Giu Anche il credito al pagamento del prezzo del promittente venditore, riveniente da un contratto preliminare, è suscettibile di pignoramento ex art. 543 c.p.c.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - SENTENZA 27 ottobre 2022 N. 31844
Massima
L'esecuzione mediante espropriazione presso terzi può riguardare anche crediti futuri, non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente; pertanto, anche il credito al pagamento del prezzo del promittente venditore, riveniente da un contratto preliminare, è suscettibile di pignoramento ex art. 543 c.p.c., giacché – per quanto eventuale, dipendendo la sua effettiva maturazione dalla realizzazione del programma negoziale, sia essa spontanea o coattiva, ex art. 2932 c.c. – è specificamente collegato ad un rapporto esistente, e possiede quindi capacità satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento della assegnazione

Casus Decisus
RILEVATO CHE F. F. M. sottopose ad esecuzione il credito vantato da F. A. nei confronti di T. s.r.l. ed I. s.r.l. (derivante da sentenza del Tribunale di Napoli n. 4246/08, con cui era stata trasferita coattivamente alle predette società la quota di partecipazione della V. s.r.l., di cui il A. era titolare, dietro pagamento della somma di € 7.486.818,19), e ciò in forza del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Napoli il 14.6.2009, con cui si ingiungeva al predetto A. il pagamento in favore del F. M. della somma di circa € 307.000,00, per prestazioni professionali. A seguito di dichiarazione dei terzi pignorati sostanzialmente negativa, il procedente avviò il giudizio per l’accertamento dell’obbligo del terzo, che si concluse col rigetto della domanda da parte del Tribunale di Napoli, con sentenza del 3.3.2015; ritenne il giudice di prime cure che il credito in discorso fosse impignorabile, perché derivante da sentenza costitutiva non ancora passata in giudicato. Proposto appello dal F. M., la Corte d’appello di Napoli – nel contraddittorio con A. C. F. A. A. (erede del debitore), con le due predette società e con P. D. M., già esecutore testamentario del A. e curatore dell’eredità giacente, quest’ultimo rimasto contumace – accolse parzialmente l’appello, rigettando però (per quel che qui interessa) i motivi inerenti alla ritenuta non pignorabilità del credito in questione. Ricorre ora per cassazione F. F. M., affidandosi a tre motivi, illustrati da memoria. Nessuno ha resistito per gli intimati. Con ordinanza interlocutoria n. 10147/2022 del 29.3.2022, è stata disposta la rinnovazione della notifica del ricorso nei confronti di Paolo Di Martino, che pur a seguito della nuova notifica non ha svolto difese. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - SENTENZA 27 ottobre 2022 N. 31844 De Stefano Franco

CONSIDERATO CHE

1.1 – Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 548 e 553, c.p.c., nonché degli artt. 1476 e 1498 c.c., e ancora dell’art. 12 delle Preleggi, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte d’appello negato la pignorabilità del credito al prezzo di una compravendita fino a che l’effetto traslativo non si sia verificato, senza considerare che il pignorante aveva aggredito una posizione creditoria del proprio debitore (appunto, il credito derivante dal preliminare di vendita rimasto inadempiuto e oggetto della sentenza ex art. 2932 c.c., n. 4246/08, emessa dal Tribunale di Napoli), il pignoramento presso terzi ben potendo dirigersi verso crediti condizionati, a termine e finanche eventuali, come affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità da almeno 40 anni.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 547, 548 e 549 c.p.c. (nel testo previgente, applicabile ratione temporis), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non aver la Corte partenopea tenuto conto della sopravvenuta (in corso di causa) definitività della sentenza ex art. 2932 c.c., stante il rigetto del ricorso per cassazione proposto dal A. avverso la sentenza della Corte d’appello, che aveva confermato la predetta sentenza n. 4246/08, emessa dal Tribunale di Napoli. Tale evento – prosegue il ricorrente – determinava il superamento di ogni altra questione posta dal proprio appello, perché il credito delle cui caratteristiche si discuteva, ai fini della valutazione della sua pignorabilità, era divenuto certo, liquido ed esigibile e quindi senz’altro assoggettabile ad esecuzione forzata. Tuttavia, la Corte d’appello negò la rilevanza dell’occorso, non potendo giungersi – a suo avviso – al paradosso di riformare una sentenza di primo grado nonostante l’infondatezza dell’appello, tanto più “per un evento sopravvenuto dal quale l’appellante ha ritenuto di poter prescindere”. Rileva al riguardo il ricorrente che, al di là dell’incongruenza circa la ritenuta necessità che l’appello tenesse conto di un evento (passaggio in giudicato della sentenza) non ancora verificatosi, la Corte non ha tenuto conto del principio per cui le condizioni dell’azione devono sussistere al momento della decisione, sicché essa avrebbe dovuto senz’altro registrare la definitività della sentenza ex art. 2932 c.c., con ogni conseguenza; tutto ciò, ferma restando la pignorabilità del credito del A. a prescindere da un simile evento.

