Giu Sul differimento del termine iniziale per l’esercizio dell’autotutela
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - SENTENZA 27 febbraio 2024 N. 1926
Massima
Ai sensi dell’art. 21-novies, comma 2-bis, l. n. 241 del 1990, il differimento del termine iniziale per l’esercizio dell’autotutela deve essere determinato dall’impossibilità per la p.a., a causa del comportamento dell’istante, di svolgere un compiuto accertamento sulla spettanza del bene della vita nell’ambito della fase istruttoria del procedimento di primo grado

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - SENTENZA 27 febbraio 2024 N. 1926

Pubblicato il 27/02/2024

N. 01926/2024REG.PROV.COLL.

N. 06281/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6281 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabrizio Perla, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Aversa, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Nerone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Ottava, n. 6136 del 15 dicembre 2020.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Aversa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2024, il Cons. Roberto Caponigro;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. Il Comune di Aversa ha rilasciato alla signora -OMISSIS- il permesso di costruire n. 112 del 26 aprile 2012 per la realizzazione di un sottotetto in legno/ferro ventilato con copertura a falde e sovrastanti manto di tegole e pannelli fotovoltaici sul fabbricato in Aversa, alla Via Raffaello n. 92.

Con il successivo provvedimento del 30 marzo 2018, la detta Amministrazione comunale ha disposto l’annullamento del permesso di costruire n. 112 del 2012.

Infine, il Comune di Aversa, con provvedimento del 27 dicembre 2019, ha conseguentemente ordinato alla signora -OMISSIS- di demolire a propria cura e spese le opere abusive originariamente assentite e, precisamente, il sottotetto con copertura a falde realizzato sul fabbricato in Aversa, alla Via Raffaello n. 92, nonché di ripristinare lo stato dei luoghi entro novanta giorni dalla notifica dell’ordinanza.

L’interessata ha impugnato dinanzi al Tar per la Campania, con il ricorso introduttivo del giudizio, l’annullamento del permesso di costruire del 30 marzo 2018 e, con motivi aggiunti, l’ordinanza di demolizione del 27 dicembre 2019.

Il Tar per la Campania, Sezione Ottava, con la sentenza n. 6136 del 15 dicembre 2020, ha respinto il ricorso proposto anche mediante motivi aggiunti.

Di talché, la signora -OMISSIS- ha interposto il presente appello, articolando i motivi così sintetizzati:

Error in judicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 124 del 2015. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies, comma 1, della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria. Carente ed erronea motivazione.

La disciplina introdotta con le modifiche apportate all’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 dall’art. 6 della legge n. 124 del 2015, in ordine all’esercizio del potere di autotutela, ha completamente eliminato l’indeterminato ed elastico limite temporale del “termine ragionevole”, fissando un termine espresso e rigido, sicché l’annullamento d’ufficio dovrebbe sempre intervenire entro un termine “comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti”.

La norma di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 prevede che, al fine di procedere all’annullamento d’ufficio di un atto amministrativo, l’Amministrazione necessita di un triplice ordine di presupposti: che l’atto sia illegittimo; che sussistano ragioni di interesse pubblico che ne giustifichino l’annullamento; che il tutto avvenga nei termini di legge.

Non potrebbe in alcun modo condividersi la tesi esposta in sentenza, secondo cui vi sarebbe stata “una parziale se non erronea rappresentazione dei presupposti necessari al conseguimento del riconosciuto vantaggio”, circostanza che condurrebbe al superamento del limite temporale per l’esercizio dell’autotutela.

Oltre al mancato rispetto del limite temporale imposto dalla legge per l’esercizio dell’autotutela, in ogni caso il Comune non avrebbe posto in essere alcuna comparazione dell’interesse pubblico con quello del privato.

Il Comune di Aversa ha contestato la fondatezza delle censure dedotte, concludendo per il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 25 gennaio 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. L’appello è fondato e va di conseguenza accolto.

3. Il Comune di Aversa, con il provvedimento del 30 marzo 2018, ha annullato il permesso di costruire n. 112 del 2012, rilasciato alla signora -OMISSIS-, per i seguenti motivi:

- con la realizzazione del sottotetto l’altezza complessiva del fabbricato supera il valore massimo di m. 13,50 assentibile fissato dalle Norme Tecniche di Attuazione del PRG per la zona B1 nella quale ricade lo stesso edificio;

- l’altezza massima netta del sottotetto risulta di fatto superiore al valore di m 2,20 assentibile stabilito dall’art. 3 delle stesse Norme Tecniche di Attuazione del PRG e, precisamente, pari a m 2,98, comportando la realizzazione di un volume non consentito in zona B1 satura e rendendolo così, peraltro, abitabile;

- la pendenza delle falde è inferiore al valore minimo del 15% prescritto per le coperture inclinate dal sopra indicato art. 3 delle Norme Tecniche di Attuazione, elemento anche questo che determina l’abitabilità del sottotetto.

L’Amministrazione ha evidenziato nel corpo motivazionale del provvedimento di autotutela che:

- a seguito di una più attenta verifica degli atti, è stata riscontrata la circostanza che dai grafici allegati al permesso in oggetto l’altezza massima netta del sottotetto risulta di fatto superiore al citato valore di m 2,20 stabilito dalle NTA;

- tale ultimo valore di m 2,20, infatti, risulta misurato non a partire dal piano di calpestio interno ma a partire da un livello indicato con tratteggio sopraelevato di m 0,18 rispetto allo stesso piano di calpestio. Peraltro, la stessa misura di m 2,20 è indicata rispetto all’intradosso della trave di colmo, che emerge dalla copertura per un’ulteriore altezza di m 0,60. Di fatto l’altezza complessiva risulta pari a m 2,98, comportando la realizzazione di un volume non consentito in zona B1 satura e rendendo così abitabile il sottotetto;

- nei citati elaborati allegati al permesso di costruire è indicata la pendenza delle falde del 5% inferiore al valore minimo del 15% prescritto per la copertura inclinata dal sopra indicato art. 3 delle NTA, elemento anche questo che determina l’abitabilità del sottotetto;

- negli stessi elaborati progettuali del permesso di costruire in oggetto non è riportata l’altezza dell’intero edificio, prima e dopo l’intervento, elemento indispensabile ai fini della verifica del non superamento dell’altezza massima di m 13,50 prescritta dal suddetto art. 38 delle richiamate NTA per la zona B1 nella quale ricade il fabbricato in argomento;

- dall’elaborato tecnico non emerge l’altezza complessiva del fabbricato prima dell’intervento, che, se rappresentata, avrebbe consentito di verificare ed evidenziare l’impossibilità di superare l’altezza massima assentibile di m 13,50, contro i circa m 18,00 risultanti oggi.

4. L’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, nel testo in vigore dal 28 agosto 2015 al 31 maggio 2021 e, quindi, ratione temporis vigente, ha previsto che:

1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.

2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.

2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.”.

Di talché, i presupposti affinché possa disporsi l’annullamento d’ufficio di un provvedimento illegittimo sono i seguenti:

a) sussistenza di ragioni di interesse pubblico;

b) termine non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dell’atto;

c) bilanciamento con l’interesse dei destinatari e dei controinteressati.

5. Nella fattispecie in esame, fermo restando che l’interesse pubblico alla rimozione di un’opera edilizia abusiva potrebbe ritenersi in re ipsa, l’esercizio del potere di autotutela si rivela illegittimo per la carenza dei presupposti sub b) e sub c).

5.1. L’atto, con cui il Comune di Aversa ha annullato il permesso di costruire rilasciato alla signora -OMISSIS- in data 26 aprile 2012, è stato adottato in data 30 marzo 2018 (nonostante nello stesso si dia atto che il 25 agosto 2015 il Settore comunale competente ha disposto la sospensione dei lavori), vale a dire in uno iato temporale estremamente ampio e, quindi, poco ragionevole e, comunque, ben oltre il termine di diciotto mesi dall’entrata in vigore, in data 28 agosto 2015, dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 come novellato dalla c.d. legge Madia (legge n. 124 del 2015).

Il regime temporale di diciotto mesi introdotto dalla legge n. 124 del 2015, così come non può decorrere dall’adozione dell’atto di prime cure, se antecedente al 28 agosto 2015, decorre senz’altro, per tali atti, dall’indicato giorno di entrata in vigore della novella legislativa; per cui, nella fattispecie, il provvedimento di ritiro è stato adottato oltre il termine perentorio di legge, essendo decorsi oltre trentuno mesi dal dies a quo.

Il termine di diciotto mesi, peraltro, può essere legittimamente superato nelle ipotesi di cui al comma 2-bis dell’art. 21-nonies, vale a dire di provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato.

La giurisprudenza ha chiarito in proposito come non possa sostenersi che le “false attestazioni”, ai fini dell’operatività del comma 2-bis dell’art. 21 nonies e, quindi, per poter consentire di superare il termine dei 18 mesi nell’esercizio dell’autotutela, debbano essere state accertate con sentenza penale passata in giudicato.

A tali fini, infatti, è stata operata una netta distinzione tra le due ipotesi contemplate dal comma 2-bis dell’art. 21-nonies, costituite, l’una, dalle "false rappresentazioni dei fatti", l’altra, dalle "dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci".

In particolare (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 18 marzo 2021 n. 2329), la giurisprudenza ha evidenziato che il superamento del rigido limite temporale di 18 mesi per l'esercizio del potere di autotutela di cui all'art. 21-nonies, legge n. 241/1990, deve ritenersi ammissibile, a prescindere da qualsivoglia accertamento penale di natura processuale, tutte le volte in cui il soggetto richiedente abbia rappresentato uno stato preesistente diverso da quello reale, atteso che, in questi casi, viene in rilievo una fattispecie non corrispondente alla realtà.

Tale contrasto, tra la fattispecie rappresentata e quella reale, può essere determinato da dichiarazioni false o mendaci la cui difformità, se frutto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante (indipendentemente dal fatto che siano state all'uopo rese dichiarazioni sostitutive), dovrà scontare l'accertamento definitivo in sede penale, ovvero da una falsa rappresentazione dei fatti, che può essere rilevante al fine di superamento del termine di diciotto mesi anche in assenza di un accertamento giudiziario della falsità, purché questa sia accertata inequivocabilmente dall'Amministrazione con i propri mezzi.

L'articolo 21-nonies, in definitiva, contempla due categorie di provvedimenti - differenziabili in ragione dell'uso della disgiuntiva "o" - che consentono all'Amministrazione di esercitare il potere di annullamento d'ufficio oltre il termine di diciotto mesi dalla loro adozione, a seconda che siano, appunto, conseguenti a false rappresentazioni dei fatti o a dichiarazioni sostitutive false.

La ratio dell’illustrato comma 2-bis, infatti, risiede nell’esigenza che il dies a quo di decorrenza del termine per l’esercizio dell’autotutela debba essere individuato nel “momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro” (cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 8 del 17 ottobre 2017, riferita peraltro al concetto di termine “ragionevole”, in quanto involgente una fattispecie concreta venuta in essere prima della c.d. riforma Madia).

La “scoperta” sopravvenuta all’adozione del provvedimento di primo grado deve tradursi in una impossibilità di conoscere fatti e circostanze rilevanti imputabile al soggetto che ha beneficiato del rilascio del titolo edilizio, non potendo la negligenza dell’Amministrazione procedente tradursi in un vantaggio per la stessa, che potrebbe continuamente differire il termine di decorrenza dell’esercizio del potere.

In sostanza, il differimento del termine iniziale per l’esercizio dell’autotutela deve essere determinato dall’impossibilità per l’Amministrazione, a causa del comportamento dell’istante, di svolgere un compiuto accertamento sulla spettanza del bene della vita nell’ambito della fase istruttoria del procedimento di primo grado.

Nel caso di specie, l’Amministrazione comunale non solo non ha rappresentato l’esistenza di dichiarazioni false accertate con sentenza penale passata in giudicato, ma nemmeno ha dimostrato l’esistenza di una falsa rappresentazione dei fatti, tanto che le ragioni poste a base dell’annullamento sono state rilevate a seguito di una più attenta verifica degli atti, vale a dire che il Comune avrebbe potuto e dovuto accertare “lo stato progettuale non conforme allo strumento urbanistico”, per il quale il permesso di costruire non poteva essere attribuito, nel corso della fase istruttoria del procedimento avviato su istanza della parte in data 14 marzo 2012, senza dover attendere le segnalazioni da parte di cittadini per avviare le attività di verifica a considerevole distanza di tempo dal rilascio del permesso di costruire.

L’Amministrazione, cioè, aveva la possibilità di conoscere tutti i fatti e le circostanze necessarie all’assunzione di una corretta decisione sull’istanza di parte volta a conseguimento del titolo abilitativo edilizio.

La stessa considerazione che negli elaborati progettuali non era stata riportata l’altezza dell’intero edificio, prima e dopo l’intervento, non costituiva una preclusione alla doverosa attività istruttoria che l’Amministrazione avrebbe dovuto compiere per rilasciare o negare a suo tempo il permesso di costruire.

Diversamente, una volta rilasciato, sia pure illegittimamente, il permesso di costruire, il potere di annullamento d’ufficio deve essere esercitato nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 ratione temporis vigente.

D’altra parte, i diversi presupposti in presenza dei quali possono essere esercitati il potere di negare il permesso di costruire (così come di ordinare la demolizione di un immobile abusivo), provvedimento di primo grado, ed il potere di annullamento d’ufficio di un permesso di costruire già rilasciato, provvedimento di secondo grado, sono diretta conseguenza della natura vincolata del primo potere e della natura discrezionale del secondo potere.

5.2 Il presupposto sub c) è parimenti carente, in quanto, ribadito che l’interesse pubblico alla rimozione di un’opera edilizia abusiva potrebbe ritenersi in re ipsa, il Comune non ha svolto alcuna considerazione in ordine al bilanciamento degli interessi del destinatario dell’atto, pur prevista dall’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 ratione temporis vigente.

6. La fondatezza dei motivi dedotti circa l’illegittimità dell’atto di autotutela ed il conseguente annullamento dello stesso determinano il travolgimento dell’ordinanza di demolizione del 27 dicembre 2019, che trova il suo unico presupposto nell’annullamento del permesso di costruire del 30 marzo 2018, tanto che il contenuto di quest’ultimo costituisce la sola motivazione dell’atto.

7. In definitiva, l’appello è fondato e va di conseguenza accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

8. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in € 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge, sono poste a carico del Comune di Aversa ed a favore dell’appellante.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe (R.G. n. 6281 del 2021) e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Comune di Aversa al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate complessivamente in € 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge, in favore dell’appellante. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2024, con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore

Giovanni Gallone, Consigliere

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Roberto Caponigro

 

Carmine Volpe

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO