Giu Sulla legittimità del voto esclusivamente numerico attribuito in sede di concorso al candidato
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II - SENTENZA 27 aprile 2023 N. 4247
Massima
Il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove o ai titoli nell’ambito di un concorso pubblico o di un esame – in mancanza di una contraria disposizione – esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, quale principio di economicità amministrativa di valutazione, ma la sufficienza motivazionale è correlata alla prefissazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, di criteri di massima di valutazione, che soprassiedono all’attribuzione del voto, da cui desumere con evidenza la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate mediante l’espressione della cifra del voto; per cui, se mancano criteri di massima e precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato, si deve ritenere illegittima la valutazione dei titoli in forma numerica

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II - SENTENZA 27 aprile 2023 N. 4247

Pubblicato il 27/04/2023

N. 04247/2023REG.PROV.COLL.

N. 01717/2021 REG.RIC.

https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/stemma.jpgREPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1717 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Argeri e Filippo Pagano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Roberto Argeri in Roma, via Luigi Canina n. 6;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS- rappresentati e difesi dall'avvocato Anna Maria Pitzolu, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Carlo Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie 9;

-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 11522/2020 del 5 novembre 2020, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dei sigg.ri –OMISSIS-

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2023 il Cons. Maria Stella Boscarino e uditi per le parti gli avvocati Roberto Argeri, Patrick Actis Perinetto in delega dell'avv. Filippo Pagano, Anna Maria Pitzolu e Maria Cristina Tabano in delega dell'avv. Carlo Rienzi.

Vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione e relative conclusioni depositata dall'Avvocatura generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. L’appellante premette di aver partecipato al concorso interno, per titoli ed esami, a 20 posti per l’accesso alla qualifica di commissario della carriera dei funzionari della Polizia di Stato, indetto con decreto del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 27.12.2018, articolato nelle seguenti fasi: due prove scritte (da superare con la votazione di almeno 18/30 a prova e una votazione media fra le due prove di almeno 21/30), accertamenti attitudinali, valutazione dei titoli sulla base della griglia di valutazione predeterminata dall’art.10 del bando di concorso, prova orale (da superare con la votazione di almeno 18/30); il punteggio finale da attribuire a ciascun candidato scaturiva dalla somma tra la media delle votazioni riportate alle prove scritte, quello assegnato ai titoli e la votazione ottenuta alla prova orale.

2. Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado l’interessato, non inserito nella graduatoria a causa dell’insufficiente punteggio ottenuto nella prova orale, pari a 17,45/30 (appena 0,55 in meno rispetto il minimo richiesto dal bando), ha impugnato la graduatoria finale e gli atti presupposti, inclusi i verbali della Commissione giudicatrice, lamentandone l’illegittimità a causa di molteplici vizi, tra i quali l’illegittimità della composizione della commissione; l’illegittimità del procedimento nelle fasi di valutazione dei titoli e dell’estrazione a sorte dei quesiti; omessa predeterminazione di adeguati criteri di valutazione per la prova orale; l’inidoneità della votazione a costituire legittima motivazione di esclusione in quanto attribuita in assenza di congrui criteri di valutazione.

3. Il T.A.R. adito ha ritenuto il ricorso infondato.

3.1. Con specifico riferimento alle prove orali, muovendo dall’applicabilità del D.M. 2 dicembre 2002 n. 276, recante norme per la disciplina dei concorsi per l'accesso ai ruoli dei commissari (in luogo del dPR 487/1994), nel rispetto del quale i criteri di massima sarebbero stati espressamente e legittimamente individuati nel verbale n.1/2019, di prima riunione della Commissione, il T.A.R. ha ritenuto che la prova orale non richiedesse la predeterminazione di criteri speciali oltre quelli, consueti, della pertinenza, della correttezza linguistica, della padronanza dell’argomento e della capacità di sintesi, stabiliti nella seduta del 25 febbraio 2019, con il verbale n.1, del quale il T.A.R. ha escluso la genericità.

3.2. Il giudice di prime cure ha poi ritenuto:

- irrilevanti la lamentata assenza di una griglia di valutazione e la mancata verbalizzazione delle singole valutazioni dei componenti della Commissione esaminatrice, trattandosi di adempimenti non previsti dalla normativa in materia di procedure concorsuali;

- legittima la valutazione espressa in termini numerici, anche decimali;

- infondati gli ulteriori profili di ricorso, sui quali non ci si sofferma, attesa la mancata riproposizione in appello.

4. Con il ricorso in epigrafe l’appellante impugna la sentenza in epigrafe, della quale lamenta l’erroneità sotto molteplici profili.

4.1. In primo luogo, la Commissione, nella prima seduta di esami, si era auto-vincolata a determinare, “in apposite sedute” successive, gli “aspetti applicativi e di dettaglio dei criteri”, salvo non procedervi mai.

4.2. I criteri predisposti dall’Amministrazione e il punteggio attribuito all’appellante non consentono affatto di “desumere, con evidenza, la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni” né forniscono alcuna “necessaria spiegazione delle valutazioni di merito compiute dalla Commissione”; né, ancora, consentono “il sindacato sul potere amministrativo esercitato” (Sentenza, Capo 1.3, pag. 18).

4.3. Lungi dall’essere “sufficientemente indicativi delle modalità di graduazione del voto numerico”, i criteri predisposti dall’Amministrazione non aggiungono alcun elemento che consenta all’appellante di comprendere, attraverso il voto numerico, perché la sua prova sia stata giudicata così carente da essere immeritevole proprio di quel punteggio aggiuntivo che gli avrebbe consentito di essere inserito nell’elenco dei vincitori del concorso.

Questa conclusione è confermata dal fatto che non soltanto l’appellante, ma anche il Tribunale di prima istanza e persino l’Amministrazione non sono stati in grado di spiegare perché i candidati abbiano ricevuto voti compresi tra 15,90 e 23,54, con un solo alcuni voti interi (17) inspiegabilmente attribuiti ad alcuni candidati.

La giurisprudenza ha affermato la necessità di “desumere con evidenza” la motivazione attraverso il combinato disposto di criteri e voto numerico (in primis l’Adunanza plenaria n. 7 del 2017).

La sentenza, quindi, è erronea perché, applicando i principi della Plenaria solo su un piano astratto e formalistico, ha concluso che la previa enunciazione dei criteri sia per se suscettibile di assolvere, in quanto tale, l’obbligo motivazionale; mentre questa conclusione si può legittimamente raggiungere soltanto ove i predetti criteri, considerati insieme al voto, consentano di capire “il perché dell’assegnazione d’un voto invece d’un altro”: circostanze che, nel caso dell’appellante, non è sicuramente possibile comprendere, soprattutto comparando il suo voto a quello attribuito agli altri candidati sia idonei sia inidonei.

4.4. Non sarebbe possibile comprendere neppure se la Commissione abbia fatto una media per ricavare il voto finale attribuito ai candidati; tanto più se si considera che, in base alle “disposizioni sulla prova orale” tardivamente pubblicate dall’Amministrazione sul proprio sito, “[l]e prove di informatica e di lingua straniera sono sostenute al termine della prova orale”.

Queste materie, quindi, non avrebbero potuto finire nello stesso indistinto “calderone” delle altre undici materie.

4.5. L’appellante ritiene necessario che la questione venga rimessa all’Adunanza Plenaria.

4.6. Con il secondo motivo di appello si lamenta violazione degli artt. 3 e 97 Cost., 6, 14 e 38 della C.E.D.U., 3 del relativo Prot. 7, nonché 41 comma 2, lett. c, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (obbligo delle amministrazioni di motivare le proprie decisioni).

5. Si sono costituiti in giudizio sia l’Amministrazione intimata che gli appellati, che, con memorie, hanno eccepito l’inammissibilità del gravame, non essendovi certezza se, in caso di rinnovazione dell’esame orale, il ricorrente risulterebbe vincitore del concorso, e, nel merito, hanno esplicitato puntuali controdeduzioni alle censure di cui all’appello.

Viene, in particolare, richiamata la giurisprudenza in tema di discrezionalità tecnica nella materia in questione, sulla quale il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di quello di eccesso di potere in particolari ipotesi limite, sicché la sentenza appellata sarebbe corretta, non sussistendo, tra l’altro, né il diritto in capo ai candidati di conoscere specificamente e dettagliatamente i singoli giudizi per ciascuna delle materie delle quali è costituita la prova orale, che deve sempre considerarsi unica, né l’obbligo di adottare una motivazione diversa dal voto numerico, né tanto meno quello di fissare una griglia specifica di sub criteri e sub punteggi.

5.1. Viene poi richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in assenza di una norma specifica che imponga la verbalizzazione delle singole valutazioni dei componenti di una commissione esaminatrice, la votazione assegnata costituisce espressione della volontà collegiale, la cui unanimità deve essere presunta tutte le volte in cui non vi sia una espressa manifestazione di dissenso da parte di taluno dei commissari; pertanto, non occorre riportare il voto assegnato da ciascun membro della commissione d’esame.

5.2. Oltre a sostenere il mancato superamento della prova di resistenza, gli appellati deducono che l’interesse del ricorrente all’annullamento della prova orale ed alla sua rinnovazione non può estendersi all’annullamento e rinnovazione delle prove orali di tutti i candidati, occorrendo optare verso la diversa soluzione di ammissione dei ricorrenti al prosieguo dell’iter concorsuale anche in sovrannumero.

5.3. Sotto tale profilo, nella memoria di replica l’Amministrazione eccepisce l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 104 co.1 c.p.a.: infatti, l’appellante chiede l’annullamento dell’intera fase orale del concorso in argomento, con conseguente condanna dell’Amministrazione a procedere ad una riedizione della prova per tutti i candidati ammessi, così proponendo una domanda nuova rispetto a quella avanzata in primo grado ove aveva chiesto esclusivamente la rivalutazione della prova orale.

6. Le parti hanno presentato, in vista dell’udienza, ulteriori memorie e repliche.

7. Nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2023, esaurita la trattazione orale, il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

8. Le eccezioni di inammissibilità sono infondate: l’appellante aveva superato la prova scritta e le prove di efficienza fisica ed attitudinali, rimanendo escluso dal concorso unicamente a causa del mancato conseguimento nella prova orale del punteggio minimo previsto dal bando; conseguentemente, non può dubitarsi dell’interesse alla ripetizione di detta prova, ma d’altra parte non può predicarsi la necessità di provare in giudizio se in esito alla nuova valutazione l’appellante conseguirebbe un punteggio sufficiente a collocarsi in posizione utile nella graduatoria di merito, essendo evidentemente impossibile prevedere il punteggio da conseguirsi in virtù di una prova da espletarsi in futuro.

8.1. Quanto all’ulteriore profilo sollevato dall’Amministrazione nella memoria di replica, è sufficiente rilevare che il ricorrente in primo grado aveva chiesto l’annullamento del bando, di tutti i verbali, e in particolare dei verbali di predisposizione dei criteri, dei verbali relativi all’attribuzione dei punteggi a tutti i candidati all’esito delle prove orali e della graduatoria finale, non intendendo quindi limitare la generale richiesta di travolgimento dell’intera procedura, come fatto palese dall’impugnazione degli atti sopra elencati.

Tanto determina il rigetto dell’eccezione, fermo restando che l’annullamento opera nei limiti dell’interesse della parte.

9. il Collegio ravvisa la fondatezza delle censure di cui in appello di cui infra.

10. Occorre premettere che il bando del concorso per cui è causa ha stabilito, all’articolo 4, la composizione della commissione giudicatrice, precisando che per le prove di lingue straniere e di informatica la commissione sarebbe stata integrata da un esperto nelle richiamate materie; l’articolo 6, rubricato “prove di esame”, al comma 5 ha stabilito su quali materie si sarebbe svolta la prova orale.

10.1. L’articolo 11 ha, poi, regolato le modalità di svolgimento della prova orale, precisando che per il superamento del colloquio il candidato avrebbe dovuto ottenere la votazione di almeno 18/30.

10.2. La Commissione giudicatrice, con il verbale numero 1 del 25 febbraio 2019, ha definito, ai sensi dell’articolo 42 comma 2 del decreto ministeriale 276 del 2002 “i criteri e le modalità delle prove d’esame”, e, quanto alla prova orale, ha stabilito di approntare un numero di quesiti non inferiore a 25 per ciascuna delle materie, che sarebbero stati trascritti in appositi elenchi divisi per materia e contrassegnati numericamente; ogni candidato, al momento della prova orale, avrebbe dovuto estrarre un numero e sarebbero state proposte le domande per ciascuna materia corrispondenti, nei vari elenchi, al numero estratto.

La valutazione del colloquio e l’attribuzione del relativo punteggio sarebbero state effettuate tenendo conto degli aspetti sostanziali (padronanza dell’argomento, esaustività della risposta, capacità di sintesi) e formali (chiarezza espositiva, uso appropriato della terminologia e capacità di elaborazione critica) delle risposte.

Infine, prima dell’inizio della prova scritta e della prova orale si sarebbero dovute tenere apposite riunioni per definire gli aspetti applicativi e di dettaglio dei criteri e delle modalità sopraindicate.

10.3. La sentenza di primo grado ha ritenuto che a tanto la Commissione avesse ottemperato nella riunione del 17 giugno 2019, verbale numero 24 (richiamato nel verbale n.30, citato nella sentenza appellata), dall’esame del quale, tuttavia, non emerge, come dedotto dall’appellante, alcun dettaglio circa i criteri già indicati nel primo verbale.

Infatti, dal verbale numero 24 risulta come la Commissione, con riferimento a quanto riportato nel verbale numero 1, si sia limitata ad illustrare le modalità relative allo svolgimento della prova orale (pubblicità della seduta, modalità di estrazione a sorte del numero relativo ai quesiti, modalità di accertamento della conoscenza della lingua straniera e dell’informatica, modalità di pubblicazione dell’esito della prova orale) e ad approvare, di seguito, i quesiti da sottoporre ai candidati, trascritti in appositi elenchi, sottoscritti e inseriti in busta chiusa.

Dunque, si è svolta un’unica riunione (il 17 giugno 2019) nella quale tuttavia la Commissione non ha provveduto ad enunciare precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio da assegnare.

10.4. Il giudice di primo grado ha ritenuto che, nell'attribuzione della votazione numerica, la Commissione abbia applicato i criteri di massima predeterminati dal primo verbale, sicché, pur in assenza di una griglia valutativa, il voto numerico renderebbe sufficientemente intellegibile il percorso logico seguito nella valutazione delle prove.

Tale conclusione è convincentemente criticata dall’appellante.

10.5. Preliminarmente, occorre considerare che la giurisprudenza amministrativa è costante nel riconoscere all'amministrazione e alla commissione valutatrice ampia discrezionalità nell'esercizio dell'attività di individuazione dei criteri di valutazione nell'ambito di una procedura selettiva di un concorso pubblico, con conseguente limitazione del relativo sindacato di legittimità del giudice amministrativo alle sole ipotesi di manifesta irragionevolezza, illogicità, abnormità ovvero non intellegibilità e trasparenza dei criteri e delle valutazioni, nonché per travisamento di fatto od errori procedurali.

Sotto il profilo della intellegibilità e trasparenza dei criteri e delle valutazioni, la giurisprudenza ha evidenziato che, in linea con l'ineludibile principio di trasparenza, le commissioni esaminatrici debbano rendere percepibile l'iter logico seguito nell'attribuzione del punteggio, non necessariamente mediante diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, essendo sufficiente l'indicazione del punteggio numerico, che sintetizza le ragioni dell'apprezzamento purché a monte siano stati predeterminati criteri idonei alla ricostruzione dell'iter logico seguito dalla commissione nella valutazione delle prove d'esame.

