Giu furto rivolto verso cose all'interno dell'autovettura che non ne costituiscono la normale dotazione: no all'aggravante dell'esposizione della res alla pubblica fede
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 20 marzo 2023 N. 11527
Massima
Non sussiste l'aggravante dell'esposizione della res alla pubblica fede qualora sia provato che il furto era rivolto verso cose all'interno dell'autovettura che non ne costituivano la normale dotazione ovvero che erano di immediato e facile asporto per il proprietario. Ove tuttavia, a fronte dell'accertato tentativo di accedere all'interno dell'auto, non ricorra alcun elemento che attesti che l'oggetto dell'azione delittuosa fosse qualcosa di diverso dall'auto stessa, la fattispecie deve essere ricondotta nell'ambito di applicazione dell'aggravante ex art. 625, numero 7 c.p.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 20 marzo 2023 N. 11527

I motivi sopra illustrati tendono a sollecitare a questa Corte una rivalutazione del fatto non consentita in questa sede di legittimità. Peraltro, gli stessi si sostanziano nella riproposizione delle medesime doglianze già sollevate in appello, senza che vi sia un adeguato confronto critico con le risposte a quelle fornite dai giudici del gravame del merito.

Per contro, l'impianto argomentativo del provvedimento impugnato appare puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in sede di legittimità.

Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.

2. In premessa va rilevato che, in ragione dell'inammissibilità del ricorso, non assume rilievo l'entrata in vigore, dopo la proroga, del decreto legislativo che ha dato attuazione alla L. 134 del 27 settembre 2021 (la cosiddetta "riforma Car-tabia") che ha previsto che il reato di cui all'imputazione sia procedibile soltanto a querela di parte.

Ciò in quanto le Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, alla cui condivisibile motivazione si rimanda, hanno chiarito che, in tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela (in quel caso per effetto del D.Lgs. n. 10 aprile 2018, n. 36, ma il principio ha portata generale) ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, l'inammissibilità del ricorso esclude che debba darsi alla persona offesa l'avviso previsto dall'art. 12, comma 2, del predetto decreto per l'eventuale esercizio del diritto di querela (Sez. Un. 40150 del 21/6/2018, Salatino, Rv. 273551).

3. Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonchè corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare hanno ritenuto che, alla luce delle complessive emergenze processuali, costituite dagli atti di indagine compiuti nella fase delle indagini preliminari in virtù della scelta del rito abbreviato, la sentenza di primo grado dovesse essere integralmente confermata.

Con motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto la Corte territoriale ha ritenuto che sussistesse senza alcun dubbio la circostanza aggravante dell'esposizione della res alla pubblica fede, avendo l'imputato approfittato della circostanza che l'autovettura della vittima si trovava parcheggiata in una pubblica via, non essendo rilevante, sotto tale specifico profilo, che l'azione delittuosa fosse effettivamente rivolta all'autovettura ovvero soltanto agli oggetti presenti al suo interno.

E' vero, come sottolinea il ricorrente, che per giurisprudenza costante di questa Corte di legittimità non sussisterebbe l'aggravante qualora fosse provato che il furto era rivolto verso cose all'interno dell'autovettura che non ne costituissero la normale dotazione ovvero che fossero di immediato e facile asporto per il proprietario. Tuttavia, a fronte del tentativo di accedere all'interno dell'auto, non vi è alcun elemento risultante dagli atti o allegato dalla stessa difesa che attesti che l'oggetto dell'azione delittuosa forse qualcosa di diverso dall'auto stessa.4. Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso in punto di dosimetria della pena che la Corte territoriale rileva essere oggettivamente mite e ritiene congrua e proporzionata alla gravità del fatto e alla capacità a delinquere dimostrata dal reo, desunta anche dai precedenti penali a suo carico, di carattere anche specifico, con conseguente impossibilità di ulteriore riduzione della pena e di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

L'obbligo motivazionale è dunque assolto laddove questa Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra, tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso -che peraltro non è quello che ci occupa- in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 c.p. (così questa Sez. 4, n. 46412 del 5/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, Serra-tore, Rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dell'8/5/2013, Taurasi e altro, Rv. 256464; Sez. 3, n. 10095 del 10/1/2013, Monterosso, Rv. 255153; Sez. 2, n. 36245 del 26/6/2009, Denaro, Rv. 245596). E ancora di recente, è stato ribadito che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, Mastro ed altro, Rv. 271243).5. Nè può porsi in questa sede la questione di un'eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d'appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso. La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen (così Sez. Un. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. Un., n. 23428 del 2/3/2005, Bracale, Rv. 231164, e Sez. Un. 19601 del 28/2/2008, Niccoli, Rv. 239400; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaf-foni, Rv. 256463).6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2023