Giu «nel caso di sospensione giudiziale dell’atto impositivo ai sensi dell’art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992, poi revocata, l’Amministrazione finanziaria ha diritto a percepire gli interessi conseguenti al ritardato versamento delle somme dovute
Cassazione sez V - SENTENZA 26 settembre 2022 N. 28018
Massima
«nel caso di sospensione giudiziale dell’atto impositivo ai sensi dell’art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992, poi revocata,
l’Amministrazione finanziaria ha diritto a percepire gli interessi conseguenti al ritardato versamento delle somme
dovute, da calcolarsi nella misura legale e, solo a seguito della aggiunta, da parte dell’art. 9, comma 1, lett. r), n. 4,
del d.lgs. n. 156 del 2015, del comma 8 bis al menzionato art. 47, nella misura del 4,5%».

Casus Decisus
RILEVATO CHE 1. Con sentenza n. 497/05/18 del 12/03/2018 la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR) ha accolto parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Firenze (di seguito CTP) n. 925/03/15, la quale aveva accolto parzialmente il ricorso di Eutelia s.p.a. in amministrazione straordinaria (di seguito Eutelia) nei confronti di una cartella di pagamento concernente, tra l’altro, interessi cd. di sospensione. 1.1. Come si evince anche dalla sentenza della CTR e per quanto ancora interessa in questa sede, la cartella di pagamento era stata emessa per la riscossione degli interessi conseguenti alla sospensione giudiziale dell’esecutività di un avviso di accertamento per il periodo 25/02/2010 – 08/03/2011 ed erano stati calcolati dall’Amministrazione finanziaria al tasso previsto dall’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 sia sulla sorte capitale che sulle sanzioni e sugli interessi. 1.2. La CTR accoglieva parzialmente l’appello dell’Agenzia delle entrate, evidenziando che: a) diversamente da quanto stabilito dal giudice di prime cure, gli interessi si applicavano sia sulla sorte capitale che sulle sanzioni e sugli interessi già computati; b) tali interessi, peraltro, in ragione del privilegio di cui godono i crediti di 7 tributari in sede concorsuale, andavano calcolati nella misura del 4,5% dal 25/10/2010 al 31/12/2010 (annualità in corso rispetto alla dichiarazione dello stato di insolvenza) e al saggio legale per il restante periodo. 2. Avverso la sentenza della CTR Eutelia proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria ex art. 378 cod. proc. civ. 3. L’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso e proponeva ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, avverso il quale Eutelia, a sua volta, resisteva con controricorso. 3.1. Non si costituiva in giudizio l’Agenzia delle entrate - Riscossione, che restava pertanto intimata.

Testo della sentenza
Cassazione sez V - SENTENZA 26 settembre 2022 N. 28018 Bruschetta Ernestino Luigi

CONSIDERATO CHE

1. Con il primo motivo di ricorso principale Eutelia deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 39, secondo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 47 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 1282 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente determinato il tasso di interesse applicabile. 1.1. Il motivo è ammissibile, diversamente da quanto sostenuto dall’Agenzia delle entrate, nonché fondato.

1.2. La difesa erariale sostiene che l’applicazione degli interessi nella misura prevista dall’art. 39 del d.P.R. n. 602 del 1973 – e, cioè, in ragione del 4,5% – non sia mai stata oggetto di contestazione da parte della società contribuente, sicché la questione posta da quest’ultima sarebbe nuova e non più proponibile in sede di legittimità.

1.2.1. In realtà, posto che i presupposti di fatto concernenti la debenza degli interessi (essenzialmente, la sospensione del pagamento) non possono dirsi mutati, Eutelia non fa altro che chiedere l’applicazione al caso di specie di una diversa disposizione di legge: non già l’art. 39 del d.P.R. n. 602 del 1973, concernente la sospensione amministrativa dell’avviso di accertamento, ma l’art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992, che regola la sospensione giudiziale del provvedimento impositivo. 1.2.2. La censura è, pertanto, ammissibile (cfr. Cass. n. 26906 del 19/12/2014; Cass. n. 25863 del 16/10/2018), non potendo certo sostenersi che lo specifico conteggio effettuato in primo grado da Eutelia abbia valenza di rinuncia alla contestazione della misura degli interessi indicata dall’Agenzia delle entrate.

1.3. Va, poi, evidenziato che, nel caso di specie, è pacifico che si tratti di sospensione giudiziale dell’atto impositivo, concessa dalla CTP con ordinanza del 25/02/2010 resa nel corso del giudizio di impugnazione dello stesso, ordinanza poi revocata con la sentenza del 08/03/2011.

1.4. L’art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992, nella versione applicabile ratione temporis, non indica la misura degli interessi dovuti per il periodo in cui l’esecutività dell’atto impositivo è rimasta giudizialmente sospesa, diversamente da quanto previsto dall’art. 39 del d.P.R. n. 602 del 1973 per la sospensione amministrativa, che impone il riconoscimento di interessi nella misura del 4,5%.

1.4.1. Ciò, peraltro, non significa che gli interessi non vadano, comunque, riconosciuti nella misura legale, in ragione del principio generale di cui all'art. 1282, comma 1, cod. civ., secondo cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto in misura del tasso legale, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente (Cass. n. 5692 del 22/02/2022; Cass. n. 27209 del 06/10/2021; Cass. n. 15970 del 11/07/2014).

1.4.2. Né la modifica dell’art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992, con l’introduzione, da parte dell’art. 9, comma 1, lett. r), n. 4, del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, del comma 8 bis giustifica l’applicazione di un differente tasso di interesse: la modifica si giustifica in ragione della necessità di equiparare le due tipologie di sospensione ai fini della misura degli interessi, ma non incide sull’obbligo di pagamento degli interessi medesimi (cfr. Cass. n. 20361 del 28/09/2020; Cass. n. 23548 del 27/10/2020), derivante, come già evidenziato, dalla legge. 1.5. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «nel caso di sospensione giudiziale dell’atto impositivo ai sensi dell’art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992, poi revocata, l’Amministrazione finanziaria ha diritto a percepire gli interessi conseguenti al ritardato versamento delle somme dovute, da calcolarsi nella misura legale e, solo a seguito della aggiunta, da parte dell’art. 9, comma 1, lett. r), n. 4, del d.lgs. n. 156 del 2015, del comma 8 bis al menzionato art. 47, nella misura del 4,5%».

2. Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli art. 54 e 55 l.fall. e dell’art. 2749 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che gli interessi da sospensione avrebbero dovuto essere calcolati nella misura del 4,5% anche per il periodo 01/01/2011 – 08/03/2011. 2.1. Tenuto conto di quanto rassegnato con riferimento al primo motivo e alla misura degli interessi dovuta (al tasso legale e non al 4,5%), il motivo va rigettato.

3. Con il secondo motivo di ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 39, secondo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 1283 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR emesso una pronuncia in violazione del divieto di anatocismo applicando gli interessi di sospensione anche sugli interessi già determinati. 3.1. Con il terzo motivo di ricorso principale si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 39, secondo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 2, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR applicato gli interessi di sospensione anche alle sanzioni.

4. Il secondo motivo è infondato mentre è fondato il terzo motivo.

4.1. Non è dubbio che gli interessi anatocistici – nei limiti di quanto disposto dall’art. 1283 cod. civ. – possano essere richiesti anche in relazione ai crediti tributari, essendo la menzionata disposizione espressione di un principio generale dell’ordinamento giuridico che riguarda sia il contribuente che l’Amministrazione finanziaria (cfr. Cass. n. 20360 del 20/09/2006). 4.2. Sotto questo profilo, pertanto, la richiesta di interessi anatocistici da parte dell’Amministrazione finanziaria è pienamente legittima, diversamente da quanto sostenuto dalla società contribuente, mentre non risulta essere stata sottoposta all’attenzione del giudice (almeno a quanto evincibile dagli atti di causa per come riprodotti dalle parti) la (diversa) questione della effettiva decorrenza di detti interessi.

4.2.1. In altri termini, oggetto di contestazione è unicamente la possibilità di riconoscere interessi anatocistici sui crediti tributari, non anche la corretta quantificazione degli stessi operata con il provvedimento impositivo, anche con riferimento alla data di loro decorrenza.

4.3. Per quanto concerne, invece, gli interessi sulle sanzioni, osta al loro riconoscimento il generale principio ricavabile dall’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 (cfr. Cass. n. 16553 del 22/06/2018 in materia di rateizzazione).

5. In conclusione, vanno accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso principale, rigettato il secondo motivo di ricorso principale e il motivo di ricorso incidentale. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla CTR della Toscana, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso principale, rigettato il secondo e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio