Giu Ordinanze extra ordinem ex art. 54 comma 4, T.U. enti locali e applicazione delle norme in materia di procedimento amministrativo.
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - SENTENZA 09 settembre 2022 N. 7885
Massima
La natura stessa dell’ordinanza in parola esclude che siano necessarie formalità preventive quali la comunicazione di avvio del procedimento o una preventiva diffida. La sentenza ha, quindi, correttamente ritenuto che in materia di emanazione di un'ordinanza contingibile e urgente non si applicano le norme procedimentali a presidio della partecipazione del privato, ai sensi dell'art. 7 della L. 241/1990, in quanto incompatibili con l'urgenza di provvedere, anche in ragione della perdurante attualità dello stato di pericolo, aggravatasi con il trascorrere del tempo: di fatto, la comunicazione di avvio del procedimento nelle ordinanze contingibili e urgenti del Sindaco non può che essere di pregiudizio per l'urgenza di provvedere.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - SENTENZA 09 settembre 2022 N. 7885

Pubblicato il 09/09/2022

N. 07885/2022REG.PROV.COLL.

N. 05557/2016 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5557 del 2016, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Elisabetta Mandelli, Gabriele Messina, domiciliato presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Comune di Sassuolo, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda), -OMISSIS-, resa tra le parti;


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2022 il consigliere Angela Rotondano e preso atto della richiesta di passaggio in decisione, senza discussione, depositata in atti dagli avvocati Mandelli e Messina;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. Con l’atto introduttivo del giudizio e successivi motivi aggiunti il signor -OMISSIS- impugnava dinanzi al Tribunale amministrativo per l’Emilia Romagna, domandandone l’annullamento previa sospensiva, l’ordinanza di sgombero n. 485 del 4 dicembre 2008, notificata il 5 gennaio 2009, emessa dal Sindaco del Comune di Sassuolo, relativa al fabbricato sito a Sassuolo, in località OMISSIS, ove si trova l’unità abitativa con relativa autorimessa di cui egli è comproprietario, al 50 % con la consorte -OMISSIS-, in virtù di atti pubblici di compravendita del 5 maggio 1997 e del 24 aprile 1995.

Nello specifico, con l’ordinanza in parola il Sindaco di Sassuolo, ritenuta la sussistenza dei presupposti per l’adozione di un provvedimento contingibile e urgente ai sensi dell’art. 54, comma 4, del D.Lgs. 267/2000 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, al fine di fronteggiare gravi pericoli che minacciavano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, dichiarava “immediatamente inagibile e inutilizzabile l’intero immobile posto a Sassuolo, via OMISSIS, censito al foglio OMISSIS” e, per l’effetto, ne ordinava il rilascio, vietandone l’uso ai proprietari e agli occupanti, a qualsiasi titolo, dei locali ivi ricompresi.

2. Il ricorrente deduceva l’illegittimità sotto vari profili della predetta ordinanza sindacale di sgombero dell’intero fabbricato, lamentando in sintesi con i motivi articolati: violazione degli artt. 50 e 54 D. Lgs. n. 267 del 2000 per mancanza dei presupposti per l’adozione di ordinanze contingibili e urgenti; incompetenza del Sindaco, essendo la materia de qua di competenza del Dirigente comunale; eccesso di potere per difetto di motivazione; violazione dell’art. 7 L. n. 241 del 1990 per mancata comunicazione di avvio del procedimento; mancato invio della preventiva diffida; violazione del termine di esecuzione indicato nella stessa ordinanza impugnata; assenza della firma del responsabile tecnico; violazione della L.R. Emilia Romagna 1998, n. 19 “Norme in materia di riqualificazione urbana”.

In particolare, il ricorrente lamentava sostanzialmente l’assenza dei presupposti di urgenza dell’ordinanza di sgombero con specifico riferimento alla sua abitazione che non era inagibile né costituiva pericolo per la pubblica e privata incolumità.

2.1. Con i motivi aggiunti parte ricorrente deduceva le seguenti ulteriori censure avverso l’ordinanza gravata: violazione degli artt. 3 e 4 L. R. Emilia – Romagna n. 19 del 1998; eccesso di potere per sviamento, falso supposto, indeterminatezza, nonché illegittimità del comportamento del Comune che, una volta superata la situazione di urgenza e di pericolo, non aveva ugualmente consentito l'accesso del ricorrente alla propria unità abitativa.

Con tali doglianze si asseriva, inoltre, che i presupposti dell’ordinanza di sgombero sarebbero stati “adattati” al disegno complessivo di riqualificazione dell’intera area Braida, in cui ricade il fabbricato in questione, tant’è vero che in nessuna delle deliberazioni in precedenza adottate dal Comune si sarebbe fatto riferimento ai gravissimi problemi riportati nell’ordinanza con riferimento allo stabile in parola e alla necessità di procedere con lo sgombero immediato dell’intero edificio. Si censurava, inoltre, l’ingiusta lesione del diritto di proprietà nella prospettiva di un progetto di riqualificazione urbana solo avviato ma mai in effetti realizzato dal Comune, che non aveva seguito la procedura di legge né coinvolto nella sua esecuzione i privati interessati.

2.2. Si costituiva in resistenza il Comune di Sassuolo.

3. Respinta l’istanza cautelare incidentalmente formulata, con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo ha rigettato il ricorso principale e quello per motivi aggiunti per la loro infondatezza, condannando parte ricorrente al pagamento delle spese di lite.

4. Avverso la sentenza il ricorrente di primo grado ha proposto appello, deducendone l’erroneità e ingiustizia con un motivo di diritto articolato in varie censure, invocandone l’integrale riforma.

4.1. Il Comune, pur ritualmente evocato, non si è costituito nel presente giudizio di appello.

4.2. All’udienza del 10 febbraio 2022, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

5. Con i motivi di gravame formulati l’appellante, riproponendo sostanzialmente le doglianze articolate in primo grado avverso l’ordinanza sindacale di sgombero del fabbricato, sito in Sassuolo, in cui insistono gli immobili in comproprietà con il coniuge, assume che la sentenza in epigrafe sarebbe inficiata da plurimi errores in iudicando, lamentando in particolare: “A) Violazione di legge, errata interpretazione dell’art. 54, comma 4, D.Lgs. 267/2000. Sulla fondatezza delle doglianze articolate con il ricorso introduttivo e del giudizio e con gli ulteriori scritti difensivi; B) Violazione di legge, errata interpretazione dell’art. 7 L. 241/1990. Mancanza assoluta di partecipazione. C) Grave difetto di motivazione. Omissione. D) Contraddittoria decisione e falsa rappresentazione della realtà. E) Omessa motivazione in punto risarcimento danni/rimborso/indennità. F) Omessa motivazione in punto richiesta accertamento tecnico preventivo di cui al ricorso”.

5.1. In sintesi, l’appellante sostiene che la sentenza sarebbe erronea laddove ha ritenuto legittimamente impartito l’ordine di sgombero del fabbricato: ciò in quanto il primo giudice non avrebbe considerato che l’ordinanza impugnata non conterrebbe alcun riferimento né ai tempi né ai luoghi di commissione dei fatti ivi descritti e che non sussisterebbero neanche i presupposti di urgenza per la sua adozione, in quanto la situazione di pericolo o degrado che vi si descrive non era riferibile all’intero fabbricato, ma solo a porzioni di esso (alcune scale e porzioni di parti comuni) ovvero a singole unità abitative, diverse da quelle di proprietà dell’appellante.

A tale riguardo l’appellante ribadisce, infatti, che l’inagibilità non riguardava affatto gli immobili di sua proprietà, i quali erano invece in buone condizioni igieniche e strutturali, e che non sussisterebbe neppure la situazione di transitorietà, presupposto dell’ordinanza contingibile e urgente, poiché ad oggi il fabbricato non risulterebbe demolito né l’area in alcun modo riqualificata, rimanendo solo inaccessibile ai proprietari degli immobili (che sarebbero stati così “espropriati” di fatto dei propri beni senza alcun indennizzo).

A sostegno delle proprie tesi, l’appellante richiama le risultanze della perizia redatta all’esito di sopralluogo da un proprio tecnico di fiducia che attestava le buone condizioni strutturali e igieniche dei locali di sua proprietà e l’assenza di pericoli per la pubblica e privata incolumità da essi derivanti, tornando altresì a lamentare di non aver potuto, ciò malgrado, neanche recuperare i propri beni, custoditi all’interno degli immobili.

