Giu Il sequestro probatorio assolve ad una specifica esigenza di accertamento dei fatti e non può essere piegato alla soddisfazione di esigenze di natura diversa
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 27 marzo 2024 N. 12470
Massima
Il sequestro probatorio assolve ad una specifica esigenza di accertamento dei fatti e non può essere piegato alla soddisfazione di esigenze di natura diversa, quale quelle di natura special-preventiva e di mantenimento della res a fini di confisca: esigenze a tutela delle quali il codice di rito ha previsto lo strumento cautelare reale del sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. pen.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 27 marzo 2024 N. 12470

1. Il ricorso è fondato nei limiti che saranno di seguito specificati.

2. Si deve premettere che - come il Procuratore generale ha ricordato nella requisitoria scritta - il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo e probatorio è ammesso solo per violazione di legge. In questa nozione si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710).

Col primo motivo, la difesa sostiene che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe solo apparente. Osserva che il denaro contante e l'autovettura in sequestro sono stati apoditticamente qualificati come "corpo del reato" senza spiegare perché siano legati a vincolo di pertinenzialità col delitto per cui si procede e sottolinea che a A.A. è stata ascritta una detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Si duole, inoltre, che il Tribunale non abbia indicato gli accertamenti cui il mantenimento del sequestro sarebbe finalizzato e abbia ritenuto sufficienti a tal fine le generiche indicazioni fornite dal Pubblico ministero nel decreto di convalida.

3. Il motivo è infondato nella parte in cui sostiene che il Tribunale non avrebbe spiegato le ragioni per le quali l'autovettura e il denaro contante sono stati qualificati come corpo del reato o cose pertinenti ad esso.

A questo proposito si deve ricordare che il sequestro probatorio è un "mezzo di ricerca della prova" e può essere eseguito quando sussiste il fumus della commissione di un reato inteso nella sua accezione materiale senza che sia necessaria la sussistenza di gravi indizi della responsabilità dell'indagato. Tale mezzo di ricerca della prova è ritualmente disposto, purché sia ragionevolmente presumibile o probabile (anche sulla base di argomenti di carattere logico), la commissione di un reato (Sez. 3, n.6465 del 14/12/2007, dep.2008, Penco, Rv. 239159; Sez. 2, n. 84 del 16/01/1997, Becacci, Rv. 208468). In sede di riesame il tribunale è chiamato a verificare la sussistenza dell'astratta configurabilità del reato ipotizzato, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell'accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto (Sez. 3, n. 3465 del 03/10/2019, dep. 2020, Pirlo, Rv. 278542; Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016, Bulgarella, Rv. 267007).

In altri termini: per ritenere la legittimità di un sequestro probatorio è sufficiente la sussistenza del fumus del reato unita alla possibilità che le cose oggetto del vincolo siano state utilizzate per commetterlo o ne costituiscano il prodotto, il profitto o il prezzo. Qualora tale fumus emerga dalle indagini svolte, il sequestro è legittimo perché volto a stabilire (in se stesso o per le indagini che l'apprensione del bene rende possibile) se il collegamento pertinenziale tra la res e l'illecito, oltre che possibile, sia concretamente esistente (Sez. 6, n. 1683 del 27/11/2013, dep.2014, Cisse, Rv. 258416; Sez. 2, n. 31950 del 03/07/2013, Fazzari, Rv. 255556; Sez. 3, n.13641 del 12/02/2002, Pedron, Rv. 221275).

Muovendo da queste premesse si è condivisibilmente affermato che "la motivazione dell'ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio è meramente apparente - quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge - quando le argomentazioni in ordine al "fumus" del carattere di pertinenza ovvero di corpo del reato dei beni sottoposti a vincolo non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto" (Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Giovannini, Rv. 260314).

Applicando questi principi a caso in esame si deve osservare che il Tribunale ha fornito congrua motivazione in ordine alla sussistenza del fumus del reato di cui all'art. 73 d.P.R. ,9 ottobre 1990 n. 309 sia con riferimento alla detenzione a fini di spaccio che con riferimento ad una attività di spaccio pregressa. Sotto il primo profilo, ha sottolineato che "l'ingente quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuta, il contestuale rinvenimento di strumenti per il frazionamento e il porzionamento della sostanza, nonché di una cospicua somma di denaro in banconote di diverso taglio", rappresentano indici sintomatici - anche alla luce della diversa tipologia di sostanze delle quali A.A. aveva disponibilità - che "la detenzione non fosse finalizzata al consumo esclusivamente personale, quanto piuttosto finalizzata alla commercializzazione". Con riferimento al secondo profilo ha aggiunto: che la somma di denaro rinvenuta non può considerarsi provento dell'attività lavorativa svolta da A.A. (il quale percepisce une stipendio netto di Euro 1.300 al mese); che il pagamento di sostanze stupefacenti avviene normalmente in contanti; che il denaro è stato rivenuto nel luogo ove era detenuto lo stupefacente; che, pertanto, plurimi elementi convergono nel ritenere quel denaro quale provento di una attività di spaccio pregressa.

A queste argomentazioni non si può obiettare, come fa il ricorrente, che A.A. non è accusato di aver ceduto stupefacenti, ma solo di averne detenuti a fini di spaccio. Ai fini del sequestro probatorio, infatti, non deve essere formulata una precisa contestazione e il Tribunale - chiamato a verificare la sussistenza dell'astratta configurabilità del reato ipotizzato dal Pubblico ministero (art. 110 cod. pen. e art. 73 d.P.R. n. 309/909) - né ha ritenuto sussistente il "fumus" sia sotto il profilo della detenzione a fini di spaccio che con riferimento a cessioni già avvenute. Non si versa in un caso di diversa qualificazione giuridica del fatto perché il Tribunale si è limitato a constatare che le indagini sono in corso anche per verificare se vi siano state pregresse cessioni e che, alla luce del rinvenimento di una ingente somma di denaro contante, tale ipotesi investigativa non è priva di fondamento.

Peraltro, anche nel caso di applicazione di misure cautelari personali e reali (diverso da quello oggetto del presente ricorso), la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto possibile una diversa qualificazione giuridica del fatto ad opera del giudice, sia in sede di applicazione della misura sia in sede di riesame o di appello (Sez. 3, n. 1897 del 29/04/1997, Parmegiani, Rv. 208698; Sez. 2, n. 9948 del 23/01/2020, P., Rv. 279211).

Per quanto esposto, la dedotta violazione dell'art. 253 cod. proc. pen non può ritenersi sussistente e la motivazione con la quale il denaro è stato indicato come provento del reato non può dirsi mancante.

4. Il ricorso non ha maggior pregio quando sostiene che il Tribunale avrebbe ipotizzato, in assenza di prova, un nesso di pertinenzialità tra il reato per cui si procede e l'autovettura in sequestro. L'ordinanza impugnata evidenzia che il Pubblico ministero ha ritenuto necessario svolgere accertamenti sull'auto al fine di verificare se sia stata utilizzata per lo svolgimento di attività di spaccio. Secondo il Tribunale, tale accertamento è giustificato dalla constatazione che nell'autovettura erano custodite le chiavi del box al cui interno è stato rinvenuto lo stupefacente e ciò dà fondamento all'ipotesi investigativa secondo la quale l'auto fu utilizzata per commettere il reato. L'itinerario logico seguito dai giudici di merito è chiaramente comprensibile e tiene conto della situazione concretamente accertata. Non si può dunque sostenere che la motivazione sia mancante o viziata a tal punto da integrare una violazione di legge.

5. Come si è detto, il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus di una attività di spaccio protrattasi nel tempo e ha ritenuto che il denaro contante rinvenuto nella disponibilità dell'indagato possa costituire il profitto di tale attività. Da tale argomentazione discende che il denaro di cui si tratta è stato considerato "corpo del reato" ai sensi dell'art. 253, comma 2, cod. proc. pen. Questa motivazione, però, non è sufficiente a giustificare un sequestro probatorio. Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, infatti, "il denaro costituente corpo del reato può essere oggetto di sequestro probatorio a condizione che sia data idonea motivazione, non solo della sussistenza del nesso di derivazione o di pertinenza fra la somma sottoposta a sequestro ed il reato, ma anche delle specifiche esigenze probatorie in relazione alle quali è necessario sottoporre a vincolo il denaro rinvenuto. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato il decreto di sequestro probatorio ritenendo generica la motivazione, che si limitava ad indicare l'esigenza di verificare la provenienza del denaro, senza dar conto degli specifici accertamenti rispetto ai quali era necessaria l'apprensione delle banconote)" (Sez. 6, n. 21122 del 29/03/2017, Peritore, Rv. 270785; Sez. 6, n. 23046 del 04/04/2017, Veizi, Rv. 270487; sull'argomento anche: Sez. 3, n. 11935 del 10/11/2016, dep. 2017, Zamfir, Rv. 270698).

Per questa parte la motivazione del provvedimento impugnato è mancante.

L'ordinanza impugnata, infatti, non spiega per quale ragione, al fine di verificare la provenienza del denaro sequestrato e accertare come si siano svolti i fatti per cui si procede, sarebbe necessario mantenere in sequestro proprio le banconote che sono state sequestrate. È doveroso ribadire, allora, che il sequestro probatorio assolve ad una specifica esigenza di accertamento dei fatti e non può essere piegato alla soddisfazione di esigenze di natura diversa, quale quelle di natura specialpreventiva e di mantenimento della res a fini di confisca: esigenze a tutela delle quali il codice di rito ha previsto lo strumento cautelare reale del sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. pen.

6. Per quanto esposto, l'ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente al sequestro del denaro, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trani competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, cod. proc, pen. Nel resto il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente al sequestro della somma di denaro e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Trani competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Rigetta il ricorso nel resto.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2024.