Giu Principio di diritto per la rettificazione delle sente dei Tribunali regionali delle acque pubbliche e del Tribunale Superiore
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - ORDINANZA 04 gennaio 2023 N. 105
Massima
«Nel procedimento per rettificazione delle sentenze pronunciate dai Tribunali regionali delle acque pubbliche e dal Tribunale Superiore, ai sensi dell’art.204 del r.d. n. 1775/1933 (Testo unico sulle acque), nei casi previsti ai numeri 4, 5, 6 e 7 dell'articolo 517 del Codice di procedura civile del 1865, in cui si contestino, secondo un modello di mezzo propriamente impugnatorio, l’extrapetizione o l’omissione di pronuncia su una domanda o su di un suo capo o la presenza di disposizioni contraddittorie, si deve ritenere operante, in mancanza di una norma che espressamente disciplini il termine di decadenza per la proposizione del rimedio specifico della rettificazione allo stesso giudice che ha emesso la decisione, l’art.208 del r.d. n. 1775 del 1933, norma di chiusura e di portata generale, contenente un rinvio, formale o mobile, alle norme del codice di procedura civile, e quindi applicabile il termine, semestrale, lungo di impugnazione di cui all’art.327 codice procedura civile attuale, nel dovuto bilanciamento tra l’interesse della parte ad avvalersi del rimedio impugnatorio specifico e l’interesse pubblico di ragionevole durata del processo e certezza del diritto attraverso la formazione dell’autorità di cosa giudicata da parte della statuizione giudiziale adottata dal giudice competente».

Casus Decisus
FATTI DI CAUSA Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con sentenza n. 150/2021, pubblicata l’8/9/2021 e notificata il 12/11/2021, decidendo in sede di appello (avverso sentenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d’Appello di Torino del 25/2/2020), ha dichiarato inammissibili, per tardività, le domande, promosse, con ricorso del 18/6/2019, dalla C.C.L. e R. F. nei confronti del Comune di Casale Monferrato, di rettificazione, ai sensi dell’art.204 R.D. 1175/1933 e dell’art.517, nn. 4,5, 6 e 7, codice procedura civile del 1865, e di revocazione (per dolo della controparte) della sentenza n. 2185/2014, pubblicata il 4/12/2014 (passata in giudicato, a seguito di rigetto del ricorso per cassazione avverso sentenza del TSAP del 2017, con sentenza di questa Corte a Sezioni unite n. 5642/2019), con la quale il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d’appello di Torino aveva accolto l’opposizione del Comune di Casale Monferrato avverso ordinanza ingiunzione emessa dall’Ente C., ai sensi del R.D. 639/1910, per canoni demaniali patrimoniali, concernenti l’anno 2011, asseritamente dovuti dall’Ente locale in forza di Convenzione stipulata inter partes nel 1995, per la conservazione e manutenzione delle derivazioni, delle occupazioni e delle interferenze già concesse dal demanio dello Stato, annullando l’ordinanza ingiunzione, rideterminando i canoni dovuti ed accogliendo la domanda di ripetizione dei maggiori canoni versati dal Comune sino al 2010. Il TRAP ha affermato che la proposta rettificazione (per extrapetizione, per essere stato riconosciuto al Comune un indebito maggiore di quello richiesto, e «disposizioni contraddittorie»), ex art.204 R.D. 1775/1933, attenendo a sentenza del TRAP del 2014 passata in giudicato, poteva essere esaminato come «mezzo straordinario di impugnazione», con riguardo al rinvio recettizio all’art. 517 del Codice di procedura civile del 1865, alle ipotesi ivi previste dai nn. 4,5,6,e 7, disposizione questa che si continua ad applicare anche dopo l’entrata in vigore dell’art.111 Cost., ma era, in parte, infondata e, in parte, inammissibile, nel merito, non sussistendo i denunciati vizi, al pari della domanda di revocazione per dolo; parimenti era infondata la domanda di revocazione, per insussistenza del dolo revocatorio. I giudici del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, rilevando d’ufficio l’inammissibilità, per tardività, delle domande tutte, hanno sostenuto che: a) in relazione alla domanda di rettificazione, in assenza della previsione, nell’art.204 R.D. 1775/1933 di un termine finale di decadenza, doveva farsi rinvio, in forza del rinvio formale e quindi dinamico di cui all’art.208 del R.D. n. 1775/1933, trattandosi di impugnazione diversa dalla semplice correzione di errore materiale, alle norme del codice vigente processuale civile ed all’art.327c.p.c., in particolare, in tema di termine lungo di impugnazione, al fine di garantire stabilità e certezza alle sentenze rese da qualunque autorità giudiziaria e quindi anche alle sentenze del TRAP e di impedire ipotesi di vero e proprio abuso del processo, incompatibili con «un sistema processuale necessariamente improntato al canone della ragionevole durata del processo e della certezza del diritto attraverso la formazione dell’autorità di cosa giudicata da parte della statuizione giudiziale adottata dal giudice competente»; b) in relazione alla domanda di revocazione, le disposizioni contenute negli artt.199 e 494, 497 del vecchio codice di procedura civile del 1865, contemplanti per la proposizione dell’impugnazione un termine di trenta giorni dalla scoperta del dolo, sono sostanzialmente sovrapponili a quelle del codice di procedura civile vigente, cosicché, applicata la giurisprudenza di legittimità formatasi sugli artt.395 comma 1 n. 1 e 398 c.p.c., si doveva escludere, in relazione alla data di scoperta della «macchinazione dolosa», asseritamente ordita dal Comune, che l’esposto dell’aprile 2019 alla Procura della Repubblica di Vercelli fosse idoneo a fare emergere elementi prima non conosciuti dalla C. Avverso la suddetta pronuncia, C.C.L. e R.F. propone ricorso per cassazione, notificato il 23/12/2021, affidato a due motivi, nei confronti del Comune di Casale Monferrato (che resiste con controricorso, notificato il 4/2/2022).

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - ORDINANZA 04 gennaio 2023 N. 105 Raimondi Guido

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt.204 e 208 del R.D. 1775/1933 e dell’art.111 Cost., per avere il TSAP, nonostante l’art.204, comma 2, cit. non stabilisca alcun termine per la rettificazione, impugnazione speciale prevista nella procedura delle acque, da proporre dinanzi allo stesso Tribunale di primo grado, ritenuto di dovere applicare il termine lungo semestrale di impugnazione, termine generale previsto dal vigente codice di procedura civile solo per l’appello e il ricorso per cassazione, né potendosi fare richiamo alla norma residuale dell’art.208 R.D. 1775/1933, dettata solo per regolare gli istituti che non trovano specifica disciplina, come avviene per la rettificazione, non soggetta quindi ad alcun termine finale di decadenza ma solo a quello ordinario di prescrizione decennale; con il secondo motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione dei limiti posti alla retroattività di revirements giurisprudenziali e innovazioni, che introducono, in via giurisprudenziale, decadenze processuali.


2. La prima censura è infondata.
Va precisato preliminarmente che la doglianza attiene esclusivamente alla statuizione di inammissibilità della domanda di rettificazione ex art. 204 R.D. 1775/1933, non anche alla declaratoria, pure presente nella decisione del TSAP impugnata, di inammissibilità della domanda di revocazione.
L’art.204 T.U. Acque Pubbliche, R.D. 1775/1933, stabilisce : « Art. 204. Per la rettificazione delle sentenze pronunciate dai Tribunali delle acque pubbliche e dal Tribunale Superiore si osserva il disposto dell'articolo 473 del Codice di procedura civile. La rettificazione puo' essere domandata anche pei casi previsti ai numeri 4, 5, 6 e 7 dell'articolo 517 del Codice di procedura civile, oppure se sia stato violato l'articolo 357 del citato Codice o siasi omesso uno dei requisiti indicati nei numeri 7, 8 e 9 dell'articolo 360 del Codice medesimo. Le correzioni, in caso di dissenso, sono proposte con ricorso, a norma dell'articolo 151 ».
L’art.473 del Codice di procedura civile del 1865 disciplinava la correzione di errori, mentre l’art.517 nn. 4,5,6 e 7 concerneva i motivi di impugnazione per extrapetizione, omissione di pronuncia su una domanda o su un suo capo o per disposizioni contraddittorie e l’art.357 riguardava la composizione del collegio giudicante, stabilendo che non dovessero partecipare alla deliberazione i giudici che non avevano assistito alla causa, con il numero di votanti indicato dalla legge; infine, i nn. 7, 8 e 9 dell’art.360 del Codice del 1865 indicavano elementi essenziali nella sentenza, quali dispostivo, data, sottoscrizione dei giudici.
L’art. 208 dello stesso T.U. così recita: « Per tutto cio' che non sia regolato dalle disposizioni del presente titolo si osservano le norme del Codice di procedura civile, dell'ordinamento e del regolamento giudiziario, approvati coi Regi decreti 6 dicembre 1865, n. 2626, e 14 dicembre 1865, n. 2641, e delle successive leggi modificatrici ed integratrici, in quanto siano applicabili nonche', pei ricorsi previsti nell'articolo 143, le norme del Titolo III, Capo II, del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, delle leggi sul Consiglio di Stato ».
La rettificazione dinanzi allo stesso giudice che ha emesso la decisione (TRAP o TSAP) consiste, quindi, in un rimedio finalizzato, oltre alla correzione di meri errori materiali, mezzo implicante un apprezzamento oggettivo e sostanzialmente incontestabile, anche all’eliminazione di particolari errores in procedendo, quali l’extrapetizione o l’omissione di pronuncia su una domanda o su di un suo capo o la presenza di disposizioni contraddittorie (nn. 4,5,6 e 7 art.517 c.p.c. 1865), secondo un modello di mezzo propriamente impugnatorio, implicante un giudizio da parte dello stesso Giudice delle Acque sul suo corretto operato nell’iter decisionale.
Questa Corte ha già più volte affermato (Sez. Un., Sentenza n. 488 del 2019; Sez. Un., Sentenza n. 19448 del 2009) che, avverso l'omessa pronuncia del Tribunale superiore delle acque pubbliche, il rimedio esperibile non è il ricorso per cassazione, bensì lo specifico rimedio del ricorso per rettificazione al medesimo Tribunale superiore, come disposto dall'art. 204 del r. d. n. 1775 del 1933, recante un rinvio «recettizio» ai casi previsti dall'art. 517 del codice di rito del 1865 [ovvero alle seguenti ipotesi: «se la sentenza "abbia pronunciato su cosa non domandata", "se abbia aggiudicato più di quello che era domandato", "se abbia omesso di pronunciare sopra alcuno dei capi della domanda" e "se contenga disposizioni contraddittorie"»]; tenendo presente che, inoltre, l'art. 204 menzionato non distingue ed accomuna, anzi, il rimedio della rettificazione sia con riferimento alle pronunce del TSAP che riguardo a quelle del TRAP (Cass. Sez. Un. n. 157/2020).

In sostanza, la giurisprudenza di queste Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez. Un. n. 505/2011, n. 9662/2014 e n. 16969/2019 ) è univoca nel ritenere che - ai sensi dell'art. 204 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 (c.d. T.U. delle acque), che opera un rinvio «recettizio», o fisso o materiale, alle corrispondenti norme del codice di procedura civile del 1865 - qualora si assuma che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche sia incorso nel vizio di extrapetizione o di omessa pronuncia, l'impugnazione esperibile è l'istanza di rettificazione al medesimo Tribunale Superiore e non il ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione, di cui ai successivi artt. 200-202 dello stesso T.U., esperibile, invece, in caso di omesso esame di un motivo, non rientrando quest'ultima ipotesi tra quelle per cui è prevista la rettificazione ai sensi del citato art. 204.
Ora, la disciplina di cui all’art.204 del R.D. 1774/1933 non contiene alcun termine di decadenza per la proposizione della rettificazione allo stesso giudice di prima istanza nella procedura delle acque pubbliche. Vi è un richiamo all’art.473 del codice del 1865, che disciplina appunto la correzione di errori, anche se si tratta di un rimedio che non può essere equiparato esclusivamente alla correzione di errore materiale, implicando anche, in talune ipotesi, un giudizio ovvero una valutazione da parte del giudice su corretto operato nell’iter decisionale.
Il Tribunale Superiore delle Acque ha ritenuto, pertanto, operante l’art.208 del T.U.A., norma di chiusura e di portata generale, che contiene un rinvio, da qualificarsi come formale o mobile, alle norme del codice di procedura civile e quindi applicabile il termine, semestrale, lungo di impugnazione di cui all’art.327 codice procedura civile attuale, nel dovuto bilanciamento tra l’interesse della parte ad avvalersi del rimedio impugnatorio specifico e l’interesse pubblico di ragionevole durata del processo e certezza del diritto attraverso la formazione dell’autorità di cosa giudicata da parte della statuizione giudiziale adottata dal giudice competente. Nella specie, la domanda di rettificazione, proposta nel 2019 avverso sentenza del TRAP del 2014, è stata dichiarata inammissibile per tardività.
In effetti, si è da tempo affermato il principio secondo cui, nel procedimento avanti i Tribunali delle acque pubbliche, il rinvio al codice di procedura civile compiuto dall'art. 208, t.u. n. 1775/1933, norma di chiusura, deve intendersi in senso formale, avuto riguardo essenzialmente al tenore letterale della disposizione ma anche al principio di ragionevolezza, sicché sono da applicarsi le norme del vigente codice di procedura civile (e non l'abrogato codice del 1865). Così Cass., Sez. Un., 29 ottobre 1981, n. 5693, che ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello ove ricorra l'applicabilità dell'art. 331, comma 2, c.p.c.. Questo principio è stato poi ribadito, in particolare da; a) Cass., Sez. Un., 12 giugno 2019, n. 15745, che ha deciso che l'atto introduttivo del giudizio d'appello avanti al Tribunale Superiore delle acque pubbliche, in difetto di una norma specifica, deve essere conforme alle prescrizioni dettate dall'art. 342 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in l. n. 134 del 2012 – conf. n. 31113/2017); b) Cass., Sez. Un., 21 settembre 2018, n. 22430, secondo cui al ricorso per cassazione avverso le sentenze emesse in grado di appello dal Tribunale Superiore delle acque pubbliche si applica la regola, emergente dal combinato disposto dei commi 4 e 5 dell'articolo 348-ter c.p.c., secondo la quale la sentenza di appello che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado - c.d. «doppia conforme» - non è censurabile con il mezzo di cui all'articolo 360, comma 1, n. 5, c.p.c.; c) Cass., Sez.Un., 19 dicembre 2016, n. 26127, che, nello specifico, ha affermato che la parte cui sia stato notificato il ricorso per cassazione, ove intenda, a sua volta, proporre controricorso o ricorso incidentale, deve farlo nei termini stabiliti dagli artt. 370 e 371 del codice di rito attualmente vigente; d) Cass. Sez. Un. n. 24903/2011 (conf. Cass. Sez. Un. n.18357/2016), secondo cui, nel procedimento davanti al Tribunale regionale delle acque pubbliche, il regolamento di competenza d'ufficio non può essere richiesto oltre la prima udienza di trattazione, essendo applicabile anche in tale giudizio l'art. 38 cod. proc. civ. (nella specie, il primo comma, secondo la formulazione della disposizione - applicabile «ratione temporis» - antecedente alla riforma recata dalla legge 18 giugno 2009, n. 69), in virtù del rinvio residuale alla disciplina del codice di procedura civile, operato dalla norma di salvaguardia dell'art. 208 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, posto che l'art. 161 dello stesso r.d. n. 1775/1933 regola specificamente soltanto l'ipotesi del regolamento di competenza rimesso all'iniziativa delle parti; e) Cass., Sez. Un., 8 aprile 2010, n. 8310, che, in particolare, ha escluso la nullità della sentenza impugnata per difetto di sottoscrizione da parte di tutti i giudici del collegio, ritenendo sufficiente, ai sensi dell'art. 132 del vigente c.p.c., la sottoscrizione del presidente e dell'estensore.
Con specifico riguardo ai giudizi di tipo impugnatorio ed in unico grado di merito, previsti dall'art. 143 del r.d. n. 1775/1933, l'art. 208 cit. richiama, sempre con rinvio formale o non recettizio, non il codice di procedura civile, bensì le norme del titolo III, capo II, del t.u. n. 1054 del 1924, delle leggi sul Consiglio di Stato: come chiarito dalla giurisprudenza (Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2017, n. 24146), pertanto, nel caso in cui, in pendenza del processo, sopravvenga un difetto di interesse delle parti alla decisione, trova applicazione l'art. 35, comma 1, lett. c) del vigente c.p.a., in base al quale il giudice dichiara, anche d'ufficio, l'improcedibilità del ricorso e non la cessazione della materia del contendere.
Invece, in ordine all’applicazione del comma 4 dell’art.202 ed al termine entro cui deve essere proposto il ricorso per cassazione, si è deciso che il ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione avverso le sentenze del Tribunale Superiore delle acque pubbliche, deve essere proposto entro 45 giorni dalla notificazione del dispositivo, cioè entro il termine (novanta giorni) fissato dall'art. 518 del codice di rito del 1865 (stante l’espresso rinvio ai termini processuali previsti nel codice di procedura civile del 1865, recettizio ed insensibile, quindi, alla successiva entrata in vigore dell’attuale codice di procedura civile, operato dall’art.202, comma 4, citato), ma dimezzato (Cass., Sez. Un., 30 marzo 2018, n. 8048, che ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione, avviato per la notifica nell’ ottobre 2016, contro una sentenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche, in unico grado, il cui dispositivo era stato notificato nel maggio 2016; Cass., Sez. Un., 9 luglio 2001, n. 9321; Cass., Sez. Un., 3 aprile 1998, n. 3471; Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1988, n. 5483, ove è ulteriormente osservato che tale riduzione del termine, rispetto a quanto previsto in via ordinaria per il ricorso per cassazione, manifestamente non pone la citata norma in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., trovando giustificazione nella materia devoluta alla cognizione di detto Tribunale e non implicando menomazione del diritto di difesa). Con la sentenza n. 7607/2010 (conf. Cass. Sez. Un. 15144/2011), le Sezioni Unite, con mutamento di una consolidata interpretazione del giudice della nomofiliachia di una norma processuale (cd. «overruling»), alla luce della disciplina contenuta nell'art. 8 della parte prima della tariffa di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e nell'art. 2 della tabella allegata al medesimo decreto e della insussistenza dell'obbligo di registrazione per tutte le sentenze civili e dell’obbligo, anche per quelle per le quali esso è previsto, del cancelliere di rilasciarne copia prima della registrazione, se ciò sia necessario ai fini della prosecuzione del giudizio, hanno poi operato una nuova esegesi dell’art.202, comma 4, affermando che il termine breve di quarantacinque giorni per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dal Tribunale superiore delle acque pubbliche in unico grado decorre «dalla notifica della copia integrale del dispositivo, senza dover attendere la registrazione della sentenza stessa» (come richiesto, invece, dal pregresso diritto vivente formatosi sulla predetta norma); questa Corte, facendo applicazione dell’overruling, ha successivamente ritenuto comunque ammissibile il ricorso proposto - entro il termine lungo di cui all'art. 327 cod. proc. civ. e secondo le indicazioni della precedente lettura giurisprudenziale dell'art. 202 citato - allorquando la predetta notifica sia intervenuta prima del mutamento di giurisprudenza e la scadenza dell'indicato termine sia avvenuta appena tre giorni dopo la pubblicazione della citata sentenza n. 7607 del 2010, non potendo reputarsi tale pronuncia oggettivamente conoscibile in tempo utile per l'impugnativa nel termine breve (Cass. SS.UU. 24413/2011; Cass. SS.UU. 10453/2015, con la quale si è ritenuto ammissibile il ricorso proposto - entro il termine lungo di cui all'art. 327 cod. proc. civ. e secondo le indicazioni del precedente orientamento giurisprudenziale - allorquando la notifica sia intervenuta prima del suddetto mutamento di giurisprudenza). Con la sentenza n. 9313/2022, le Sezioni Unite hanno poi chiarito che la previsione del termine breve di quarantacinque giorni per l'impugnazione per cassazione delle sentenze del Tribunale Superiore delle acque pubbliche in unico grado, di cui all'art. 202, in relazione all'art. 183, del r.d. n. 1775 del 1933 (Testo unico sulle acque), di natura officiosa in quanto decorrente dalla notificazione del dispositivo a cura della cancelleria, «è conforme ai principi di cui all'art. 6, par. 1, CEDU, e dell'ordinamento unionale (art. 47 CDFUE), manifestando l'interesse dello Stato a non lasciare indefinitivamente pendenti le cause e ad assicurare, piuttosto, la sollecita formazione del giudicato e, con esso, la certezza dei rapporti giuridici, in un ambito in cui, essendovi materia di acque pubbliche, vengono in rilievo interessi pubblici e collettivi».
E’ poi utile rilevare che questa Corte a Sezioni Unite aveva già affermato (Cass. Sez.Un. 12084/2006), con riguardo al termine per proporre il ricorso per cassazione dinanzi alle Sezioni Unite avverso sentenza del TSAP in unico grado, che, in mancanza di notifica integrale del dispositivo della sentenza, «il ricorso alle Sezioni Unite è proponibile nel termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza, trovando applicazione, anche nella indicata ipotesi, la disciplina generale di cui all'art. 327 cod. proc. civ.», ritenendosi inoperante il rinvio recettizio all’art.518 del codice di procedura del 1865.
Si deve pertanto affermare il seguente principio di diritto: «Nel procedimento per rettificazione delle sentenze pronunciate dai Tribunali regionali delle acque pubbliche e dal Tribunale Superiore, ai sensi dell’art.204 del r.d. n. 1775/1933 (Testo unico sulle acque), nei casi previsti ai numeri 4, 5, 6 e 7 dell'articolo 517 del Codice di procedura civile del 1865, in cui si contestino, secondo un modello di mezzo propriamente impugnatorio, l’extrapetizione o l’omissione di pronuncia su una domanda o su di un suo capo o la presenza di disposizioni contraddittorie, si deve ritenere operante, in mancanza di una norma che espressamente disciplini il termine di decadenza per la proposizione del rimedio specifico della rettificazione allo stesso giudice che ha emesso la decisione, l’art.208 del r.d. n. 1775 del 1933, norma di chiusura e di portata generale, contenente un rinvio, formale o mobile, alle norme del codice di procedura civile, e quindi applicabile il termine, semestrale, lungo di impugnazione di cui all’art.327 codice procedura civile attuale, nel dovuto bilanciamento tra l’interesse della parte ad avvalersi del rimedio impugnatorio specifico e l’interesse pubblico di ragionevole durata del processo e certezza del diritto attraverso la formazione dell’autorità di cosa giudicata da parte della statuizione giudiziale adottata dal giudice competente».


3. La seconda censura è parimenti infondata.
Invero, nella specie, il rilievo officioso dell’inammissibilità della domanda di rettificazione involgeva questione di puro diritto e di natura processuale (operatività della norma di chiusura di cui all’art.208 R.D. 1775/1933 in mancanza di espressa disciplina del termine per proporre la rettificazione ex art.204, carattere formale e non recettizio del rinvio alle norme del codice di procedura civile espresso dall’art.208, applicazione del termine lungo di impugnazione di cui all’art.327 c.p.c.), che non doveva essere previamente sottoposta al contraddittorio delle parti.
Questa Corte (Cass.9591/2011) ha già chiarito che «In tema di violazione del principio del contraddittorio, l'omessa indicazione alle parti, ad opera del giudice, di una questione di fatto ovvero mista di fatto e diritto rilevata d'ufficio, sulla quale si fondi la decisione, comporta la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa solo quando la parte che se ne dolga prospetti in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio sulla predetta eccezione fosse stato tempestivamente attivato; viceversa, ove la questione di diritto sia di natura esclusivamente processuale ed attenga al corretto mezzo di impugnazione a disposizione della parte - punto che il giudice superiore dovrà preliminarmente e d'ufficio esaminare, a prescindere dall'"iter" processuale seguito anteriormente - tale nullità non è configurabile, perché anche la prospettazione preventiva del tema alle parti non avrebbe potuto involgere profili difensivi non trattati» (in termini anche: Cass. 3432/2016; Cass. 24312/2017, conf. Cass. 12978/2020, in tema di rilievo d'ufficio da parte del giudice d'appello dell'improcedibilità del gravame per tardiva costituzione dell’appellante; Cass. 15037/2018; Cass. 6218/2019, conf. a Cass. 19372/2015).
Da ultimo, si è affermato che: a) « La tardività dell'impugnazione può essere rilevata d'ufficio senza necessità di stimolare il contraddittorio, perché il divieto di porre a fondamento della decisione una questione non sottoposta al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative ai requisiti di ammissibilità della domanda previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, senza che tale esito processuale integri una violazione dell'art. 6, § 1, della CEDU, il quale - nell'interpretazione data dalla Corte Europea - ammette che il contraddittorio non venga previamente suscitato su questioni di rito che la parte, con una minima diligenza, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi» (Cass. 7356/2022); b) « Il rilievo d'ufficio dell'inammissibilità del ricorso per cassazione, perché proposto dallo stesso procuratore di due o più parti in conflitto di interessi, non deve essere preceduto dalla previa instaurazione del contraddittorio sulla questione ai sensi degli artt. 101 e 384, comma 3, c.p.c. trattandosi di questione di mero diritto, la cui prospettazione preventiva alle parti non può involgere profili difensivi non trattati» (Cass. 17456/2022).
In definitiva, il rilievo d'ufficio di questioni di mero diritto non mette mai il giudice nella condizione di emanare una sentenza in violazione del diritto di difesa delle parti (cosiddette «della terza via» o «a sorpresa»), posto che sulle questioni di diritto le parti sono ex ante facultate - sulla base della anche solo astratta o ipotetica applicabilità di norme esistenti nell'ordinamento a fatti che, invece, restano quelli dedotti dalle parti - al più ampio esercizio del contraddittorio; né, rispetto a questioni relative alla sussunzione di una fattispecie sotto l'una o l'altra norma, o a una norma interpretata in un senso o nell'altro, è possibile che sia dato alle parti modificare domande ed eccezioni, allegare fatti nuovi e formulare richieste istruttorie. Nell'ambito delle questioni di diritto, le quali per loro natura non debbono essere sottoposte al previo contraddittorio, la giurisprudenza di questa Corte fa rientrare le questioni processuali (Cass. n. 9591 del 30/04/2011 e n. 3432 del 22/02/2016; contra, n. 2340 del 31/01/2017); ciò che del resto è coerente con l'ampio spettro di controllo che l'ordinamento prevede per gli errores in procedendo, per i quali non solo è possibile il ricorso per cassazione (ex art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ.), ma addirittura questa Corte di legittimità diviene giudice del fatto processuale, avendo accesso alla documentazione di lite.
Né si verte di tema di applicazione del principio dell’overruling e di tutela dell'affidamento incolpevole della parte, che aveva proposto il mezzo di impugnazione in base alla regola processuale espressa dal pregresso e consolidato orientamento giurisprudenziale successivamente mutato, ove «l’overruling» si connoti del carattere dell'imprevedibilità (per aver agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso), così da giustificare una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante ex post non conforme alla corretta regola del processo) e l'effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare, in considerazione del bilanciamento dei valori in gioco, tra i quali assume preminenza quello del giusto processo (art. 111 Cost.), volto a tutelare l'effettività dei mezzi di azione e difesa anche attraverso la celebrazione di un giudizio che tenda, essenzialmente, alla decisione di merito (Cass. SS.UU. 15144/2011).
Invero, tale principio attiene al mutamento della propria precedente interpretazione della norma processuale solo da parte del giudice della nomofilachia (c.d. «overruling»), il quale porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse e questa Corte, a Sezioni Unite (Cass. n. 4135/2019) ha da ultimo chiarito che «l'affidamento qualificato in un consolidato indirizzo interpretativo di norme processuali, come tale meritevole di tutela con il "prospective overruling", è riconoscibile solo in presenza di stabili approdi interpretativi della S.C., eventualmente a Sezioni Unite, i quali soltanto assumono il valore di ”ommunis opinio” tra gli operatori del diritto, se connotati dai caratteri di costanza e ripetizione, mentre la giurisprudenza di merito non può valere a giustificare il detto affidamento qualificato, atteso che alcune pronunce adottate in sede di merito non sono idonee ad integrare un “diritto vivente"». In motivazione, si è richiamato quanto già affermato dalla Corte Costituzionale, secondo cui «alcune pronunzie adottate in sede di merito non sono idonee ad integrare un diritto vivente» (Corte cost. n. 78 del 2012) e, quindi, a giustificare un affidamento qualificato, in quanto tale meritevole di tutela con il rimedio dell'overruling, che è riconoscibile solo in presenza di stabili approdi interpretativi del giudice di legittimità, eventualmente a Sezioni Unite (Corte cost. n. 147 del 2008), i quali soltanto assumono il valore di communis opinio tra gli operatori del diritto, se connotati dai «caratteri della costanza e ripetizione» (Corte cost. n. 242 del 2008)».


4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.


P.Q.M.


La Corte respinge il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 7.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della parte ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso, a Roma, nella camera di consiglio del 13 dicembre 2022