1.3 – Con il terzo motivo, infine, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 104, 329, comma 2, 337 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Rileva il ricorrente che il tema della sospensione del giudizio ex art. 337 c.p.c., introdotto dal primo giudice istruttore (sul presupposto, pur errato, che il credito pignorato abbisognasse della definitività della pronuncia ex art. 2932 c.c.) e tuttavia superato dal Tribunale di Napoli, era stato comunque reintrodotto da esso ricorrente col quinto motivo d’appello, proposto in via gradata, con cui si chiedeva alla Corte territoriale di prendere in considerazione, nel caso di rigetto dei precedenti motivi di gravame, l’opportunità di sospendere il giudizio; la stessa Corte partenopea, però, non ha ritenuto di poter valorizzare il passaggio in giudicato di detta sentenza (v. motivo precedente), peraltro censurando l’operato dell’appellante per non aver messo in discussione la (ritenuta) necessità che la sentenza traslativa divenisse definitiva: tutto ciò senza considerare, appunto, il carattere subordinato del quinto mezzo d’appello.

2.1 – I motivi di ricorso possono esaminarsi congiuntamente, perché intrinsecamente connessi; essi sono fondati. In estrema sintesi (per quanto ancora qui interessa), la Corte partenopea, in linea con la decisione di primo grado:

a) ha anzitutto escluso che il credito vantato da A., pignorato dall’avv. F.. M, rivenisse direttamente dal contratto preliminare dal predetto stipulato con le società a S.r.l. T. e I. (ciò in quanto le reciproche prestazioni del contratto preliminare sono costituite soltanto dalla prestazione del consenso alla stipula del contratto definitivo), esso derivando, invece, dalla sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, ma non concluso;

b) ha poi evidenziato che un tale credito non è pignorabile, perché la sentenza ex art. 2932 c.c., come anche sancito dalla giurisprudenza di legittimità (si richiamano Cass., Sez. Un., n. 4059/2010 e Cass. n. 10605/2016), produce effetti solo dal suo passaggio in giudicato, evento non ancora verificatosi all’atto del pignoramento, sicché non avrebbe senso discutere, al riguardo, di credito condizionato o inesigibile, in quanto “prima di essa il diritto non esiste”; infine,

c) ha ritenuto che la complessiva infondatezza dei motivi di gravame proposti dal F. M. impedisse di tener conto del sopravvenuto passaggio in giudicato della sentenza ex art. 2932 c.c., benché ciò avesse definitivamente sancito le ragioni di credito del A. nei confronti delle predette società; ciò perché – pur noto essendo che il credito oggetto di pignoramento presso terzi deve sussistere al momento della dichiarazione del terzo o dell’accertamento del suo obbligo ex art. 548 c.p.c. – tale principio deve coordinarsi con le regole dell’appello, che impediscono che la domanda possa essere accolta ove i motivi d’impugnazione siano (come nella specie, a suo dire) infondati, in caso contrario configurandosi un vero e proprio paradosso; né tantomeno – ha concluso il giudice del gravame – può valorizzarsi a tal fine la richiesta del F. M. circa la sospensione del processo ex art. 337 c.p.c. (in relazione al giudizio ex art. 2932 c.c. all’epoca pendente), giacché il relativo motivo d’appello non postula la tesi della necessaria definitività della sentenza costitutiva.

