Giu discrimen tra il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni e quello di truffa aggravata, finalizzata al conseguimento delle stesse
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 23 aprile 2024 N. 16979
Massima
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni si differenzia da quello di truffa aggravata, finalizzata al conseguimento delle stesse, per la mancata inclusione, tra gli elementi costitutivi, della induzione in errore dell'ente erogatore, il quale si limita a prendere atto dell'esistenza dei requisiti autocertificati dal richiedente, senza svolgere una autonoma attività di accertamento, la quale è riservata ad una fase meramente eventuale e successiva.

È, dunque, configurabile il reato di indebita percezione di erogazione in danno dello Stato, e non quello di truffa aggravata cui all'art. 640-bis cod. pen., in caso di conseguimento di un prestito bancario assistito dalla garanzia del Fondo per le PMI, ai sensi dell'art. 13, lett. m), d.l. 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. decreto liquidità), convertito dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, sulla base di una dichiarazione mendace (nella specie, relativa all'importo dei ricavi nell'anno 2018 ed al danno arrecato all'attività di impresa dall'emergenza da Covid-19) atteso che il finanziamento viene erogato sulla base della sola autocertificazione dell'imprenditore senza alcun controllo della sua veridicità da parte dell'Istituto erogatore, che non può considerarsi indotto in errore dal mendacio.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 23 aprile 2024 N. 16979

1. Il ricorso del A.A. deve essere accolto, in quanto fondato; deve, invece, essere dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Avellino.

2. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Avellino, con unico motivo, deduce l'erronea applicazione della legge penale, in quanto la condotta accertata avrebbe dovuto essere ricondotta alla fattispecie di truffa aggravata ai sensi dell'art. 640 bis cod. pen.

3. Il motivo è manifestamente infondato, in quanto la qualificazione ai sensi dell'art. 316-ter cod. pen. della condotta di indebita percezione dei contributi economici a fondo perduto erogati ai soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica "Covid 19" dal c.d. decreto sostegni (d.l. 22 marzo 2021, n. 41) e dal c.d. decreto sostegni bis (d.l. 25 maggio 2021, n. 73) è conforme alla disciplina di legge.

3.1. L'art. 1, comma 9, del d.l. 22 marzo 2021, n. 41 (c.d. decreto sostegni) richiama, infatti, "in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 25, commi da 9 a 14 del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, convertito, con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, con riferimento alle modalità di erogazione del contributo, al regime sanzionatorio e alle attività di controllo".

L'art. 25, comma 11, di tale ultimo testo normativo prevede l'erogazione dei contributi da parte dell'Agenzia delle Entrate sulla base delle mere allegazioni del richiedente ("Sulla base delle informazioni contenute nell'istanza di cui al comma 8, il contributo a fondo perduto è corrisposto dall'Agenzia delle entrate mediante accreditamento diretto in conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario").

Il comma 12 dell'art. 25 cit. prevede, inoltre, un controllo dell'Agenzia delle Entrate meramente eventuale e, comunque, successivo all'erogazione del contributo ("Per le successive attività di controllo dei dati dichiarati si applicano gli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600").

L'art. 25, comma 14, di tale testo normativo, da ultimo, espressamente sancisce l'applicabilità del reato di indebita percezione di erogazione in danno dello Stato quale sanzione penale "nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante".

Questa disciplina è richiamata anche nel decreto c.d. sostegni bis dall'art. 1 del d.l. 25 maggio 2021, n. 73.

3.2. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, fondato sui principi enunciati dalle Sezioni unite (Sez. U, n. 7537 del 16/12/2010 (dep. 2011), Pizzuto, Rv. 249104 - 01; Sez. U, n. 16568 del 19/04/2007, Carchivi, Rv. 235962 - 01), del resto, il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni si differenzia da quello di truffa aggravata, finalizzata al conseguimento delle stesse, per la mancata inclusione, tra gli elementi costitutivi, della induzione in errore dell'ente erogatore, il quale si limita a prendere atto dell'esistenza dei requisiti autocertificati dal richiedente, senza svolgere una autonoma attività di accertamento, la quale è riservata ad una fase meramente eventuale e successiva (Sez. F, n. 44878 del 06/08/2019, Aldovisi, Rv. 279036 -03; Sez. 2, n. 23163 del 12/04/2016, Oro, Rv. 266979 - 01; Sez. 2, n. 49464 del 01/10/2014, Gattuso, Rv. 261321 - 01).

E', dunque, configurabile il reato di indebita percezione di erogazione in danno dello Stato, e non quello di truffa aggravata cui all'art. 640-bis cod. pen., in caso di conseguimento di un prestito bancario assistito dalla garanzia del Fondo per le PMI, ai sensi dell'art. 13, lett. m), d.l. 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. decreto liquidità), convertito dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, sulla base di una dichiarazione mendace (nella specie, relativa all'importo dei ricavi nell'anno 2018 ed al danno arrecato all'attività di impresa dall'emergenza da Covid-19) atteso che il finanziamento viene erogato sulla base della sola autocertificazione dell'imprenditore senza alcun controllo della sua veridicità da parte dell'Istituto erogatore, che non può considerarsi indotto in errore dal mendacio (Sez. 6, n. 2125 del 24/11/2021 (dep. 2022), Bonfanti, Rv. 282675 - 01).

3.3. Il Tribunale del riesame di Napoli ha, dunque, fatto corretta applicazione delle disposizioni di legge e dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità, ritenendo integrato, nei limiti delibatori propri della sede cautelare, il delitto di indebita percezione di erogazioni pubbliche di cui all'art. 316-ter cod. pen., in quanto nel caso di specie l'erogazione del contributo pubblico è avvenuta sulla base della mera autodichiarazione mendace della società e il potere di controllo dell'Agenzia delle Entrate, per espressa previsione normativa, è solo successivo all'erogazione e opera nell'ordinario termine di decadenza per l'accertamento dei tributi.

4. Con il primo motivo ricorrente ha censurato l'inosservanza degli artt. 316-ter cod. pen., 278 e 280 cod. proc. pen. e, segnatamente, la violazione dei limiti edittali per applicare la misura coercitiva degli arresti domiciliari.

5. Il motivo è fondato.

Il Tribunale del riesame ha, infatti, ritenuto sussistente l'aggravante di cui al secondo periodo del primo comma dell'art. 316-ter cod. pen., in quanto la Lavoro e Sicurezza Srl ha ottenuto fraudolentemente in data 31 maggio 2021

l'erogazione di un contributo di euro 149.914,00 e in data 24 giugno 2021 una nuova erogazione di pari importo.

Tale aggravante, introdotta dal comma 1, lett. b), dell'art, D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75, "Attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale", espressamente prevede che "La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni se il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000".

Sulla natura di questa aggravante la giurisprudenza di legittimità non si è ancora pronunciata espressamente.

Ritiene, tuttavia, il Collegio che il rinvio operato al legislatore al "fatto" descritto nel primo periodo del medesimo comma faccia propendere per la qualificazione di tale previsione come circostanza aggravante (come, peraltro, già affermato incidentalmente da Sez. 6, n. 8963 del 01/02/2023, Gesso, Rv. 284255 - 01) e già non fattispecie autonoma di reato rispetto a quella delineata dal primo periodo del primo comma dell'art. 316-ter cod. pen.

Posto, pertanto, che l'aumento della pena previsto dal secondo periodo del primo comma dell'art. 316-ter cod. pen. non è superiore a un terzo, tale aggravante non rileva ai fini del computo del massimo edittale della pena ai sensi degli artt. 278 e 280 cod. proc. pen., al pari di ogni circostanza ad effetto comune.

Tale aggravante, dunque, non consente l'applicazione di alcuna misura coercitiva, secondo quanto disposto dagli artt. 278 e 280 cod. proc. pen., ma solo l'applicazione della misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, a norma dell'art. 289, comma 2, cod. proc. pen.

La misura cautelare degli arresti domiciliari, pertanto, non poteva essere disposta nel caso di specie e, dunque, l'ordinanza impugnata deve essere annullata.

6. Anche il secondo motivo di ricorso è, peraltro, fondato.

Il Tribunale del riesame ha, infatti, ritenuto sussistente l'aggravante di cui al secondo periodo del primo comma dell'art. 316-tercod. pen., in quanto l'indebita percezione accertata nel caso di specie, pur ledendo il patrimonio dello Stato italiano, si porrebbe in diretto contrasto con le politiche finanziarie dell'Unione europea e determinerebbe un'inefficace allocazione di risorse di interesse del diritto dell'Unione.

Secondo il primo considerando della direttiva UE 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale, infatti, "la tutela degli interessi finanziari dell'Unione riguarda non solo la gestione degli stanziamenti di bilancio, ma si estende a qualsiasi misura che incida o che minacci di incidere negativamente sul suo patrimonio e su quello degli Stati membri, nella misura in cui è di interesse per le politiche dell'Unione".

Ritiene il Collegio che questa interpretazione sia errata.

Le Sezioni unite di questa Corte hanno, infatti, sancito che l'interpretazione conforme al diritto dell'Unione non può valicare i confini dell'interpretazione (e, dunque, l'ambito dei significati compatibili con la formulazione letterale della disposizione) e, inoltre, non può avere effetti ampliativi dell'ambito di rilievo penale (Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244191 - 01).

L'art. 2 della direttiva citata, peraltro, sancisce che per "interessi finanziari dell'Unione" si intendono tutte le entrate, le spese e i beni che sono coperti o acquisiti oppure dovuti in virtù: i) del bilancio dell'Unione; ii) dei bilanci di istituzioni, organi e organismi dell'Unione istituiti in virtù dei trattati o dei bilanci da questi direttamente o indirettamente gestiti e controllati" e i contributi economici a fondo perduto erogati dallo Stato italiano ai soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica "Covid 19" dal c.d. decreto sostegni (d.l. 22 marzo 2021, n. 41) e dal c.d. decreto sostegni bis (d.l. 25 maggio 2021, n. 73) esulano da tale ambito.

L'interpretazione adottata dal Tribunale del riesame si risolve, dunque, in un'inammissibile estensione analogica in malam partem dell'aggravante di cui al secondo periodo del primo comma dell'art. 316-tercod. pen., in quanto travalica l'ambito delle possibili interpretazioni della formulazione testuale della disposizione, che richiama espressamente l'offesa agli "interessi finanziari dell'Unione europea" e non già "il patrimonio degli Stati membri, nella misura in cui è di interesse per le politiche dell'Unione", come previsto dal considerando citato dal Tribunale.

Nel caso di specie, peraltro, la condotta del ricorrente, per quanto accertato nei limiti delibatori propri della sede cautelare, ha offeso solo il patrimonio dello Stato italiano, che è l'ente erogatore, e non già "gli interessi finanziari dell'Unione europea".

7. Alla stregua dei rilievi che precedono, il ricorso proposto dal A.A. deve essere accolto e deve, invece, essere dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Avellino.

Deve, dunque, essere annullata senza rinvio l'ordinanza impugnata e l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avellino del 31 ottobre 2023.

Deve, inoltre, essere dichiarata cessata la misura degli arresti domiciliari applicata nei confronti di A.A. e deve essere disposta la sua immediata liberazione, se non detenuto per altra causa.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e l'ordinanza del Gip del Tribunale di Avellino del 31 ottobre 2023. Dichiara cessata la misura degli arresti domiciliari applicata a A.A., ordinando la sua immediata liberazione se non detenuto per altro. Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero. Manda alla Cancelleria per l'immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell'art. 626 cod. proc. pen.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 28 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2024.