Infatti, il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove o ai titoli nell’ambito di un concorso pubblico o di un esame – in mancanza di una contraria disposizione – esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, quale principio di economicità amministrativa di valutazione, ma la sufficienza motivazionale è correlata alla prefissazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, di criteri di massima di valutazione, che soprassiedono all’attribuzione del voto, da cui desumere con evidenza la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate mediante l’espressione della cifra del voto; per cui, se mancano criteri di massima e precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato, si deve ritenere illegittima la valutazione dei titoli in forma numerica (Consiglio di Stato sez. V, 23/04/2019, n.2573 e sez. III, 29/04/2019, n.2775).

Nel caso in questione, i parametri di valutazione sono rimasti quelli stabiliti nel primo verbale (non essendo mai stati fissati “gli aspetti applicativi e di dettaglio dei criteri”, nonostante in tal senso la stessa Commissione si fosse autolimitata), dati dalla combinazione dei seguenti aspetti: padronanza dell'argomento, esaustività della risposta, capacità di sintesi, chiarezza espositiva, uso appropriato della terminologia e capacità di elaborazione critica nelle risposte.

In tal modo, però, la mancata previsione di criteri integrativi e di dettaglio e della esplicitazione delle modalità di assegnazione dei punteggi ha reso impossibile al singolo candidato, e poi al giudice, di ricollegare l’attribuzione del punteggio e la graduazione dello stesso alla prova valutata.

Al fine di rendere intelligibile il percorso motivazionale, la Commissione avrebbe dovuto dettagliare il contenuto di ciascun criterio ed assegnare, sempre per ciascun criterio, uno specifico e determinato punteggio.

Nel caso in questione, invece, la Commissione si è limitata ad indicare un complessivo voto numerico per tutti i criteri, privi oltretutto di elementi di specificazione, senza consentire al candidato, e quindi al giudice, di comprendere i motivi per i quali è stato attribuito quel punteggio.

In mancanza di una specificazione dei criteri in voci e sotto voci, con i relativi punteggi, in modo da delimitare adeguatamente il giudizio della Commissione rendendolo sufficientemente chiaro, analitico e articolato, è risultato incomprensibile l’iter logico seguito dalla Commissione nel valutare le prove, non consentendo quindi nemmeno il controllo di adeguatezza, logicità e congruità che pacificamente la giurisprudenza assegna al giudice amministrativo.

In assenza di criteri integrativi dei parametri valutativi il candidato non può in alcun modo comprendere se il giudizio di insufficienza involga uno o più dei parametri di valutazione (padronanza dell'argomento, esaustività della risposta, capacità di sintesi, chiarezza espositiva, uso appropriato della terminologia e capacità di elaborazione critica nelle risposte) e in che misura.

La votazione numerica, quindi, in questo caso non è idonea ad integrare una sufficiente motivazione della scelta compiuta, non essendo stati precedentemente fissati, dal medesimo organo collegiale, criteri di massima sufficientemente specifici per l’attribuzione dei voti, in modo da consentire di percepire, con evidenza, la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate.

11. Conseguentemente, l’appello risulta fondato in parte qua, essendo sussistenti i vizi esposti nel ricorso introduttivo relativi ai verbali di determinazione dei criteri ed agli atti relativi alle prove orali che ne hanno dato applicazione.

Ne segue, in accoglimento del ricorso di primo grado ed assorbiti gli ulteriori motivi, l’annullamento degli atti ivi impugnati, per quanto di ragione e nei limiti di interesse dell’appellante.

12. La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell'ormai consolidato "principio della ragione più liquida", corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), e le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

13. Nel tenore delle questioni controverse, si ravvisano le eccezionali ragioni sancite dal combinato disposto degli artt. 26 comma 1 c.p.a. e 92 comma 2 c.p.c. per compensare integralmente le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata ed in accoglimento del ricorso di primo grado, per quanto di ragione e nei limiti di interesse dell’appellante, annulla gli atti impugnati.

Spese del doppio grado compensate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2023 con l'intervento dei magistrati:

Giulio Castriota Scanderbeg, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Ugo De Carlo, Consigliere

Stefano Filippini, Consigliere

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Maria Stella Boscarino

 

Giulio Castriota Scanderbeg

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO