p.p., D.Lgs. n. 231 del 2001, artt. 35 e 72, art. 111 Cost., e art. 6 CEDU per mancata estensione del provvedimento del GIP di Treviso alla (Omissis) Srl : rileva che, con l'ordinanza del 23.11.2020 resa in sede di riesame (proposto da altri indagati) il Tribunale di Treviso aveva limitato il sequestro alle somme entrate nel patrimonio dei ricorrenti prima della consumazione dei reati per i quali si procede ma che tale principio non è stato invece applicato nei confronti della (Omissis) Srl che, anche su tale presupposto, aveva chiesto la revoca del provvedimento genetico; invoca, dunque, l'effetto estensivo del provvedimento adottato dal medesimo Tribunale in sede di riesame alla luce dell'art. 587 c.p.p., applicabile all'ente ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 35, e di cui è espressione l'art. 72 del D. cit.; 2.2 violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo agli artt. 321, 322 bis e 125 c.p.p., artt. 640 quater e 322 ter c.p., art. 111 Cost., e art. 6 CEDU in relazione alla misura del sequestro ed al blocco del conto corrente: rileva che con l'atto di appello la difesa aveva chiesto lo sblocco dei conti correnti della società, richiesta su cui nè il GIP ma nemmeno il Tribunale si sono pronunciati con conseguente perdurare della impossibilità della società di operare; 2.3 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 321, 322 bis e 125 c.p.p., artt. 640 quater e 322 ter c.p., con riferimento alla misura del sequestro: richiama il provvedimento del Tribunale di Treviso del 23.11.2020 nonchè il tenore della conseguente istanza di revoca proposta dalla difesa con riguardo alle somme pervenute sul conto corrente societario in data successiva al reato o al suo accertamento; evoca, ancora, il principio affermato dalle SS.UU. 42415 del 2021 e la necessità, ribadita in quella sede, che l'indagatolimputato goda di tutte le garanzie e le facoltà riconosciutegli dall'ordinamento; richiama la giurisprudenza sulla impossibilità di confiscare somme pervenute all'imputato/indagato in data successiva alla commissione del reato insistendo sull'errore in cui sarebbe incorso il Tribunale nel ritenere ininfluente l'origine lecita del denaro appreso sul conto corrente e la configurabilità di un sequestro "sine die" ovvero un sequestro "in futuro" dall'oggetto indeterminato; 2.4 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 321, 322 bis e 125 c.p.p., artt. 640 quater e 322 ter c.p., con riguardo alla quantificazione del profitto: richiamati i termini dell'istanza di revoca ed il tenore del provvedimento impugnato rileva che dalla documentazione contabile allegata all'istanza di revoca risultavano sia l'adempimento degli oneri fiscali che le singole transazioni aggiungendo che il provvedimento impugnato non dà conto in alcun modo di come sia stato quantificato il "profitto" conseguito dalla società e che deve essere determinato tenendo conto della utilità eventualmente conseguita in concreto secondo un principio di effettività; richiama, ancora, la censura relativa alla necessità di individuare il profitto eventualmente conseguito da ciascuna delle società coinvolte e la motivazione con cui il Tribunale la ha liquidata e la giurisprudenza di questa Corte resa in sede di sequestro finalizzato alla confisca in casi di reati plurisoggettivi; 3. il PG ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, concludendo per l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato con limitazione del sequestro alle somme di denaro entrate nel patrimonio della (Omissis) Srl fino alle date di consumazione dei reati di cui ai capi 2 e 3 della imputazione provvisoria: premessa la infondatezza del quarto motivo, segnala, invece, come sia fondato il primo motivo con cui la difesa lamenta la mancata estensione alla (Omissis) Srl della ordinanza dell'11.11.2020 adottata in sede di rinvio dall'annullamento disposto dalla Cassazione (Sez. 2, n. 11136 del 6.3.2020) proprio in ordine alla limitazione del sequestro alle somme già confluite sui conti degli indagati al momento della consumazione del reato o, al più, del suo accertamento; richiama, a tal proposito, la decisione delle SS.UU. 19046 del 2012 in punto di effetto estensivo delle decisioni assunte in sede di impugnazione delle misure cautelari reali e, in ogni caso, il combinato disposto dell'art. 587 c.p.p., e D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 72; 4. la difesa della società ricorrente ha trasmesso le proprie conclusioni scritte insistendo per l'accoglimento del ricorso ovvero, in subordine, associandosi alle conclusioni rassegnate dal PG.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II PENALE - 18 novembre 2022 N. 43944

Il ricorso è, complessivamente, infondato.

1. Il procedimento trae origine da una contestazione che ha attinto numerose persone accusate di avere costituito plurime società operanti nel settore dei lavori di ri Spa rmio energetico predisponendo documentazione falsa attestante interventi in realtà mai eseguiti con la finalità di conseguire, tramite diversi soggetti tra cui (Omissis) Srl , l'erogazione di ingenti contributi pubblici corrisposti sotto forma di TEE (Titoli di Efficienza Energetica).

Il sequestro preventivo, fondato sul ritenuto "fumus" del delitto di cui agli artt. 110 - 640 bis c.p., e art. 61 c.p., n. 7, era stato eseguito (anche) nei confronti della (Omissis) Srl in data 17.12.2019 ed in data 3.2.2020 ed aveva interessato i saldi attivi dei conti della società e, in particolare, la somma di Euro 128.674,82 giacente sul conto corrente acceso presso la (Omissis) e (Omissis) s.c..

2. Con l'istanza di revoca del 18.5.2021, la difesa della società aveva chiesto la revoca del sequestro quanto alle somme pervenute nella disponibilità dell'Ente in data successiva al reato (dicembre 2017) ovvero in data successiva al suo accertamento (aprile 2018) e lo sblocco dei conti correnti.

3. Il GIP, con provvedimento del 23.12.2021, aveva respinto l'istanza di revoca sicchè, con l'atto di appello, la difesa aveva chiesto al Tribunale di dichiarare la nullità del provvedimento in quanto immotivato e, comunque, revocarsi il sequestro con riguardo alle somme pervenute nella disponibilità della società in data successiva alla commissione del reato ovvero al suo accertamento in forza di un titolo lecito facendo presente, in particolare, che la somma di Euro 126.327 era confluita sul conto della (Omissis) Srl soltanto dal marzo del 2019 in poi; sotto altro profilo, la difesa aveva rappresentato l'erroneità del calcolo operato dal GIP circa l'ammontare delle somme per cui era stata disposta la misura poichè la (Omissis) Srl aveva venduto i TEE corrispondendo le relative imposte e tasse; aveva infine segnalato che non poteva essere comunque sequestrato l'intero importo atteso che la vendita si inseriva in un rapporto "sinallagmatico"; non era possibile sequestrare tutto l'importo nei confronti di tutti.

4. Il Tribunale ha respinto l'appello rilevando, sull'eccezione di nullità, che, seppure il provvedimento del GIP era stato motivato "per relationem", è pur vero che spetta al giudice del gravame di appello l'intera cognizione (nei limiti del devoluto) con la possibilità di far luogo alla motivazione mancante del provvedimento impugnato.

Nel merito, e con riguardo al rilievo concernente la impossibilità di sequestrare somme affluite sul conto corrente in data successiva al reato e, persino, alla sua contestazione, ha evocato i principi affermati con la nota decisione delle SS.UU. 42415 del 2021 con riguardo alla confisca diretta avente ad oggetto somme di denaro.

Per altro verso, il Tribunale ha richiamato l'ordinanza genetica sull'entità delle somme acquisite dalla società a seguito della vendita dei 4407 TEE prendendo atto che non vi era prova sul pagamento delle imposte sulla somma acquisita (cfr., la documentazione prodotta che, secondo i giudici dell'appello cautelare, attesta l'incarico ad uno studio commercialista ma non il pagamento e, ancor meno, l'entità delle imposte pagate); da ultimo, ha spiegato, la cessione dei TEE non si risolve in un rapporto "sinallagmatico" non essendovi perciò alcuna "controprestazione" da detrarre al loro valore.

5.1 Tanto premesso, deve in primo luogo rilevarsi la infondatezza del primo motivo del ricorso.

Sostiene la difesa che il Tribunale avrebbe dovuto conformarsi alla decisione adottata dal medesimo ufficio in data 11.11.2020 su rinvio disposto con sentenza 11136 di questa Corte e con cui il sequestro (operato nei confronti degli indagati persone fisiche) era stato limitato alle somme confluite nei rispettivi patrimoni fino alla data di consumazione dei reati di cui ai capi 2 e 3 della provvisoria incolpazione.

Il Tribunale, si assume nel ricorso, avrebbe dovuto semplicemente recepire e dare seguito all'effetto "estensivo" della predetta pronuncia sia in forza del principio generale enunciato nell'art. 587 c.p.p., sia, anche, della norma "speciale" di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 72, a tenore del quale "le impugnazioni proposte dall'imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo e dall'ente, giovano, rispettivamente, all'ente e all'imputato, purchè non fondate su motivi esclusivamente personali".

Non è allora inutile in primo luogo ribadire il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, che in più occasioni ha avuto modo di chiarire che nel procedimento di riesame delle misure cautelari reali, l'estensione agli altri coindagati degli effetti favorevoli della decisione emessa presuppone che il procedimento incidentale si svolga in modo unitario e cumulativo ed opera soltanto se questi non abbiano proposto impugnazione, ovvero se quella proposta sia stata dichiarata inammissibile, non invece quando essa sia stata esaminata nel merito con decisione diversa ed incompatibile con quella di cui si chiede l'estensione (cfr., Sez. 2, Sentenza n. 54298 del 16/09/2016, Baldassarri, Rv. 268633 - 01, in cui la Corte ha chiarito che l'effetto estensivo dell'impugnazione opera infatti a favore dei correi soltanto se questi non hanno proposto impugnazione, ovvero se quella proposta sia stata dichiarata inammissibile, non invece quando essa sia stata esaminata nel merito con decisione diversa ed incompatibile con quella di cui si chiede l'estensione; conf.,. Cass. n. 27701 del 2008 Rv. 240362, n. 3702 del 2013 Rv. 254765, n. 8026 del 2014 Rv. 258530, n. 40254 del 2014 Rv. 260445, n. 43296 del 2014 Rv. 260978, n. 8026 del 2014 Rv. 258530).

Questa affermazione non è in contrasto ed è anzi assolutamente coerente con il principio espresso dalle S.UU. nella sentenza "Peroni ed altri" richiamata anche nella requisitoria del PG, in quanto nella fattispecie ivi esaminata si era ritenuta l'unitarietà del procedimento sul rilievo che l'impugnazione autonomamente proposta da uno dei coindagati avverso un provvedimento interlocutorio non ne avesse determinato la frammentazione, essendo lo stesso proseguito unitariamente nei confronti di tutti e quattro i ricorrenti, ma ne avesse comportato un'anticipazione di decisione su uno degli aspetti procedurali, che anche gli altri coindagati avevano coltivato con un diverso ricorso assegnato ad altra Sezione della Corte).

Nel caso di specie, invece, è pacifico che il ricorso della (Omissis) Srl sia stato instaurato separatamente ed autonomamente rispetto alle impugnazioni che erano state precedentemente introdotte dagli indagati persone fisiche non sussistendo, perciò, per questa assorbente ragione, i presupposti perchè potesse operare, a favore dell'odierna ricorrente, l'effetto estensivo ancorato all'art. 587 c.p.p..

Si potrebbe, tuttavia, immaginare che, rispetto a detta norma, l'ambito applicativo del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 72, sia diverso e più ampio e che, anzi, tale disposizione sia destinata a trovare un proprio autonomo Spa zio operativo proprio laddove interpretata nel senso che l'effetto estensivo operi indipendentemente dalla circostanza che l'indagato persona fisica e l'ente siano parti del medesimo procedimento o subprocedimento; ipotesi, peraltro, tutt'altro che remota ed anzi in qualche misura fisiologica laddove si ponga mente alla attenzione posta dal legislatore del 2001 alla necessità di evitare interferenze (ad esempio stabilendo una incompatibilità tra le posizioni difensive) tra i responsabili dell'illecito e l'ente che se sia giovato.

Se non chè, anche volendo sposare questa ipotesi interpretativa, resta il fatto che l'operatività dell'effetto estensivo, anche nella disposizione "speciale", rimane pur sempre collegata alla circostanza che le impugnazioni proposte dall'imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo e dall'ente siano fondate su motivi non esclusivamente personali.

Sono tali, come è noto, quei motivi che incidano sulla esistenza stessa del reato (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 5, Sentenza n. 7557 del 23/03/1999, Perchiunno ed altro, Rv. 213784 - 01) ovvero a motivazioni in fatto suscettibili di essere riferite a tutti i coimputati o coindagati.

Ne consegue, allora, che nessun effetto estensivo poteva prodursi in favore della (Omissis) Srl in conseguenza della pronuncia adottata dal medesimo Tribunale di Treviso con riguardo agli indagati persone fisiche e che, come si è accennato, attiene al momento in cui le somme attinte dalla misura reale erano pervenute nella loro disponibilità.

Si tratta, infatti, di situazioni di volta in volta diverse e variabili e rispetto alle quali l'unico denominatore comune non è un elemento oggettivo della fattispecie ma è piuttosto, ed esclusivamente, il principio di diritto affermato nella sentenza rescindente che, come tale, non può trovare automatica applicazione al di fuori del giudizio di rinvio dove, come pure è noto, e solo in quel caso ed in quell'ambito, non ha rilievo l'eventuale mutamento della giurisprudenza anche se a seguito di decisioni delle SS.UU. sopravvenute a quella di annullamento (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 6 -, Sentenza n. 14433 del 14/01/2020, Geraci, Rv. 278848 - 01, in cui si è ribadito che sussiste l'obbligo del giudice di uniformarsi al principio di diritto enunciato con la sentenza di annullamento anche se questo, successivamente, risulti contrario al diverso principio affermato dalle Sezioni Unite in analoga fattispecie, salvo restando che il mutamento giurisprudenziale integra un "nuovo elemento" di diritto, idoneo a legittimare la riproposizione di richiesta di revoca o modifica della misura cautelare personale non più suscettibile di gravame).

5.2 Nel caso in esame, al contrario, il Tribunale ha correttamente e doverosamente applicato il principio di diritto affermato dalle SS.UU. nella sentenza "Coppola" ritenendo irrilevante che le somme attinte dal sequestro fossero confluite sul conto corrente della (Omissis) Srl in data successiva ai reati oggetto di contestazione: in quella sede, infatti, le SS.UU. hanno ribadito che "la peculiare natura del "bene-denaro" costituente il prezzo o il profitto del reato conforma i tratti e la disciplina della confisca che lo abbia ad oggetto. A tale fine, quale numerarlo fungibile destinato ex lege a servire da mezzo di pagamento, esso è infatti ontologicamente e normativamente indifferente all'individuazione materiale del relativo supporto nummario: natura e funzione del denaro rendono recessiva la sua consistenza fisica, determinando la sua automatica confusione nel patrimonio del reo, che ne risulta correlativamente accresciuto.

Le SS.UU. hanno spiegato che "per la confisca del prezzo o del profitto del reato che sia consistente in una somma di denaro è quindi irrilevante che il numerarlo conseguito dall'autore - perciò stesso confuso nel suo patrimonio, al pari, del resto, di eventuali altre acquisizioni monetarie lecite - sia materialmente corrispondente a quello sottoposto a confisca. La somma di denaro che ha costituito il prezzo o il profitto del reato non va dunque considerata, ai fini che ci occupano, nella sua fisica consistenza, ma nella sua ontologica essenza di bene fungibile e paradigma di valore.

Se il prezzo o il profitto del reato è rappresentato da una somma di denaro, essa si confonde con le altre componenti del patrimonio del reo e perde perciò stesso ogni giuridico rilievo la sua identificabilità fisica.

Da un lato, quindi, non occorrerà ricercare lo stesso numerarlo - le medesime banconote - conseguito dall'autore come diretta derivazione dei reato da lui commesso, e, dall'altro, nessuna rilevanza sarà attribuibile all'eventuale esistenza di altri attivi monetari in ipotesi confluiti nel patrimonio del reo, foss'anche a seguito di versamenti di denaro aventi origine lecita nel suo conto corrente bancario.

Lo scopo della misura non è, infatti, di ritrovare sul conto corrente del reo le stesse banconote ab origine costituenti il prezzo o il profitto del reato, ma di realizzare l'ablazione della somma che sia già entrata nel patrimonio dell'autore a causa della commissione dell'illecito ed ivi sia ancora rinvenibile.

Come icasticamente affermato dall'Avvocato generale nella sua pregevole memoria, "la confisca diretta insegue non le banconote, ma la somma di denaro quale entità che incrementa il patrimonio del reo".

Allo stesso modo, risultano irrilevanti le vicende che abbiano in ipotesi interessato la somma riveniente dal reato, una volta che la stessa- intesa, come per sua natura, quale massa monetaria fungibile - sia stata reperita nel patrimonio del reo al momento dell'esecuzione della misura ablativa o, se del caso, del prodromico vincolo cautelare. In tale ipotesi, infatti, l'occultamento o il consumo eventuali del pretium delicti, ovvero la sua sostituzione con altro numerarlo anche di origine lecita - avrebbero ad oggetto un valore monetario già confluito nel patrimonio del reo e divenuto perciò, al pari degli altri dello stesso tipo ivi rinvenuti, una sua indistinguibile componente liquida, tutt'ora esistente al momento della confisca.

Mentre l'eventuale trasformazione di quella componente monetaria rileverebbe solo in quanto essa abbia comportato, al momento della cautela reale o dell'ablazione, il venir meno nel patrimonio del reo di qualsivoglia attivo dello stesso genere.

Solo in questa ipotesi, che Sez. U, Lucci ha definito "novazione oggettiva", cioè quando non sia più rinvenuto l'accrescimento monetario derivante dal reato perchè la persona non dispone più di denaro, opererà, nei casi normativamente previsti, lo strumento surrogatorio della confisca per equivalente, attuabile sui beni di diversa natura di cui disponga l'autore del reato".

5.3 Il quarto motivo del ricorso propone censure che evocano vizi di motivazione non deducibili nei confronti del provvedimento in verifica e, in ogni caso, che non si confrontano adeguatamente con il contenuto dei provvedimento impugnato che ha in ogni caso compiutamente argomentato in merito alla quantificazione del "profitto" senza la possibilità di detrarre le imposte di cui non era stato dimostrato l'avvenuto pagamento e, per altro verso, alcuna "controprestazione".

Quanto, infine, al rilievo concernente la impossibilità di disporre il sequestro "per intero" nei confronti di tutti e ciascuno dei concorrenti, il collegio ritiene di non doversi discostare dall'orientamento che ritiene legittima la confisca per equivalente, di cui all'art. 648 quater c.p., disposta per l'intera entità del prezzo o profitto accertato nei confronti anche di un solo concorrente, indipendentemente dalla quota personalmente percepita, in quanto il principio solidaristico, che informa la disciplina del concorso di persone nel reato, implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa in capo a ciascun concorrente e, quindi, solidarietà nella pena e nelle misure a carattere sanzionatorio, quale la confisca per equivalente (cfr., Sez. 2 -, Sentenza n. 9102 del 24/11/2020, Mottola Luigi, Rv. 280886 - 01); non senza rilevare che il Tribunale, con motivazione invero "assorbente" rispetto al rilievo difensivo, ha dato atto che l'importo attinto nei confronti della (Omissis) Srl è di gran lunga inferiore rispetto a quello per il quale la misura era stata adottata.

Da ultimo, va pur segnalato che il "blocco" del conto corrente non è altro che il riflesso della impossibilità del titolare di operare su di esso in conseguente del sequestro dell'attivo.

6. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2022