Giu Tutela dell'affidamento in caso di situazione abusiva: rilevanza del trascorrere del tempo
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II - SENTENZA 23 agosto 2022 N. 7371
Massima
Il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare , e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II - SENTENZA 23 agosto 2022 N. 7371

Pubblicato il 23/08/2022

N. 07371/2022REG.PROV.COLL.

N. 01328/2022 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1328 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Stanca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Camaiore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Bimbi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Gianluca Barneschi in Roma, via Panama, 77;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 1345/2021, resa tra le parti;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Camaiore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2022 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti gli avvocati Stanca Marcello, Luigi Bimbi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Parte appellante impugna la sentenza del Tar Toscana n. 1345/2021 resa nel processo di cui al R.G. n. 1086/2020, che in parte ha respinto e in parte dichiarato improcedibile il ricorso principale formulato dal medesimo appellante; ha accolto in parte i motivi aggiunti e, per l'effetto, ha annullato l'impugnata determinazione integrativa, nella parte in cui ha quantificato la superficie della particella 950 ai fini dell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale.

In sostanza, l’adito T.A.R. ha rigettato tutte le censure mosse avverso i provvedimenti di demolizione e acquisizione delle aree, limitando l'accoglimento del solo motivo aggiunto inerente il criterio di selezione utilizzato dal Comune per l'acquisizione delle aree ulteriori rispetto a quelle di sedime.

La parte appellante, ricorrente in primo grado, ha formulato i seguenti motivi di ricorso:

1. PRIMO MOTIVO DI APPELLO: Violazione dell'art. 112 c.p.c. – Violazione degli artt. 31 DPR n. 380/2001 , 132 LRT n. 01/2005, 196 LRT n. 65/2014 nonché degli artt. 21septies e 21octies l. n. 241/1990 - Omessa pronuncia o erroneo rigetto sul secondo motivo aggiunto; Erroneo rigetto del primo motivo aggiunto in punto di sviamento di potere e nullità di tutti gli atti impugnati anche in termini di invalidità derivata nonché del quarto motivo aggiunto in punto di indeterminatezza del provvedimento acquisitivo; Violazione dell'art. 29 D.lgs n. 104/2010 - Erronea dichiarazione di intangibilità dell'ordine di demolizione.

In sostanza l’appellante contesta la portata della pronuncia di annullamento del T.A.R., che ha accolto le censure formulate nel secondo motivo di ricorso per motivi aggiunti avverso la determinazione integrativa n. 1148 del 13.11.2020, in quanto il Comune di Camaiore avrebbe adottato un criterio contrario a legge per la quantificazione del terreno ulteriore da acquisire, consistito nel voler valorizzare la destinazione dell’immobile a un "pubblico utilizzo correlato ad una eventuale emergenza abitativa".

La pronuncia impugnata risulterebbe erronea nella parte in cui non ha accolto per la stessa ragione le censure formulate nei confronti di tutti gli atti gravati, ivi compresa la prima ordinanza acquisitiva n. 257 del 21.08.2020, relativa alla particella n. 951.

2. SECONDO MOTIVO DI APPELLO: Violazione dell'art. 112 c.p.c. – Violazione degli artt. 2-14-29-31-47 Cost. nonché art. 34 par. 3 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e art. 8 CEDU in punto di diritto di abitazione, in relazione agli artt. 31 DPR n. 380/2001 , 132 LRT n. 1/2005, 196 LRT n. 65/2014 – Omessa pronuncia sul terzo motivo aggiunto ed erroneo rigetto dei motivi sette e otto del ricorso principale nonché dell'undicesimo motivo aggiunto - Violazione del diritto fondamentale all'abitazione e dell'affidamento; Violazione dell'art. 3 l. n. 241/1990 - Omessa motivazione sul bilanciamento di interessi; Eccesso e/o sviamento di potere - Ingiustizia manifesta - Violazione norme CEDU - Nullità di tutti gli atti impugnati - Ancora violazione dell'art. 29 D.lgs n. 104/2010 per erronea dichiarazione di intangibilità dell'ordine di demolizione.

In sintesi, la parte appellante lamenta che l’adito T.A.R. abbia ingiustamente rigettato i motivi del ricorso principale e del ricorso per motivi aggiunti, con cui l’appellante ha dedotto la violazione, da parte dell’Amministrazione resistente, del fondamentale diritto di abitazione proprio e della propria famiglia.

3. TERZO MOTIVO DI APPELLO: Violazione degli art. 112 c.p.c. e 2 D.lgs. n. 104/2010 - Violazione del giusto processo - Erronea dichiarazione di inammissibilità di parte del motivo nove del ricorso principale e del dodicesimo motivo aggiunto; Violazione degli artt. 24, 27 e 111 Cost, 6 e 7 CEDU, 3 e 4 L. n. 689/1981 - Erroneo rigetto della restante parte dei predetti motivi – Travisamento ed erronea valutazione dei motivi di doglianza - Violazione di legge - Eccesso di potere - Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto - Impossibilità / inesigibilità di spontaneo adempimento all'ordine di demolizione - Stato di necessità; Violazione del principio del ne bis in idem - Erronea pronuncia sul quarto motivo aggiunto in punto di invalidità della riedizione del potere sanzionatorio.

Con questo motivo di appello, l’appellante ha lamentato che il T.A.R. avrebbe rigettato le censure avverso l’ordine di demolizione e l’acquisizione gratuita, rilevando che in sede di decisione non siano stati presi congruamente in considerazione elementi inerenti alla validità delle sanzioni penali o amministrative, quali la riferibilità soggettiva dell'illecito all'autore sotto i profili del dolo o della colpa e l'assenza di c.d. scriminanti, così come l’impossibilità di demolire nel termine di 90 giorni.

4. QUARTO MOTIVO DI APPELLO: Difetto di motivazione in ordine alle censure proposte avverso la disposizione di servizio GE 2020/37904 – Mancato accertamento del vizio di incompetenza - Violazione dell'art. 107 comma 3 TU Enti Locali (motivo uno del ricorso principale e sesto dei motivi aggiunti

Il T.A.R. Toscana avrebbe ingiustamente rigettato i motivi di ricorso relativi all'incompetenza del funzionario del Comune di Camaiore ad adottare l'Ordinanza di acquisizione e la determinazione integrativa, con contestuale invalidità della disposizione di servizio GE 2020/37904 con la quale è stata rilasciata la delega al funzionario.

5. QUINTO MOTIVO DI APPELLO: Violazione degli artt. 196 e 199 LRT n. 65/2014 nonché degli artt. 31 e 33 Dpr n. 380/2001- Erronea dichiarazione di inammissibilità e comunque erroneo rigetto del motivo tre del ricorso principale e dell'ottavo motivo aggiunto - Travisamento dei fatti - Difetto di Istruttoria e omessa motivazione.

La parte appellante contesta il capo di sentenza nel quale ha ritenuto non applicabile al caso di specie l’art. 199 della L.R. Toscana n. 65/2014, riguardante gli interventi di ristrutturazione edilizia abusivi, che non prevede l'acquisizione gratuita in favore dell’Amministrazione in caso di mancata ottemperanza all’ordine di demolizione.

Il giudice di prime cure avrebbe rigettato la qualificazione dell'intervento alla stregua di ristrutturazione ricostruttiva osservando come il manufatto precedente e quello successivamente costruito sarebbero in effetti manufatti diversi per consistenza e ubicazione, posto che vi sarebbe stato incremento volumetrico, un cambio d'uso e un diverso posizionamento, concludendo che l'art. 199 della L.R.T. n. 65/2014 non si applicherebbe al caso di specie per assenza di continuità tra i due manufatti.

Nell’ipotesi di specie, tuttavia, la natura dell'intervento assentito con il permesso di costruire era di ristrutturazione ricostruttiva inquadrabile nell'art. 134 comma 1 lett. h) della L.R.T. n. 65/2014. La totale difformità dell'opera eseguita secondo l’appellante, è sanzionabile ai sensi dell'art. 199 della medesima L.R.T. n. 65/2014, con la demolizione, ma senza sanzione acquisitiva per il caso di omesso ripristino.

Il TA.R. Toscana, inoltre, avrebbe ingiustamente escluso l'applicazione dell'art. 196, comma 8, della L.R.T. n. 65/2014, richiamato dall’appellante in via subordinata rispetto alla riconduzione dell'intervento edilizio alla fattispecie di cui all'art. 199 L.R.T. n. 65/2014

6. SESTO MOTIVO DI APPELLO: Violazione dell'art. 31 DPR n. 380/2001 - Erroneo rigetto di parte del motivo tre e quattro del ricorso principale e del nono motivo aggiunto - Omessa preventiva identificazione delle aree sottoposte ad acquisizione - Omessa motivazione - Violazione del legittimo affidamento.

Parte appellante contesta, inoltre, l’erroneità del rigetto da parte del T.A.R. Toscana dei motivi con cui si censuravano gli atti impugnati per l’assenza nell'ordinanza di demolizione dell'indicazione specifica, a fronte dei plurimi abusi contestati, delle opere edilizie esposte all'acquisizione gratuita se non demolite entro novanta giorni (parte dei motivi terzo e quarto del ricorso principale e ottavo e nono aggiunto).

Nell'ordine di demolizione non è riportata alcuna identificazione precisa di quali beni e aree sarebbero stati oggetto di acquisizione gratuita per il caso di inadempimento dell'ordine di demolizione, riportando una mera formula di stile, senza neanche indicare l'area ulteriore rispetto a quella di sedime che sarebbe stata oggetto di futura acquisizione.

7. SETTIMO MOTIVO DI APPELLO: Violazione dell'art. 7 l. n. 241/1990 - Omessa comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo.

Lamenta l’appellante che il T.A.R. avrebbe accolto il settimo motivo aggiunto sull'omessa comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo con riguardo alla Determinazione Integrativa, ma ha ingiustamente rigettato lo speculare motivo presentato nel ricorso principale avverso la prima ordinanza di acquisizione.

Secondo l’appellante l'avvio del procedimento amministrativo gli avrebbe permesso di dedurre durante la fase istruttoria tutti gli argomenti difensivi portati in seguito avanti al T.A.R. nei plurimi motivi di ricorso ed instaurare, su di essi, un contraddittorio anticipato con la PA.

8. OTTAVO MOTIVO DI APPELLO. Violazione dell'art. 92 c.p.c. - Illegittima compensazione delle spese.

L’appellante ritiene illegittima la compensazione disposta per le spese di lite del processo di primo grado, benché la sua domanda sia stata parzialmente accolta, non potendosi ritenere che il rigetto del ricorso istruttorio di accesso agli atti possa davvero, come sostenuto dal TAR, comportare una integrale compensazione delle spese, tenuto presente anche l’avvenuto accoglimento del ricorso per motivi aggiunti.

Si è costituito in giudizio il Comune di Camaiore resistendo al ricorso.

Sia l’appellante che l’appellato hanno depositato memorie difensive e memoria di replica.

In sede di udienza pubblica del 21 giugno 2022, la parte appellante ha prospettato l’esistenza di una questione di legittimità costituzionale, chiedendo al Collegio di provvedere alla sua rimessione alla Corte Costituzionale.

In particolare, parte appellante ha sottoposto al Collegio la questione di legittimità costituzionale sugli artt. 31 d. P.R. n. 380/2001 e 196, comma terzo, legge regionale della Toscana n. 65/2014, con riferimento agli artt. 2, 3, 24, comma secondo, 29 Cost. e 8 Cedu, per il tramite dell'art. 117 Cost.

Il Comune di Camaiore ha rilevato che la questione è stata sottoposta per la prima volta all'udienza di trattazione e ha concluso per l'irrilevanza ai fini della presente decisione e la manifesta infondatezza della questione.

All’esito della discussione il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare il Collegio rileva l’irrilevanza, ai fini del giudizio de quo, della questione di legittimità costituzionale, sollevata dall’appellante nella discussione in sede di udienza pubblica, degli artt. 31 d. P.R. n. 380/2001 e 196, comma terzo, legge regionale della Toscana n. 65/2014, relativamente alla violazione degli artt. 2, 3, 24, comma secondo, 29 Cost. e 8 Cedu, per il tramite dell'art. 117 Cost..

La questione, sollevata oralmente dall’appellante riguarda la tutela del diritto all’abitazione dei familiari del proprietario di casa e, comunque, di chi abita nella medesima abitazione, in quanto

l’ordinanza di demolizione dell’immobile dovrebbe essere notificata anche a questi ultimi e, pertanto, sarebbero incostituzionali l’art. 31 del d.P.R. n. 380/2021 e l’art. 196, comma terzo, legge regionale della Toscana n. 65/2014, che non prevede tale ulteriore notifica rispetto al proprietario e al responsabile dell’abuso, né prevede altra forma di avviso e tutela per i suddetti soggetti.

Al riguardo. il Collegio rileva come, nel caso di specie, l’appellante-proprietario, che ha prospettato la questione, non sia legittimato a far valere tale profilo inerente all’eventuale diritto all’abitazione di terzi, che non sono parti del giudizio, nemmeno se suoi familiari, e, pertanto, la questione non ha rilevanza ai fini della risoluzione della controversia e non deve essere rimessa alla Corte Costituzionale.

2. Nel merito l’appello si palesa infondato.

3. Il Collegio osserva, in via preliminare, come sia da ribadire che l’ordinanza di demolizione, n. 272 del 15.6.2011, ha consolidato i suoi effetti in seguito alla perenzione per inattività di parte del relativo giudizio di impugnazione, e non può essere più messa in discussione la sua legittimità in questo come in altri giudizi.

4. Nel merito, non può trovare accoglimento il primo motivo di ricorso, incentrato sulla pretesa di estendere anche all’iniziale ordinanza del 21.8.2020, relativa all’acquisizione della particella n. 951 (non incisa dalla determinazione del 13.11.2020), i motivi di accoglimento della sentenza gravata sull’erroneità dei criteri di determinazione dell’ulteriore area da acquisire di cui alla particella 950.

La sentenza gravata ha, infatti, accolto il ricorso limitatamente al criterio di determinazione dell’ulteriore area da acquisire oltre l’area di sedime.

La particella n. 151 consta di soli mq. 37, e per quanto rappresentato nel provvedimento di acquisizione n. 257 del 21.8.2020 rappresenta l’area di sedime del fabbricato civile abusivo.

L’area di sedime del fabbricato abusivo non necessita di alcuna quantificazione ai fini dell’acquisizione, in quanto l’acquisizione dell’area di sedime è effetto automatico dell’inottemperanza dell’ordine di demolizione, senza che sia necessaria alcuna determinazione dell’Amministrazione al riguardo, come invece è necessaria per stabilire l’ulteriore area da acquisire.

Inoltre, sotto il profilo processuale, la censura di erronea determinazione dell’area da acquisire è stata espressa in termini generici nei motivi aggiunti, senza specificare che la stessa si riferisse anche all’inziale ordinanza del 21.8.2020 e non fosse afferente unicamente alla determinazione del 13.11.2020.

Da ciò deriva la conseguente violazione del principio di specificità dei motivi di ricorso, sicuramente applicabile anche al ricorso per motivi aggiunti, che deve essere inteso in senso rigoroso come necessità di specifica indicazione degli atti impugnati, qualora, come nel caso di specie, sono stati adottati ulteriori atti, alcuni peraltro assunti in via di autotutela a integrazione di precedenti atti già impugnati in giudizio, che vengono gravati con motivi aggiunti.

In questo caso non è sufficiente un riferimento generico agli atti impugnati, bensì è necessario che venga indicato a quali atti si riferiscono le censure e se i motivi aggiunti deducono ulteriori ragioni di impugnativa degli atti già gravati (ovverosia siano del cosiddetto vecchio tipo) oppure siano volti a gravare gli atti sopravvenuti (ovverosia siano del cosiddetto nuovo tipo) o se integrano tutte e due le ipotesi.

In ogni caso è necessaria un’indicazione chiara ed espressa, assente nel caso di specie, dell’oggetto dell’’impugnativa formulata con motivi aggiunti.

Peraltro, il Comune di Camaiore, con successiva determinazione n. 32 del 13.1.2022, non oggetto di giudizio, nel rideterminare l’area da acquisire relativa alla particella n. 950, ha rilevato come la particella 951 rappresenta l’area di sedime dell’originario annesso agricolo, demolito e sostituito dalla civile abitazione abusivamente realizzata sulla particella 950, oggetto del provvedimento di demolizione non ottemperato.

Tale aspetto non è stato prospettato nei motivi di appello e potrà essere eventualmente oggetto di valutazione da parte del Comune, che ha già indicato nella citata determinazione n. 32 del 13.1.2022, che “la particella 951 non rientra tra i beni oggetto del presente provvedimento e necessiterà – da parte della proprietà – di aggiornamento della propria classificazione catastale in quanto non più identificabile come fabbricato rurale essendo lo stesso già stato demolito”.

5) Risulta infondato anche il secondo motivo di appello, incentrato sulla supposta violazione del cosiddetto diritto di abitazione proprio e della propria famiglia.

Il Collegio sul punto ritiene corretta la valutazione del giudice di primo grado in ordine alla circostanza che ormai si è consolidata l'ingiunzione a demolire, per la sicura tardività della sua impugnativa e, pertanto, alcuna censura può essere tardivamente mossa verso quest’ultima, stante che è quest’ultimo l’atto eventualmente lesivo del diritto invocato.

Infatti, è l’ingiunzione a demolire l’atto eventualmente idoneo a vulnerare il diritto di abitazione e nei suoi confronti andava tempestivamente mossa tale censura.

Una volta diventato intangibile quest’ultimo, l’acquisizione gratuita dell’immobile, è vicenda che non incide su tale diritto, essendo irrilevante a questi fini che l’immobile venga acquisito quale modalità per addivenire alla demolizione o anche eventualmente destinato ad altri fini (peraltro secondo il T.A.R. necessariamente con diversa e successiva determinazione), in quanto con il provvedimento di demolizione l’appellante ha comunque perso il diritto di abitarlo.

Né la quantificazione delle aree ulteriori da acquisire fatta in forza di un possibile riutilizzo delle aree, peraltro annullata dalla stessa sentenza impugnata, può considerarsi atto di revoca implicita dell’ordinanza di demolizione che rimane ben ferma, e anzi, è il presupposto dell’eventuale successiva determinazione di riutilizzo dell’immobile acquisito.

Alcuna incidenza può svolgere poi la tutela dell’affidamento in considerazione del passaggio del tempo tra l’ordine di demolizione e il provvedimento di acquisizione, anche nell’ottica del preteso diritto di abitazione.

La giurisprudenza è intervenuta più volte, con un principio ribadito anche dall’Adunanza Plenaria (17 ottobre 2017 n. 9) per escludere la rilevanza del passaggio del tempo per quanto riguarda l’adozione dei provvedimenti repressivi edilizi, negando che in tale materia si possa formare un affidamento tutelabile rispetto al perpetrarsi dell’abuso edilizio.

L’irrilevanza del passaggio del tempo è stata affermata con riferimento al lasso temporale tra la realizzazione dell’abuso e l’ordine di rimessione in pristino, ovverosia per la stessa adozione della misura ripristinatoria, in quanto il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907), e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (Cons. Stato, VI, 31 maggio 2013, n. 3010; Cons. Stato, VI, 11 maggio 2011, n. 2781).

In particolare, nel caso di abusi edilizi, vi è un soggetto che pone in essere un comportamento contrastante con le prescrizioni dell’ordinamento, confidando nell’omissione dei controlli o comunque nella persistente inerzia dell’amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza.

In questi casi il fattore tempo non agisce qui in sinergia con l’apparente legittimità dell’azione amministrativa favorevole, a tutela di un’aspettativa conforme alle statuizioni amministrative pregresse (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907; Cons. Stato, IV, 4 maggio 2012, n. 2592).

Al riguardo il Collegio rileva come di affidamento meritevole di tutela si possa parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente e in senso compiuto resa nota la propria posizione all’Amministrazione, venga indotto da un provvedimento della stessa Amministrazione a ritenere come legittimo il suo operato, non già nel caso in cui sia stato commesso un illecito all’insaputa della stessa (Cons. Stato, Sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5509).

Tale orientamento ha, peraltro, trovato l’autorevole avallo dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato secondo la quale il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso.

Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino (Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017 n. 9).

Tale orientamento è senz’altro applicabile anche al caso qui in esame, in cui il lasso di tempo intercorra tra l’adozione dell’ordine di riduzione in pristino e l’accertamento formale dell’inottemperanza; atto quest’ultimo che non fa altro che accertare la mancata riduzione in pristino ai fini dell’intervenuto trasferimento di proprietà, che si verifica ex lege in forza del comportamento omissivo dell’interessato che resta inottemperante all’obbligo di ripristino

Né in tale contesto vi è spazio per una valutazione da parte del giudice sul bilanciamento di interessi, ancorata a profili di merito, tra l’interesse pubblico all’acquisizione, disposta quale effetto vincolato previsto ex lege, e la situazione legata alle vicende personali e familiari del soggetto inciso.

5. Infondato è il terzo motivo di ricorso in quanto, per quanto riguarda l’ordine di demolizione n. 272 del 15.6.2011, vale la considerazione dell’intervenuta inoppugnabilità che non ammette la proponibilità di censure avverso quest’atto.

Per ciò che concerne l’effetto acquisitivo, quest’ultimo è legislativamente previsto come conseguenza ex lege della mancata ottemperanza dell'ordinanza di demolizione e la norma non dà spazio a valutazioni inerenti alla condotta omissiva o commissiva del soggetto inadempiente e a profili soggettivi di colpa o dolo.

Inoltre, la giurisprudenza, prendendo in esame la posizione del proprietario dell’immobile che non ha ottemperato all’ordine di demolizione, ha rilevato che in materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal comproprietario, la posizione di quest'ultimo può ritenersi neutra rispetto alle sanzioni previste dal D.P.R. n. 380 del 2001, anche con riferimento all'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insiste il bene, a condizione che risulti, in modo inequivocabile, la sua estraneità rispetto al compimento dell'opera abusiva ovvero risulti che, essendone venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento (Cons. Stato Sez. VI, 11/02/2022, n. 998).

In sostanza affinchè possa risultare illegittima l’acquisizione nei confronti del proprietario del bene è necessario il doppio requisito: che quest’ultimo dimostri in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva, e che lo stesso dimostri di essersi adoperato per impedirlo e, successivamente, per rimuoverlo anche mediante gli strumenti offertigli dall’ordinamento e, in sostanza, una oggettiva impossibilità di ottemperare all’ordine di demolizione non avendo la disponibilità dell’immobile.

Nel caso di specie l’appellante non ha dimostrato l’esistenza né della prima, nè della seconda condizione, non risultando estraneo all’abuso e avendo la disponibilità dell’immobile, richiamando delle generiche difficoltà soggettive a ottemperare la demolizione per difficoltà di ordine economico.

6. Risulta infondato anche il quarto motivo di appello.

Come indicato nelle difese del Comune, infatti, al momento dell'adozione dell'ordinanza di acquisizione il dirigente era in ferie, con conseguente applicazione della previsione di cui all'art. 20 del Regolamento degli Uffici e dei servizi, mentre è irrilevante che gli 11 giorni di ferie precedessero il pensionamento del Dirigente, essendo questi in quel momento ancora formalmente in servizio.

7. Da rigettare è anche il quinto motivo di appello.

Il Collegio condivide le conclusioni della sentenza gravata secondo cui l’abuso commesso non può essere qualificato come intervento di ristrutturazione edilizia, ai fini dell’applicabilità dell’art. 199 della L.R. Toscana n. 65/2014, trattandosi di opere in totale difformità dal permesso di costruire, come indicato nel diniego di sanatoria edilizia del 26.5.2011 e nell’ordinanza di demolizione del 15.6.2011, trattandosi di manufatti diversi, per consistenza e ubicazione, da quanto assentito col permesso di costruire del 2007, con un rilevante incremento volumetrico, un cambio d’uso da manufatto agricolo precario in civile abitazione e un diverso posizionamento sul territorio.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante (anche sulla base della sua relazione di parte) la rilevata assenza di “continuità tra il precedente e l’attuale manufatto” impedisce di qualificare l’intervento abusivo ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 134, comma, 1 lett. h) della L.R. Toscana n. 65/2014, non essendo comprovato il ricorrere delle relative condizioni.

L’art. 199, comma 1, della L.R. Toscana n. 65/2014 prevede che “1. Gli interventi e le opere di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 134, comma 1, lettera h), e all'articolo 135, comma 2, lettera d), nei casi in cui ricorrano le condizioni di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c), del D.P.R. 380/2001, laddove eseguiti in assenza di titolo, in totale difformità da esso o con variazioni essenziali, sono demoliti oppure rimossi e gli edifici sono resi conformi alle prescrizioni degli strumenti della pianificazione urbanistica comunali entro il termine stabilito dal comune con propria ordinanza, decorso il quale l'ordinanza stessa è eseguita a cura del comune e a spese dei responsabili dell'abuso”.

L’invocato art. 134, comma, 1 lett. h) della suddetta legge regionale contempla “gli interventi di ristrutturazione edilizia ricostruttiva consistenti in:

1) interventi di demolizione con fedele ricostruzione di edifici esistenti, intendendo per fedele ricostruzione quella realizzata nel rispetto della sagoma, dei prospetti, del sedime e delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non comportante modifiche di volumetria complessiva, fatte salve esclusivamente le innovazioni eseguite su immobili non sottoposti a tutela ai sensi del Codice necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico;

2) interventi di demolizione e contestuale ricostruzione di edifici esistenti, eseguiti su immobili non sottoposti a tutela ai sensi del Codice o, fatte salve le previsioni legislative, su immobili ricadenti all'esterno delle zone omogenee "A" di cui al D.M. 1444/1968 o ad esse assimilate dagli strumenti comunali di pianificazione urbanistica, anche con diversi sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico; tali interventi possono prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti comunali di pianificazione urbanistica, incrementi di volumetria complessiva anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana in aree connotate dalla presenza di degrado urbanistico o socio-economico ai sensi dell'articolo 123;

3) interventi di demolizione e contestuale ricostruzione di edifici esistenti, eseguiti su immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice o, fatte salve le previsioni legislative, su immobili ricadenti all'interno delle zone omogenee "A" di cui al D.M. 1444/1968 o ad esse assimilate dagli strumenti comunali di pianificazione urbanistica, nel rispetto della sagoma, dei prospetti, del sedime e delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e senza incrementi di volumetria complessiva;

4) interventi di ripristino di edifici, o parti di essi, crollati o demoliti, previo accertamento della originaria consistenza e configurazione, attraverso interventi di ricostruzione. Se eseguiti su immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice o, fatte salve le previsioni legislative, su immobili ricadenti all'interno delle zone omogenee A di cui al D.M. 1444/1968 o ad esse assimilate dagli strumenti comunali di pianificazione urbanistica, gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia ricostruttiva soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria complessiva”.

Non si vede in quale fattispecie rientrerebbe l’ipotesi in esame, e, invero, nemmeno l’appellante indica la specifica fattispecie ritenuta applicabile, né dalla relazione di parte del Geom. -OMISSIS-, richiamata dall’appellante, si evince l’esistenza delle condizioni previste per l’applicazione della norma in questione, non essendo attestata e comprovata con i relativi elementi di fatto la sussistenza dei suddetti requisiti.

Allo stesso modo il Collegio ritiene inapplicabile l’art. 196, comma 8, lett. a) della L.R. n. 65/2014, ai sensi del quale l’acquisizione gratuita non si applica “nei casi di incrementi volumetrici, comunque denominati, realizzati in sopraelevazione o comunque non comportanti ampliamento dell'area di sedime del fabbricato, eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali”.

Sul punto il T.A.R. fiorentino ha ampiamente motivato che la censura formulata in primo grado “è priva di supporto probatorio e del resto il ricorrente afferma che sussiste un aumento (sia pur minimo) dell’area di sedime dell’edificio abusivo.

In ogni caso, l’abuso consiste anche nella realizzazione di uno sbancamento contiguo all’abitazione, realizzato ai fini della viabilità sviluppata per circa 50 metri, oltre che ai fini dell’inserimento di un piano seminterrato, il che incide sull’ampiezza dell’area di sedime.

Inoltre, come risulta dalla sentenza penale della Corte di Appello di Firenze depositata in giudizio (documento n. 12 allegato all’impugnativa), il permesso di costruire prevedeva un manufatto di un solo piano fuori terra di metri 7,45 per 4,50, mentre il fabbricato realizzato, adibito a civile abitazione, ha un piano terra di metri 10,70 per 6,90 e un primo piano di metri 7,50 per 4,50. Ciò trova conferma nell’accertamento effettuato dalla polizia municipale, la quale ha tra l’altro precisato che “il piano terra risulta di dimensioni maggiori rispetto a quanto assentito” (allegato n. 7 ai motivi aggiunti).

Pertanto, la maggiore dimensione della superficie del piano terra induce a ritenere che l’area di sedime dell’abitazione abusiva sia superiore in misura rilevante rispetto a quella occupata dal precedente manufatto, di cui era prevista la ricostruzione. Ciò vale a smentire l’assunto del ricorrente”.

In sede di appello, l’appellante prende atto delle indicate motivazioni della sentenza gravata, cercando di sminuirne la valenza, con l’affermazione che, seppure è vero che la presentata relazione di parte (Geom. -OMISSIS-) dà atto di un minimo ampliamento dell'area di sedime, tale ampliamento deve ritenersi insignificante.

Inoltre, vi sarebbe una violazione della regola del riparto dell'onere probatorio, spettando infatti all’Amministrazione provare che vi sia stato un rilevante ampliamento dell'area di sedime per escludere l'applicazione dell'art. 196, comma 8, della suddetta legge regionale.

Inoltre, non avrebbe pregio l'argomento secondo cui l'inserimento del seminterrato avrebbe ampliato l'area di sedime, posto che fintanto che viene rispettata la proiezione dell'edificio sul terreno, l'inserimento del seminterrato non comporta di per sé ampliamento dell'area di sedime.

A nulla rileverebbe lo sbancamento di terra rilevato dal T.A.R., posto che la sanzione acquisitiva, della quale qui si discute, non deriva dall'abuso consistente nello sbancamento.

Infine, sarebbe errato il riferimento alla sentenza della Corte di Appello nel determinare l'ampliamento del fabbricato, posto che in atti vi è soltanto il capo di imputazione ed il dispositivo che dichiara la prescrizione, senza quindi accertare alcunché né in punto di effettiva sussistenza dell'abuso, né delle sue caratteristiche.

Generica sarebbe, infine, l'affermazione della Polizia Municipale secondo cui il piano terra avrebbe dimensioni maggiori rispetto a quanto assentito.

Il T.A.R. adito avrebbe dovuto, semmai, ammettere l'istanza istruttoria di verificazione del bene, onde accertare la fondatezza dei motivi di ricorso.

Al riguardo, il Collegio rileva che le censure così riportate in sintesi non sono idonee a inficiare le conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado.

Sarebbe stato onere di parte appellante dimostrare il ricorrere delle condizioni dell’applicabilità dello specifico regime sanzionatorio di cui all’art. 196, comma 8, lett. a) della L.R. Toscana n. 65/2014, mentre nella stessa relazione tecnica di parte - che tale onere probatorio avrebbe dovuto assolvere - viene ammesso un ampliamento dell'area di sedime.

Allo stesso modo del tutto generica appare la contestazione inerente alla circostanza, affermata in sentenza, secondo cui l’effettuazione di uno sbancamento contiguo all’abitazione abbia inciso sull’ampiezza dell’area di sedime, così come quella sulle risultanze della sentenza penale della Corte di Appello di Firenze, a cui non sono stati opposti concreti elementi in senso contrario.

Né sono accoglibili le censure di carenza di motivazione degli atti acquisitivi, nel senso della pretesa assenza della specificazione delle ragioni che “hanno indotto la PA ad applicare la sanzione acquisitiva a fronte di un intervento espressamente qualificato come ristrutturazione urbanistica (cfr. doc. n. 9 permesso di costruire) e di un illecito espressamente qualificato, nell'ordinanza di demolizione, come costruzione in totale difformità rispetto al permesso di costruire per ristrutturazione.

Si rilevava infatti come, a fronte di un permesso di costruire rilasciato espressamente quale "ristrutturazione urbanistica", il Comune avrebbe dovuto motivare in ordine alle ragioni che lo avrebbero indotto a qualificare diversamente l'intervento edilizio in sede di applicazione della sanzione, avvenuta nel 2019 e quindi nella vigenza della disciplina ex LRT n. 65/2014. Il Comune avrebbe anche dovuto esplicitare per quale motivo non abbia fatto applicazione del comma 8 dell'art. 196 LRT n. 65/2014”.

In primo luogo la qualificazione è indicata sia nel provvedimento, ormai divenuto inoppugnabile, del diniego di sanatoria, sia nell’ordine di demolizione, anch’esso ormai divenuto inoppugnabile. Inoltre alla luce di quando suindicato il Collegio ritiene applicabile al caso in esame il disposto dell’art. 21 octies della legge n.241/90, secondo cui non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, vertendosi in un ambito provvedimentale vincolato, quale quello delle sanzioni edilizie, e risultando che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

8. Da rigettare è anche il sesto motivo di appello, sull’assenza di alcuna specifica identificazione dei quali beni e aree oggetto di acquisizione gratuita nel caso di inadempimento dell'ordine di demolizione, riportando quest’ultimo una mera formula di stile, senza neanche indicare l'area ulteriore rispetto a quella di sedime che sarebbe stata oggetto di futura acquisizione.

Al riguardo, stante sempre l’effetto preclusivo dell’inoppugnabilità dell’ordine di demolizione, il Collegio rileva come il contenuto dell'ingiunzione a demolire deve essere individuato in relazione alla funzione tipica del provvedimento, che è quella di prescrivere la rimozione delle opere abusive, ed è, pertanto, sufficiente l’indicazione delle opere abusivamente realizzate in modo da consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente.

Non è dunque indispensabile una analitica indicazione dei beni da acquisire e l'indicazione dell'area di sedime e quella inerente alle ulteriori aree è rimessa al successivo atto dichiarativo dell'acquisizione.

9. Con il settimo motivo l’appellante ha lamentato l'omessa comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo avverso la prima ordinanza di acquisizione.

La censura è infondata.

In materia di abusi edilizi l'ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un immobile costituisce una conseguenza automatica e doverosa dell'inottemperanza all'ordine di demolizione, con la conseguenza che non è necessaria per la relativa adozione la previa comunicazione di avvio del procedimento.

Inoltre, l'atto di acquisizione al patrimonio del Comune di un'opera abusiva e della relativa area di sedime è un atto ricognitivo dal contenuto vincolato, con la conseguenza che la sua adozione non esige l'instaurazione di un contraddittorio procedimentale con il soggetto interessato non essendo, quindi, necessaria la previa comunicazione di avvio del procedimento.

In altri termini, l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione e l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto. (T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 06/09/2021, n. 5711).

Sotto altro concorrente motivo si rileva che il provvedimento che dispone l'acquisizione gratuita al patrimonio del Comune del manufatto abusivo non deve essere preceduto dall'avviso dell'inizio del procedimento, sia perché quest' ultimo consegue, come atto dovuto, all'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire, sia perché nel sistema sanzionatorio in materia di abusivismo edilizio la contestazione, che viene fatta al contravventore con l'ingiunzione di demolizione assolve pienamente alle esigenze cui è preordinata la comunicazione di avvio del procedimento riguardo all’acquisizione

10. Da rigettare si palesa l’ottavo e ultimo motivo di appello, inerente alla presunta illegittima compensazione disposta per le spese di lite del processo di primo grado.

La decisione di compensare le spese di giudizio è lasciata all’amplissimo margine di discrezionalità del giudice, con una valutazione insindacabile in sede d'appello.

In particolare, nel processo amministrativo il giudice mantiene amplissimi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese di giudizio ovvero per escluderla, con il solo limite che non può condannare, totalmente o parzialmente, alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio; la valutazione di merito sulla compensazione delle spese non è quindi sindacabile in appello neppure per difetto di motivazione, salvo l'ipotesi di decisione manifestamente irrazionale (Cons. Stato Sez. II, 06/05/2021, n. 3549; Cons. Stato Sez. VI, 15/03/2021, n. 2201).

Nel caso di specie, peraltro, la statuizione di compensazione delle spese di lite si palesa del tutto ragionevole, stante che il ricorso principale è stato in parte respinto e in parte dichiarato improcedibile ed è stato accolto esclusivamente il ricorso per i motivi aggiunti e solo relativamente ad alcuni motivi.

11. Il Collegio intende, infine, sottolineare due profili del comportamento processuale dell’appellante, che non hanno avuto incidenza sull’esito dell’appello, e inerenti rispettivamente alla violazione dei limiti dimensionali degli atti processuali dettati dal decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22.12.2016, n. 167 (il cosiddetto decreto sinteticità) e all’instaurarsi di un leale contraddittorio tra le parti, nel rispetto dell’art. 73 c.p.a., che indica i termini entro i quali le parti possono depositare memorie difensive.

Quanto al primo aspetto l’atto di appello di parte ricorrente ha ampiamente superato i 70.000 caratteri consentiti dal citato d.P.C.S., senza aver formulato alcuna richiesta di deroga al suddetto limite dimensionale.

Quanto al secondo profilo indicato, l’appellante ha prospettato solo in udienza, nel corso della discussione orale, la questione di legittimità costituzionale, con un effetto “sorpresa” nei confronti della controparte (che comunque non ha chiesto termini a difesa).

Tale questione, in adesione ai principi del giusto processo, ben poteva essere sollevata negli scritti difensivi di causa, nel rispetto dei termini per il deposito delle memorie di cui all’art. 73 c.p.a..

12. Per le suesposte ragioni l’appello va rigettato.

La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell’ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), e le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Le spese del grado di appello seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte appellante al pagamento, in favore della parte appellata, delle spese del grado di appello, quantificate in euro 3.000,00 (tremila), oltre accessori se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Oberdan Forlenza, Presidente FF

Antonella Manzione, Consigliere

Carla Ciuffetti, Consigliere

Giancarlo Carmelo Pezzuto, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore