Giu convalidabilità dell'arresto e onere motivazionale in occasione dell'adozione del provvedimento di convalida della misura
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 13 marzo 2024 N. 10465
Massima
Ai fini della convalidabilità dell'arresto è necessaria la sussistenza delle condizioni previste dalla legge, della quale deve darsi motivatamente atto in occasione dell'adozione del provvedimento di convalida della misura, non essendo sufficiente la mera affermazione, priva di qualsivoglia supporto argomentativo, del fatto che l'arresto sia stato eseguito nella flagranza del reato e che siano stati rispettati i termini temporali previsti dall'art. 380 cod. proc. pen.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 13 marzo 2024 N. 10465

Il ricorso è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto.

Come è noto, ai fini della legittima esecuzione di un arresto è necessario - oltre, ovviamente, alla sussistenza degli elementi che possano fare ragionevolmente ritenere l'avvenuta commissione di un delitto, il quale preveda come possibile la privazione della libertà personale da parte degli organi della polizia giudiziaria (o comunque da chi esegua la misura precautelare, potendo in linea di principio e ricorrendone le condizioni, essere eseguite l'arresto, ai sensi dell'art. 383 cod. proc. pen., anche da soggetti non svolgenti compiti di polizia giudiziaria), in assenza della preventiva mediazione della Autorità giudiziaria - che l'individuo arrestato si trovi in istato di flagranza di reato.

Tale condizione è nettamente scolpita dal chiaro dettato normativo dell'art. 382 cod. proc. pen., secondo il quale "è in stato di flagranza chi viene colto nell'atto di commettere il reato"; a tale condizione è equiparata quella -definita da inveterata tradizione forense come "quasi flagranza" - di chi, "subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima".

Data per acquisita la necessarietà della sussistenza, ai fini della convalidabilità dell'arresto, di una delle due condizioni dianzi enunciate, della quale deve, evidentemente, darsi motivatamente atto in occasione della adozione del provvedimento di convalida della misura, si rileva, quanto al caso di specie, che la ordinanza redatta dal Gip saccense è stata giustificata, in termini del tutto autoreferenziali, attraverso la mera affermazione, priva di qualsivoglia supporto argomentativo, del fatto che "l'arresto è stato eseguito nella flagranza del reato di cui all'art. 73 del dPR n. 309 del 1990", e che sono stati rispettati i termini temporali previsti dall'art. 380 cod. proc. pen.

Rileva il Collegio che una tale motivazione, di per sé esclusivamente assertiva e priva di qualsivoglia profilo di carattere dimostrativo della effettiva ricorrenza delle condizioni per procedere alla esecuzione della misura precautelare, apparendo queste, invece, solamente postulate nel provvedimento in esame, neppure trova un valido sostegno integrativo nella motivazione, stesa nella medesima occasione, elei provvedimento applicativo della misura cautelare degli arresti domiciliari disposta a carico del A.A. (tema, quest'ultimo che, si precisa per chiarezza illustrativa, non forma oggetto della attuale cognizione di questa Corte).

Infatti, da tale provvedimento emerge che, ai momento in cui gli agenti operanti, chiamati dalla convivente del A.A., intervennero presso l'abitazione dei due, dove, indirizzati dalla predetta convivente, rinvennero la sostanza stupefacente, l'uomo non era presente in casa, di tal che sarebbe stato necessario da parte dei Gip un qualche sforzo argomentativo onde chiarire gli elementi dai quali desumere, pur di fronte alla materiale indisponibilità in capo al A.A. della sostanza in questione, la condizione di flagranza nel reato di detenzione a finì di spaccio della sostanza stupefacente de qua in cui, ad avviso del medesimo giudice, egli - pur pacificamente assente dal luogo ove lo stupefacente era custodito - si trovava al momento dell'arresto.

Parimenti, sarebbe stato necessario fornire un'adeguata dimostrazione della eventuale, alternativa, condizione di "quasi flagranza" del A.A., ove fosse stata quest'ultima a giustificare l'arresto, non potendo essa prescindere dalla immediata ed autonoma percezione conseguita dagli appartenenti alla polizia giudiziaria che abbiano eseguito la misura delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato (Corte di cassazione, Sezione IV penale, 16 gennaio 2019, n. 1797), percezione non surrogabile dalle dichiarazioni rese dalla vittima del reato o da terzi anche nell'immediatezza del reato (Corte di cassazione, Sezione IV penale, 11 maggio 2017, n. 23162).

La illustrata carenza motivazionale, su profili di indispensabile rilevanza della vicenda in esame, rende illegittima l'ordinanza di convalida che, pertanto, deve essere annullata senza rinvio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la ordinanza impugnata.

Conclusione

Così deciso in Roma il 28 novembre 2023

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2024.