2.2 – Detto percorso motivazionale è errato e non condivisibile, perché nella sostanza influenzato da un equivoco di fondo circa l’oggetto del pignoramento presso terzi e il correlativo accertamento demandato al giudice di merito, in caso di dichiarazione negativa, ex artt. 548 e 549 c.p.c. all’epoca vigenti (sebbene le considerazioni che seguono ben si attaglino – mutatis mutandis - anche alle suddette disposizioni, come novellate dalla legge n. 228/2012 e successive).

2.3.1 - Anzitutto, va osservato - come pure correttamente evidenzia il ricorrente – che interrogarsi col crisma della decisività circa l’individuazione della fonte del credito del A. , oggetto del pignoramento (ossia, se essa vada individuata nel contratto preliminare, ovvero nella sentenza ex art. 2932 c.c.), costituisce un falso problema, ai fini che qui interessano. Premesso, infatti, che di norma l’humus del diritto di credito comunque fondato su un contratto è di natura sostanziale e non processuale, sicché la sentenza che un tale diritto consacri (sia essa dichiarativa, costitutiva o anche di condanna) necessita pur sempre, ed anche sul piano della mera logica, di un accertamento circa la sua previa esistenza, non v’è dubbio che il pignoramento presso terzi operato dal F. M. abbia senz’altro investito le ragioni creditorie del A. discendenti dalla sentenza del Tribunale di Napoli n. 4246/08, ma in quanto correlate all’obbligo contrattuale di cessione delle quote sociali della V. s.r.l., da questi possedute, come pure in modo inequivoco emerge dalla narrativa della qui impugnata sentenza e dalla stessa parziale trascrizione del libello in essa contenuta (v. p. 7). Pertanto, la circostanza che il preliminare di vendita non sia stato spontaneamente eseguito dal A., e che si sia quindi resa necessaria la pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c., non sposta i termini dell’indagine, perché – pur vero essendo che la prestazione principale che grava sulle parti di un contratto preliminare è la formulazione del consenso alla stipula del contratto definitivo, e non anche (per il promissario acquirente) quella di pagare immediatamente il prezzo – ciò non sempre accade (si pensi, ad es., alla eventuale pattuizione dell’obbligo di pagamento di uno o più acconti sul prezzo, in attesa del definitivo), ma soprattutto non toglie che dal preliminare stesso discenda de plano una potenziale ragione di credito per il promittente venditore, ossia una situazione giuridica attiva in nuce, destinata a consolidarsi con la realizzazione (spontanea o coattiva, non importa) del programma negoziale. 2.3.2 – Pertanto, l’affermazione secondo cui prima del passaggio in giudicato della sentenza ex art. 2932 c.c. “il diritto non esiste e non ha senso discorrere di diritto di credito condizionato o inesigibile” (così la sentenza impugnata, p. 8) è all’evidenza errata, se rapportata all’oggetto del pignoramento presso terzi e allo specifico accertamento richiesto al giudice del merito ex art. 549 c.p.c., perché finisce nella sostanza col postulare che la pignorabilità delle ragioni di credito vantate dal promittente venditore presupponga necessariamente la certezza, liquidità ed esigibilità del credito stesso. Il che non è. 2.3.3 – Infatti, già da almeno sessant’anni la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha affermato che “Possono essere assoggettati ad esecuzione, nelle forme dell'espropriazione presso terzi, anche i crediti condizionati o comunque incerti ed eventuali, perché anche ad essi deve riconoscersi la capacità satisfattiva o per via di assegnazione o per via di vendita e successiva aggiudicazione” (così, Cass. n. 1835/1962); e ancora: “La esigibilità del credito non è una condizione della pignorabilità e, quindi, della sequestrabilità di esso, poiché oggetto dell'espropriazione forzata è, non tanto un bene suscettibile di esecuzione immediata, quanto una posizione giuridica attiva dell'esecutato” (Così, Cass. n. 2055/1972). I suddetti principi sono stati successivamente cesellati, tra le altre, da Cass. n. 9027/1987, secondo cui “La esigibilità del credito non è condizione della sua pignorabilità poiché oggetto dell'espropriazione forzata non è tanto un bene suscettibile di esecuzione immediata, quanto una posizione giuridica attiva dell'esecutato, cosicché l'espropriazione (presso terzi) può configurarsi anche con riguardo a crediti illiquidi o condizionati ma suscettibili di una capacità satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento della assegnazione” (conf., Cass. n. 5235/2004). Ancora di seguito, con specifico riferimento al credito futuro, se ne è ritenuta la piena pignorabilità “in quanto destinato a maturare nell'ambito di un rapporto identificato e già esistente” (Cass. n. 17501/2009), dovendo solo escludersi la pignorabilità di un credito meramente eventuale, privo di un tale collegamento; ciò è stato nella sostanza ribadito, più di recente, anche da Cass. n. 15607/2017, che ha affermato che “L'esecuzione mediante espropriazione presso terzi può riguardare anche crediti non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente” (sost. conf., Cass. n. 25042/2019). 2.3.4 - Sulla base di tale granitica impostazione - che nella sostanza solo esclude la pignorabilità delle ragioni di credito del tutto ipotetiche o comunque slegate da concreti addentellati fattuali - non è dunque revocabile in dubbio che anche il credito del promittente venditore, in quanto riveniente da un contratto preliminare, sia senz’altro assoggettabile a pignoramento ex art. 543 c.p.c.: infatti, esso – per quanto eventuale, dipendendo la sua effettiva maturazione dalla concreta realizzazione del programma negoziale, come già evidenziato – è comunque collegato ad un ben identificato e già esistente rapporto, e possiede quindi la “capacità satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento della assegnazione” (così la già citata Cass. n. 5235/2004). Come in parte già evidenziato, quanto precede finisce quindi col rendere irrilevante – ai fini che occupano – la circostanza per cui al preliminare di vendita venga poi data esecuzione spontanea o coattiva, perché l’eventuale sentenza che definitivamente accolga la domanda della parte non inadempiente, all’esito del giudizio ex art. 2932 c.c., potrà eventualmente: 1) realizzare i requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito; di conseguenza 2) supportare l’azione esecutiva per il soddisfacimento del credito per il pagamento del prezzo (non è un caso che la suddetta “triade” definisca gli stessi requisiti del titolo esecutivo, ex art. 474 c.p.c.); infine, quale ulteriore corollario, 3) consentire lo stesso esercizio dell’azione esecutiva al creditore che quel credito abbia pignorato e che ne sia rimasto assegnatario ex art. 553 c.p.c., per gli effetti di cui all’art. 2928 c.c. Tuttavia, è evidente, per quanto detto, che la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. nulla può aggiungere sul piano della mera pignorabilità del credito, che è quanto qui interessa. In altre parole, il carattere eventuale del credito del promittente venditore non esclude “la possibilità della sua espropriazione, il che comporta la possibilità di positivo accertamento di esso nel giudizio di cui all'art. 548 c.p.c. e di sua assegnazione in favore del creditore procedente, pur con il limite derivante (…) dalle eventuali condizioni per la sua esigibilità, che però (…) potranno avere rilievo esclusivamente nell'ipotesi in cui il creditore assegnatario dovesse porre in esecuzione l'ordinanza di assegnazione” (così, la già citata Cass. n. 15607/2017, in motivazione). Non senza evidenziare, infine, che a tutto concedere – ossia, ove pure volesse ritenersi, con la Corte territoriale, che il credito vantato dal A. discendesse necessariamente dalla sentenza ex art. 2932 c.c. e non dal contratto preliminare (credito, in tale ultima ipotesi, non pignorabile) – si tratterebbe pur sempre di un credito litigioso, comunque rientrante nell’ambito del credito eventuale, benché collegato ad una specifica vicenda negoziale e, quindi, senz’altro pignorabile (a mero titolo di esempio, tali erano le caratteristiche del credito pignorato, nella vicenda definita dalla più volte citata Cass. n. 15607/2017). 2.3.5 - In definitiva, la reale differenza tra l’ipotesi in cui venga pignorato ex art. 543 c.p.c. un credito già interamente consacrato nei suoi requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità, rispetto a quella in cui, invece, l’azione esecutiva abbia ad oggetto un credito non esigibile, condizionato o anche solo eventuale (con le precisazioni già riferite), non attiene propriamente all’an exequatur (ossia, alla sua pignorabilità), bensì al concreto atteggiarsi dell’obbligo di custodia gravante sul terzo ex art. 546 c.p.c., che diviene pienamente operativo solo con la sopravvenuta attualità (in senso lato) della sua obbligazione; in altre parole, la diligenza esigibile dal terzo pignorato non può in tal caso spingersi al punto da imporgli “la esplicazione di una qualsiasi attività, rivolta a rimuovere gli eventuali ostacoli che si frappongono alla riscossione del suo credito” (così, Cass. n. 2803/1963).

2.3.6 – Pertanto, quale che sia la fonte del credito pignorato dal F. M. in danno del A. (si tratti, cioè, del contratto preliminare, o della sentenza costitutiva), esso è da considerare comunque suscettibile di esecuzione forzata ex art. 543 c.p.c., contrariamente a quanto opinato dalla Corte partenopea.

3.1 – Giova, infine, evidenziare che la sentenza impugnata è comunque erronea, anche a voler ritenere corretta l’affermazione ivi contenuta circa la necessità che il credito del A. fosse portato da sentenza definitiva, ai fini della sua pignorabilità. Sul punto, il giudice del gravame - preso atto del passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Napoli ex art. 2932 c.c., intervenuto nel corso dello stesso giudizio d’appello (a seguito del rigetto del ricorso per cassazione del A., con sentenza n. 9888/2016) - ha rilevato che da un lato la questione di merito si era risolta in senso favorevole al pignorante, data la definitività della sentenza costitutiva e, quindi, la certezza del credito del A. nei confronti delle predette società (ferme le condizioni ivi indicate), ma che in ogni caso non poteva emettersi pronuncia di accertamento del credito, ex art. 549 c.p.c., in quanto ciò avrebbe comportato il paradosso di dover riformare una sentenza priva di errori, benché l’appello fosse infondato, per di più in forza di “un evento sopravvenuto dal quale l’appellante ha ritenuto di poter prescindere”. Nella sostanza, la Corte partenopea, pur consapevole che il momento rilevante per valutare la sussistenza del credito oggetto del pignoramento è quello della dichiarazione del terzo, ovvero quello del suo accertamento, ove essa sia negativa (il riferimento, non esplicitato, è alla consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto: ex multis, Cass. n. 6245/1980; Cass. n. 13021/1992; Cass. n. 15615/2005; Cass. n. 1949/2009; da ultimo, Cass. n. 24686/2021), ha tuttavia ritenuto che tale principio sia inconciliabile con le regole dell’appello, ove il credito pignorato venga concretamente ad esistenza solo nel corso del secondo grado di giudizio, in caso contrario rischiando di incorrersi nel supposto paradosso.

3.2 – Ritiene la Corte che l’affermazione sia parimenti erronea. A parte l’intrinseca illogicità del “rimprovero” mosso all’odierno ricorrente, circa il fatto di aver egli ritenuto, con l’appello, di poter prescindere dall’evento sopravvenuto (ossia, dal passaggio in giudicato della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., evento verificatosi solo nel corso del giudizio e, quindi, dopo la proposizione dello stesso gravame), su cui non occorre spendere troppi argomenti, è principalmente evidente che l’intera impostazione dello stesso gravame del F. M. è (non a torto, come s’è visto) fondata sul fatto che il credito in discorso era (ed è) pignorabile, benché portato da una sentenza costitutiva non definitiva e, a ben vedere, anche a prescindere dal detto accertamento. Pertanto, come efficacemente sintetizzato dal Procuratore Generale, “nel più ci sta il meno”: affermare che il credito è comunque pignorabile, a prescindere dall’accertamento della sua esistenza con valenza di giudicato, non può che ricomprendere l’assunto per cui esso è (eo magis) pignorabile ove detto accertamento sopravvenga. Già per questa sola considerazione, dunque, l’affermazione della Corte partenopea è erronea, perché non v’è dubbio che i motivi di gravame investissero il giudice d’appello del tema complessivo della pignorabilità del credito, in forza dell’effetto devolutivo, consentendogli di accertare pleno iure la sussistenza del credito stesso nel momento della decisione, ut supra, benché in forza di un fatto sopravvenuto (di cui comunque, lo si ribadisce per chiarezza, non v’era affatto necessità). Un simile esito - pur nell’errata prospettiva della Corte territoriale - avrebbe al più potuto escludersi solamente nel caso in cui, inopinatamente, si fosse formato il giudicato interno; ma ciò non s’è affatto verificato, tanto più che, a parte la piena devoluzione del tema della pignorabilità, l’odierno ricorrente aveva comunque sottoposto al giudice d’appello – seppur in forma gradata o al più dubitativa - la questione della opportunità di sospendere il giudizio ex art. 549 c.p.c. in attesa della definizione del giudizio di esecuzione in forma specifica (sospensione che, detto per inciso, non aveva comunque ragion d’essere, non essendovi tra i due giudizi un rapporto di pregiudizialità necessaria, ex art. 295 c.p.c.): come si vede, il F. M. si era comunque posto nell’ottica della supposta necessità dell’accertamento definitivo del credito (benché in via subordinata), neppure tralasciando di prospettare un percorso che, seppur erroneo non meno che accidentato, avrebbe comunque finalmente consentito alla Corte d’appello di accertare, senza ostacoli di sorta, il credito in discorso. Insomma, comunque voglia impostarsi la disamina della questione, nessun paradosso avrebbe potuto verificarsi qualora la Corte d’appello avesse debitamente tenuto in conto il fatto sopravvenuto, da essa sostanzialmente considerato quale condizione dell’azione (sub specie di possibilità giuridica di ottenere il chiesto provvedimento): ciò sia perché la stessa Corte era stata certamente investita, in forza dell’effetto devolutivo dell’appello, del tema della pignorabilità del credito; sia perché l’accertamento ex art. 549 c.p.c., in caso di dichiarazione negativa del terzo, va riferito al momento della decisione e quindi, evidentemente, anche nel giudizio d’appello; sia perché, infine e se non in via dirimente, la condizione dell’azione ben può sopravvenire in corso di causa ed anche nello stesso giudizio d’appello, purché prima della decisione, la relativa allegazione restando “sottratta alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti” (così, ex multis, Cass. n. 16068/2019).

4.1 – Può conclusivamente affermarsi, ai sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.c., il seguente principio di diritto: “L'esecuzione mediante espropriazione presso terzi può riguardare anche crediti futuri, non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente; pertanto, anche il credito al pagamento del prezzo del promittente venditore, riveniente da un contratto preliminare, è suscettibile di pignoramento ex art. 543 c.p.c., giacché – per quanto eventuale, dipendendo la sua effettiva maturazione dalla realizzazione del programma negoziale, sia essa spontanea o coattiva, ex art. 2932 c.c. – è specificamente collegato ad un rapporto esistente, e possiede quindi capacità satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento della assegnazione”.

5.1 - In definitiva, il ricorso è accolto. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che si atterrà ai superiori principi e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P. Q. M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità