Giu misure cautelari e reati contro la P.A.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 09 marzo 2023 N. 10076
Massima
Il principio di proporzionalità comporta che, ove il periculum libertatis venga individuato nel rischio di abuso dei pubblici poteri o della qualità, il giudice debba preventivamente verificare l'adeguatezza della misura della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, essendo questa espressamente preordinata alla finalità cautelare che si intende prevenire.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 09 marzo 2023 N. 10076

1.I ricorsi sono inammissibili.

2.11 primo e secondo motivo di ricorso nell'interesse di A.A. sono declinati in fatto e manifestamente infondati nella parte in cui il ricorrente censura il ricorso alla cd. motivazione per reltionem dell'ordinanza impugnata.

Osserva il Collegio che il Tribunale, pur richiamando le risultanze in fatto dell'ordinanza impositiva, derivanti dal contenuto dell'intercettazione che riproduceva la "trattativa" condotta dal ricorrente con il medico sulle modalità somministrazione del vaccino ai fini del rilascio del green pass (pag. 9 e 10 dell'ordinanza impugnata), ha criticamente esaminato, e ritenuto recessivo, il risultato delle indagini sierologiche che il ricorrente ha richiamato in più passaggi argomentavi del ricorso e della memoria per censurare sia la gravità degli elementi indiziari, sul piano della ricostruzione in fatto che la configurabilità dei reati di falso e peculato, in relazione alla procedura di rilascio del cd. green pass - necessario all'indagato perchè impostogli anche dall'amministrazione di appartenenza - sia per contrastare il giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari.

Va rilevato che le provvisorie imputazioni ascritte al A.A. ai capi a) e b) (per concorso in falso e peculato, sono speculari alle contestazioni di cui ai capi h) e i) ascritte, nella medesima ordinanza impositiva e nel provvedimento impugnato, al sanitario coindagato e, pertanto, non assumono alcun rilievo le presunte carenze argomentative sulla sussistenza degli elementi in fatto e, sulla configurabilità dei reati di falso e peculato che il Tribunale ha ricostruito trattando la posizione del sanitario ed evidenziando, accanto alle cd. false vaccinazioni (quelle cioè in cui non era stato somministrato ai pazienti alcun farmaco) quelle vaccinazioni che, come per il A.A., avevano comportato la somministrazione di una dose minimale di vaccino. A questo riguardo il Tribunale ha evidenziato come l'indagato, dopo avere a lungo insistito per ottenere il rilascio della certificazione senza la somministrazione del vaccino spendendo anche la propria qualifica per rassicurare il medico, divenuto più accorto e sospettoso per i controlli amministrativi e temendo di essere sottoposto a indagini tecniche quali intercettazioni ambientali e telefoniche, aveva, a fronte delle resistenze oppostegli dal medico affatto rassicurato dalle sue funzioni, accettato che gli venisse somministrata una dose minore e insistendo, durante la inoculazione, proprio per la somministrazione di una dose minima (butta dai, via via).

Nell'ordinanza impugnata è ben spiegato come, le direttive impartite per il rilascio della certificazione verde - conseguente alla compilazione dell'attestazione della compiuta vaccinazione- prevedevano la somministrazione di dosi precise del farmaco.

2.1. Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale ha rilevato che la sostanziale ammissione degli addebiti non attenua il giudizio di disvalore della sua condotta connesso al conseguimento di un vantaggio personale, anche attraverso il conseguimento di una propria reale o supposta utilità, quale quella della mancata inoculazione del vaccino anti-Covid che il ricorrente ha tentato in ogni modo di perseguire. Si tratta di argomenti immuni da vizi logico-giuridici in questa Sede deducibili, attese le peculiari modalità di commissione dei fatti in contestazione e della corretta valorizzazione attribuita ai profili attinenti alla specifica natura delle funzioni pubblicistiche dell'indagato, da questi spese a prescindere dal concreto ruolo rivestito nell'amministrazione di appartenenza e della cessazione dell'emergenza connessa alla pandemia. La spiccata propensione al falso, nella quale l'indagato era radicato in ragione di suoi personali convincimenti sull'opportunità della somministrazione del vaccino; la insistenza palesata al medico anche rassicurandolo, ne caratterizzano in chiave negativa il giudizio sulla personalità ed evidenziano il rischio di recidiva nel compimento di attività connesse al proprio ruolo, pericolo che non è correlato allo svolgimento di specifiche funzioni ma, in generale, allo svolgimento di attività pubblicistica, come agente di polizia.

3.Anche il ricorso proposto da B.B. è inammissibile e non aggiungono elementi di valutazione idonei a superare tale conclusioni le argomentazioni, meramente reiterative, svolte con la memoria anche a valere come motivi nuovi con allegata documentazione fra cui la richiesta di archiviazione per il reato di favoreggiamento in omicidio intervenuta a favore del ricorrente e una certificazione che attesta la chiusura di studi medici limitrofi a quelli del dottor B.B..

A carico dello B.B. sono state valorizzate le risultanze delle operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale eseguite dopo che erano emersi evidenti indici di anomalia del numero di tamponi dichiarati dal sanitario (a fronte del modesto numero di quelli acquistati) e del passaggio di pazienti verso lo studio del professionista. In relazione a quattro episodi in contestazione è risultata, attraverso le conversazioni intercettate, la falsità della certificazione conseguita dai pazienti in carenza di somministrazione del vaccino mentre da altre conversazioni emerge che l'indagato, divenuto sospettoso per i procedimenti già avviati a suo carico, era divenuto estremamente attento nella modulazione dei trattamenti (inoculandone una parte minimale) per assecondare i cc.dd. pazienti NO VAX, per i quali approntava l'attestazione ricevendo, in alcuni casi, il compenso per l'illecita attività svolta a loro favore (si tratta dei retati di corruzione contestati ai capi e) e g). A.A., come anticipato trattando la sua posizione, era proprio uno di quei pazienti che, dopo una lunga trattativa, aveva convenuto l'inoculazione di una dose minimale di vaccino seguita dall'attestazione di compiuta vaccinazione ai fini del rilascio del green pass. In questi casi l'attestazione era falsa poichè la dose somministrata era inferiore a quella prevista e prescritta dalle raccomandazioni dell'AIFA, funzionali all'attestazione di avvenuta vaccinazione.

3.1. I motivi di ricorso che censurano la mancanza di autonomia del provvedimento impugnato e l'omesso esame delle deduzioni difensive sono manifestamente infondati su entrambi gli aspetti evidenziati dal ricorrente. Il primo nella premessa in diritto poichè l'ordinanza cautelare adottata dal tribunale del riesame non richiede, a pena di nullità, l'autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, in quanto tale requisito è previsto dall'art. 292, comma 2, c.p.p. con riguardo alla sola decisione adottata dal giudice che emette la misura inaudita altera parte, essendo funzionale a garantire l'equidistanza tra l'organo requirente che ha formulato la richiesta e l'organo giudicante (Sez. 1, n. 8518 del 10/09/2020, dep. 2021, Galletta Giuseppe Antonio, Rv. 280603). Il secondo in fatto perchè, invece, il Tribunale ha esaminato le deduzioni difensive, disattendendole con argomentazioni logiche e coerenti che il ricorrente sminuisce sollecitando un diverso apprezzamento degli elementi indiziari che compongono il quadro accusatorio, aspetto, questo che costituisce oggetto del quarto motivo di ricorso.

3.2. Rileva il Collegio che l'ordinanza impugnata dopo avere evidenziato dati, questi sì generici (l'anomalo aumento del numero dei pazienti; dei tamponi eseguiti; le stesse dichiarazioni dei colleghi medici che segnalavano il passaggio di loro pazienti in carico al dottor B.B. a fronte del rifiuto di emettere la certificazione di esenzione senza esigenze mediche giustificative) è passata ad esaminare le risultanze delle operazioni di intercettazione che "riproducono" i contatti del sanitario con i pazienti in occasione della "falsa" somministrazione dei vaccini (perchè mai eseguita) e della somministrazione di una dose minima di vaccino a seguito di trattative (ne è un caso tipo quello descritto a proposito del A.A.).

Con questi elementi di prova il ricorso, ma anche la memoria difensiva, non si confrontano seriamente proponendo una lettura depotenziata degli elementi chiaramente evincibili dal tenore e dal contenuto delle conversazioni intercettate e del risultato di prova che ne consegue e sollecitando una rilettura delle risultanze in linea con le giustificazioni dell'indagato sulla causale delle dazioni; sulle modalità di somministrazione del vaccino; sull'osservanza delle raccomandazioni dell'AIFA e sui risultati delle indagini sierologiche del A.A.. In definitiva, a fronte di un congruo ed esaustivo apprezzamento del risultato delle intercettazioni il ricorrente non ha individuato passaggi o punti della decisione tali da inficiare la complessiva tenuta del discorso argomentativo delineato dal Tribunale, ma vi ha genericamente contrapposto una lettura alternativa, facendo leva sul diverso apprezzamento di profili di merito non dirimenti e, comunque, già puntualmente vagliati in sede di riesame.

3.3. Il terzo e quinto motivo di ricorso sulla insussistenza delle esigenze cautelari e sulla abnormità e sproporzione della misura interdittiva sono manifestamente infondati.

Va rilevato che al ricorrente risulta applicata sia la misura degli arresti domiciliari che quella interdittiva, e che dalla premessa dell'ordinanza impugnata si evince che l'appello proposto concerneva la sola applicazione della misura interdittiva (e non anche il riesame avverso la misura degli arresti domiciliari) e che l'indagato aveva, altresì, proposto appello avverso l'ordinanza che aveva rigettato la richiesta di revoca/sostituzione della misura cautelare.

A carico di del ricorrente il Tribunale ha ravvisato la sussistenza delle esigenze di cui all'art. 274, comma 1, lett. c) c.p.p. a nulla rilevando che la eliminazione degli obblighi correlati alla pandemia esclude la reiterazione proprio di quelle condotte connesse al rilascio e conseguimento dei certificati vaccinali.

Le argomentazioni svolte in merito alla concretezza e attualità delle esigenze non sono illogiche avendo il Tribunale bene evidenziato che le attività connesse alla pandemia sono state solo l'occasione per commettere reati che il ricorrente può reiterare in qualunque momento poichè il sanitario, in relazione alle attività di medico di base, è tenuto a rilasciare in più circostanze certificazioni mediche e che la scaltrezza e assecondamento delle volontà dei pazienti che l'indagato ha mostrato, verso il pagamento di un corrispettivo, ne denotano in termini negativi la personalità incline a commettere reati per l'utilità propria e dei pazienti.

Così inquadrata dal giudice della cautela la condotta del ricorrente, per la sua reiterazione anche a fronte dell'emergere di sospetti sulla sottoposizione a indagini, non appaiono fondati i rilievi difensivi sulla carenza e, comunque, vizi di motivazione dell'ordinanza impugnata in punto di esigenze cautelari e adeguatezza della misura per la necessità di rapportare il pericolo di reiterazione di condotte dello stesso genere, rispetto a condotte che, sia pure in forma rudimentale, sono state strutturate e reiterate nel tempo.

Da qui il ritenuto maggior spessore del concreto e attuale pericolo di reiterazione di condotte delittuose contro la pubblica amministrazione valutato dal Tribunale non solo alla stregua della situazione di pandemia, ormai pervenuta ad una fase di regressione, perlomeno nelle sue più devastanti conseguenze, ma, più in generale, al ruolo che, nell'interesse pubblicistico, svolge l'indagato e rispetto al quale, proprio l'interdizione dell'attività lavorativa, costituisce la misura più adeguata a evitare il pericolo di reiterazione rispetto ad una misura custodiale (quella degli arresti domiciliari) che non è oggetto dell'odierna impugnazione. In tema di reati contro la pubblica amministrazione, infatti, questa Corte ha affermato che il principio di proporzionalità comporta che, ove il periculum libertatis venga individuato nel rischio di abuso dei pubblici poteri o della qualità, il giudice debba preventivamente verificare l'adeguatezza della misura della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, essendo questa espressamente preordinata alla finalità cautelare che si intende prevenire (Sez. 6, n. 40529 del 14/10/2021, Zappala, Rv. 282181).

4. Per le ragioni esposte i ricorsi di A.A. e B.B. devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila con favore della Cassa delle Ammende.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2023