5.2. La sentenza avrebbe, pertanto, erroneamente ravvisato l’esistenza dei presupposti (di urgenza, indifferibilità, contingibilità e temporaneità) per l’adozione dell’ordinanza gravata, ritenendo infondate le censure di violazione dell’art. 54, comma 4, D.Lgs. 267/2000, dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., nonché di proporzionalità che rendono illegittimo lo sgombero dell’intero edificio, in assenza di prova circa l’esistenza di una situazione di reale e imminente pericolo al momento dell’emanazione del provvedimento impugnato.

5.3. La sentenza, omettendo di considerare adeguatamente le censure formulate dalla ricorrente, ha ritenuto invece ampiamente motivate le ragioni di una decisione così estrema e legittimo il comportamento del Comune sulla base del richiamo all’art. 54 del D.Lgs. 267/2000 che riserva per legge al Sindaco la competenza ad adottare siffatte ordinanze contingibili e urgenti.

La sentenza sarebbe così incorsa nei medesimi vizi del provvedimento impugnato, limitandosi a recepire acriticamente gli assunti difensivi dell’amministrazione senza alcun adeguato esame delle risultanze di causa.

5.4. Con altro ordine di censure l’appellante critica la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che in materia di emanazione di un’ordinanza contingibile e urgente non si applicano le norme procedimentali a presidio della partecipazione del privato, ai sensi dell’art. 7 L. 241/1990.

5.5. L’appellante lamenta poi il difetto di motivazione della sentenza laddove, senza un argomentato percorso logico, ha concluso per l’infondatezza della censura con cui si lamentava che in nessuna delle deliberazioni precedenti adottate dall’Amministrazione Comunale si facesse riferimento ai gravissimi problemi riportati nell’ordinanza e alla necessità di procedere con lo sgombero dell’intero fabbricato.

5.6. A tal riguardo si sostiene che se il primo giudice avesse esaminato le doglianze articolate con i motivi aggiunti e la documentazione richiamata a supporto (in particolare, la deliberazione del Consiglio Comunale n. 59 del 21 luglio 2008, in cui si richiama un studio di fattibilità in ordine alla riqualificazione dell’area di via Circonvallazione 189) si sarebbe avveduto dell’illegittimità e della mancanza dei presupposti per emettere l’atto impugnato in quanto alla base dell’ordinanza di sgombero vi sarebbero non già, come ivi asserito, ragioni di tutela dell’incolumità pubblica e di sicurezza urbana, ma di riqualificazione dell’area (tant’è che nella citata delibera si affermava che “l’edificio prospiciente la circonvallazione non è recuperabile attraverso interventi di riuso e pertanto ne va programmata la demolizione, ripensando completamente il ruolo dell’area”).

5.7. La sentenza avrebbe però erroneamente respinto le doglianze, sulla base del laconico e non condivisibile rilievo secondo cui le censure rubricate ai motivi 3), 5) e 7) non riguardavano l’atto impugnato, ma solo “aspetti relativi all’esecuzione dell’ordinanza, non in grado di incidere sulla legittimità del provvedimento” ovvero “alle specifiche modalità con cui il Comune ha deliberato di dare attuazione al progetto di riqualificazione dell’area, che costituiscono, tuttavia, oggetto di atti non impugnati”.

5.8. La sentenza viene poi censurata anche per contraddittorietà e falsa rappresentazione dei fatti in quanto indicherebbe a sostegno dei propri assunti precedenti ordinanze e atti comunali (e segnatamente le ordinanze n. 2 del 3 gennaio 2009 e n. 129 dell’11 marzo 2008, nonché sopralluoghi eseguiti in unità abitative diverse da quelle di proprietà dell’appellante) che, invece, deporrebbero per la fondatezza della tesi della ricorrente.

5.9. Infine, l’appellante ripropone le domande risarcitorie e indennitarie avanzate in primo grado, lamentandone l’omesso esame da parte della sentenza, che avrebbe pure omesso ogni motivazione in punto di richiesta di accertamento tecnico preventivo sull’appartamento di proprietà dell’appellante.

6. Le riassunte doglianze, che possono essere oggetto di trattazione unitaria stante la loro connessione, sono infondate.

7. La sentenza appellata ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti alla stregua delle seguenti argomentazioni:

- in primo luogo, non era necessaria una specifica motivazione relativa all’abitazione di proprietà del ricorrente in quanto la situazione di pericolo era riferita all’intero fabbricato;

- si trattava, inoltre, di situazione di degrado esistente da tempo e imprevista (come dimostrato proprio dall’assenza di riferimenti alla necessità dello sgombero nelle precedenti deliberazioni concernenti la riqualificazione dell’area in questione), in quanto il Comune aveva ritenuto di potervi rimediare con la collaborazione dei privati, laddove proprio l’incuria e l’inottemperanza di questi ultimi aveva dato, invece, causa allo sgombero;

- i profili esecutivi (quali la violazione del termine per l’esecuzione dello sgombero che avrebbe impedito al ricorrente l’accesso ai luoghi per recuperare i propri beni mobili, custoditi all’interno dell’unità abitativa e dell’autorimessa) non involgevano la legittimità dei provvedimenti impugnati;

- infine, anche se l’abitazione del ricorrente era agibile e la situazione di pericolo non strettamente ad essa correlata, la stessa permanenza nell’edificio l’avrebbe sicuramente esposto a una situazione di concreto e grave pericolo che riguardava l’intero fabbricato.

7.1. Il Collegio ritiene le motivazioni della sentenza di primo grado integralmente condivisibili e non confutate dai motivi di appello.

7.2. Invero, come ben rilevato dal primo giudice, le censure formulate con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti, per di più incentrate sulla situazione di fatto che è venuta a determinarsi successivamente all’adozione dell’ordinanza sindacale, non scalfiscono la legittimità del provvedimento impugnato.

7.3. In primo luogo, deve rilevarsi come le motivazioni dell’ordinanza sindacale chiariscono che la situazione di pericolo e degrado riguardava l’intero fabbricato, senza possibilità di distinguere tra le varie unità immobiliari, sia per la vetustà e il degrado delle strutture e degli impianti (non a norma), sia a ragione del fatto che il fabbricato costituisse teatro di molti episodi criminosi, costituendo fonte di grave pericolo per la collettività.

Su queste basi la sentenza ha, quindi, correttamente rilevato come, in generale, il ricorrente muovesse da un presupposto errato, ossia che l’ordinanza di sgombero dell’intero fabbricato dovesse contenere motivazioni specifiche, in punto di pericolo e di urgenza, riguardanti specificamente l’appartamento e l’autorimessa di sua proprietà. L’ordinanza sindacale impugnata, adottata ai sensi dell’art. 54, comma 4, D.Lgs. n. 267 del 2000, riguarda invece l’intero fabbricato in oggetto ed è indirizzata all’amministratore dell’intero condominio, nonché a tutti i proprietari delle singole unità immobiliari. Non meritano pertanto le critiche appuntate le statuizioni di prime cure, non adeguatamente e puntualmente confutate dai motivi di appello, che hanno rilevato l’erroneità dell’assunto del ricorrente secondo cui sarebbero state necessarie motivazioni che dessero conto della specifica inagibilità delle sue unità immobiliari.

7.4. Sono altresì interamente condivisibili le statuizioni della sentenza quanto alla effettiva esistenza di motivazione, nell’ordinanza impugnata, circa i presupposti di necessità e urgenza che giustificavano il ricorso ai poteri extra ordinem da parte del Sindaco.

7.5. A tale riguardo, come correttamente rilevato dalla sentenza, deve evidenziarsi che l’ordinanza impugnata “di inagibilità e conseguente sgombero dell’immobile” concernente il fabbricato sito in Sassuolo alla via OMISSIS:

- richiama le precedenti ordinanze adottate nel tempo dal Comune e segnatamente: l’ordinanza n. 2 del 3 gennaio 2008 adottata per far fronte all’emergenza a seguito di incendio sviluppatosi il precedente 1 gennaio dal negozio situato al piano terra del Condominio di via OMISSIS, ed altre con le quali si era disposta l’inagibilità di taluni locali interessati dall’incendio, ordinando l’immediata messa in sicurezza degli stessi e subordinandone la possibilità di riutilizzo alla realizzazione delle necessarie opere di ripristino e consolidamento; nonché l’ordinanza n. 129 dell’11 marzo 2008 con cui veniva ordinato sia all’amministratore del condominio che ai proprietari delle unità immobiliari ricomprese nel fabbricato l’esecuzione di interventi, necessari a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciavano l'incolumità dei cittadini, tra i quali: all’interno degli appartamenti interventi di messa a norma degli impianti elettrici; nelle parti comuni, la sostituzione delle vetrate in frantumi, operazioni di pulizia e sanificazione degli ambienti, la riparazione delle pedate delle scale, l’eliminazione delle giunzioni volanti, la predisposizione di idoneo impianto di illuminazione; nelle autorimesse, la rimozione delle bombole di gas non collegate alle utenze presenti nello stabile, dei contenitori di liquidi infiammabili e di materiale combustibile, nonché degli arredi e delle suppellettili che ne consentivano un uso a dormitorio; con tale ultima ordinanza si disponeva, altresì, ad avvenuta ultimazione di tali opere, la produzione di idonea asseverazione di conformità da parte di un tecnico abilitato;

- dà poi atto di come tali prescrizioni fossero, tuttavia, rimaste prive di riscontro da parte dei proprietari e dell’amministratore di condominio e che tanto aveva condotto nel “perdurare di una situazione di grave degrado del fabbricato, tale da non consentire le condizioni di sicurezza dello stesso” all’adozione dell’ordinanza impugnata, all’esito di un’approfondita istruttoria con l’esecuzione di numerosi sopralluoghi da parte dell’AUSL competente, del Comando Provinciale dei Vigili del fuoco, del Corpo di Polizia Municipale che avevano, all’esito, redatto varie relazioni sullo stato dei luoghi;

- dà altresì atto della circostanza che il fabbricato era stato interessato da azioni di controllo e sgombero delle unità abitative da parte del locale Commissariato e dei Carabinieri e che la polizia giudiziaria aveva ivi operato numerosi arresti e denunce per attività delittuose (furto di energia elettrica, incendi dolosi, abusi edilizi, danneggiamenti, spaccio di sostanze stupefacenti, risse, lesioni personali, rapine e altro) commesse all’interno dell’edificio, nonché del fatto che erano state adottate diverse ordinanze di inabitabilità di singoli appartamenti;

- richiama le varie relazioni redatte all’esito dei sopralluoghi dalle amministrazioni competenti, in particolare: a) la relazione AUSL del 10 settembre 2008 in cui si evidenziavano condizioni di “antigienicità” riguardanti tanto le singole unità immobiliari quanto le parti comuni, considerata la totale assenza di manutenzioni e l’inottemperanza alle più elementari norme igienico- sanitarie tali da compromettere “la salubrità dei locali e il benessere degli occupanti” e si proponeva, di conseguenza, all’amministrazione di valutare la possibilità di un intervento generalizzato di manutenzione al fine di “ripristinare le condizioni igieniche di tutto il fabbricato”b) la relazione della Polizia Municipale del 9 settembre 2008 in cui si dava che, nell’inottemperanza dei proprietari e dell’amministratore alle varie prescrizioni, permanevano le gravi condizioni di “degrado dell’immobile, sotto il particolare profilo della sicurezza urbana”c) la relazione del Comando provinciale dei Vigili del fuoco del 15 settembre 2008, in cui si sottolineava che le parti comuni presentavano un’evidente forma di degrado e “assenza di igiene”, che esse mancavano completamente di illuminazione mentre i gradini delle scale si presentavano rotti in più punti, tutto ciò comportando pericolo per i fruitori in caso di utilizzo delle stesse in situazioni di emergenza, evidenziando anche la permanenza delle riscontrate difformità degli impianti elettrici come pure delle autorimesse (utilizzate come deposito di materiale vario o dormitori) alle norme di prevenzione incendi; d) la relazione di polizia giudiziaria del 30 ottobre 2008 ove si rappresentava l’omessa esecuzione delle necessarie opere di messa in sicurezza ai fini della salvaguardia della pubblica e privata incolumità e la permanenza di “gravi situazioni di pericolo per i fruitori dell’edificio… e anche per i fabbricati situati nelle immediate vicinanze”.

7.5.1. Peraltro, a sostegno di quanto osserva la sentenza e contrariamente a quanto assume l’appellante sull’inesistenza di una situazione di urgenza al momento dell’adozione dell’ordinanza impugnata (stante l’assenza di riferimenti sulla necessità di sgombero nelle precedenti deliberazioni comunali), deve rilevarsi come, per converso, il provvedimento gravato dà adeguatamente conto dell’ulteriore peggioramento della situazione documentata, in ragione della permanente inottemperanza dei proprietari e dell’amministratore di condominio alle prescrizioni impartite, ciò risultando dagli ulteriori atti acquisiti nei mesi immediatamente antecedenti l’adozione dell’ordinanza e da questa richiamati, ovvero: a) la relazione della Polizia Municipale e dell’AUSL del 21 ottobre 2008 ove si evidenziava che “lo stato delle parti comuni della porzione visitata risulta in condizioni particolarmente precarie e degradate, anche rispetto al precedente sopralluogo del 9 settembre 2008”b) la relazione di servizio Polizia Municipale del 18 novembre 2008 ove si rappresentava l’esistenza di “un quadro di insieme alquanto preoccupante e nettamente peggiorativo” rispetto a quanto in precedenza rilevato sia sotto il profilo igienico- sanitario sia dell’incolumità pubblica e privata; c) la relazione tecnica del 19 novembre 2008 dalla quale risultava che il generale degrado dell’edificio si fosse via via aggravato coinvolgendo le parti comuni e gli impianti condominiali e “raggiungendo una situazione di pregiudizio per la salute dei residenti e degli utilizzatori dei locali in questione”d) la relazione tecnico-integrativa di polizia giudiziaria del 19 novembre 2008 (ove si stigmatizzava il fatto che, nella totale inerzia a eseguire le opere di messa in sicurezza prescritte, risultavano “amplificate le gravi situazioni di pericolo”, già riscontrate nel corso dei precedenti sopralluoghi, non solo per i fruitori dell’edificio ma anche per i fabbricati situati nelle immediate vicinanze).

7.6. L’ordinanza è stata, tra l’altro, motivata mediante il richiamo alle previsioni di cui al D.M. Ministero dell’Interno del 5 agosto 2008, in particolare all’art. 1 del detto Decreto (secondo cui “ai fini di cui all’art. 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 92, convertito, con modificazioni, in legge 24 luglio 2008, n. 125, per incolumità pubblica si intende l’integrità fisica della popolazione e per sicurezza urbana un bene pubblico da tutelare attraverso l’attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”) e all’art. 2, comma 1 (ove si prevede che “ai sensi di quanto disposto dall’art. 1 il Sindaco interviene per prevenire e contrastare: a) le situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi, quali lo spaccio di sostanze stupefacenti e i fenomeni di violenza legati anche all’abuso di alcool; b) le situazioni in cui si verificano comportamenti quali il danneggiamento al patrimonio pubblico e privato o che ne impediscano la fruibilità e determinano lo scadimento della qualità urbana; c) l’incuria, il degrado e l’occupazione abusiva di immobili tali da favorire le situazioni indicate ai punti a) e b); d) le situazioni che costituiscono intralcio alla pubblica viabilità o che alterano il decoro urbano, di abusivismo commerciale e di illecita occupazione di suolo pubblico.”).

7.7. Alla luce delle considerazioni che precedono e delle puntuali motivazioni del provvedimento impugnato deve condividersi quanto afferma la sentenza impugnata circa il fatto che il Comune aveva in un primo tempo ritenuto di poter rimediare alla situazione di pericolo per l’incolumità e la sicurezza pubblica causata dal fabbricato in questione con la collaborazione dei privati, laddove proprio l’incuria e l’inottemperanza di questi ultimi aveva poi dato invece causa allo sgombero: il Sindaco infatti, preso atto che nulla di quanto ordinato era stato realizzato e delle perdurante (e sempre più grave) situazione di degrado dell’edificio, tale da non garantire le condizioni di sicurezza dello stesso, nonché dei numerosi arresti eseguiti nel condominio per gravi reati, dichiarava “immediatamente inagibile e inutilizzabile” l'intero stabile e ne ordinava lo sgombero, a tutela dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana.

7.7.1. Come evidenziato risulta infatti dagli atti che da tempo (sin dall’ordinanza n. 129 del 13 marzo 2008) il ricorrente, come gli altri proprietari e l’amministratore di condominio, era stato diffidato a provvedere alla messa in sicurezza delle parti comuni, delle unità abitative e delle autorimesse e che a tanto non si era invece ottemperato, ciò comportando l’aggravamento delle problematiche esistenti.

Di conseguenza, era irrilevante che l’alloggio di comproprietà dell’appellante fosse in buono stato di conservazione: il degrado anche strutturale nel quale versava l’intero fabbricato era, infatti, tale da pregiudicare la sicurezza e l’abitabilità dell’intero edificio, mettendo in serio pericolo l’incolumità di tutti gli abitanti dello stesso e finanche la sicurezza della collettività (in ragione della reiterata attività delittuosa commessa al suo interno e nelle sue pertinenze), a prescindere dalle condizioni delle singole unità abitative. A fronte di una situazione di degrado e di pericolo riguardante l’intero stabile non sussisteva poi neppure un obbligo di specifica motivazione con riferimento all’agibilità o meno di ogni singola unità immobiliare, come erroneamente sostiene parte appellante.

7.7.2. La situazione del fabbricato, complessivamente considerata dall’amministrazione, ha portato così ragionevolmente a estendere le prescrizioni a tutela della pubblica e privata incolumità a tutto il complesso edilizio e non solo alla singola unità abitativa potenzialmente interessata dall’evento accidentale o calamitoso (quale ad esempio l’esplosione di bombole o un corto circuito degli impianti elettrici), dichiarando totalmente inagibile il fabbricato, che costituiva fonte di concreto pericolo per la salvaguardia della pubblica incolumità dei suoi occupanti e dell’intera collettività.

7.7.3. La circostanza che non abbia ancora avuto, allo stato, seguito la demolizione del fabbricato e la sua ricostruzione, nell’ambito di un complessivo progetto di riqualificazione dell’area, non influisce, quindi, sulla legittimità dell’ordinanza impugnata: vengono, infatti, in rilievo le concrete modalità con cui l’amministrazione comunale intende esercitare i poteri discrezionali di pianificazione del territorio, nulla impedendo del resto ai singoli proprietari delle unità immobiliari ricadenti nel fabbricato sgombrato di farsi parte attiva, presentando i progetti di riqualificazione dell’area che l’amministrazione potrà valutare.

7.8. Per le ragioni esposte deve quindi rilevarsi come va confermata la sentenza appellata laddove ha concluso che dalla piana lettura dell’atto impugnato emerge ictu oculi l’infondatezza delle censure formulate dal ricorrente, essendo pacifico che la situazione di degrado e di pericolo, non risolta con gli strumenti ordinari e dunque degenerata, necessitasse di intervento urgente a tutela della pubblica incolumità, ivi compresa quella dello stesso ricorrente, che sarebbe stata a sua volta esposto a un serio pericolo in caso di eventuale permanenza all’interno del fabbricato.

Ed infatti, come si evince dall'art. 54 comma 4, T.U. n. 267 del 2000 in materia di ordinanze contingibili e urgenti, la tutela della pubblica incolumità si realizza non solo attraverso l'eliminazione dei pericoli che la minacciano, ma anche attraverso l'adozione delle opportune misure di prevenzione.

La circostanza che la vicenda fosse già nota all'amministrazione non ha di per sé rilevanza sull'esistenza o meno del pericolo di danno, sia in relazione al suo aspetto ontologico, sia in rapporto alle vicende della situazione stessa, siano esse di aggravamento o comunque di modifica. Infatti, l'assoluta imprevedibilità della situazione da affrontare non può considerarsi un presupposto indefettibile per l'adozione delle ordinanze extra ordinem ex art. 54 comma 4, T.U. enti locali. Tali ordinanze, invero, possono essere adottate per fronteggiare situazioni impreviste e non altrimenti fronteggiabili con gli strumenti ordinari, al fine di prevenire o eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana (Cons. Stato, sez. IV, 12 giugno 2014, n. 3001).

7.8.1. Inoltre, come rilevato dalla sentenza appellata, la competenza ad adottare simili ordinanze è riservata dalla legge al Sindaco il quale, nel caso di specie, ha firmato l’ordinanza e ha ampiamente e adeguatamente motivato le ragioni del suo intervento e dell’esercizio dei propri poteri extra ordinem, indicando puntualmente sulla base di quali atti istruttori emanati da diversi organismi pubblici l’amministrazione era pervenuta a tale decisione, con conseguente insussistenza dei vizi di carenza di motivazione e di violazione dei principi di pubblicità e trasparenza lamentati dal ricorrente.

7.8.2. Sotto altro profilo, la natura stessa dell’ordinanza in parola esclude, poi, che siano necessarie formalità preventive quali la comunicazione di avvio del procedimento o una preventiva diffida. La sentenza ha, quindi, correttamente ritenuto che in materia di emanazione di un'ordinanza contingibile e urgente non si applicano le norme procedimentali a presidio della partecipazione del privato, ai sensi dell'art. 7 della L. 241/1990, in quanto incompatibili con l'urgenza di provvedere, anche in ragione della perdurante attualità dello stato di pericolo, aggravatasi con il trascorrere del tempo: di fatto, la comunicazione di avvio del procedimento nelle ordinanze contingibili e urgenti del Sindaco non può che essere di pregiudizio per l'urgenza di provvedere.

7.8.3. La sentenza ha altresì correttamente respinto anche l’ultima censura del ricorso principale, con cui si lamentava che in nessuna delle deliberazioni precedenti si facesse riferimento ai gravissimi problemi riportati nell'ordinanza e alla necessità di procedere con lo sgombero dell'intero fabbricato. Infatti, come evidenziato, l’assenza di riferimenti, nelle delibere precedentemente assunte dal Consiglio comunale e dalla Giunta, alla necessità di procedere allo sgombero, conferma che la situazione di degrado e di pericolo, che ha condotto all’ordinanza impugnata, non era prevista e che, per certi versi, essa era nettamente peggiorata nel tempo, a causa dell’inadempimento dei proprietari e dell’amministratore del condominio a eseguire i prescritti interventi edilizi e manutentivi.

7.9. La sentenza ha inoltre correttamente respinto il ricorso per motivi aggiunti, ritenendone l’infondatezza, sul condivisibile rilievo secondo l’unica articolata censura in esso contenuta, di violazione della L.R. Emilia-Romagna n. 19 del 1998, nonché di eccesso di potere sotto i profili di sviamento, falso supposto ed indeterminatezza della gravata ordinanza, in realtà non aggredisce detto provvedimento sindacale, bensì precedenti atti e deliberazioni consiliari adottati dal Comune (peraltro, non fatti oggetto di specifica impugnazione da parte dell’interessata), che riguardano un complessivo intervento urbanistico avente ad oggetto “la riqualificazione dell’area di Via OMISSIS e dintorni”, del tutto estraneo – quanto a ratio e presupposti - rispetto all’ordinanza extra ordinem oggetto del giudizio. In ogni caso, la doglianza, in concreto delineante un’ipotesi di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica dell’atto, è stata esaminata e correttamente respinta dalla sentenza impugnata per l’insussistenza di qualsivoglia elemento, anche indiziario, necessario a sorreggere una contestazione, rimasta anche in questa sede meramente enunciata, circa il cattivo esercizio del potere da parte del Comune, sub specie di esercizio diverso e sviato rispetto a quello sotteso all’intervento extra ordinem del Sindaco e in concreto da questi legittimamente esercitato nel caso in esame.

Sotto altro concorrente profilo, non meritano le critiche appuntate neppure le statuizioni della sentenza che hanno dichiarato inammissibile l’ulteriore rilievo dei motivi aggiunti, con cui si era censurata l’illegittima l’adozione, da parte del Comune, di atti esecutivi dell’ordinanza impugnata: tali atti, successivi all’ordinanza, non sono infatti in grado di incidere sulla legittimità del provvedimento impugnato.

7.9.1. Piuttosto, deve osservarsi come la stessa situazione venutasi a determinare successivamente all’ordinanza gravata (ovvero la mancata esecuzione del progetto di riqualificazione urbana che, secondo l’appellante, costituirebbe l’effettiva ragione a fondamento dell’ordinanza di sgombero gravata) conferma che i presupposti del provvedimento impugnato erano, invece, da ricercarsi unicamente nelle dichiarate esigenze di tutela della pubblica incolumità e della sicurezza urbana, in concreto pregiudicate dalla situazione di degrado e di incuria in cui versava l’intero fabbricato, con conseguente infondatezza, anche sotto tale ulteriore profilo, delle censure di cattivo esercizio e sviamento del potere esercitato.

8. L’appello deve essere, pertanto, respinto.

Nulla sulle spese, non essendosi costituita l'Amministrazione appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità delle persone fisiche indicate in sentenza.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente FF

Valerio Perotti, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere, Estensore

Giovanni Grasso, Consigliere

Anna Bottiglieri, Consigliere

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Angela Rotondano

 

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO



 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.